Fanfic su artisti musicali > Bullet for My Valentine
Segui la storia  |       
Autore: Eos BiancaLuna    14/04/2011    4 recensioni
“Lo sai che non si dovrebbe…” dissi interrompendo quel momento e maledicendomi per ciò. “Ti blocchi perché non vuoi o perché non puoi?” rispose fissandomi “adesso gradirei che non mi interrompessi più” aggiunse scherzando. Notò la mia espressione però e allentò la presa. Mi pentii subito per quello che avevo detto e lo guardai negli occhi, cosi maledettamente azzurri, “scusa” bisbigliai avvicinandomi di nuovo. Lui fece lo stesso e le sue braccia mi cinsero la vita poi le sue labbra furono sulle mie finalmente. Quando anche le nostre lingue si trovarono gli passai una mano fra i lunghi capelli dapprima lentamente poi mi ci aggrappai. Le mie ansie e le mie paure non c’erano più. Fu un bacio intenso come quello della mattina precedente nel suo letto solo che questa volta durò molto di più.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 1

 

 

 Mentre ascoltavo “The End” a tutto volume qualcuno aprì bruscamente la porta della mia camera e disse ad alta voce «Liz, sbrigati! Non c’è tempo da perdere!».

La voce di mia madre mi ricordò quello che già sapevo: dovevo essere all’Hotel fra poco meno di mezz’ora e attaccare il mio turno in cucina.

Guardai l’orologio mentre a malincuore toglievo il cd “The poison” dallo stereo; accidenti erano quasi le sette di sera.

Sfrecciai come un fulmine dalla mia camera al piano di sotto afferrando al volo la mia borsa nera sul divano e infilandomi in fretta e furia le New Rock.

Mia madre ricomparve dalla rampa delle scale con uno sguardo di rimprovero «E’ un miracolo che non ti abbiano ancora licenziata».

«Si certo» risposi prontamente senza preoccuparmi di nascondere il tono scocciato e uscii di prima che potesse replicare di nuovo.

Presi la mia bici rossa fiammante imprecando perché non avevo ancora la patente e finalmente mi diressi a lavoro sotto un cielo grigio e nuvoloso.

Arrivai per le sette e mezza, esattamente con mezz’ora di ritardo. Attraversai la sala ristorante e notai alcuni dei miei colleghi che risero fra loro guardando nella mia direzione ma li ignorai con successo.

«Ciao Liz» mi disse Lucy, la cameriera più “anziana” dello staff.

 «Sei sempre puntuale eh» commentò Richard, l’altro cameriere che in quel momento era intento a lucidare boccali e calici.

«Salve a tutti» risposi frettolosamente poi entrai in cucina e trovai Sharon, lo chef mia coetanea, che li dentro era la persona migliore per quel che mi riguardava; lei no che non mi trattava mai come la figlia del proprietario dell’Hotel.

Alzò gli occhi su di me e indugiò per un secondo, «Liz, ma che ti prende? Anche oggi sei in ritardo! Dai che se ti becca il capo che sei ancora cosi ci ammazza a tutt’e due».

Si era rivolta a me mettendosi le mani sui fianchi lasciando perdere le patate che stava sbucciando.

«Ciao Sharon» le dissi stampandole un bacio sulla guancia, nonostante la sua espressione severa aggiunsi allegramente «Vado subito a cambiarmi». Finalmente sorrise ma poi vedendo che mi ero messa ad assaggiare le sue verdure tornò seria «Ti vuoi muovere?», aveva preso il coltello e lo puntava verso di me con fare da assassina.

«Vado, vado e non ti arrabbiare!» risposi e scappai nel bagno poco prima che Antonio, il nostro antipatico capo, apparve nell’enorme cucina per chiedere di me.

«Lizbeth dov’è?» chiese del tutto ironico guardandosi intorno.

«Non si trova da nessuna parte, tu ne sai qualcosa?» si era rivolto a Sharon guardandola in faccia questa volta.

Lei, senza smettere di concentrarsi sul proprio lavoro, rispose «E’ sempre stata qui con me ad aiutarmi, ma ora è andata un attimo…» non riuscì a finire la frase perché io, che avevo assistito alla scena senza che se ne fossero accorti, apparvi davanti a loro nella mia uniforme.

«Cercavi me forse?» domandai con un sorrisetto al mio capo.

Antonio abbassò lo sguardo e mentre uscì dalla porta fui quasi sicura di aver sentito che sibilasse un “No” a bassissima voce.

«Ahah mamma mia fa tanto lo sbruffone ma poi come gli dai il fatto suo scappa!» per la prima volta da quando avevo “attaccato” il mio turno vidi Sharon ridere a crepapelle.

«Io non ho fatto niente!” dissi ridendo anche io come una matta quando Antonio tornò in cucina «C’è gente che aspetta da mangiare vedete di sbrigarvi sennò ci metto un attimo a cacciarvi fuori di qui» aveva detto per poi scomparire di nuovo.

“Ma vattene a quel paese” pensai fra me e me, «Che bastardo» sussurrò Sharon e stavolta ci mettemmo seriamente al lavoro.

 

Quando finalmente, verso mezzanotte, avevo finito di sparecchiare e riapparecchiare i tavoli per la colazione del giorno dopo e stavo pensando che fortunatamente il giorno dopo fosse stato un sabato, Lucrezia e Monica, le ragazze addette al front office (italiane come Antonio) mi chiamarono a “vedere un po’ qua” non seppi cosa.

Mi avvicinai al bancone e loro mi sorrisero e si lanciarono un’occhiatina.

 «Una cosa veloce eh, che sono molto stanca» dissi sbadigliando.

«Non ci crederai mai!» urlò Monica.

«Liz! Corri!» mi prese per un braccio invitandomi ad accelerare il passo, ma ottenne l’esatto effetto contrario.

«Calmati e che sarà mai! Che c’è? Non dirmi che qui arriva il presidente degli stati uniti!» protestai, avevo veramente sonno e non vedevo l’ora di andarmene a casa, ascoltare un po’ di metal e addormentarmi.

Lucrezia, che era seduta dietro al monitor del pc rise, poi lei e Monica si guardarono ancora una volta.

«Veramente… non proprio» abbozzò quest’ultima.

Io non volevo neppure guardare lo schermo, infatti feci per andarmene «Va bene, a domani allora» dissi distrattamente, ma Lucrezia intervenne «Il presidente degli stati uniti no» disse seria, «Ma i Bullet For my Valentine… Si!” concluse Monica.

Rimasi di ghiaccio, stavo ancora dando loro le spalle nell’intento di sgattaiolare via.

Poi, improvvisamente, iniziai a ridere.

Una risata nervosa, piena di rabbia, incredulità ma anche di desiderio.

«Non sono mai venuti qui a Saint Helens!» mormorai nervosamente, non volevo che si prendessero gioco di me soltanto perché erano a conoscenza del mio punto debole.

«Perché vi divertite a farmi questo?» alzai la voce di qualche ottava, stavolta mi ero girata.

«Ma Liz…» sussurrò Monica «Vieni a vedere tu stessa, il loro manager ha prenotato qui un breve soggiorno prima che inizi il loro prossimo tour…» non la lasciai finire e mi avvicinai per leggere cosa ci fosse scritto sul dannato monitor.

Per poco non svenni quando scoprii che Jay, Matt Moose e Padge sarebbero arrivati nel nostro Hotel il giorno seguente.

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bullet for My Valentine / Vai alla pagina dell'autore: Eos BiancaLuna