Hidden Yourself
1
Hi Grace. :)
Quella notte splendeva la luna e,
nonostante fosse piena, i suoi bagliori erano sbiaditi.
Le strade di Los Angeles non erano mai state così disabitate.
Forse era colpa dell'ora, o semplicemente quel sabato sera molta gente
lo preferiva trascorrere chiusa in casa, magari in compagnia della
propria ragazza o della propria famiglia...
Fremetti di invidia per quelle persone così fortunate in
confronto a me.
Mi fermai ed osservai una grande insegna lampeggiante di fronte a me.
Due ragazze, ubriache marce, mi passarono davanti, ridendo tra loro
spensierate.
Sorrisi e mi portai il cappuccio ancora più sopra la testa,
cercando di nascondere anche metà dei miei occhi.
Non avevo alcuna intenzione di farmi riconoscere, già avevo
avuto dei problemi dopo l'uscita del mio nuovo album, era meglio non
dare troppo nell'occhio. Infatti ora mi sarei dovuto trovare in Svezia,
a Stoccolma, segregato in un hotel di lusso, malato.
Era una trovata di Scooter, due settimane di anonimato, disperso a Los
Angeles, solo come un cane; mi
aveva detto di prendermi una pausa di riflessione, del tempo per capire
chi ero, ecco.
Sbuffai.
Che cosa stupida, insomma, io ero Justin Bieber, uno dei ragazzi
più desiderati al mondo, perchè dovevo prendermi
una pausa?
Solo perchè il mio album era stato etichettato sotto la
voce di "vuoto e commerciale" non significava che non sapessi cantare.
Ripresi a camminare, perso nei miei pensieri, per poi entrare in un
vicoletto.
Le luminose luci della strada si infiltravano con fatica nella
stradina, rendendola buia e inquietante, quindi mi tolsi il cappuccio
per vedere meglio dove mettevo i piedi.
Incespicai in un paio di lattine, e dopo un po' di maledizioni, arrivai
quasi alla fine della via, quando ad un tratto da una porta sgangherata
uscirono un paio di ragazzi, ridevano e si spintonavano, decisi
così di nascondermi dietro un bidone della spazzatura, per
uscire quando loro se ne sarebbero andati.
Storsi il naso dalla puzza, cosa mi toccava fare?
Sentii delle risate grasse o mi sporsi un po' dal bidone, per osservare
cosa stava facendo il gruppetto di ragazzi, incuriosito dalle abitudini
normali e adolescenziali ormai a me
sconosciute.
Notai un ragazzo appoggiato ad un muretto poco lontano da me, con in
mano una sigaretta e nell'altra una bottiglia di birra, aveva in faccia
stampato un ghigno strafottente, e guardava due ragazze davanti a se
come se fossero delle succulente prede.
Un brivido mi attraversò le spalle, cercai di sopprimerlo,
ma inutilmente. Avevo paura.
Continuai ad osservare i ragazzi, rapito e affascinato, erano circa sei.
Vicino al tizio con la sigaretta c'erano tre persone: due ragazze e un
ragazzo.
Una mi sembrava avessi corti capelli biondi, non era molto alta ma a
compensare c'era la sua amica, dai capelli rossi fiammanti, alta si e
no più di me. Il ragazzo vicino a loro era biondo ed una
grande cresta si ergeva su i suoi capelli.
Mi rimasero due ragazzi da esaminare, isolati dal gruppo, e seduti su
un marciapede, sforzai la vista e notai che erano un ragazzo e una
ragazza.
Lui la stringeva a se, e lei aveva in mano qualcosa, che portava alla
bocca avida, forse era birra, ma non ne ero sicuro...
Stetti immobili ad osservarli altri secondi, o minuti, poi decisi che
era meglio che me ne andassi, altrimenti avrei dovuto aspettare tutta
la notte per riuscire a passare nella via successiva.
Mi girai lentamente e mi diedi una leggera spinta con la mano, premendo
sul bidone, per alzarmi in piedi.
Feci qualche passo, ma distrattamente con il piede colpii una lattina,
provocando un colpo sordo.
Mi fermai di colpo, terrorizzato.
<< Ehi tu!
>>. Sentii urlarmi dietro pochi istanti dopo. Mi voltai
lentamente, cauto.
<< Si proprio tu! >>. A parlare era stato
il tizio con la sigaretta alla mano. << Ci stavi spiando?
>>.
Si staccò sornione dal muretto e iniziò a
camminare lentamente verso di me.
