Punto
1°: Fare nuove conoscenze
Calda
e soleggiata, ecco com'era quella giornata di luglio. Il mare era piatto come
una tavola e una leggera brezza soffiava, portando un po' di sollievo a chi,
nel porto di Piombino, stava aspettando di poter salire sulla nave. Due
ragazzi, stanchi di restare seduti in macchina e decisi a godersi appieno la
freschezza portata dal vento, si erano seduti sul cofano, e si erano messi a
chiacchierare. Uno dei due continuava a lanciare occhiate nervose all'orologio,
per poi guardarsi ansiosamente intorno, come se fosse in cerca di qualcosa o
qualcuno. L'amico se ne accorse e, ridacchiando, gli disse: “Rilassati, vedrai
che arriverà. E poi, manca ancora più di mezz'ora all'imbarco, c'è tutto il
tempo del mondo...”. L'altro sbuffò, e rispose: “Si vede che tu non conosci
Camilla. Se le dai un appuntamento per le dieci, puoi essere sicuro che arriva
come minimo alle dieci e mezza. Una volta dovevamo andare al cinema, e l'ho
vista arrivare quando il film era già finito.”
L'amico
scoppiò a ridere, poggiando le mani dietro di sé. Era un ragazzo fra i venti e
i ventun anni, alto, con i capelli castani pettinati a cresta. La barba, molto
curata, partiva dalle basette e seguiva tutto il profilo delle mascelle,
terminando sul mento e contornando i lati e la parte superiore della bocca. Gli
occhi nocciola erano molto espressivi, quasi sempre sorridenti e giocosi, e
davano un senso immediato di simpatia. Quello seduto accanto a lui, invece,
aveva sui ventitré anni, e lo superava sia in altezza che in stazza. I capelli
biondi erano corti e radi, aveva un po’ di barba sul mento e gli occhi azzurri
erano preoccupati. Quest’ultimo disse: “A proposito, dov’è Paolo? Anche lui
doveva già essere qui…” “Non lo so, Leo! A vent’anni non credo abbia ancora bisogno
della balia, no? Doveva passare a prendere sua cugina, avrà ritardato per quel
motivo.” Leo, per nulla convinto, alzò gli occhi al cielo. “Manca anche
George…” “E se non fosse per la tua mania di arrivare sempre puntuale
mancheremmo anche noi.” “Giacomo.” “Sì?” disse l’interpellato, guardando
l’amico negli occhi. “Mi spieghi come mai tu non sei mai in ansia, mentre io
sembro una donnetta isterica?”. Giacomo ridacchiò e rispose: “Per due semplici
motivi. Primo: tu sei una donnetta isterica. Secondo…” si prese qualche secondo
per sdraiarsi sul cofano “fa troppo caldo per essere in ansia, quindi
preferisco aspettare prendendo il sole.” Leo stava per ribattere, quando sentì
una voce che lo chiamava alle sue spalle. Si girò di botto e vide due ragazze, una
che si sbracciava nella sua direzione e l’altra che arrancava trascinandosi
dietro una valigia enorme. “Finalmente!” esclamò, riscuotendo Giacomo dal suo
torpore. Si precipitò verso le nuove arrivate, una delle quali era la sua
migliore amica. “Camilla!” “Ciao!” lo salutò lei entusiasta, abbracciandolo.
