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Autore: sango_79    14/04/2011    14 recensioni
Un compito di Trasfigurazione, un vecchio desiderio e un piccolo imprevisto.
Le conseguenze pelose di un incantesimo perfetto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hermione Granger, Neville Paciock, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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I personaggi e l'ambientazione non sono miei, ma della signora Rowling: ne consegue che anche tutti i diritti sono suoi. Io non ci guadagno nulla a scrivere di loro, se non un po' di sano divertimento.

Storia scritta per il COW-T di Maridichallenge.
Come sempre, grazie a Saku per il betaggio ^_^


Un desiderio peloso
 

“Oggi parleremo del Punto di non ritorno.”
Nell’aula di Trasfigurazione l’unico rumore udibile era quello delle piume che raschiavano sulle pergamene.
“Per iniziare, vi darò una dimostrazione pratica.”
La McGranitt trasfigurò una pergamena in una teiera fumante e si girò di nuovo verso i suoi allievi.
“Ora, signor Nott” e fece un cenno al ragazzo seduto a uno dei banchi in prima fila “sarebbe così gentile da riportare la teiera al suo stadio originale?”
Nott agitò prontamente la bacchetta. La teiera continuò a fumare indisturbata. I risolini che si erano levati nella classe morirono sotto lo sguardo di fuoco della McGranitt, che allungò un braccio verso Nott, facendogli cenno di avvicinarsi.
“Venga alla cattedra, signor Nott, e riprovi” lo incoraggiò.
Il serpeverde si alzò e si avvicinò alla teiera, agitando la bacchetta. Arrivò perfino a pronunciare un Finite Incantatem a voce alta, ma quella continuava a fumare come se niente fosse.
“Grazie, signor Nott. Può tornare al suo posto” lo congedò la McGranitt.
La professoressa aspettò che lui si fosse seduto di nuovo, prima di riprendere a parlare.
“Ora, è risaputo che il signor Nott è uno studente brillante, che non dovrebbe aver problemi ad annullare un incantesimo così semplice. Eppure non c’è riuscito, nonostante i ripetuti tentativi. Qualcuno sa dirmi perché? Sì, signorina Granger?” chiese, rivolgendosi alla ragazza che aveva prontamente alzato la mano.
“L’incantesimo può essere annullato solo dal mago che lo ha praticato, nessuno a parte lui può farlo.”
“Esattamente! Cinque punti a Grifondoro per l’ottima spiegazione e dieci punti a Serpeverde per la valida assistenza fornita dal signor Nott.”
La professoressa McGranitt andò a sedersi dietro la grande cattedra e rivolse alla classe una delle sue leggendarie espressioni severe, sguardo affilato e labbra strette.
“Spero che ciascuno di voi capisca l’importanza e la pericolosità di un simile incantesimo” e tutti annuirono con facce più o meno convinte.
“Bene! Questo è un incantesimo non verbale. La sua particolarità risiede nel fatto che, a differenza di molti altri incantesimi, non può essere pronunciato. Qualcuno sa spiegarmi perché?”
La mano della solita Grifondoro scattò in alto come una molla.
“Signorina Granger?”
“Perché si deve eseguire in contemporanea con un altro incantesimo. La formula per la trasfigurazione verrà pronunciata a voce alta, mentre l’altra verrà solo pensata.”
“Esattamente. Altri cinque punti a Grifondoro.”
La professoressa puntò la bacchetta verso la teiera e la trasfigurò di nuovo in una pergamena.
“Come avrete potuto notare, tra l’incantesimo e il controincantesimo ci sono alcune significative differenze. Il primo, in realtà, è un doppio incantesimo. Innanzitutto, si deve trasfigurare il soggetto scelto usando l’incantesimo adatto allo scopo, ma allo stesso tempo si deve bloccare la trasformazione usando l’incantesimo non verbale. Ovviamente, i due incantesimi devono essere simultanei, questo è fondamentale per la loro buona riuscita.”
Lasciò passare qualche minuto, aspettando che le piume smettessero di muoversi concitatamente e che i suoi allievi le rivolgessero di nuovo la loro piena attenzione.
“Il controincantesimo è un incantesimo unico, non verbale, e ha la doppia funzione di sbloccare la trasfigurazione e annullarla. Non si può semplicemente annullare l’incantesimo non verbale e mantenere l’oggetto trasfigurato. Quando si esegue il controincantesimo vengono annullati entrambi.”
Le piume ripresero a muoversi e lei ne approfittò per alzarsi e tornare dall’altro lato della cattedra, in piedi di fronte alla sua classe.
“Quello che rende questo particolare incantesimo diverso da tutti gli altri, però quello che lo rende davvero speciale” riprese con quella che a un occhio attento poteva quasi sembrare un’espressione eccitata “è che non esiste una formula. Il Punto di non ritorno si raggiunge solo grazie alla ferma volontà, al forte desiderio di chi esegue l’incantesimo. E questo è il motivo principale per il quale il controincantesimo è molto più difficile da apprendere dell’incantesimo stesso. Sono molti i maghi che non hanno mai imparato a padroneggiarlo.”
La docente di Trasfigurazione guardò soddisfatta gli sguardi sconvolti dei suoi allievi. Quella era la parte della lezione che aveva sempre preferito.
“Bene!” disse tutta allegra “Per la prossima lezione dovete fare un tema di almeno cinquanta centimetri sulla storia, la metodica e gli utilizzi dell’incantesimo del Punto di non ritorno e del relativo controincantesimo. E mi aspetto che siate in grado di eseguirne degnamente uno in classe. Potete andare” e appena pronunciate le ultime parole la campanella suonò.
 
