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Autore: esmeralda92    13/04/2011    2 recensioni
Era figlia di Zeus e di una mortale, una certa Latona. Allontanata dalla Regina degli dei. Strappata alla madre che non aveva mai conosciuto per mano di una serpe. E suo padre che non l'aveva mai riconosciuta, mai cercata.E ora l'avrebbe pagata cara. (Rivisitazione dei miti.. spero che vi piaccia..)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano anni che si era assentata all'Olimpo. Era stata a Efeso, dove si trovava il suo tempio. Aveva vissuto lì, dove aveva appreso le arti mediche e guerresche. E dove aveva scoperto la sua vera origine. Era figlia di Zeus e di una mortale, una certa Latona. Allontanata dalla Regina degli dei. Strappata alla madre che non aveva mai conosciuto per mano di una serpe. E suo padre che non l'aveva mai riconosciuta, mai cercata. E che considerava Marte, quel borioso principe senza alcun grano salis, unico erede al trono. Aveva lasciato che i suoi figli si burlassero di lei, che fosse considerata la figlia che nessuno avrebbe mai voluto, abbandonata da tutti. Nessuno aveva mai detto niente. Nessuno tra gli zii aveva mai intercesso per lei. E Zeus, con il potere che aveva, si era creato una corte di burattini che muoveva a proprio piacimento.

Fece un grande respiro. Calò sul capo il cappuccio e spalancò le porte che facevano accedere all' Olimpo. Il pavimento marmoreo, coperto da un sottile strato di cirri, fece riecheggiare il passo della divina. Zeus, seduto sul suo trono guardò la ragazza dall'alto della sua posizione.

“Chi sei? Cosa vuoi da me?” Sono tua figlia. E voglio la tua rovina. Pensò. Poi sorrise.

“Ti sembra questo il modo di accogliere un ospite, divino Zeus?” il sovrano sorrise, anche se il tono con cui gli si era appellato non gli iaceva per niente.

“Artemide!” fece sorridendo e andandole incontro con le braccia spalancate. Che ipocrita! E io non sono da meno. In questo ho preso da lui. Pensò. Gli andò incontro sorridendo e lo abbracciò. Fingendo felicità. Anche Era, che si trovava lì, le sorrise e la abbracciò come se avesse da poco ritrovato una cara amica. Artemide finse anche con lei.

“Fatti vedere!” fece la serpe travestita da dea. Lei la accontentò. Occhi color del mare. Capelli ricci castani. Pelle ambrata, denti bianchi come perle. Che lei non tardò a mostrare in uno dei suoi sorrisi più smaglianti.

“Sei davvero bellissima!” continuò la regina.

“Grazie, mia signora.” mormorò lei con una sottile velatura ironica nella voce.

“Chiamami pure Era, tesoro. Sono tanto felice che tu sia tornata. Ben tornata a casa.” in quel momento la porta si aprì.

“Oh, tesoro! Vieni a vedere chi ha fatto ritorno dopo tanto tempo.” fece il re andando incontro a suo figlio e alla dea dell'amore. Artemide si staccò dalla matrigna. E si voltò lentamente verso Marte.

“Salve Marte.” mormorò lei per poi sorridere. Un sorriso pieno di tutta la buona educazione e falsità che ci si poteva immaginare. E lui corrispose pienamente. Per rispettare le buone usanze.

“Salve a te, Artemide.” rispose altrettanto cordialmente. D'altronde tutti erano a conoscenza del buon sangue che NON scorreva tra i due.

“Afrodite!”

“Artemide! Visto? Ci siamo fidanzati!” disse lei mostrandole l'anello che portava al dito. La ragazza sorrise. Bene. Non potevo chiedere di meglio. Ecco svelato il punto debole di Marte. Afrodite è proprio una stupida.

“È meraviglioso! Sono tanto felice per voi due!” lei guardò il suo ragazzo con uno sguardo da innamorata persa. E lo baciò. Cui lui corrispose. Per poi staccarsi. Afrodite incontrò lo sguardo della regina che annuì. Afrodite le sorrise di rimando.

