Autore: Koishan Sokujo
Titolo della storia: Follie al gate
cinquantaquattro
Genere: azione, commedia, comico.
Rating: verde
Avvertimenti: het, one-shot.
Oggetto Scelto: museruola.
Canzone scelta: losing my religion.
Animale scelto: pulce.
Pacchetto con: rapina, cantautore,
accendino.
Note dell’autore: il
titolo è
ripreso da una mia fiction su Naruto “Follie al liceo
Konoha”. L’idea del
megafono non è stata mia ma ha preso ispirazione da una
fiction di Haruakira
“Rinascere”.
Follie al gate cinquantaquattro!
Era
un’afosa
giornata di inizio giugno.
Nessuno
sapeva
perché, ma faceva maledettamente caldo quel pomeriggio, e
pensare che sarebbe
dovuto essere uno dei climi più docili dell’anno a
causa del passaggio totale
di stagione. Vi era stato un tempo piacevole per tutta la settimana ma,
proprio
quel giorno, la temperatura aveva pensato bene si alzarsi di parecchi
gradi. Questa
è una cosa che non si spiegherà mai nessuno.
Fortunatamente
in
aeroporto vi era l’aria condizionata, altrimenti il tasso di
mortalità della
California si sarebbe alzato vertiginosamente.
Erano
quasi due ore
che i passeggeri attendevano come manichini che arrivasse il secondo
pilota,
ovvero colui che avrebbe dovuto sostituire quell’incompetente
di un
sudamericano. Ognuno degli sciagurati presenti cercava in tutti i modi
di ammazzare
il tempo come meglio potevano. Chi batteva un piede per terra, chi
giocava col
game boy, chi si toccava e parlava col proprio pancione, chi faceva una
serie
infinità di flessioni, chi invece leggeva strane riviste e
per concludere, chi
si detergeva il sudore da almeno un’ora buona. Insomma,
c’era di tutto.
In
mezzo a tutta
quella assurdità umana, vi era anche una dolce e innocente
sorella. Pregava
tenendo in mano un rosario e ogni tanto si aggiustava il vestito
immacolato a
maniche corte. Il suo viso era oltremodo angelico, con due gemme blu al
posto
degli occhi e spighe di grano come capelli. Dopo aver terminato la sua
preghiera quotidiana ripose il rosario all’interno del
vestito e sospirò.
<<
Si può
sapere quando parte questo maledetto aereo? >> la suora aveva appena domandato, con una
certa dose di cortesia,
quando il loro veicolo avrebbe potuto prendere il volo.
<< E’ mai
possibile che, con tutti i mezzi volanti, solo il nostro debba rimanere
a
terra? >> sbuffò spostandosi una lunga ciocca
dal viso semisudato. La
ragazza che era accanto a lei le rivolse un’occhiata.
<<
Calmati
Rubi, urlare in questo modo non gioverà a nessuno, tanto
meno a te. >> la
riposta lasciò al quanto perplessi i presenti, per il
semplice motivo che il
suo abbigliamento completamente dark lasciava pensare esattamente
ciò che
sembrava. Indossava una gonna nera con sotto dei fuseaux dello stesso
colore,
maglia bianca senza maniche con un disegno e una giacchetta in pelle
scura. I
capelli erano neri, corti e con due ciocche rosse. Gli occhi,
sottolineati da
una linea di matita, e le labbra ornate da un piercing, facevano da
contorno a
quella bizzarra creatura.
<<
Può una
pulce rovinarti la giornata? Sì! >>
sottolineò la bionda sempre più
arrabbiata e per nulla propensa a calmarsi. Gettò
un’occhiata al soffitto prima
di sospirare scocciata. << Almeno facciamoci una bella
pennichella.
>> detto questo si sistemò meglio sulla sedia,
che era tutto fuorché
comoda.
<<
Mi scusi,
signorina. >> un uomo di circa quarantacinque anni si
avvicinò alla
coppia di ragazze con fare alquanto preoccupato. Stringeva tra le dita
un
fazzoletto imbevuto di sudore e, cosa molto divertente, la cascata
d’acqua
sembrava non volersi placare. << Ha parlato di una pulce,
ha per caso a
che fare con il nostro volo? >>
<<
Esattamente. >>
<<
Ehm… in
che modo? >> era chiaramente intimorito da Maria ma lei
non sembrava
rendersene conto.
<<
Il pilota
ha avuto la grande idea di accecarsi da solo. >>
grugnì la bionda ricominciando
a fumare rabbia.
<<
Come?
>> si sistemò meglio gli occhiali sul naso e
si passò le dita tra i
capelli neri ben sistemati.
<<
Tutta
colpa di una pulce! Pare, che quell’imbecille di un uomo,
abbia sentito uno
strano formicolio nell’occhio e che, una volta notato
l’animale incriminato,
abbia tentato di toglierselo da solo. >>
<<
E allora?
>> altro tamponamento alla tempia sinistra.
<<
Peccato
che il suddetto idiota si fosse dimenticato di avere ancora i guanti,
con cui
stava sbloccando il bidè, ricolmi d’acido. Il
resto vien da se. >>
<<
Oh, no.
