Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: LaU_U    13/04/2011    1 recensioni
Ripensandoci adesso, quando le nostre vite di prima sembrano così lontane, quelle scene appaiono molto comiche. Al momento erano solo fonte di grande imbarazzo, ma le cose acquistano sfumature diverse quando cambiano le proporzioni dei problemi.
Un vampiro ricorda disavventure ed errori passati.
Quando i dadi non sono a tuo favore...
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa ff ai miei compagni di avventura (un'avventura di 2/3 anni fa ormai, ma chissà che a settembre non ricominciamo con una nuova ambientazione...): Claudio, Chiara e Fede.

Quel che c'è qua sotto potrebbe risultare anomalo e poco chiaro. La vicenda si svolge la notte dopo la conclusione della nostra avventura, che ovviamente voi non conoscete. Il mio Davide ripensa al passato. Inizialmente a quello più vicino, poi riaffiorano ricordi precedenti. In pratica ho voluto citare i momenti più comici delle nostre ruolate, nati un po' per il fatto che io e Chiara (inizialmente eravamo solo noi 2 a giocare col Master) eravamo niubbe dei gdr (le regole erano per noi una sfida) e un po' per tiri di dadi andati male. Non so voi, ma credo che ciò che va male sia sempre più memorabile di ciò che va bene.
Comunque, come al solito evito di spiegare tutto, non è nel mio stile. Credo che, a grandi linee, si possa seguire il testo anche senza aver fatto parte della storia. Forse vi divertirà meno. L'ultima cosa che vi dico è che il mostro citato era uno Tzimisce sotto forma di uno pseudo-Chtuluh: Proteo
Di solito evito le parolacce nelle fan fiction, ma data la situazione ho pensato fossero plausibili.
Buona lettura!