“Vieni! Ti mostro le tue stanze!” fece la giovane con entusiasmo prendendola per mano. Artemide sorrise e la seguì, non prima di aver lanciato uno sguardo agli altri tre nella sala.

“Stasera ci sarà un banchetto in tuo onore. Nostro padre ci tiene molto a te.”

“E io sono molto affezionata a lui, anche se non sono sua figlia.”

“Oh, tesoro scusa. È passato tanto temo da quando eravamo così immaturi, e ci sei mancata così tanto, che ormai ti consideriamo una di noi.” Non male la ragazza come attrice, ma io sono più brava. Fece mentre percorrevano ampi corridoii illuminati.

“Oh, tranquilla, sorella.. Posso chiamarti sorella vero? Ho dimenticato. È vero, ho sofferto molto, ma era anche mia la colpa. Ero stupida e immatura come tutti i ragazzi di quell' età. Credevo di essere superiore, e facendo così mi sono alieniata a voi. Che ne dici di ricominciare?” chiese.

“Certo, sorella.” fece sorridendo. E la abbracciò. Poi si fermò davanti a una porta. E la aprì con una chiave dorata. Che poi le consegnò. Aprì le porte e entrò. Seguita dall'ospite.

“Spero che siano di tuo gradimento. Ti abbiamo dato una camera che desse sull' Oriente, così da poter vedere casa tua ogni volta che lo desideri.” le disse fermandosi al centro della stanza e voltandosi verso di lei.

“Grazie, è molto gentile da parte vostra.”

“Pensavamo che potesse essere un modo per.. sancire la nostra pace.”

“Oh, è perfetto! Avete trovato un modo stupendo!” fece lei commossa.

“Ne sono felice. Il banchetto avrà luogo nella sala di oggi. Alle otto e mezza!”

“Bene! A dopo, allora.” fece sorridendo. E quando fu sola un ghigno le si dipinse sul volto. Sicuramente lei e Era le avrebbero reso la vita dura. Impossibile. Ma il piano che lei aveva in mente era ancora più crudele. Li avrebbe portati tutti alla rovina.

Senza alcuna via di scampo.

Era aveva già tentato una volta di rovesciare il regno di Zeus. E aveva fallito. Ora lei avrebbe fatto la stessa cosa, ma con una differenza. Lei ci sarebbe riuscita.

Le ampie stanze avevano il pavimento mamoreo bianco. Quasi immacolato se non per qualche venatura nera. Il letto era a baldaccino. Bianco. Le ampie finestre davano sul mare. E in lontananza, potendo vedere oltre, il suo mare, la sua città. Efeso. Il mobilio consisteva in un ampio cassettone nella parete di fronte a quella del letto. Vi era anche un bagno privato e un salotto. Con divani. Non era per niente male come camera, bella ampia. E molto luminosa. E per questo avrebbe apportato alcune modifiche. Tutto quel bianco la infastidiva. Era eccessivo. Iniziò a sistemare le proprie cose. Si fece un bel bagno. E poi si vestì. Un vestito blu notte. Lungo. E un velo che partiva dietro il vestito, blu chiaro, cosparso di polvere argentata. Una collana d'argento elaborata, orecchini pendenti. Chioma raccolta. E poi andò. Per gli ampi corridoi incontrò Apollo. Suo fratello.

“Ciao fratellino!”

“Artemide!” fece questo voltandosi e guardandola ammirato. “Sei stupenda.”

“Grazie!” rispose lei fingendosi un po' imbarazzata. Lui le porse il braccio.

“Posso avere l'onore di accompagnare mia sorella al banchetto?”
“Certamente, Apollo.” ribattè lei accettando il braccio. E lo guardò. “Sai, anche tu sei molto migliorato.” in effetti il fratello era il più bello, a detta sua, di tutti gli dei dell'Olimpo. Biondo con occhi scuri e un fisico molto prestante, aveva conquistato fin da piccolo il cuore di molte ninfe. E lei ne era andata sempre orgogliosa in cuor suo. Soprattutto quando aveva tentato di rovesciare il potere del tiranno, un po' di tempo fa, quando ancora era un ragazzino. Ora invece era diventato il protetto di Zeus, insieme a Marte, ovviamente.