Sono un direttore di banca e devo assolutamente arrivare a destinazione
entro
domani. Io… >> la sua frase venne bloccata da
un grido di donna
proveniente dall’ala ovest dell’aeroporto. Tutti i
presenti si alzarono per
andare a controllare cosa fosse successo di così grave. Un
uomo di circa
trentacinque anni si trovava con la schiena contro il muro. Capelli
castano
chiaro corti, due profonde occhiaie sotto le pupille scure e abiti
decisamente
mal stirati, non aveva una bella cera. Ciò che
però lasciava perplessi era il
fatto che avesse un accendino in una mano e una lattina di benzina
nell’altra.
<<
Non posso
più andare avanti. >> diceva disperato.
<< Se non mi date un lavoro
mi do fuoco con la benzina. >> ci furono esclamazioni di
stupore e alcuni
gridi di panico. Qualche temerario tentò di avvicinarsi per
farlo ragionare ma
inutilmente. In quel momento si fece largo una donna piuttosto in carne
con i
capelli rossi ricci e due vispi occhi verdi, doveva essere sua moglie,
che si
piazzò esattamente di fronte a lui.
<< Josh, ma
che fai? Abbiamo due figli e
tu ti dai fuoco con la benzina? >> fece una pausa e il
suo viso da
preoccupato si trasformò in una maschera di rabbia mista a
indifferenza.
<< Bruciati con l’alcol che di soldi non ce ne
stanno! >>
<<
Ma…
signora? >> il direttore la guardava incredulo e quasi
inorridito di
fronte alla sua totale mancanza di pietà. <<
Suo marito ha bisogno di
aiuto. Sta facendo tutto questo per lei e per i vostri figli!
>> sembrava
aver preso molto a cuore la faccenda, nonostante la cosa non lo
riguardasse
affatto. Per nulla colpita dal discorso, tornò a rivolgersi
al suo, ancora per
poco, consorte.
<<
Se pensi
di risolvere i tuoi problemi uccidendoti, fa pure. Non me ne faccio
niente di
un marito così. >> ogni tentativo
d’intervenire venne fermato da una
forte musica latina. Sotto lo sguardo basito dei presenti, un gruppo di
ballerine brasiliane fecero la loro spettacolare entrata in scena. O
meglio, ballerini. Erano una serie
di uomini esagitati,
vestiti di verde smeraldo e con centinaia di pailette, che sculettavano
in
maniera oscena.
<<
Viva la
libertà! Noi siamo uomini e donne liberi! >>
sbraitavano, sgambettavano a
destra e a manca. Le teste dei presenti giravano in entrambe le
direzioni come
impazzite senza decidere se dare retta al povero suicida o a quella
mandria di
squilibrati.
Il
vociare si alzò
man mano che il disperato agitava convulsamente la lattina di benzina.
Quando,
d’improvviso, una voce sovrastò tutte le altre.
<<
Ehi gente!
Venite subito a vedere! >> a gridare come un ossesso era
stato un giovane
punk dall’aria poco raccomandabile. Cresta grigio metallo,
tatuaggi sulle
braccia, vestiti strappati e armato di chitarra. Insomma, un tipico
giovane
d’oggi. Dalla sua voce trasparivano una forte
incredulità e anche una certa
contentezza. Non capendo il motivo di tanto entusiasmo, si
precipitarono tutti
verso l’enorme vetro che fungeva da parete e che permetteva
di ammirare la
pista d’atterraggio. Si ammassarono contro la gigantesca
finestra e guardarono ciò
che il ragazzo indicava. Rimasero assolutamente basiti. Vi fu un
momento di
assoluto silenzio, nessuno riusciva a crede a ciò che stava
vedendo. I più
temerari si ripulirono gli occhiali pensando ad
un’allucinazione collettiva ma,
ahimè, non era così.
<<
Vedete
anche voi quello che vedo io? >> Rubi tentò,
invano, di risvegliare
qualche passeggerò. Nessuno dava alcun segno di vita e
questo era preoccupante,
sembrava la calma prima della tempesta.
<<
… >>
<<
Cosa c’è che
non va? >> la ragazza dark sembrava la più
tranquilla della situazione,
fatta eccezione per il punk che era chiaramente fuori di testa, almeno
per lei.
<<
Maria,
cosa diavolo ci fa un Tirannosauro Rex
in mezzo alla pista d’atterraggio? >>
indicò la spaventosa e immobile
creatura con il dito indice senza minimamente preoccuparsi del fatto
che
potesse muoversi da un momento all’altro.
<<
Non ne ho
idea. >>
<<
Temo di
saperlo. >> questa volta a parlare fu un uomo
dall’aria vagamente
bizzarra. Sembrava uno scienziato, se non fosse per il grembiule da
laboratorio
giallo, pieno di toppe, e degli occhiali così spessi da
rendere impossibile
distinguere i contorni delle pupille. L’unica nota di
normalità erano i capelli
castano chiaro portai all’indietro. << Ieri
c’è stata una rapina nel
nostro laboratorio e il piccolo campione di dinosauro che avevamo
creato è
stato rubato. >>
<<
PICCOLO
CAMPIONE? >> fu un esclamazione di stupore generale.
<<
Si, come
no. Un campioncino alto tredici metri e che pesa sette tonnellate!
>> ribadì
la giovane suora.