Tre giorni dopo, di domenica mattina, Harry Potter si trovava vicino alla riva del Lago Nero, nascosto agli sguardi che potevano provenire dal castello dal tronco di un grosso albero, tutto infagottato nel suo mantello per cercare di ripararsi dal freddo pungente di una giornata di fine febbraio. Stava trasfigurando sassi, ramoscelli, e qualunque cosa si ritrovasse davanti che fosse anche solo vagamente adatta allo scopo. O perlomeno ci stava provando.
Aveva fatto il suo tema, aveva studiato con scrupolo tutta la procedura, si era esercitato per ore, ma ancora non riusciva a bloccare nessuna trasfigurazione. A voler essere proprio precisi, non riusciva proprio a trasfigurare nulla. Dopo innumerevoli tentativi a vuoto, aveva capito che il suo problema era la simultaneità: non riusciva a concentrarsi a dovere su due incantesimi contemporaneamente, quindi finiva per non concentrarsi su nessuno dei due. Con i disastrosi risultati che ne conseguivano.
Harry prese un profondo respiro per calmarsi. Gli ultimi tentativi erano andati un po’ meno peggio di tutti quelli che li avevano preceduti: i sassi che aveva cercato di trasfigurare avevano avuto qualche notevole sussulto, segno che era sulla buona strada.
Con calma, cercando di rilassarsi il più possibile, mosse lo sguardo per cercare l’ultimo sasso che aveva usato come cavia. Lo trovò alla sua sinistra, poco più in là rispetto al tronco dell’albero sul quale era appoggiato. Gli incantesimi sbagliati avevano l’effetto collaterale di far volare gli oggetti che usava da una parte all’altra, per questo aveva deciso di cercarsi un posto isolato per esercitarsi.
Harry scosse la testa, concentrandosi ancora una volto sul suo sasso. Aveva notato una cosa strana, durante gli ultimi tentativi: quando pensava a qualcosa che voleva con forza l’incantesimo sembrava più propenso a funzionare come doveva… L’ultima volta aveva pensato a quanto gli sarebbe piaciuto volare con la sua Firebolt, invece di dover passare il tempo a esercitarsi con quell’incantesimo, e per un istante era stato convinto di riuscire a trasformare la pietra in una scopa. Quindi, questa volta, doveva concentrarsi su qualcosa che desiderava con tutto il cuore. Peccato che non fosse una cosa così facile.
Se escludeva la resurrezione dei morti, che era improponibile per ovvi motivi, da quando era riuscito a sconfiggere Voldemort una volte per tutte la sua vita era stata più che soddisfacente. Non aveva grandi desideri che non si fossero avverati. Perlomeno, nessuno che potesse essere materia di trasfigurazione.
Chiuse gli occhi e si concentrò: doveva trovare qualcosa che desiderava.
All’improvviso gli tornò in mente un lontano ricordo. Doveva avere cinque o sei anni, uno degli amici di Dudley aveva ricevuto come regalo di compleanno un cucciolo di cane e lui aveva desiderato di poterne avere uno per sé. Ovviamente la cosa non era stata nemmeno presa in considerazione, e l’antipatia per i cani di zia Marge gli aveva fatto dimenticare quel piccolo desiderio.
Harry si soffermò a pensarci. Un cucciolo di cane! Non nero, gli avrebbe ricordato troppo Sirius. Bianco magari, come quel cani da slitta che aveva visto di sfuggita in qualche notiziario alla tv.
Harry ci pensò davvero, a come sarebbe stato prendersi cura di un cagnolino, un batuffolo di pelo che sarebbe dipeso da lui, un cucciolo che avrebbe visto crescere, che sarebbe diventato un fedele compagno. Pensò a quanto si sarebbe divertito, a quanto gli avrebbe voluto bene e a tutti i modo in cui il suo cane gli avrebbe dimostrato il suo affetto.
Fu un tutt’uno, aprire gli occhi e pronunciare l’incantesimo, puntando la bacchetta contro il sasso. Un vero peccato che il sasso non ci fosse più, sostituito dal piede che lo aveva calciato lontano. Harry fece in tempo a guardare due occhi grigi che lo guardavano sbalorditi, e un secondo dopo si ritrovò davanti il suo cucciolo. Aveva trasfigurato Malfoy.
 