Ormai era diventato uguale a loro.

Quando entrò nella sala, tutti rimasero grandemente sorpresi. Sia dalla beltà della divinità, sia dal fatto che ad accompagnarla fosse Apollo. Tutti si aspettavano che venisse da sola.

“A quanto pare, Era, ha già trovato i favori di qualcuno.” commentò Afrodite.

“Già. Non dobbiamo permetterle di ottenerne altri.”

“Consideralo già fatto.”fece la dea. Sorridendo. Poi le andò incontro e la abbracciò.

“Tesoro!” Artemide sorrise falsamente, come d'altronde stava facendo anche la dea dell'amore.

“Sorella!” fece fingendo di strigerla commossa. Gli occhi ritirarono velocemente le lacrime. E poi prese le mani di Zeus sorridendo.

“Non dovevi fare tanto per il mio arrivo. Mi lusinghi.”

“Sei la nostra ospite, meriti tutti gli onori. Oltre al fatto che è il nostro modo per dimostrarti il nostro affetto nei tuoi confronti.” lei sorrise.

“Grazie di cuore, Zeus.” poi sorrise a Era.

“E anche a te, grazie di cuore.”
“Oh, di niente, tesoro. Lo facciamo con molto piacere. Non è vero, Marte?” il figlio si riscosse sorridendo.

“Certo, con molto piacere.” ripetè. Cercando di sorriderle. C'era qualcosa nel suo modo di fare che non gli piaceva. Bella, era bella. Ma aveva qualcosa che non lo convinceva. Tuttavia non poteva mancarle di rispetto di fronte a Zeus, suo padre, proprio in quel giorno. Era una cattivissima idea. Che infatti non ascoltò.

“Marte.”

“Artemide.” fece Marte. Poi, vedendo lol sguardo ammonitore di suo padre, aggiunse. “Sono felice di riaverti con noi. Spero che il tuo soggiorno qui sull' Olimpo sia ottimo.” lei sorrise sapendo che quello era il solito discorso di circostanza che se avesse voluto, si sarebbe evitato di pronunciare.

“Lo sarà di sicuro. Non ne dubito.” fece lei. Sorridente. E prese posto tra Afrodite e Mercurio.

“Buona sera, Artemide.” fece egli sorridendo “Sono felice di riaverti a casa. Si è sentita la tua mancanza”

“Grazie, Mercurio. Mi siete mancati molto anche voi. Sul serio.” fece lei sorridendo. “E quali novità ci sono?”

“Oh, niente di che.. Marte e Afrodite si sono ufficialmente fidanzati l'anno scorso. Anche se sinceramente non capisco cosa ci trovi in lei.”
“I gusti..” commentò Artemide.

“Ma andate d'accordo ora.”
“Non per questo però mi trovo in disaccordo con te.” Mercurio sorrise.

“Sei sempre la stessa. Bentornata.” innalzando il suo calice. Lei lo imitò sorridendo. Non sai quanto ti sbagli, Mercurio. Non sai quanto ti sbagli. Ma non mi aspetto che tu capisca.

“Grazie, Mercurio.” rispose poi.


Le portate furono squisite e anche l'intrattenimento. Le ninfe danzarono e cantarono per lei. Artemide commossa davvero, al termine delle feste non sapeva più come ringraziarli. Ebbe modo di osservare durante il banchetto come Afrodite parlasse del suo fidanzamento e come se ne vantasse. Non era occhi innamorati i suoi, ma quelli di una vincitrice trionfante. Aveva portato per ciascuno dei regali, sorridendo vedendo che risultavano essere alquanto azzeccati.

Molte divinità le si fecero intorno e lei rispose con entusiasmo raccontando la sua vita a Efeso.

“Ti ha voluta qualcuna?” chiese una delle grazie.

“Oh sì, ma non ho mai ceduto totalmente.”
“Perché?” chiese la voce di Marte dietro di lei.

“Perché non me la sono sentita. Tu perché sei tanto interessato?”

“Niente, se non curiosità.” fece lui.

“Effettivamente non c'è da stupirsi se sei interessato a quel tipo di aspetto.” ribattè provocando il riso delle altre.