“Sì, sì, ciao. Mi spieghi perché sei arrivata ora, quando ti avevo detto di
arrivare tipo quaranta minuti fa?” “Ma tu lo sai com’è il traffico, e poi
guidava mia sorella, sai quanto le ci vuole per prepararsi… e comunque siamo
arrivate in tempo, quindi è tutto a posto, no?” gli chiese lei, con l’aria più
naturale e rilassata del mondo. Leo stava per rispondere, ma rinunciò,
sospirando. “Devo smettere di contare sulla tua puntualità, mi sa.” “Devi
smettere di preoccuparti così tanto, mamma Chioccia. Aspetta, che ti presento
la mia amica.” Mentre Leo borbottava fra sé “Perché non smettono di dirmi che
mi preoccupo troppo?”, Camilla chiamò vicino a sé la ragazza che era arrivata
con lei. Era abbastanza bassa, con curve abbondanti, i capelli lunghi, lisci, e
gli occhi nocciola chiaro. Non somigliava molto a Camilla, che era più alta di
lei di tutta la testa, e aveva lunghi capelli castani e un po’ crespi, gli
occhi di un marrone più scuro e i fianchi decisamente larghi, considerando le
dimensioni della vita. “Leo, questa è Diana. Diana, lui è Leo, il mio migliore
amico.” I due si strinsero la mano con un sorriso cordiale, poi il ragazzo
disse: “Anche io devo presentarvi un mio amico…” come attirato da quelle parole,
alle sue spalle comparve Giacomo. “Devo conoscere qualcuno?” chiese,
guardandole con aria curiosa. “Giacomo, loro sono Camilla e Diana. Ragazze, lui
è…” “il più strafico che potrete mai incontrare” disse Giacomo, ma Leo ribatté
“o forse il più idiota. Comunque, è Giacomo.” Mentre le ragazze ridevano, gli
strinsero la mano. Poi Camilla, guardandolo meglio, esclamò “Mi ricordo di te!
Sei quello che ha bevuto una bottiglia di vodka all’ultimo compleanno di Leo
cantando “Happy Birthday” a squarciagola!” “Probabile… ciò spiegherebbe perché
ho un ricordo solo sfocato di te…” Camilla sorrise, scuotendo la testa. “Non
vorrei interrompervi ma… possiamo portare i bagagli alla macchina? Così
carichiamo quei due bestioni che vi siete portate dietro…” disse Leo, adocchiando
le valige che erano rimaste dietro a Diana. Una volta messo tutto, con grande
fatica, nel portabagagli, Camilla chiese: “Leo, non manca qualcuno?” in
risposta, sentirono due forti rombi alle loro spalle e, giratisi tutti, videro
una moto e un’auto arrivare ad alta velocità nella loro direzione. “Eccoli.”
Disse Giacomo, sorridendo. La moto fu la prima ad arrivare, e si fermò con una
sgommata proprio di fronte a loro, mentre l’auto arrivò un paio di secondi
dopo, inchiodando a circa mezzo metro dal gruppetto. Le portiere si aprirono, e
scesero un ragazzo e una ragazza; il primo sembrava leggermente alterato,
mentre l’altra rideva apertamente. Anche il ragazzo in sella alla moto, che nel
frattempo si era tolto il casco, rideva. “Paga, perdente.” Disse all’autista
della macchina, tendendogli una mano, mentre sul volto aleggiava un sorriso
beffardo. “Va bene, hai vinto” sbuffò questo con aria scocciata, mettendogli
venti euro in una mano. “Ti è andata male, cugino. Su con la vita, musone!”
disse la nuova arrivata, continuando a ridacchiare e dando una spintarella
all’imbronciato. Non era troppo alta, aveva i capelli castani molto mossi e gli
occhi di un colore indefinito fra il verde e il marrone chiaro. Anche il cugino
aveva i capelli castani, ma lisci e corti, un po’ di barba gli copriva le
guance e gli occhi erano azzurri. Era magro, ma abbastanza muscoloso, e
superava di poco la testa della ragazza. Il proprietario della moto, invece,
era totalmente diverso: molto alto, fisico atletico, decisamente bello, gli
occhi quasi neri, come i capelli. “Allora, Carlottina, ti hanno coinvolta in
una corsa clandestina?” chiese Giacomo, mettendo un braccio intorno alle spalle
della giovane. Lei, sorridendo, rispose: “Ma che ne so, stavamo per entrare in
autostrada quando lui” e indicò il ragazzo sulla moto “si è fermato vicino a
noi. Si sono salutati, hanno borbottato qualcosa e poi, appena superato il
casello, Paolo ha urlato “Via!” ed è partito a tavoletta, e la moto dietro.” “E
stavo anche per vincere…” borbottò Paolo, lì vicino. “Ma noi lo sappiamo che
per il nostro Paolo è sempre una questione di misure… non si è ancora
rassegnato, vero?” esclamò Giacomo, mostrando a Paolo il pollice e l’indice,
molto vicini fra sé, ad indicare una minuscola misura. “Bel migliore amico che
ho!” esclamò Paolo, ridendo e dandogli una spallata. “Dov’è finito Gio?” chiese
Leo all’improvviso, contando i presenti. “Era andato a prendere l’acqua… si
sarà perso a cercare un bar.” Disse Giacomo, poi, scrutando alle spalle di
Paolo, si corresse “No, è in arrivo.” Infatti un ragazzo biondo e abbastanza
basso stava correndo verso di loro, con uno zaino in spalla. “Scusate il
ritardo… ma quanti siamo?” si guardò un secondo intorno, smarrito. Leo
intervenne subito: “Ok, qui bisogna finire il giro delle presentazioni. Chi è
che non conosce almeno una persona qui?” tutti, fuorché lui, alzarono una mano.