<< No >>. Dissi secco, anche se la paura mi
aveva serrato lo stomaco.
<< Quindi non eri tu quello dietro il bidone, vero?
>>.
Deglutii faticosamente.
Cazzo.
<< Forse...>>. Cercai di buttarla sul vago,
non volevo far vedere le mie emozioni.
< Ahah, avete sentito ragazzi? >>. Lui e i suoi
amici si erano avvicinati, tranne la coppietta che avevo avvistato per
ultima, che era rimasta leggermente in disparte.
Il ragazzo con la sigaretta fece un passo in avanti, e mi
squadrò da capo a piedi, ed io li capii che mi aveva
riconosciuto.
<< Ohoh. Ma chi abbiamo qui? >>. Rise
portando la sigaretta alla bocca, divertito.
<< Cosa vuoi? >>. Gli chiesi, sfidandolo.
<< Divertirmi. >>. Rise.
<< Bene, ma non con me. >>. Dissi
superandolo.
<< Caro Bieber >>. Batté le
mani, lentamente. << Sono onorato di conoscerti.
>>.
<< Mi piacerebbe dire lo stesso nei tuoi confronti.
>>. Ribattei girandomi verso di lui e socchiudendo gli
occhi, papà me l'aveva insegnato anni prima, mai mostrare le
proprie paure al nemico. Mai.
<< Mi sto emozionando, Bieber. Ah, comunque, io sono
Dylan. >>.
<< Bene, Dylan, ora se vuoi scusarmi devo proprio
andare...>>. Feci per girare i tacchi...
<< Ma chi cazzo ti credi di essere? >>.
Disse sputando odio.
<< Come scusa? >>. Domandai stupito.
<< Chi cazzo credi di essere?>>.
<< Nessuno? >> Domandai ironico.
<< Esatto. Tu non sei nessuno. Bieberon. >>.
Scossi la testa, ormai avevo superato la fase del prendermela per ogni
battutaccia sul mio nome, o cognome.
<< Bene, è stato un piacere conoscerti, Dylan.
>>.
<< Non così in fretta, piccolo.
>> Disse afferrandomi per la spalla.
Mi fermai di scatto, e girai la testa lentamente verso la sua mano
appoggiata sul mio corpo.
<< Toglila.>> Sibilai.
<< Altrimenti? >>. Chiese beffardo.
<< Altrimenti questo >>. Mi girai di scatto
e gli afferrai il polso, girandoglielo.
Lo vidi irrigidirsi.
La ragazza bionda, vicino a lui, fece per intervenire, ma la rossa
-l'altra ragazza- , vicino a lei, la fermò, nonostante le
sue proteste.
Intanto Dylan, non si era ancora divincolato dalla mia morsa, quindi lo
mollai pochi istanti dopo, deciso ad andarmene veramente.
Stavo quasi per girarmi, quando sentii un dolore lancinante sulla
guancia. Mi aveva colpito.
Chiusi gli occhi. No, non sarei sceso alle mani.
Così incassai il colpo e mi
feci forza.
<< Figurati se mi faccio battere da un pivello come te.
>> Rise beffardo.
<< Non ho intenzione di finire in una rissa.
>> Sibilai.
<< Altrimenti perderesti >>. Mi
schernì.
<< Si.. >> Aggiunsi ironico.
Mi guardò truce, si stava ancora avvicinando, sentivo il suo
odore,un misto di alcool e tabacco.
<< Nano. >> Mi sfotté.
<< Coglione. >> Dissi guardandolo negli
occhi.
Mi spintonò facendomi cadere sulla strada, ormai sporca del
mio sangue.
Mi afferrò i capelli, costringendomi a guardarlo negli occhi.
La paura era andata via, ora avevo solo voglia di finirla con tutta
questa falsa e tornarmene nel mio hotel, a riposare.
<< Dylan, basta! >>. Sentii urlare dietro
di me.
<< Kimberly non ti intromettere, Marcus, tienila ferma.
>>
<< Stupido! >> La sentii urlare, ero
tentato di girarmi, ma Dylan aveva ancora la sua mano tra i miei
capelli e non riuscivo a muovere la testa...
<< Dai Dylan, basta... Ha capito la lezione.
>>. Sussurrò la ragazza.
La mano tra i miei capelli scomparve, ed io tirai un sospiro di
soddisfazione.
Dylan sbuffò, e mise un braccio sopra le spalle alla bionda
che ormai gli si era avvicinata..
<< Sei stato fortunato, bambino. Ringrazia che sono stato
gentile. >>.