<<
Deve
essere cresciuto durante la notte a causa delle onde emanate dalla
luna. È un
processo piuttosto complesso da spiegare. >>
sospirò affranto. << E
pensare che è un’animale così docile.
>>
<<
Docile? >> una vena
pulsò in
maniera minacciosa sulla tempia della ragazza. << uno
scorpione nel
deserto, un leone affamato, una tigre del bengala, questi sono animali
docili!
>> impegnati com’erano a parlare si erano quasi
scordati della suddetta
creatura che, non appena udite alcune voci, si era girata verso di
loro. Si
guardarono reciprocamente per un istante fino a quando, il
Tirannosauro, non
emise un ruggito agghiacciante che fece gelare il sangue ai presenti in
sala.
<<
Aaaaahhhhh!
>> un urlo disumano partì e tutti i
partecipanti al volo rimandato
scapparono come inseguiti dal demonio. Tranne tre persone. Infatti, una
donna
in stato avanzato di gravidanza non era in grado di correre, mentre
Maria e il
ragazzo punk sembravano totalmente affascinati dalla creatura, al punto
tale da
non rendersi conto del rischio che correvano restando impalati come
baccalà.
<<
Maria,
idiota! Vieni qui! >> Rubi fece immediatamente
dietro-front per
riprendersi la sua amica e la stessa cosa fecero altre due persone. Un
militare
dall’aria forzuta con una quantità indescrivibile
di muscoli e un ragazzo coi
capelli biondi con un’aria alquanto incredula. Ognuno si
tirò via uno dei tre
rimasti indietro e, una volta fatto, si ammassarono contro il muro, il
più
lontano possibile dalla belva carnivora che stava tentando di entrare,
o
meglio, sfondare la parete e fare un rapido quanto sostanzioso spuntino.
<<
Che cavolo
facciamo? >> l’universitario si mise le mani
nei capelli ancora sotto
shock per ciò che stava vedendo.
<<
Dobbiamo
andarcene di qui. >> l’ammasso di muscoli mise
a terra la partoriente e
con lo sguardo osservò l’area circostante cercando
una qualunque via d’uscita.
Peccato per loro che il sistema d’allarme era scattato dando
il via alla
chiusura automatica delle porte. In pratica, erano in trappola.
<<
Siamo
spacciati, finiremo nella pancia di quel coso. >>
<<
Se sapevo
che finiva così, mi sarei dato fuoco senza pensarci troppo.
>>
<<
Taci! Che
marito inutile. >> mentre i due coniugi intrattenevano
un’interessante
quanto inutile discussione, lo scienziato tirò fuori un mini
portatile e iniziò
a trafficarci sopra. Nessuno gli diede peso fino a quando non
ricominciò a
parlare.
<<
Ho trovato
un via d’uscita, seguitemi. >> senza farselo
ripetere una seconda volta,
si aggregarono tutti a lui incuranti di dove li stesse portando.
Qualunque
posto era meglio che starsene li ad aspettare di trasformarsi nel
dessert del
dinosauro. Percorsero un po’ di corridoio, sempre incollati
alla parete,
svoltarono a destra e subito dopo a sinistra, sino a giungere davanti
ad una
porta. L’aprirono e vi si gettarono tutti dentro per poi
chiudersela alle
spalle. Si accasciarono sul pavimento cercando di riprendere aria, sia
per lo
spavento che per la corsa.
<<
Dove
siamo? >> chiese il più forte tra i presenti
ma, anziché rispondere al
suo quesito, la partoriente gli disse tutt’altro.
<<
La
ringrazio signor militare, ha salvato la mia vita e quella di mio
figlio.
>>
<<
Non mi
chiamo signor militare ma Eric, può chiamarmi
così. E comunque è stato un
piacere, signora…? >> sembrava un tantino
imbarazzato, forse non era
abituato a ricevere dei complimenti. Fisicamente era nella norma, fatta
eccezione per la muscolatura, la capigliatura ramata a spazzola e i
piccoli
baffetti dello stesso colore.
<<
Melody.
>> gli ripose gentile, quasi zuccherosa.
<<
Scusate?
>> vi fu un lieve colpetto di tosse che li fece tornare
alla realtà.
<< Mi spiace interrompere la vostra conoscenza ma qui
abbiamo un cavolo
di problema da risolvere. >> le fece notare Rubi con quel
suo cipiglio
nervoso. Sembrava fosse perennemente di malumore e che niente riuscisse
a
rilassarla per più di cinque minuti.
<<
Avete
visto quel dinosauro? Era fantastico! Peccato che siamo dovuti
scappare.
>> solo un folle poteva aver pronunciato tali assurde
parole, e infatti
non tardò ad essere rimproverato.
<<
Ehi tu,
stupido punkettaro. Mi dici cos’hai al posto del cervello?
Dov’eri quando Dio
li ha sparpagliati per il mondo? Eh? Cosa credi che ne sarebbe stato di
noi se
fossimo rimasti lì? >>
<<
Onestamente poco m’importa. >> sorrise
gentilmente come se un minuto
prima non avesse pronunciato la più grande fesseria
dell’ultimo secolo.
<< Vedere un’animale estinto milioni di anni
fa? Quando ti ricapita
un’occasione così? >> la sola idea
gli faceva brillare gli occhi, cosa che
riusciva a far innervosire la sua interlocutrice ancora di
più.