“Ottimo. Allora, ricominciamo.” Partì indicando il ragazzo sulla moto “Lui è
George, poi Paolo, Carlotta, Diana, Camilla, Giacomo e Giovanni. Tutto chiaro?”
senza nemmeno aspettare una risposta, continuò “Bene. E ora, imbarchiamoci!” e
tutti i ragazzi salirono in macchina, lasciando le altre a piedi. “E noi?”
chiese Camilla. “Voi potete salire per le scalette, noi vi raggiungiamo dopo.”
E, detto questo, si misero tutti in fila, insieme alle altre auto. Camilla
sospirò. “Credo ci convenga rassegnarci. Andiamo?” Le due annuirono, e insieme
salirono sulla nave, trovando subito posto in dei comodi divanetti. “Allora,
voi come siete finite qui?” chiese Carlotta, sedendosi con comodità. “Bè, Leo è
il mio migliore amico, e mi ha invitata lui a venire qua… anche perché aveva
paura che la casa si riducesse in uno stato pietoso, quindi ha pensato bene di
chiedere aiuto alla donnina di casa…” Cominciò Camilla, “E dato che lei non
voleva essere l’unica ragazza in mezzo a tutti quei maschi…” continuò Diana “ha
invitato anche me per farle compagnia. Tu, invece?” “Io sono cugina di Paolo.
Lui ha detto che sarebbe stato il mio regalo per la fine del liceo…” fece un
sorrisetto sarcastico “altro modo per dire che serviva qualcuno in più per
pagare la casa in affitto. In origine dovevano essere solo quattro, mi ha
detto. Poi hanno visto che costava troppo, quindi hanno invitato un altro po’
di gente… ossia noi tre e Giovanni, l’amico di Leo.” “E tu come lo sapresti?”
chiese Diana. “Perché mio cugino era molto ansioso di farmi capire che il suo
invito a farmi venire non era affatto un gesto di affetto, ma solo una mera
questione di affari…” sorrise, sospirando. “Il solito scorbutico. Allora, dato
che ci aspettano tre settimane da passare insieme, e dovremo supportarci un po’
per sopravvivere a cinque maschi, che ne dite di presentarci un po’ meglio?”.
Le altre due si guardarono e annuirono. “Sono Diana Cortesi, diplomata di fresco
al Classico. Sono logorroica e mi piace cantare tutto il tempo, quindi sei
avvisata. Ci sono buone possibilità che stia zitta solo se mi dai un buon libro
o una commedia idiota da guardare alla tv. Odio l’attività fisica, sono
praticamente negata e… E direi che questo è tutto…” “E votate per me, perché
sono tanto figa.” Concluse Camilla facendole il verso. Diana finse di guardarla
male, poi si misero tutte e tre a ridere. Fu il turno di Camilla. “Io sono
Camilla Bartoletti, mi sono diplomata insieme a lei” fece un cenno del capo
verso Diana “ma non ti preoccupare: io non canto. Poi... che dire... mi piacciono i pantaloni a zampa,
disegnare, musica... che altro? Il mio succo preferito è quello alla pera e...
direi che può bastare.” “Sembriamo il
circolo delle alcoliste anonime” commentò Carlotta, prima di cominciare la sua
presentazione. “Carlotta Valesu, se il cognome non fosse sufficiente per farlo
capire, ho origini sarde. Direi che sugli hobby lettura e musica ci troviamo
abbastanza d’accordo, ma non so cantare né disegnare, ho fatto un po’ di teatro
a scuola, ma lì mi fermo con le arti. Anche io esco dal Classico, un pezzo di
carta in mano e nessuna idea per il futuro. Speravo di capirlo in questo
periodo a casa, ma sono stata trascinata qui, quindi niente. Voi avete già
scelto, immagino.” Diana rispose, prontamente: “Economia e Commercio a
Firenze”. Anche Camilla stava per rispondere, ma appena aprì bocca sentirono un
gran baccano alle loro spalle e si girarono tutte. A quanto pare i ragazzi
avevano messo a posto le macchine, dato che erano arrivati tutti, e si erano
subito buttati sulle poltrone vicino a quelle delle ragazze.