Harry prese un respiro profondo, puntò la bacchetta contro il cagnolino e pensò al controincantesimo. Non successe nulla. Prese un altro respiro, ripeté il procedimento, e continuò a non succedere nulla. Quando sentì il cucciolo-Malfoy uggiolare si fece prendere dal panico.
Afferrò la palla di pelo con una mano, la nascose sotto il mantello e si mise a correre verso Hogwarts. Aveva bisogno di aiuto e ne aveva bisogno subito!
Ignorando le occhiate stupite che riceveva, Harry corse lungo i corridoi della scuola, diretto all’ufficio della professoressa McGranitt. Ci aveva pensato, non molto a dir la verità, ed era giunto alla conclusione che rimandare la confessione gli avrebbe portato solo una punizione peggiore di quella che la professoressa gli avrebbe comunque dato.
Giunto a destinazione bussò con forza alla porta, giusto per essere sicuro che chiunque fosse stato all’interno avrebbe sentito. All’invito a entrare pronunciato dalla professoressa, Harry deglutì preoccupato e spalancò la porta. Silente era seduto davanti alla McGranitt e i due stavano prendendo il tè. Fantastico! La sua fortuna aveva proprio deciso di abbandonarlo del tutto.
“Harry! Hai un aspetto tremendo” gli fece notare allegro Silente. “È successo qualcosa?”
Harry ci pensò su per qualche secondo e, alla fine, decise che spiattellare tutto e subito sarebbe stata la strategia migliore.
“Professoressa, ho bisogno d’aiuto” confessò, tirando fuori il cagnolino bianco da sotto il mantello.
“Che cucciolo delizioso” si intromise ancora una volta Silente. “Dove lo hai trovato, Harry?”
“È Malfoy” rispose secco. Tutto e subito, appunto.
Sull’ufficio scese il più assoluto silenzio per un minuto e mezzo, Harry stava contando i secondi.
“Potter, spiegati” gli ordinò la McGranitt, appena si fu ripresa abbastanza dalla sorpresa da riuscire a parlare.
“Mi stavo esercitando per il compito che ci ha assegnato. Ero vicino al Lago ma i sassi non si trasfiguravano. Poi ho pensato alla mia scopa e c’ero quasi riuscito. Allora ho pensato a qualcosa che desideravo e ho trasfigurato un sasso in un cane. Solo che non era più un sasso, era il piede di Malfoy e ora Malfoy è un cane.”
Certo, si rendeva conto che la sua spiegazione era, forse, un tantino confusa, ma a quanto pareva i professori avevano colto le parti fondamentali della sua confessione.
“Metti quel cucciolo sulla scrivania, Potter” ordinò la McGranitt con tono spiccio, iniziando subito ad agitare la bacchetta. Ovviamente non accadde nulla. “Mi complimento per la buona riuscita dell’incantesimo. Ora prova ad annullarlo. E mi raccomando, concentrati, Potter.”
Harry si concentrò, davvero, con tutte le sue forze, ma quando puntò la bacchetta contro quella palla di pelo non successe nulla. Ancora una volta.
“Direi che abbiamo un problema” la voce di Silente spezzò il silenzio teso che era calato ancora una volta nella stanza. “Bene, faremo così: diremo che il signor Malfoy è dovuto tornare a casa per urgenti questioni di famiglia. Harry, per punizione tu dovrai prenderti cura di lui finché non riuscirai a riportarlo alla sua vera forma. Dovrai inoltre assicurarti di prendere gli appunti anche per lui durante le lezioni che seguite insieme e di procurarti quelli delle altre materie seguita dal nostro Draco.”
Harry aprì la bocca per protestare, ma il Preside lo ignorò.
“Diremo che è la punizione che ti è stata assegnata dalla professoressa McGranitt per averti sorpreso a litigare con lui poco prima della sua partenza. Ovviamente” lo ammonì” nessuno dovrà sapere che questa adorabile bestiolina è il signor Malfoy. Tranne la signorina Granger” aggiunse all’ultimo momento “lei potrà sicuramente esserti d’aiuto.”
“Puoi andare, Potter” lo esortò la McGranitt, quando lui non diede segno di volersi, o potersi, muovere. “Mi aspetto di riavere il signor Malfoy tra di noi al più presto.”
Harry diede uno sguardo alle sue labbra, tanto sottili come non le aveva mai viste nei sette anni precedenti, e decise che sarebbe stato meglio per lui, molto meglio, mettersi a lavorare subito sul controincantesimo.
 