Stetti in silenzio e ingoiai le parole che avrei voluto urlargli dietro.
Dylan rise e fece segno ai suoi compagni dietro di me di seguirlo.
Si allontanarono tutti e sei, e notai
che l'ultima ragazza rispetto la fila, con lunghi e spettinati capelli
castani, si era girata per osservarmi, e quando notò che
l'avevo vista, si girò di scatto, abbracciando il ragazzo
con cui era stata poco prima.
Stetti seduto ancora sulla strada
umida per altri minuti, e sputai fuori un po' di sangue, che per
qualche strano motivo mi era rimasto in bocca.
Chiusi gli occhi, coprendoli con le mani.
Possibile? Mi cacciavo sempre nei guai, ultimamente.
<
Sobbalzai e notai una figura in controluce.
<< S...Sì >> Balbettai.
Chi era?
La figura avanzò verso
di me, fino a sedersi per terra, a due spanne dalle mie ginocchia.
Era la ragazza dai capelli castani, la compagna del gruppo di Dylan.
La fulminai con gli occhi, e lei rise.
<< Sono venuta in pace, giuro >>.
Stetti in silenzio.
<< Tutto okay? >>. Mi chiese.
<< Sì. >> Risposi secco.
<< Siamo di brutto umore, eh? >>.
<< Tu non lo saresti al posto mio? >>
Chiesi scettico.
Rise, gentile. << Giusto, dai, vieni >>.
Si alzò e mi tese una mano.
La guardai con ribrezzo.
<< Mica ti mangio. Dai, voglio aiutarti. >>
Mi sorrise.
Sbuffai, e accettai la sua mano, alzandomi.
Lei non la mollò, anzi, intrecciò le sue dita
alle mie, felice.
Un brivido mi percorse la schiena, ma non ci prestai molto caso.
Camminammo un altro poi, in silenzio.
<< Dove stiamo andando? >>. Le chiesi
apprensivo.
<< A casa mia. >>
Mi fermai di colpo, e quindi feci fermare anche lei.
<< Scusa ma non mi va. >>.
<< Ma smettila. Ho capito che sei un duro, ma adesso puoi
anche smetterla di comportarti così. >>. Rise.
<< Non è questo. E' che nemmeno ti conosco!
>>.
<< E allora? >> Mi chiese seria.
<< Possiamo conoscerci. Tempo ne ho quanto vuoi.
>> Mi fece l'occhiolino.
Borbottai un " Fa come vuoi", e mi rassegnai.
Cinque minuti dopo ci trovammo davanti ad una villetta a schiera, i
muri erano bianche e c'era un piccolo porticato in legno scuro davanti
l'ingresso.
La ragazza estrasse dalla cassetta della posta un mazzo di chiavi e
aprì il cancelletto di fronte a noi, facendomi entrare nel
giardino.
<< I miei non ci sono, quindi puoi stare quanto vuoi,
basta che verso le quattro te ne vai, non vorrei che mio fratello ti
vedesse... >>. Rise.
Annuii spaesato.
Mi riprese la mano, che poco prima aveva mollato e mi
accompagnò in cucina.
<< Siediti li >>. Con il mento mi
indicò una sedia vicino ad un tavolo di ciliegio.
<< Torno subito >>. Mi disse lasciandomi
solo nella grande stanza.
Mi sedetti sulla sedia, e osservai in giro.
La grande sala era tutta bianca, eccetto il tavolo, le sedie e il piano
cottura, che erano di legno scuro.
Annusai l'aria colpito dal dolce odore che mi aleggiava intorno.
Torta di mele.
<< Eccomi, scusa ma non trovavo il disinfettante
>>. La ragazza mi si parò davanti, sorridendo
imbarazzata, con in mano una valigetta blu, che appoggiò
sopra il tavolo.
Con aria concentrata l'aprì ed estrasse una garza e una
bottiglietta verde, probabilmente disinfettante.
Mi si mise davanti, e delicatamente prese il mio viso fra le sue mani,
sussultai a quel contatto.
<< Tutto okay? >>. Mi chiese preoccupata.
<< Sì, grazie >>. La rassicurai,
imbarazzato.
Con un dito, leggera, percorse la superficie della mia guancia.
<< Ti ha fatto proprio male Dylan, eh? >>.
<< No, non mi fa male... >>. Mugugnai.
Tolse le sue mani dal mio viso, prendendo la garza e imbevendola di
disinfettante. << Comunque io sono Grace
>>. Aggiunse distratta.