Il viaggio di ritorno dalla Croazia è lungo e noi non siamo proprio al meglio. Fortunatamente Giacomo ha una persona fidata che può riportarci a Venezia. Poi in qualche modo proseguiremo per Verona.
Le luci dei fari delle auto che corrono in direzione opposta si avvicinano e passano oltre ed io le osservo ipnotizzato, con la testa da tutt’altra parte. Nessuno nella macchina parla, stiamo tutti  e quattro in un nervoso silenzio.
La notte scorsa ce la siamo vista brutta. Pessima.
Ma da dove è uscito quell’essere tremendo? Tre metri di mostro verdognolo, con tentacoli e infiniti occhi.
Tentacoli? Ho davvero incontrato un coso coi tentacoli sulla faccia?
Penso che non mi sentirò più tranquillo per un po’. Se uno di noi può diventare così, cosa mi salva dall’incontrare qualche altro pazzo del genere sotto casa?
È incredibile che siamo tutti e tre qui, con la possibilità di raccontarlo ai nostri.
Col senno di poi, col cazzo che ci ritornerei in quella grotta. I miracoli avvengono raramente e noi siamo davvero dei miracolati. Ci hanno mandati al macello, questa è la verità, perché non c’era possibilità che noi uscissimo vivi da quell’incontro se non per un incredibile fottutissimo miracolo.
Uomo morto che cammina.
«Cazzo!»
Involontariamente mi esce quell’esclamazione, mentre guardo fuori dal finestrino.
«Cosa?»
Maria mi fissa dal sedile sulla destra. Mi accorgo che fortunatamente c’è lei e non Vicky, sennò non risponderei neanche.
«Pensavo a ieri.»
La vedo sospirare nervosamente e Giacomo con lei. Distolgono lo sguardo.
Tutto questo è assurdo! Di stranezze ne ho viste negli ultimi due anni, ma niente come ieri.
C’era anche quel tizio che giocava con le ombre. Ne avevo sentito parlare, ma trovarsene uno davanti agli occhi è agghiacciante.
Voglio sperare che adesso ci considereranno un po’ meglio, dato che siamo riusciti ad affrontare una sfida ben al di sopra delle nostre abituali mansioni. E levarci dalle palle quel vampiro e i suoi amichetti è una cosa che tutti desideravano.
Confrontandole con ciò che è successo ieri, le nostre prime avventure erano una passeggiata. Come quella volta che…
Riesco a trattenere a malapena una risata, ma gli altri si accorgono comunque che mi sto tappando la bocca con una mano.
«Perché ridi?»
Cerco di riprendere il controllo, ma è difficile.
«Non so cosa ci sia di così buffo in quello che abbiamo passato» si lamenta Maria.
È piuttosto turbata, forse più di me, o comunque il suo tono di voce non riesce a mascherarlo quanto sono solito fare io quando qualcosa non va.
«Niente. Mi è tornata in mente una cosa.»
È sempre più impegnativo stare serio, ma non è il momento per ridere.
«Quale cosa?»
«Ripensavo a quella volta nella cascina, ad inseguire un topo.»
Lei mi fissa qualche istante, incredula. Poi vedo la sua bocca muoversi e tremare fino a che non compare un sorriso e non riesce più a restare seria. Scoppia in una risata incontrollata e io la seguo a ruota. I due uomini sui sedili anteriori ci guardano senza capire.
«C’è stato il momento in cui  dovevo afferrare quel ratto… e gli sono corso dietro… Solo che ho sbagliato mira e…»
Le risa intervallano le parole, rallentando il discorso.
«Mi sono schiantato contro un armadio di faccia!»
Maria si contorce.
«Però prima era successo dell’altro… Hai provato a salire sulla trave sotto il tetto...»
Io sghignazzo al ricordo.
«Fai questo pseudo-balzo felino e ti aggrappi con le braccia al legno...»
Gesticola per mimare le mie azioni. Non era una scena divertente in quel momento, ma ora la prospettiva è cambiata.
«Solo che non riesci a tenerti e ti agiti tipo gattino che affila le unghie… fino a precipitare a terra.»
«Ma pensiamo anche a te, che ti sei messa a tastare tutto quello che c’era là dentro nella speranza di vedere qualcosa… non so se ci sia un oggetto che tu non abbia palpato.»
Giacomo e il suo accompagnatore sembrano piuttosto scettici, ma ad un certo punto anche loro scoppiano a ridere. Tutta la tensione accumulata si dissolve magicamente.
«Ma ti ricordi il momento successivo, quando eravamo alla macchina… e abbiamo trovato l’auto aperta e ci sembrava ci fosse qualcuno che ci spiasse?»
Mi ritorna in mente anche la scena che lei sta citando. Non c’era proprio nulla di comico, ma adesso sono solo gli aspetti buffi a colpirci.
«Io ho deciso di oscurarmi per sicurezza e ci hai provato anche tu. Allora ti ho visto buttarti dietro l’automobile e poi ti sei rialzato in piedi come se nulla fosse.»
Momenti memorabili.
«Non avevo ancora ben chiaro come funzionasse quel potere.»
Inoltre non è che avessi ricevuto una vera istruzione, alcune cose si imparano con la pratica.
«Tra l’altro anche io ho rifatto la stessa cosa un’altra volta.»
Questa non la conosco. Mi interessa.
«Davvero?»
«Sì. stavo scappando dalla villa… quella… ok?»
Non vuol dire di più dato che ci sono troppe orecchie nell’auto. Ci stiamo sbottonando già abbastanza. Le faccio cenno di aver capito.
«Eravamo ad un benzinaio, io e Mauro, ti ricordi di lui?»
Annuisco, intanto continuo a ridere, senza un motivo, ma incapace di smettere.
«Salgo sulla sua auto, ma ad un certo punto, per qualche motivo, non mi fido più di lui e voglio diventare invisibile. Mi butto a terra di fianco alla macchina e sto lì… poi mi accorgo che mi sta fissando…»
«Che figura di merda!»
«Già… non so se mi abbia visto in un uno specchietto… o se non mi sono concentrata abbastanza… fatto sta che il mio progetto è andato a puttane.»
A proposito di puttane, ripenso anche io ad una situazione di cui Maria è all’oscuro.
«C’è la volta in cui mi ha chiamato Vicky…»
«Vicky?»
«Sì, le prime volte che Vicky mi telefonava era abbastanza difficile gestirla. Allora una volta… ho fatto finta di essere un certo Ezio…»
Mi fermo, non riesco a continuare, ho male alla pancia.
«E poi?»
«E poi lei ha continuato come suo solito a provarci... E da qualche parte è uscita questa storia di “A Ezio piace il vizio”… Ogni volta che ci penso…»
«Ho capito di chi stai parlando.»
Giacomo si infila nel discorso.
«Allora non eri tu quella che gironzolava nuda per il mio albergo?»
Ricordo quel momento, quando mi sono ritrovato la ragazza senza vestiti che mi seguiva in quell’hotel di Venezia. Non ci ha aiutato di certo a passare inosservati.
«A Ezio piace il vizio?»
Maria torna sull’argomento precedente.
«Così pare…»
«Quindi ti piace il vizio?»
Il tono della voce mi dice che è successo ciò che spero sempre non accada. Guardo alla mia destra e Vicky ha preso il posto della sua amica tranquilla. Lo si capisce dallo sguardo e dall’aspetto in generale. È la stessa persona, ma è qualcuno di completamente diverso.
«Vi state divertendo, voi, bei ragazzi?»
Le risate scemano. Sui sedili davanti c’è dello stupore.
«Raccontate delle belle storie anche a me, ho voglia di spassarmela.»
Allunga una mano e cerca di arricciarmi i capelli. Tento di fermarla, le sposto il braccio, ma so quanto sia difficile convincere quella pazza. Avere a che fare con lei mi succhia tutte le energie. Risolverebbe tutto aprendo le gambe, ma quando si dovrebbe assumere comportamenti diplomatici e spunta fuori lei è una vera rottura. Continua ad accarezzarmi, le mani scivolano anche più in basso. In questi momenti non so mai come gestirla. Non ho ancora imparato a farlo ed io e lei non siamo molto compatibili come compagni di viaggio. È imbarazzante.
«Che palle, Vicky!»
Sbotto in una protesta. Non ci riesco sempre. Non mi piace parlare e stare al centro dell’attenzione, ma quando è troppo è troppo.
«Sei un po’ nervosetto oggi» si lamenta lei, sistemandosi sul suo sedile, offesa.
Cala nuovamente il silenzio, ognuno ha lo sguardo fisso fuori dal proprio finestrino. La mia testa si riaffolla di pensieri.
Ripensandoci adesso, quando le nostre vite di prima sembrano così lontane, quelle scene appaiono molto comiche. Al momento erano solo fonte di grande imbarazzo, ma le cose acquistano sfumature diverse quando cambiano le proporzioni dei problemi.
Magari un giorno rideremo al pensiero di aver ucciso un mostro verde e orrendo.
Personalmente, ne dubito.

   
 
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