<<
Tu sei
pazzo! >> come volevasi dimostrare. <<
Secondo te avremmo dov
>> fu impossibile terminare qualunque cosa stesse per
dire, perché in
quel’istante qualcosa saetto davanti a loro andando a colpire
uno dei
passeggeri che stava beatamente sgranocchiando una barretta per i fatti
suoi.
La persona in questione sparì di botto, lasciando qualcosa
di ancora più
assurdo al suo posto.
<<
Wow!
>>
<<
Come
“wow”? >> gli chiese il direttore che
aveva iniziato a sudare peggio di
un centometrista sotto il sole del deserto.
<<
Ma che sta
succedendo qui? >> lo studente dagli occhi verdi si
strofinò per bene la
tempie pensando di avere le traveggole, purtroppo ciò che
vedeva era reale.
<< Una rana?
>>
<<
Dov’è
finito mio marito! >> chiese una povera vecchietta
rimasta pietrificata
sul posto. Pensando che potesse venir meno da un momento
all’altro, la
partoriente si affrettò a sorreggerla ma un altro raggio
saettò nell’aria,
seguito a ruota da altri colpi come quello. I presenti si fecero
prendere dal
panico e alcuni di loro vennero colpiti e tramutati, non si sa come, in
animali. Eric prese nuovamente in braccio sia la donna incinta che la
situazione, dopodiché si rivolse ai presenti:
<<
Dobbiamo
andarcene o finiremo come questi poveracci, via! >>
iniziarono tutti a
correre ma i laser non davano tregua. Tra urla di panico e continui
spostamenti
diedero via a uno stream olimpionico. Pochi passeggeri rimasero
indietro e
quindi centrati in pieno. Purtroppo la situazione era destinata a
peggiore
perché, mentre correvano a più non posso, il
pavimento si piego letteralmente
in due, fino a formare una V al contrario. Metà dei
passeggeri venne “ingoiata”
da un lato e l’altra cadde nel verso opposto. Si udirono solo
altri strilli,
poi, più nulla.
In
una sala buia,
una persona era comodamente seduta su una poltrona ad ammirare uno
schermo
gigante. Lo stesso dal quale aveva avuto l’anteprima delle
assurdità a cui
erano appena stati sottoposti i passeggeri del gate cinquantaquattro.
<<
Ah…
>> un leggero sospiro. << Sta andando tutto
bene. Decisamente
troppo. >> la voce era chiaramente quella di un uomo
dall’età non ben
definibile che sembrava divertirsi come un matto, forse era
l’unico in tutta
quella faccenda che aveva un vaga idea di cosa sarebbe successo.
<<
Dov… dove
siamo? >> Melody si guardò attorno con aria
smarrita e preoccupata, scoprendo
di essere stata l’ultima ad aver ripreso i sensi. Si
trovavano in un’enorme
sala scura e si vedeva ben poco di ciò che li attorniava.
<<
Vorrei che
qualcuno lo dicesse a me. >> Harry, alias il direttore
sudaticcio, tirò
fuori il suo inseparabile fazzoletto di stoffa ma stavolta,
anziché asciugarsi
il sudore, si ripulì i vestiti di polvere.
<<
Interessante come posto. >> Maria si guardò
attorno vagamente
incuriosita, era l’unica ad infischiarsene altamente di
ciò che stava capitando
loro.
<<
Ma si può
sapere cosa accidenti sta succedendo? >>
domandò la sposa di Dio mentre andava
su e giù con un’aria decisamente indemoniata.
<< Giuro che se acciuffo il
responsabile di tutto questo non gli rimarranno denti per ridere.
>>
<<
Urlare in
questo modo è inutile, ti fa solo aumentare la sudorazione.
>> rispose la
sua amica, pacata come suo solito, ma venne bloccata da un esclamazione
di
stupore proveniente dalla sua destra.
<<
Aspetta un
attimo. >> lo scienziato stava armeggiando col suo
piccolo portatile e i
presenti si ricordarono improvvisamente che LUI era il principale
responsabile
della loro folle fuga. << Forse riesco a trovare
un’uscita. >>
<<
Senta un
po’ lei. >> Eric gli si parò davanti
in tutta la sua forza massiccia.
<< Non crede di doverci delle spiegazioni?
>>
<<
Lei dice?
>> alzò tranquillamente gli occhi dal monitor
del portatile.
<<
Non lo
dice soltanto lui ma tutti! >>
<<
Si calmi
sorella. >> per tutta riposta lo afferrò per
il bavero del camicie con
quanta più forza possibile.
<<
Mi calmerò
solo quando avrò il responsabile sotto il tacco della
scarpa! >> capendo
che tergiversare era controproducente, lo scienziato sospirò
quasi afflitto.
<<
E va bene
ma prima incamminiamoci, non so quanto tempo ci vorrà per
uscire di qui.
>> sempre armato del suo fedele apparecchio, si
portò a capo della fila e
guido gli altri verso una meta sconosciuta. << Io mi
chiamo Arnold e sono
uno scienziato. Io e i miei colleghi stavamo lavorando ad un
particolare
progetto sull’evoluzione dell’uomo. >>
<<
Interessante, ma questo cosa c’entra con noi?