<< Ed io Justin >>. Risposi.
Lei mi guardò, sorridendo, << Lo so
>>.
Mi alzò la testa, ed io chiusi automaticamente gli occhi,
come un'idiota.
Il contatto con la stoffa imbevuta mi fece fremere, bruciava.
<< Manca poco, resisti. >> Rise.
Infatti pochi istanti dopo tolse la garza dal mio viso,
accartocciandola e buttandola dentro il cestino.
<< Fatto, sei stato bravo >>. Disse dandomi
un buffetto.
Quanti anni pensava avessi? Quattro?
<< Grazie >>. Mi alzai.
<< Alt. >> Le sue mani si appoggiarono
sulle mie spalle. << Quando dicevo che volevo conoscerti,
ero seria >>.
<< Ah, okay. >>. Le sorrisi.
<< Vieni >>. Mi accompagnò in un
grande salone, e mi fece sedere su un gigantesco divano.
<< Quanti anni hai, Gracè? >>.
<< Gràce >>. Mi corresse lei.
<< Comunque diciassette, te? >>.
<< Uguale >>. Risposi.
Stettimo in silenzio, così la osservai. Il volto era
abbastanza anonimo, ma nonostante questo aveva un che di inquieto, ma
allo stesso tempo affascinante.
<< Certo >>.
<< Come fai ad essere amica di Dylan e compania bella,
insomma, sei completamente diversa da lui o da loro. >>.
Stette in silenzio, osservandomi.
<< Ti sbagli. Sono molto simile a loro. Semplicemente le
persone che hai visto indossavano delle maschere. Soprattutto mio
fratello, lui ama recitare la parte del duro. >>. Mi
sorrise, gli occhi ciò nonostante rimasero
inespressivi, quasi vigili.
<< Momento. Momento. Tuo fratello? >>.
<< Ahahah, si, Dylan! >>.
<< Wow >>. Sussurrai.
Mi guardò intensamente per poi avvicinare il suo viso al mio.
Spalancai gli occhi.
Adesso che voleva fare?
Sentivo il calore del suo respiro
solleticarmi il labbro superiore. Rimase ferma, immobile,
osservandomi, assorta
nei suoi pensieri.
<< Sei carino. Ti immaginavo diverso. >>.
Disse con semplicità, scrutandomi.
<< E' un complimento? >> Chiesi.
<< Beh... >> Si protrasse, accarezzandosi i
capelli. << Sì, perchè non
dovrebbe? >>.
<< No, niente... >>
Questa ragazza mi faceva venire un sacco di dubbi esistenziali.
<< Che ore sono? >> Le chiesi.
Tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un telefono e
sbirciò nello schermo.
<< Mancano venti minuti alle due di notte.
>>
<< Forse è meglio che vada... >>
<< Ma sei rimasto pochissimo! >>
Protestò lei. Sembrava una bambina.
<< Sono stanco, scusa. >>
<< Va bene... >> Si arrese.
Mi alzai e lei mi accompagnò alla soglia della porta.
<< Ci si vede allora. >> Le dissi.
Lei annuì.
<< Grazie ancora >>.
<< Non ringraziarmi, anzi, scusami tu per Dylan. A volte
mi vergogno per lui... >>. Sorrise triste.
Le sorrisi.
<< Bene, allora ciao. >> La salutai.
<< Ciao >> Disse.
Stava per chiudere la porta quando io la fermai.
<< Ehi Grace?!. >>
<< Sì? >>
<< Potresti non dire a nessuno.... >>
Storsi la bocca. << Del nostro incontro di sta sera?
Anzi, fa finta di non avermi mai incontrato, okay? >>
Chiesi speranzoso.
Il sorriso che aveva in volto ebbe un attimo di incertezza, ma
forse mi stavo sbagliando. D'altronde perchè ci
sarebbe dovuta rimanere male? Non mi sembrava il genere di persona che
ama spiattellare al vento i fatti suoi.
<< Non ti preoccupare, ciao Popstar>> E
chiuse la porta, accompagnandola con un sospiro sommesso.
Oltrepassai il giardino ed
incominciai di nuovo a camminare, la ferita sulla guancia un
po' mi bruciava ma non ci feci più di tanto caso.
Ero felice, e prima di entrare in hotel osservai il cielo.
Non le avevo nemmeno chiesto il numero.
Sospirai, Los Angeles era grande, Grace era una delle tante, nulla di
che, me la sarei dimenticata...
'Dear Boy, doesn't be
sad,
you're smile make me happy',