“Che cosa hai fatto?!”
“Hermione, per favore, abbassa la voce. Silente non vuole che lo sappia nessuno, a parte te.”
“E ci credo! Sarebbe fin troppo facile fare del male a un cucciolo indifeso e sappiamo che Malfoy si è attirato l’antipatia di più di una persona.”
Hermione Granger guardò preoccupata l’affarino bianco e peloso che Harry teneva tra le braccia.
“Chissà di che razza è?” chiese, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“Hermione, per favore, concentrati. Non me ne frega nulla di sapere di che razza è. Mi importa sapere come posso riportarlo al suo stato originale di furetto rompipalle.”
Il cucciolo abbaiò offeso e Harry lo guardo sconvolto.
“Harry” iniziò Hermione con un tono che non gli piaceva per niente “lo sai perché molti maghi non riescono mai a padroneggiare il controincantesimo? Perché hanno desiderato intensamente il risultato della trasfigurazione. È per questo che si chiama Punto di non ritorno: perché, anche se spesso inconsciamente, chi pratica l’incantesimo non vuole tornare indietro.”
“Cosa vorresti dire?” le chiese Harry con voce tremante.
“Voglio dire” sospirò Hermione “che dovrai impegnarti molto! E che dovrai desiderare davvero che Malfoy torni se stesso. Dovrai desiderare che ritorni, Harry. Capisci?”
Harry capiva, capiva benissimo. Capiva talmente bene che guardò l’amica disperato.
 
Harry lasciò la sala grande prima di tutti i suoi amici. Hermione gli aveva messo in mano un panino e gli aveva suggerito – ordinato era la parola giusta – di chiamare Dobby per farsi portare una ciotola di latte. Non era sicura di cosa dovesse mangiare un cane ma, considerando che Malfoy aveva l’aspetto di un cucciolo, una bella zuppa di latte sarebbe dovuta andar bene per la sua cena. Almeno finché non avesse avuto il tempo di fare delle ricerche in merito.
A quanto sembrava, Malfoy aveva apprezzato il suo pasto, a giudicare da come stava leccando la ciotola per ripulirla completamente. Perlomeno era sicuro che non lo avrebbe fatto morire di fame. A quel punto restava solo un’ultima formalità da espletare.
“Se devi fare i tuoi bisogni falli ora. Lì!” e indicò quello che era stato un vecchio libro, ora trasfigurato in una sabbiera. “Non pensare nemmeno di farli nel letto, perché giuro che ti lascio così per sempre.”
Il cucciolo si avvicinò con aria sdegnosa al suo bagno personale e, una volta che lo ebbe raggiunto, si mise ad abbaiare e ringhiare contro Harry. Il Grifondoro ci mise un po’ a capire che voleva che lui si girasse da un’altra parte e, pur decidendo di accontentarlo, non gli risparmiò risate e prese in giro, soprattutto quando fece evanescere il risultato dei suoi sforzi. E fece levitare il libro ritrasfigurato sotto il letto di Ron. Col cavolo che lo avrebbe toccato o se lo sarebbe tenuto vicino. Visto che c’era, poi, lanciò anche un incantesimo di pulizia verso Malfoy, ignorando il fatto che avesse ripreso ad abbaiare oltraggiato. Se lo doveva portare nel letto, per le sottane di Morgana!
Ripreso il cucciolo in braccio, accarezzandolo senza nemmeno rendersene conto, salì sul materasso e chiuse le cortine del baldacchino, sigillandole con un incantesimo. Più tardi i suoi compagni di stanza avessero scoperto del cucciolo, meglio sarebbe stato per tutti. Senza contare che, conoscendo Malfoy, sarebbe di sicuro andato a nascondersi da qualche parte solo per fargli un dispetto, se gli avesse dato l’opportunità di girare indisturbato per la torre.
Prima di coricarsi, giusto per essere sicuri, puntò ancora una volta la bacchetta contro la palla di pelo. Non accadde nulla.
“Io ci ho provato” sospirò scuotendo le spalle, guardando due occhi grigi che lo guardavano accusatori.
 