>>
<<
Nulla,
quando saremo fuori da qui vi spiegherò meglio.
>> Purtroppo si sa, nulla
va come vorresti, e infatti si fermò bruscamente come
colpito da qualcosa.
<< Non sentite qualcosa di strano…
>>
<<
Si,
sembra… >> la partoriente, così
come gli altri, si mise in ascolto.
<< sembra uno sciame d’api. >>
<<
Non può
essere… >> per la prima volta da quando si
erano conosciti, il direttore
iniziò a sudare freddo.
<<
Temo di si
invece, via! >> Eric sorresse Melody incapace di correre
e dopodiché si
diedero alla fuga, ma non prima di essersi guardati alle spalle.
<<
Sono api.
>>
<<
Ottima
osservazione Maria! >> le rispose piccata Rubi che stava
iniziando a
spazientirsi di tutto quel correre a vuoto. << Ma da dove
arrivano? E poi
chi è il deficiente che si mette a coltivare del miele qui
sotto? >>
correva come una centometrista, più per la rabbia che le
scorreva in corpo che
per la voglia di fuggire sul serio. Il militare inciampò su
una cosa non ben
definita a cadde in ginocchio sempre tenendo la ragazza tra le braccia.
<<
Accidenti,
se queste maledette ci pungono faremo concorrenza a un malato di
rosolia.
>> tentò di rialzarsi ma, la stessa cosa che
li aveva fatti cadere, ora
li teneva inchiodati al suolo.
<<
E che
piaga! >> la suora, insieme alla ragazza dark e al
direttore, era tornata
indietro per aiutarli ma riuscire ad alzare da soli due, anzi tre
persone,
sembrava un’impresa troppo ardua per loro. Di colpo videro
l’ambiente
rischiararsi poco alla volta, fino ad assumere la consistenza di un
corridoio
bianco. << E ora dove caspita siamo? >> lo
sciamare delle api si
faceva sempre più vicino. Fortunatamente il soldato era
nuovamente in grado di
muoversi. << Credo sia il caso di levare le tende se
vogliamo prendere
quel maledetto volo. >> e ripresero a correre decisamente
più forte di
prima…
<<
Wow, wow e
ancora wow! >> solo una persona poteva emettere versi di
pura gioia in
una situazione del genere. E infatti…
<<
Senti
un po’
tu, ma dico io, ti sembra questo
il momento di restare abbacinato? Ti rendi conto o no che siamo
dispersi chissà
dove? Com’è che hai detto che ti chiami?
>> chiese lo studente poco
incline a partecipare all’euforia che sembrava colpire i suoi
folli compagni di
sventure. Da notare che, a parte lui, nessuno sembrava particolarmente
preoccupato della cosa.
<<
Non l’ho
detto. >> rispose sempre guardandosi attorno con enorme
curiosità. Erano
finiti in un corridoio bianco, sembrava una specie di laboratorio
misterioso,
tipo quelli che si vedevano nei film. Stavano camminando da una decina
di
minuti senza notare nulla di anomalo, o meglio, camminavano spalmati
contro il
muro con il terrore che qualche strano raggio facesse nuovamente la sua
allegra
comparsa. D’improvviso trovarono una svolta a destra e, non
potendo andare
oltre, la seguirono.
<<
E queste?
>> una donna sui trentacinque anni, che tutti riconobbero
come la moglie
del suicida, in sua fedele compagnia, indicò una serie
infinita di porte
situate a entrambi i lati del corridoio.
<<
Senti
cara, forse è meglio se passiamo avanti. >> le
disse il marito con un’aria
mesta e un po’ intimorita, forse dal posto o forse dalla
“cosa” che aveva
sposato.
<<
Neanche
per idea. Magari una di queste porte ci condurrà
all’uscita e credo valga la
pena di fare un tentativo, almeno per sapere cosa
c’è dentro. >> disse
caparbia facendo ben capire chi comandava nella loro bizzarra coppia.
<<
Sono d’accordo.
>> si erano quasi dimenticati della docile vecchietta che
era con loro.
Vestiva un leggero abito estivo a fiori e portava i capelli bianchi
raccolti in
uno chignon. Completavano il tutto due paia di occhi azzurri. Non
volendo far
nascere una discussione, il punkettaro si diresse alla prima porta per
aprirla.
<<
Comunque io
sono Michael, di mestiere faccio cantautore e sono in viaggio per
partecipare a
un concorso. >> concluse orgoglioso, spalancando la porta
in questione.
Entrarono sia lui che l’altro ragazzo, seguiti dagli altri
tre, e ciò che
all’inizio videro fu solo buio. Poi un rumore, un ruggito
sospetto. << Oh
miseriaccia… >> questo bastò per
farli arretrare lentamente verso la loro
unica fonte di salvezza, ma questa si chiuse sotto il loro naso,
lasciandoli
bloccati lì.
<<
Moriremmo
tutti sbranati! Perché non mi sono ucciso prima?
>>
<<
Taci,
stupido di un marito. Almeno avessi ancora con te la benzina e invece
niente.
Lo vedi che ho ragione quando dico che sei utile quanto un acaro della
polvere?