Vedendo
l’aria particolarmente stanca di Leo, Camilla gli chiese:
“Parcheggiare è così
distruttivo per te?” Lui la scrutò di sottecchi.
“Sì, se in macchina hai un
idiota che canta tutto quello che gli viene in mente con le ottave che
usano i
pipistrelli.” E ammiccò in direzione di Giacomo, che
sogghignava. “Non è colpa
mia se non apprezzi la buona musica, amico.” “Giacomo, tu
non sei John Lennon”
gli ricordò Giovanni. “Purtroppo ha una grande
capacità di auto convincimento…”
borbottò Paolo, gli occhi divertiti. “Già…
ricordo ancora quando si mise a
cantare l’intero repertorio di Michael Jackson, per di più
ubriaco.” Intervenne
George. “Tutti a parlare di me, mi commuovete.” “No,
sei solo tu che ti fai
sempre riconoscere…” disse Paolo. “Sentitelo, lo
snob… chi è che è andato in
giro in mutande alle due di notte per Piazzale Michelangelo cantando a
squarciagola “Like a Virgin”?” lo rimbeccò
Giacomo, e tutti scoppiarono a
ridere. “Era la festa della tua laurea e mi avevi fatto bere non
so quanti
litri d’alcool, ero giustificato.” “Sì,
sì, certo…” “Allora, dobbiamo stare qui
per qualche ora, dobbiamo sorbirci i vostri battibecchi o possiamo fare
qualcos’altro?” si intromise Leo, esasperato. “Chi
è che non si sente troppo
vecchio per il gioco dei personaggi?” chiese Giacomo, e un coro
di “Io!” arrivò
dalle tre ragazze, John e Leo. “Per cosa?” domandò
invece George, con le
sopracciglia aggrottate. “E’ molto semplice…”
gli spiegò Camilla, mentre Diana
tirava fuori dei fogli di carta e una penna “ognuno attacca il
nome di un
personaggio in testa a qualcuno, e questo deve indovinare con delle
domande a
risposta “sì” o “no” chi
è… è semplice, no?” “Ok… si
può provare.” Un po’
recalcitrante, George prese in mano un pezzo di carta. “Tu sei
troppo vecchio
per queste cose?” chiese Carlotta al cugino, che continuava a
stare un po’
sulle sue. “Dai, non farti pregare…”
continuò, cercando di smuoverlo. “Va bene,
va bene. Passami la penna”.
Dopo che Giacomo era diventato Rocco Siffredi, Paolo
Platinette e Leo Winnie The Pooh, e dopo un accettabile pranzo fornito dalla
nave e parte del pomeriggio passato a prendere il sole sul ponte, arrivarono.
Una volta scaricate anche le auto, si caricarono tutti sopra e partirono in
fila indiana. Fuorché George, ovviamente, che li aveva preceduti con la moto.
Passata un’oretta, arrivarono alla casa che avevano preso in affitto. Più che
casa, quasi villa: due piani e con giardino, e il mare era a cinque minuti a
piedi. Scesi tutti, Carlotta chiese: “Ma dove le ha messe George le valige?”