Il risveglio di Harry non fu piacevole, per niente. I suoi compagni di stanza lo stavano chiamando a gran voce e lanciavano incantesimi contro le tende del suo letto. Doveva ancora capire se per cercare di aprirle o di dargli fuoco. Malfoy… lui si divertiva ad abbaiare e ringhiare e uggiolare. Harry sospettava che si stesse divertendo un mondo a far preoccupare, e esasperare, sempre di più i suoi amici, da quel gran bastardo che era.
Allungò una mano per afferrarlo e se lo strinse contro il petto, per essere sicuro che non sarebbe scappato appena ne avesse avuto la possibilità, e avvisò i suoi compagni che stava per aprire le tende. A voce abbastanza alta perché fosse sicuro che lo avessero sentito, così magari evitava di essere colpito dai loro incantesimi.
“Buongiorno ragazzi” altro woof da parte del botolo e quattro facce che lo guardavano a bocca aperta.
“Abbiamo sentito dei rumori strani e ci siamo preoccupati” esalò Ron, lo sguardo fisso sulla bestiolina bianca che li guardava soddisfatta dalle braccia di Harry.
“Scusate, non volevo farvi allarmare.”
“Harry” intervenne Seamus “quel coso… cos’è?”
Harry aveva come la sensazione che i suoi amici pensassero che la palla di pelo fosse un qualche tipo di bestia pericolosa e potenzialmente assassina. Un po’ se ne ebbe a male. Non era mica Hagrid, lui!
“È un cane, Seamus. Un cucciolo di cane” precisò. E quello che aveva in faccia non era un broncio, certo che no.
“Sì, d’accordo, ma cosa ci fa un cucciolo di cane nel tuo letto?” volle sapere Dean.
“L’ho trovato ieri e ho avuto il permesso di tenerlo, purché mi fossi preso cura di lui” che non era esattamente la verità, ma ci si avvicinava abbastanza.
“Harry, sei sicuro che non sia pericoloso?”
“È un cucciolo di cane, Ron! Il danno più grande che può fare è di marcare il territorio andando a fare pipì su uno dei piedi del tuo letto.”
Il concetto venne sottolineato da un woof particolarmente convinto.
“E ti sembra nulla?” gli chiese il suo migliore amico, che fissava sconvolto il cane senza decidere se essere terrorizzato o schifato dalla prospettiva.
Il sospiro di Neville evitò a Harry di dover rispondere.
“Dovrò mettere un incantesimo di protezione intorno alla mia piantina. E tu” disse avvicinandosi al cucciolo per fargli una carezza “non avvicinarti: è molto velenosa e rischi di farti davvero molto, molto male.”
I suoi compagni di stanza scossero la testa sconsolati, ormai abituati ai suoi strani cespugli, e gli diedero una mano a isolare quell’ammasso di foglie killer. Oltretutto, se avessero pensato prima a una simile soluzione, si sarebbero potuti risparmiare un sacco di incidenti spiacevoli, in passato.
Finito di sistemare la pianta, i ragazzi andarono in bagno, senza più curarsi della novità pelosa. L’unico che non sembrava troppo convinto era Ron, che continuava a guardare con sospetto il botolo. Alla fine scosse la testa e si decise a seguire gli altri.
“Grazie per il dolce risveglio, Malfoy.”
Abbaio.
“Per ringraziarti come si deve potrei affogarti nel lavandino, che dici?”
Ringhio.
“Va bene. Andiamo a lavarci, danno” si arrese Harry.
 
I giorni seguenti furono stressanti come pochi altri, per Harry. Forse erano stati peggiori solo quelli che avevano preceduto lo scontro definitivo con Voldemort.
Da una parte c’era il botolo pulcioso. Lo svegliava tutte le mattine con un’allegra sinfonia di latrati. Gli faceva sapere che voleva il suo cibo con guaiti strappalacrime, neanche lo stesse facendo morire di fame. Lo seguiva praticamente ovunque: a lezione, in biblioteca, quando andava al campo di Quidditch per allenarsi, quando si esercitava, lo seguiva perfino quando andava in bagno. Lo costringeva a coccolarlo nei momenti meno opportuni, sfoderando uggiolii da malato terminale se non lo accontentava subito. Quando andavano a dormire si sistemava sotto le coperte come se il letto fosse stato suo. Per non parlare di tutte le volte che lo aveva dovuto staccare da una gamba di Ron, da un braccio di Ron, dal mantello di Ron, da qualunque cosa appartenesse a Ron.
Dall’altra parte c’era Hermione. Con la sua ansia, i suoi buoni consigli, le sue ricerche e le interminabili ore di pratica sul famoso controincantesimo a cui lo costringeva. Senza ottenere nessun tipo di risultato, naturalmente. Harry si era chiesto più di una volta se fosse andata a ripetizione da Piton. A livello di piacevolezza e utilità, infatti, le sue lezioni erano seconde solo a quelle di Occlumanzia che il professore gli aveva impartito durante il suo quinto anno. Per non parlare di quante volte gli chiedesse, nell’arco di una sola giornata, se avesse preso tutti gli appunti delle lezioni che Draco avrebbe dovuto seguire.
In mezzo c’erano i suoi amici.
Dean e Seamus non prestavano molta attenzione al botolo, a dir la verità, tranne quando svegliava tutto il dormitorio abbaiando a più non posso. In quelle occasioni Harry si era ritrovato a doverlo proteggere dalle loro maledizioni, più per il senso di colpa causato dalla sua condizione canina che per reale convinzione.
Neville aveva preso il cucciolo in simpatia e non perdeva occasione per coccolarlo. Harry continuava a pensare che la cosa fosse surreale, considerando che era di Neville Paciock e Draco Malfoy che si stava parlando. Neville, però, non aveva la più pallida idea di quale fosse la vera identità della palla di pelo e Draco sembrava apprezzare le attenzioni. Se la cosa andava bene a loro, chi era lui per lamentarsi?
Le ragazze, Ginny in testa, amavano l’adorabile cucciolotto e facevano a gara a chi lo viziava di più. Harry guardava rassegnato Draco prendere cibo, coccole e carezze e poi tornare da lui schifosamente compiaciuto.
Ron, invece, era in guerra perenne col sacco di pulci. Per qualche strano motivo lo aveva preso in antipatia fin dalla prima volta che lo aveva visto. Certo, il modo in cui lo aveva svegliato quella mattina, facendolo quasi spaventare a morte, forse c’entrava qualcosa. Gli altri, però, erano riusciti a superarlo, lui non ci aveva nemmeno provato. C’era da dire, obiettivamente, che il comportamento di Draco non aiutava. Quella palla di pelo non perdeva occasione per fare i dispetti a Ron e compiacersi delle risate che riusciva a scatenare.
Harry osservò Draco, dalla comoda postazione sulle sue gambe, abbaiare con convinzione per festeggiare una spettacolare sconfitta di Ron a Sparaschiocco, il suo migliore amico impugnare la bacchetta con sguardo bellicoso e Hermione dargli una sberla sulla nuca per riportarlo all’ordine.
Harry non vedeva l’ora di riuscire a padroneggiare quel dannato controincantesimo.
 