>> in quel frangente si accese una forte luce e, dopo
aver superato
l’abbagliamento iniziale, poterono finalmente vedere
cos’avevano davanti agli
occhi. Per loro sfortuna, si trovarono di fronte ciò che
temevano… due leoni!
<<
E adesso?
>>
<<
E adesso
niente Michael, diventeremo la loro cena. >>
l’argentato ci penso su un
attimo e si voltò sorridente verso il nuovo amico.
<<
Non mi hai
ancora detto il tuo nome. >>
<<
Ma ti
sembra il momento! >> gli gridò in faccia
nello stesso istante in cui, una
delle due creature, balzò verso di loro. Si schiantarono
tutti contro la porta
in preda alla paura più assoluta. << Addio
mondo crudele. >>
<<
Non se ne
parla nemmeno! >> si udì quella che sembrava
una voce gracchiante e, poco
dopo, assisterò allo spettacolo più assurdo che
gli sia mai stato sottoposto
nella loro vita: la docile e innocente vecchietta aveva stesso il leone
a colpi
di borsetta! Non contenta, fece ruotare la suddetta arma come un lazzo
e si
girò battagliera verso l’altro animale che
indietreggiò visibilmente
spaventato. << Sono appena diventata una felice vedova e
non intendo
cambiare il mio status per colpa vostra, è chiaro? Non si
scherza con Meredith!
>>
<<
Poverino.
>> Michael, che pur essendosi spaventato come gli altri,
provava una certa
pena per la creatura. La proverebbe chiunque di fronte a quel bulldozer
in
miniatura.
<<
Poverino e
un corno, usciamo. >> la porta si riaprì da
sola e tutti ne sfruttarono
il momento per squagliarsela. L’ultima fu la felice
vedova che rivolse un ultima feroce occhiata al leone.
<<
Che ti
serva di lezione, così impari ad approfittarti di una
signora anziana. >>
brandì il suo gracile pugno e questo bastò per
mettere definitivamente in fuga
il quadrupede. Una volta fuori tirarono un sospiro di sollievo. Il
biondo
studente sbuffò sconfitto.
<<
Se questa
è una delle tante porte, non oso immaginare come siano le
altre. Credo sia
meglio proseguire dritto, a questo punto la vita vale molto di
più. >>
annuirono tutti più che convinti. Un conto era morire per la
caduta accidentale
di un aereo, un altro era darsi in pasto spontaneamente a qualche
creatura
affamata. Si passò una mano sui capelli prima di porgerla al
punk. << Io
mi chiamo Andreas, molto lieto. >> si strinsero
amichevolmente la man, ma
il momento venne rovinato da un oggetto
lanciato in mezzo a entrambi e furono quindi costretti a separarsi in
fretta.
<<
Una palla?
>>
<<
E adesso
che c’è? >> snocciolarono
contemporaneamente marito e moglie. Senza alcun
preavviso una serie di palline iniziarono a piovere dal soffitto e in
tutte le
direzioni. Sembravano degli enormi proiettili di gomma ma decisamente
più
resistenti, tant’è che quando uno di loro
colpì la parete ne lasciò un bel
calco.
<<
Oggi non è
la nostra giornata. >> stavano tentando di spostarsi
senza essere
centrati da quelle bombe volanti, impresa alquanto difficile.
<<
Decisamente no amico, però è divertente.
>>
<<
Taci e
muoviti Michael. >> come in tacito accordo diedero il via
a un’altra
corsa, tentando di salvare almeno la pelle se non la ragione.
<< Cavoli!
>> gridavano e correvano come ossessi, sperando in un
miracolo o in
qualsiasi cosa avrebbe potuto tirarli fuori di li. Videro una svolta
verso
destra e, come in un unico pensiero, decisero di prenderla. Girarono
immediatamente ma qualcosa, o meglio, qualcuno fermò la loro
fuga.
<<
Ahia! Ma
che diavolo… >> una serie di corpi si
scontrarono l’uno contro l’altro finendo
tutti a gambe all’aria o spalmati per terra, con qualche arto
sconosciuto
addosso. << Ma voi siete gli altri passeggeri.
>> Rubi si rimise in
piedi a fatica, sempre col suo immancabile cipiglio nervoso.
<<
Questa
voce mi è familiare. >> Josh, dopo essersi
staccato di dosso la moglie,
riuscì a rialzarsi. << Sei la suora che voleva
vedermi morto. >>
disse più sorpreso che piccato.
<<
Come se la
colpa del suo presunto suicidio fosse mia. >> si
sistemò meglio i capelli
con un gesto spiccio prima di spalancare gli occhi e girarsi di botto
dietro di
lei. Stessa cosa fece anche Andreas ed esclamarono in coro:
<<
Le api!
>>
<<
La palle!
>> ma niente, tutto era perfettamente tranquillo.
<<
Sembrerebbe tutto a posto. >> la partoriente venne
dolcemente adagiata a
terra da Eric che si guardava attorno con fare sospetto.
<<
Siamo vivi
per il momento. >>
<<
Aspetta a
dirlo Maria, in genere accade sempre qualcosa. >> e
infatti così fu. <<
Cos’è questo rumore? >> Meredith
aguzzò le orecchie come due parabole
satellitari e con sguardo attento emise la sentenza.
<<
So cos’è.