“Nel mio bagagliaio la sera prima della partenza, lui voleva venire in moto” “E
perché?” “Perché il modello deve farsi fico.” Rispose Paolo, cominciando a
scaricare le borse. “Modello?” “Sì, Carlotta, fa il modello…” “Non devi
reprimere così i tuoi sentimenti di ostilità, Paolino, ti fa male.” gli disse
Giacomo, ironico, mentre Paolo sbuffava. In quel momento, George sbucò dalla
porta della casa, salutandoli. “Dentro è tutto a posto, ho acceso l’aria
condizionata perché si muore di caldo… Possiamo cominciare con le valige?”. Al
cenno affermativo di Leo, prese una borsa e la custodia di una chitarra dal
portabagagli, e si girò verso l’ingresso. Allora Giacomo si rivolse alle
ragazze: “Sentite, visto che ci dovrete sopportare per tre settimane, e non
vogliamo fare una brutta impressione… vi aiuto a portare le valige?” “Oh…”
“Grazie…” dissero Carlotta e Diana, sorridendo, mentre Camilla: “Non importa,
grazie, posso portarla da sola…” “Sicura?” le chiese Giacomo, prendendo intanto
quella di Carlotta. “Certamente, grazie comunque.” Finito di trasportare tutto
all’interno della casa, Leo cominciò subito a parlare dell’organizzazione.
“Allora, ragazze, voi avete una camera al piano di sopra e un bagno, dovrete
stare tutte e tre insieme. Anche per noi c’è un bagno, e due camere. Per cui in
una ci dormiremo in tre e in una in due. Per il resto, se ne parla dopo, ok?”
“Ok”.
Quando
tutti si divisero per sistemare le proprie cose, l’orologio segnava le sette.
La lancetta ebbe tutto il tempo di compiere un intero giro, prima che tutti
finissero l’opera e si riunissero di nuovo nel salotto. “Ho fame…” proruppe
Diana, massaggiandosi lo stomaco. “Anch’io” fece Leo “Che ne dite di una
pizza?” “Va bene… ho visto una pizzeria take-away all’angolo, mentre venivamo
qua; che dite, faccio un salto?” chiese Giacomo, guardando gli altri. “Per me
va bene. Vengo anch’io, così ti aiuto a portarle” si offrì Paolo, alzandosi. I
due presero in fretta le ordinazioni, e poi uscirono, chiudendosi la porta alle
spalle.
Quando
tornarono, gli altri si erano già comodamente seduti intorno a una lunga tavola
sulla terrazza della casa, dove soffiava una fresca brezza. Mentre mangiavano,
Leo prese la parola: “Sentite, si dovrebbe parlare un po’ dell’organizzazione
di casa, qui. Cucinare, pulire, tutte queste belle cose…”. Dai ragazzi si levò
un coro di proteste. “Non ho punta voglia di niente di tutto ciò!” sbottò
Paolo, continuando a mangiare. Le ragazze si lanciarono uno sguardo d’intesa:
mentre erano in camera, avevano parlato proprio di quello, cercando una
soluzione. Camilla, schiarendosi la voce, disse: “Sentite, noi ci avevamo
pensato un po’ poco fa… per quanto riguarda la pulizia dei bagni, non c’è
problema, ci penso io. Per il resto… che ne dite di fare un torneo di carte la
sera prima per decidere?” “Come?” Giacomo sembrava interessato, e si sporse
verso di lei. “Bè, semplice. Ogni sera, o pomeriggio, come volete voi, si fa
una partita a Scala Quaranta, o Machiavelli, o quello che volete; il primo è
esonerato da qualsiasi attività, il secondo e il terzo lavano i piatti, il
quarto e il quinto cucinano e il sesto e il settimo o puliranno o aiuteranno
gli altri a cucinare, a seconda del giorno. Che ne dite?” I ragazzi si
guardarono, poi Giacomo e Leo dissero, all’unisono: “Andata”. Guardarono gli
altri. George sospirò: “Anche se potreste rischiare l’avvelenamento per quello
che preparo, andata.” “Anche per me!” esclamò Giovanni, mentre Paolo ripeteva
la stessa cosa come se fosse il suo eco, anche se molto più rassegnato. “Bene,
direi che possiamo cominciare!”