Harry fece un’altra carezza al cucciolo tremante, ricevendo in cambio un guaito disperato. Quella serata era stata un incubo.
Era domenica ed era in programma la partita Grifondoro contro Tassorosso. Subito dopo pranzo Harry aveva raggiunto gli spogliatoi del campo di Quidditch con il resto della squadra, tallonato come sempre da Malfoy, che sembrava la sua ombra. Cambiarsi con quei due occhietti grigi che lo fissavano attenti, visto che Ron aveva fatto fuoco e fiamme perché non voleva che il sacco di pulci lo guardasse, era stato tremendamente imbarazzante.
Durante la partita Malfoy era rimasto con Neville. Harry lo aveva visto più di una volta abbaiare per sottolineare qualche buona azione. Il fatto che poi avesse abbaiato e scodinzolato quando lui aveva preso il boccino lo aveva piacevolmente sorpreso.
Nonostante l’attuale situazione tragica, Harry si lasciò scappare una risatina al ricordo di come quella palla di pelo aveva percorso i corridoi del castello, quando erano tornati alla torre. Era talmente tronfio che sembrava che la partita l’avesse vinta lui.
Poi c’era stata la festa per celebrare la vittoria, come da tradizione. Solo che, memore delle filippiche della loro Capo Casa nelle occasioni precedenti, qualcuno aveva pensato bene di insonorizzare la Sala Comune, per divertirsi meglio. Il tutto, ovviamente, all’insaputa dei Prefetti.
Quando i primi Fuochi Forsennati Wesley avevano fatto la loro comparsa nessuno era riuscito a impedire la tragedia.
Al primo scoppio Draco aveva uggiolato spaventato. Agli scoppi successivi aveva iniziato a correre per la stanza come impazzito e si era fermato solo quando aveva trovato Harry. I suoi guaiti terrorizzati gli avevano straziato il cuore.
Lo aveva preso in braccio, tutto tremante, e si era diretto di corsa verso il dormitorio del settimo anno. Aveva sentito in sottofondo le urla di Hermione, che sequestrava e toglieva punti, ma non gli aveva prestato attenzione. Era troppo concentrato ad accarezzare e rassicurare il cucciolo sotto shock..
Gli ci era voluta un’ora per riuscire a calmare Malfoy, e un’altra ora gli era servita per convincerlo a stare sul cuscino invece che addosso a lui. I suoi compagni di stanza, ormai, dovevano essere addormentati da un pezzo.
Harry si coricò e tirò su il piumone in modo che coprisse sia lui che Draco. Quando lo accarezzo per l’ennesima volta ricevette in cambio solo uno sguardo triste e stanco.
“Ti riporterò indietro, Draco. Te lo prometto!”
Gli sembrò che il cucciolo stesse piangendo.
 
“No, Ron, non mi rimetterò con Ginny.”
“Ma Harry…”
“Ron, pensavo che ne avessimo già parlato. Io e Ginny non ci rimetteremo insieme, non ci sposeremo e non avremo una bella famigliola felice.”
“Potresti avere tutto questo, e anche molto di più, se solo volessi” provò a insistere, per l’ennesima volta, il suo migliore amico.
“È proprio questo il punto. Io non voglio, e non vuole nemmeno lei.”
“Ma certo che lo vuole” si impuntò Ron “sei sempre stato il suo eroe.”
“Beh, ora il suo eroe non sono più io. Ma al di là di questo, Ron, io ho capito da un pezzo di preferire i maschi, pensavo lo sapessi.”
“Andiamo Harry, quella magari è solo confusione. Sono sicuro che se proverai a stare con Ginny…”
“Ron! A me non piace Ginny e io non piaccio a lei. Non in quel senso. E non abbiamo nessuna intenzione di rovinarci la vita solo per far felice te. Ginny è soddisfatta così com’è e io lo sarò altrettanto non appena avrò trovato l’uomo adatto a me.”
Harry, si girò verso il letto. La palla di pelo era in posizione di attacco e stava ringhiando contro Ron come se lo volesse sbranare.
“Ma Harry…”
“Me ne vado a dormire, Ron, e ti sarei grato se la smettessi di insistere.”
“Harry! E poi, che cosa vuol dire che Ginny è soddisfatta così com’è? Harry? C’è qualcosa che non so e che invece dovrei sapere?”
“Buonanotte, Ron” e chiuse le tende del baldacchino.
Draco smise di ringhiare solo quando Ron scomparve alla sua vista. In quel momento si girò verso Harry.
“Non una parola… un guaito… insomma…” gli intimò, puntandogli un dito contro “nessun commento” e si coricò.
Dopo qualche minuto speso in chissà quali ragionamenti il botolo si mosse e andò a sdraiarsi proprio vicino alla sua faccia. Appena Harry aprì gli occhi per guardarlo lui gli leccò le labbra.
Harry trattenne il respiro, gli occhi sbarrati per la sorpresa, e lui lo leccò ancora.
“Tu mi hai…” un piccolo woof in risposta.
“Quello era…” un altro woof più convinto.
“Non è possibile!”
Harry ebbe la sensazione che Malfoy sollevasse gli occhi al cielo, esasperato. Poi allungò di nuovo la linguetta e gli leccò ancora una volta le labbra.
“Era un bacio?” esalò.
La sua risposta fu un allegro scodinzolare.
 