“Non ci penso da un anno.” fece guardando Afrodite negli occhi che sorrise. E lo baciò.

Artemide sorrise. Dei quanto li odiava. Falsi e stronzi come loro ne aveva incontrati pochi ed effettivamente formavano una coppia splendida.

“Meglio per te. Non vorrei essere nei tuoi panni se dovesse essere diversamente.”

“Non accadrà mai, tranquilla.” fece lui. “So quanto ti piaccio, ma..”
“Sempre meno, stanne certo.” fece lei sorridendo. Poi si rivolse a Afrodite. “Tutto tuo, tranquilla. Non ho alcuna intenzione di soffiartelo. Lascio questo privilegio a altre, sempre che qualcun'altra ci riesca.” fece sorridendo.

“Spero proprio di no. Ma è vero che non accadrà mai?” fece lei.

“Mai, amore. Mai.” fece baciandolo. Era innamorato di lei. Davvero molto. E lei se ne stava servendo per chissà quale scopo. Calcolatrice quanto lei. Sarebbe stata una bella sfida. Molto presto tutto quello che essi conoscevano, sarebbe finito. Non ci sarebbe stato più un monte Olimpo, Zeus non avrebbe regnato più su niente se non su una landa deserta. Il tiranno sarebbe caduto. Lui, lui che non riconosceva la figlia. Che fingeva di aver avuto da Latona soltanto Apollo. Che l'aveva trattata come una straniera, come qualcuno estraneo alla famiglia. Aveva lasciato che l'erede al trono si gioisse delle sue sofferenze. Che la trattassero a loro piacimento soltanto perché era diversa da loro. O almeno credevano ciò. Zeus aveva salvato il regno dell'Olimpo dalla tirannia di Crono, suo padre. Ma non si era dimostrato molto migliore di lui. E se nessuno era in grado di accorgersene, beh, l'avrebbe fatto lei. Suo fratello da quando aveva provato non aveva più osato contraddirlo, e di certo lei non poteva ormai più contare sul suo aiuto. Avrebbe tentennato, avrebbe avuto paura. E lei aveva bisogno di alleati veri, senza scupoli, per riuscire nel suo intento.


Verso la fine della terza veglia, la dea si scusò e si avviò verso le sue stanze. Sotto lo sguardo di suo padre, Marte si propose di accompagnarla.

“Non è necessario.” fece lei garbatamente.

“Sì che lo è.” la divinità notò lo sguardo del dio che le stava di fronte. E poi quello del padre.

“D'accordo.” e prese il braccio che lui le offrì. Quando furono lontani dalla sala, lei delicatamente tolse la mano. Lui la guardò sorpreso.

“Perché?”

“Credevo l'avessi fatto solo perché tuo padre ci stava guardando.”

“No... Non l'ho fatto per questo, ma perché lo volevo.” rispose lui. Questa volta a essere sorpresa fu Artemide, che si ricompose subito. “Sbaglio o quello era uno sguardo sorpreso?”
“Non sbagli. Ma la motivazione non è quella che credi.”
“E quale sarebbe allora la “motivazione”?”

“Mi sembrava di aver capito che tu amassi Afrodite.”

“La amo infatti.”
“Già, ma non perdi occasione di soffermare il tuo sguardo sulle gonnelle troppo corte delle ninfe, o le loro scollature troppo profonde?”
“Gelosa perché nessuno ti ha ancora avuta o desiderata davvero?”

“Non sono gelosa di nessuno. Se sono arrivata a quest'età vergine è solo ed esclusivamente per la mia volontà.” lui scoppiò a ridere.

“Cos'è' ti brucia il fatto che sarei potuta andare a letto con altri e non con te?”
“Oh, ci verrai.”
“Non credo proprio: per ora tutto ciò che provo per te è disprezzo e disgusto, come è sempre stato.” lui sorrse arrogantemente.

“Hai detto bene, Artemide: per ora.” e se ne andò. Lei rimase davanti alla porta della sua camera imponendosi do calmarsi. Aveva dimenticato quanto Marte sapesse essere dannatamente irritante.

  
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