Camilla, Diana e Carlotta, in camera loro, si stavano preparando per andare a letto. Era mezzanotte passata, e avevano deciso di andare a riposarsi, stanchi dopo la giornata di viaggio. I piatti alla fine erano toccati a Leo e Giacomo, che erano stati tutto il tempo a schizzarsi, bagnando tutto. Carlotta si distese sul letto, aspettando che le altre due finissero. Le avevano fatto un’ottima impressione, e le sembravano molto simpatiche e davvero delle brave ragazze. “Chissà cosa verrà fuori a passare due settimane insieme…” pensò fra sé sorridendo, mentre Camilla entrava, appena uscita dal bagno, e Diana si sedeva sul suo letto. “Sono stanchissima…” si lamentò Diana, allungando le braccia sopra la testa e sbadigliando. “Piccina… con tutta l’attività fisica che hai fatto, immagino…” la prese in giro Camilla, scuotendo la testa in modo teatrale. “Guarda, non ti mando a quel paese solo perché mi hai portato in questo posto pieno di bei giovini…” disse Diana, ghignando. “In effetti…” commentò Carlotta, pensando ai loro compagni di vacanza. “Voi che ne pensate?” “Di cosa?” chiese Camilla con aria spaesata. “Dei bei giovani, Camilla, dei bei giovani….” Sospirò Diana, alzando gli occhi al cielo. “Ah, quello! Ma… parlate prima voi”. Carlotta ci pensò su due secondi, poi rispose: “Bè, Leo e Giovanni sono simpaticissimi, e poi sono dei gran bravi ragazzi. E Giacomo è semplicemente fantastico, è da quando lo conosco che è così: gli piace far ridere e fare l’idiota, ma è geniale. E non guasta il fatto che sia molto, ma molto carino, e che abbia gusti ineccepibili in fatto di musica –se non fosse per alcune sviste che ha avuto con Lady Gaga- e di film. E poi George… è così… ecco… bello è l’unica parola che mi viene in mente. Peccato che sia un po’ timido…” concluse lei, sorridendo. Sì, George l’aveva decisamente colpita. “Ma c’è ovviamente il mio scorbutico cugino a rovinare il tutto. E tu che dici, Diana?” “Ma… per quanto riguarda Leo e Gio, sono d’accordo con te, decisamente. E poi Giovanni ha un sorriso tanto dolce… Giacomo è forte, sì, e poi è originale, simpatico, spigliato… insomma, grande approvazione. George… bè, lui mi resta alquanto indifferente per ora, non è che abbia fatto questi gran discorsi. E poi c’è Paolo…” diventò improvvisamente più reticente, e lanciò un’occhiata furtiva a Carlotta. “Carino…” si limitò a dire. Carlotta sorrise, guardandola “Sai, molte delle mie amiche che andavano dietro a Paolo avevano una faccia simile a quella che hai tu in questo momento.” Diana arrossì, e Carlotta ridacchiò. “Tranquilla, non verrà certo a saperlo da me. Già si crede il più gran fico del mondo, figuriamoci se gli vado a gonfiare l’ego… il tuo segreto è al sicuro. Anche se per me è un mistero come possa piacerti quando si comporta così… sa fare di meglio, comunque”. Anche Diana sorrise, un po’ rincuorata. “Prometti?” “Certo. Però, ti prego, dimmi che almeno tu non pensi che abbia un bel culo… Perché l’ho sentito lodato in tutti i modi, a volte nemmeno troppo fini.”. “Beh… diciamo che avevano ragione.” Carlotta alzò gli occhi al cielo. “E poi sembra anche simpatico, nonostante sia un po’ altezzoso…” “Preferisco Giacomo. Credo proprio che mi starà simpatico, è… uno ganzo, non credo ci siano altre definizioni. Però… nessuno è al pari del modello. Avete visto che fico?” disse Camilla. E, ridendo, continuarono a chiacchierare ancora a lungo. Verso le due, però, Camilla esclamò “Bene, se domattina non vogliamo sembrare zombie, direi che è ora di dormire. Buonanotte!” e senza aggiungere altro spense la luce e si sdraiò sotto le lenzuola. “Buonanotte” risposero le altre due, leggermente spaesate, e si sdraiarono. “Bè, se queste sono le premesse… mi piace questa vacanza.” Pensò Carlotta, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
Authores' Corner:
Il
secondo (atteso) lavoro di Chiara&Chiara inizia così, con
personaggi normalissimi, molto diversi tra loro e soprattutto
verosimili, perchè ognuno possa ritrovare un po' di sè
almeno in uno di loro (chi non sogna di stare con un modello?)
E lasciateci un commento!!!