Neville si era scusato un’infinità di volte, anche se Harry gli aveva detto che non ne aveva alcun bisogno.
Non era colpa di nessuno se Malfoy lo aveva svegliato nel cuore della notte perché voleva le coccole. Non era colpa di nessuno se lui era stato tanto stupido da chiamarlo per nome senza sapere che Neville era sveglio e lo aveva sentito. Non era colpa di nessuno se il suo compagno di stanza, che si era preoccupato per lui, aveva deciso di parlarne con Hermione e Ron si era ritrovato a passare di lì per caso proprio nel momento meno opportuno.
Non era colpa di nessuno, ma l’unico che ne aveva dovuto subire le conseguenze era stato Draco.
Ron, che ovviamente non aveva pensato di fermarsi ad ascoltare tutto il discorso, né tantomeno aveva pensato di chiedere spiegazioni, era partito alla carica. Si era fiondato in Sala Comune e aveva puntato la bacchetta contro Draco, gli aveva lanciato un Levicorpus e aveva iniziato a sballottarlo da una parte all’altra della stanza. L’unica cosa positiva di tutta quella situazione era che Ron era stato talmente tanto arrabbiato che non si era capito quasi nulla di quello che gli aveva gridato contro.
Per fortuna Ginny era presente e aveva mandato qualcuno a cercare Harry e Hermione, mentre lei bloccava e silenziava il fratello. Non aveva ben chiaro cosa fosse successo ma, conoscendo Ron, aveva pensato che non fosse il caso di continuare a permettergli di dar fiato alla bocca.
Quando Harry era arrivato in Sala Comune, Draco gli si era fiondato tra le braccia in cerca di protezione. Ron era furioso, Ginny lo teneva sotto tiro e Seamus aveva preso in custodia la sua bacchetta per evitare che la usasse ancora contro qualcuno. Harry era convinto che qualunque cosa Ron stesse urlando avesse a che fare con maledizioni, pericoli mortali e minacce a sacchi di pulci. Per fortuna Ginny era sempre stata un portento con gli incantesimi e dalla bocca del suo migliore amico non usciva alcun suono.
Hermione, che era rientrata subito dopo Harry, aveva deciso di prendere subito in mano la situazione. Aveva afferrato Ron per un braccio e lo aveva trascinato verso il dormitorio maschile, facendo un cenno al suo migliore amico perché li seguisse. Malfoy non ne aveva voluto sapere di restare con Neville e il Grifondoro era stato costretto a portarselo dietro.
Quello che era seguito, nella loro stanza, era stato con ogni probabilità, uno dei peggiori litigi della storia di Hogwarts. Alla fine Hermione gli aveva suggerito di andare a farsi una passeggiata e di portarsi dietro il botolo. Harry era sicuro che avrebbe fatto una sfuriata a Ron, lasciandolo preda della vergogna e dei sensi di colpa, nonostante la sua testardaggine.
Al loro rientro dal giro per i corridoi del castello, Neville si era scusato, Ginny aveva chiesto spiegazioni che lui non poteva darle e Ron si era rifiutato di parlargli per tutta la sera.
Steso nel suo letto, quella notte, con Draco che gli dormiva a pochi centimetri di distanza, Harry prese una decisione.
 