>>
<<
Si,
anch’io. >> Caroline, la moglie del suicida, si
guardò attorno perplessa,
non capendo come quel genere di rumore potesse essere lì.
<<
Che cos’è?
>> le domandò il marito con una punta di
panico nella voce.
<<
Acqua.
>> rispose lapidaria e sconvolta insieme.
<<
Acqua?
>> dissero in
coro i presenti
prima che avvenisse l’incredibile. Un’ondata di
liquido trasparente sfociò nel
corridoio come il mare in tempesta lasciandoli senza parole.
<<
Non…
>>
<<
può…
>>
<<
essere.
>> esclamarono Rubi, Eric ed Harry uno dopo
l’altro. Paralizzati dallo
stupore, riuscirono a stentò a muovere un passo prima di
venir travolti
dall’acqua ed essere trascinati via. Non era tanto alta
quindi era impossibile
affogare ma era impetuosa e quindi non ci si poteva fermare. Vennero
trascinati
per tutto il corridoio ed oltre, fino ad arrivare in un’area
dalle pareti scure
con un profondo buco nel pavimento. Dopo essere
“dolcemente” atterrati su una
sporgenza circolare la parete alle loro spalle si richiuse bloccando la
corrente. Il resto del liquido finì nel buco.
<<
Se lo
racconto in giro non ci crede nessuno. >> Andreas
tentò di rimettersi in
piedi come molti altri ma, la porzione circolare su cui si trovavano,
s’inclinò
lievemente verso il basso come a volerli gettare in quella specie di
precipizio.
<<
Moriremo.
>>
<<
Taci tu!
>> lo redarguì la moglie, il cui pessimismo
stava iniziando a spazientire
un po’ tutti.
<<
Non si può
mai stare tranquilli! >>
<<
Tanto
valeva farci sbranare dai leoni… >> la suora
era accanto alla nonnina che
non sembrava aver bisogno di alcun aiuto in particolare. Anzi, forse
era lei a
dover tirare su il resto dei passeggeri.
<<
Rubi?
>> la chiamò placidamente Maria.
<<
Che c’è?
>> rispose quasi sbraitando.
<<
Quello cos’è?
>> tutti abbassarono
lo sguardo contemporaneamente… e rimasero totalmente basiti.
Sotto di loro, vi
era una specie di gorgo acquatico, che aveva vagamente la forma di
un…
<<
Un w.c.? >> il
direttore sudaticcio,
che aveva smesso di sudare da un pezzo, ormai non faceva più
neanche caso a
cosa capitava sotto il loro naso, ma questo era decisamente troppo.
<<
Non posso
accettare di essere liquidata in questo modo! >>
gridarono all’unisono
Caroline e la bionda totalmente fuori di se.
<<
Ora so
cosa si prova nell’essere scaricati.
>>
<<
Michael,
le tue battute non fanno ridere nessuno! Piuttosto, pensiamo a un modo
per
uscire da qui. >> poi pensò a
cos’aveva appena detto. << Intendevo salire da qui. >> ognuno
tentava
di aggrapparsi come meglio poteva per non cadere e quindi essere
risucchiato
dal gabinetto in fondo. Fortunatamente, la sporgenza non era troppo in
pendenza
e vi erano buone possibilità di tirarsi su. Impegnati in
questa faticosa
operazione, nessuno fece caso alle strane telecamere, con tanto di
lucina
rossa, che presenziavano sopra di loro. Almeno fino a quando non
udirono una
voce particolarmente vivace:
<<
Buona sera
gente. >>
<<
Ma questa
voce… >> Arnold, più impegnato a
salvare il suo portatile che se stesso,
la riconobbe immediatamente. << tu sei Matthew! Uno
scienziato del nostro
laboratorio. >>
<<
Cosa vuole
questo pazzo? Vuole farci del male? >> chiese Andreas al
colmo
dell’esasperazione.
<<
Ha voglia
di prenderle? Non permetterò a nessuno di rovinare i miei
progetti, finalmente
sono una povera vedova! >> e brandì la
borsetta con chiare intenzioni
belliche.
<<
State
tranquilli, nulla di tutto ciò. >> si
chiarì meglio la voce, non che ne
avesse bisogno, era solo un modo per fare scena. <<
Dovete sapere che,
nel nostro laboratorio, abbiamo dato vita a un progetto votato a
comprendere la
reale capacità di sopportazione dell’uomo.
>>
<<
E a noi
cosa interessa? >>
<<
Niente,
signor Josh. Molto semplicemente avevamo bisogno di un gruppo di poveri
idioti
che ci facessero, involontariamente, da soggetto sperimentale. Ed
eccolo qui.
>>
<<
Questo
gruppo di idioti non c’impiegherà molto a trovarla
e a strapparle le budella!
>>
<<
Si calmi
sorella, siete solo vittime della scienza.
Niente di più e niente si meno. E per la
cronaca, siete ancora al gate
cinquantaquattro. Comunque sia non temete, il vostro volo è
ancora tale.
Partirete non appena tutto questa sarà finito.
>>
<<
E quando,
di grazia? >> domandò Maria sempre con aria
imperscrutabile.
<<
Boh!
Ahahahah… >> si sentì man mano la
sua risata sparire in sottofondo.