Era di nuovo domenica mattina e Harry si trovava di nuovo vicino al Lago Nero, poggiato contro il tronco di un grande albero. Erano passate tre settimane da quando aveva trasfigurato Draco e, fino a quel momento, non era riuscito in nessun modo a padroneggiare il controincantesimo che lo avrebbe riportato al suo aspetto originale.
Harry non era stupido, sapeva cosa stava succedendo. Aveva pensato talmente tante volte alla spiegazione che gli aveva dato Hermione, sul perché quell’incantesimo fosse stato chiamato Punto di non ritorno, che non poteva non saperlo. Certo, c’era voluto un po’, ma alla fine lo aveva capito.
Lui non voleva tornare indietro!
Draco in versione cucciolo era adorabile. Era viziato, egocentrico e dispettoso come quando era nella sua versione umana, ma aveva anche una dolcezza di cui Harry non gli avrebbe mai fatto credito. La verità era che a lui piaceva avere un cucciolo e gli piaceva che quel cucciolo fosse Draco.
Le cose, però, non potevano continuare così. Draco aveva una famiglia e degli amici. Aveva una vita da vivere e lui gliela stava rubando col suo egoismo.
Senza considerare, poi, quanto lo stava mettendo in pericolo. Hermione aveva ragione, Draco si era attirato l’antipatia di molti con il suo comportamento, e fare del male a un cucciolo indifeso come lui sarebbe stato fin troppo facile. Ron aveva rinunciato ad affatturarlo, anche se continuava a guardare Harry con biasimo, ma come lo aveva scoperto lui avrebbe potuto scoprirlo chiunque. Harry aveva i brividi se pensava a Draco nelle mani di qualcuno pronto a vendicarsi dei suoi passati dispetti.
Ci aveva pensato davvero tanto, Harry. Aveva pensato al suo cucciolo e a Draco. Aveva pensato agli incantesimi che si lanciavano contro nei corridoi della scuola e a come la sua palla di pelo gli si acciambellasse sulle gambe quando era in cerca di coccole. Aveva pensato agli insulti e a tutte le volte che gli aveva leccato le labbra.
Ecco, a voler essere sinceri, quello era un pensiero che faceva capolino sempre più spesso nella sua testa. Tanto spesso che si poteva dire che ne avesse preso il pieno possesso.
Era stato a quel punto che Harry aveva avuto il lampo di genio.
Fino a quel momento non era riuscito a ritrasformare Draco solo perché lui voleva davvero un cucciolo, ma se avesse desiderato qualcosa con più forza, qualcosa che solo Draco nella sua forma umana poteva dargli, allora ci sarebbe riuscito di certo.
E, chissà perché, era sicuro che non avrebbe avuto problemi a concentrarsi a dovere.
Quando il botolo tornò da lui, abbaiando e scodinzolando, evidentemente stanco di rincorrere scoiattoli e far la guerra con i sassi, Harry si alzo in piedi. Puntò la bacchetta verso di lui, ignorando il suo sguardo interrogativo, chiuse gli occhi e si concentrò.
Voleva che Draco lo baciasse, lo baciasse davvero. Come un uomo bacia un altro uomo. Non gli bastavano più le leccatine di un cucciolo.
Quando riaprì gli occhi Draco era in piedi di fronte a lui, che lo fissava con un sopracciglio inarcato.
“Scusa” esalò Harry, lo sguardo rivolto a terra per evitare i suoi occhi. Nonostante quello che pensava la maggior parte della gente, nemmeno i Grifondoro avevano una scorta illimitata di coraggio.
Si decise a guardarlo in faccia solo quando i piedi del Serpeverde finirono nel suo campo visivo, quasi attaccati ai suoi. Quando sollevò la testa, però, il viso di Draco era talmente vicino al suo che Harry riuscì solo a spalancare gli occhi e trattenere il fiato, prima che lui annullasse la poca distanza che li separava e gli leccasse le labbra.
“Woof” gli sospirò sulla bocca, con un sorriso predatore.
 
Era il trentuno di luglio, era il giorno del suo compleanno e stava festeggiando alla Tana con la sua famiglia adottiva e con i suoi amici. E, ovviamente, con il suo fidanzato.
Era stato tutto perfetto, davvero, perfino Ron aveva evitato di attaccare briga con Draco, e lui non era mai stato più felice in vita sua. Avevano giocato a Quidditch, avevano mangiato la torta preparata da Molly e aveva aperto tutti i suoi regali. Tutti tranne uno, a dire il vero.
Quando vide Draco avvicinarsi a lui, con una grossa scatola in mano, Harry gli rivolse il suo sorriso più luminoso. Sorriso che si incrinò impercettibilmente quando l’altro gli passò la scatola e quella si mosse.
“Non ti sei fatto dare consigli da Hagrid, vero?”
“Certo che no!” gli rispose oltraggiato.
“Non ti sei nemmeno fatto dare consigli da Neville, vero?”
“Muoviti ad aprirlo” sbuffò Draco.
Quando si decise a sollevare finalmente il coperchio, un musetto nero fece capolino dal bordo della scatola. Harry sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
“Ho impiegato mesi per trovarlo. Tutti quelli che vedevo avevano sempre qualcosa che non andava bene. Poi è apparso lui” gli spiegò il suo dolcissimo fidanzato, con il tono di voce tenera che usava raramente.
“Draco…”
“Basta che non lo chiami botolo, o mi viene su complessato” lo interruppe lui.
Harry sorrise ancora e si sporse per dargli un bel bacio di ringraziamento.
“Woof” approvò la loro nuova palla di pelo.
  
 

   
 
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