<<
Maledetto
bastardo! >> mentre parte dell’equipaggio era
impegnato a insultare,
nelle maniere più colorite, il sopracitato imbecille, lo
scienziato aveva messo
in modo le rotelle del suo cervello per uscire da quel casino.
<<
Credo di
aver capito, se ho ragione forse so come uscire di qui.
>> infilò la mano
nella tasca del suo grembiule e tirò fuori un telefono
cellulare.
<<
E cioè?
>> chiesero Meredith ed Andreas in coro.
<<
Collegando
il mio cellulare al sistema computerizzato del gate cinquantaquattro
dovrei riuscire
a penetrare nel computer e quindi a bloccare quella specie di water
ambulante.
>> dopo aver schiacciato un paio di tasti, cercando al
contempo di essere
il più veloce possibile, l’acqua si
fermò di colpo.
<<
Ma cosa…
>> il pavimento iniziò a richiudersi
permettendo a tutti di issarsi e di
prendere finalmente aria. La suora emise un sospirò di
sollievo che ben presto
si tramutò in rabbia feroce scaraventandosi contro lo
scienziato. <<
Senta un po’ lei, fino a quando andrà avanti
questa buffonata, eh? >> lo
tirò col bavero del camice facendolo sbattere avanti e
indietro come una bambola
senza vita.
<<
Non è
l’unico che merita di essere preso a capelli.
>> disse Caroline
voltandosi verso il povero marito. << Tu di certo non hai
fatto di
meglio. Che ti ho sposato a fare? >> puntò il
dito verso di lui che
cercava, invano, di difendersi.
<<
Ma cara…
>>
<<
Cara e un
corno! >> non contenti, anche il punk e
l’universitario iniziarono a
discutere, ognuno per fatti suoi.
<<
Chi
l’avrebbe mai detto che ci sarebbe capitata una simile
avventura! >>
<<
Chi
l’avrebbe mai detto che sarei finito circondato da pazzi.
>> in quel
groviglio di voci e urla isteriche ne proruppe una che
superò tutte le altre.
<<
Fermi
tutti! Questa è una rapina! >> un tizio
vestito interamente di nero,
sembrava la brutta copia di Diabolik, tirò fuori una specie
di mitra che puntò
contro i presenti. La cosa totalmente assurda, stava nel fatto che
nessuno si
era praticamente accorto che non era uno scherzo.
<<
Mi avete
sentito? >> disse alquanto abbattuto, e per tutta riposta
ricevette un:
<<
STIA
ZITTO! >> generale. Tra uno strepito e l’altro,
ognuno sembrava
intenzionato ad incolpare il prossimo delle proprie disgrazie, la
famosa
formula del capro espiatorio.
<<
Dobbiamo
cercare di farli smettere. >> disse Maria assolutamente
tranquilla.
<<
Volentieri
ma non so come. >> Melody si accarezzava il pancione con
fare amorevole
senza però trovare una soluzione. Come se tutto quel casino
non bastasse, Meredith
si accanì contro il povero Eric aggiungendosi alle varie
aquile presenti.
<<
Senta un
po’ lei, perché non ha aiutato anche una povera
vecchietta indifesa? Le faccio
impressione? Secondo lei sono pronta per la decomposizione?
>> il povero
generale sembrava vagamente in difficoltà.
<<
Veramente
io… >>
<<
Ehi, ho
detto che questa è una rapina… >>
il tizio mascherato di nero era
visibilmente affranto dal fatto che nessuno gli stesse prestando la
benché
minima attenzione. Chi sbraitava a destra, chi urlava a sinistra e chi
invece
se la rideva. In tutto quel trambusto, nessuno notò la vena
che pulsava minacciosa
sulla tempia di Maria, causa il suo volto inespressivo, ma
bastò un suo lieve
richiamo a placare tutto ciò:
<<
VOLETE
STARE ZITTI? >> miracolo dei miracoli il silenzio
ottenne. La guardavano
tutti con espressione basita e senza osare neppure respirare
più del dovuto.
<< Bene, Rubi, che ne dici di andare? >>
propose sbrigativa ma con
quella sua calma glaciale.
<<
Ehm… ok.
>>
<<
Perfetto.
E lei? Cosa vuole fare? Viene con noi? >> il rapinatore
indietreggiò
visibilmente terrorizzato, non prima di aver gettato l’arma a
terra e aver
gridato:
<<
Mi
arrendo! Non mi faccia del male, vi dirò
dov’è l’uscita. >> detto
questo
indicò l’unico passaggio rimasto, una specie di
tunnel oscuro in cui non si
vedeva praticamente nulla.
<<
Lei è una
persona squisita, lo sa? >>
<<
Hai
proprio ragione amica mia. >> Rubi, abituata a quei suoi
modi di fare, fu
la prima a riprendersi e quindi ad avvicinarsi a lei. <<
Credo che ci
voglia qualcosa per impedirgli di scappare. >>
<<
Tipo?
>>
<<
Che ne
dite di questa? >> la vecchietta si fece avanti
visibilmente più
tranquilla e con un ghigno poco raccomandabile, assolutamente inadatto
per
un’anziana della sua età, tirò fuori
una museruola.
<<
Direi che
è perfetta. >> con espressioni serafiche si
voltarono verso il
malcapitato che, captando qualcosa di strano, indietreggiò
sino a scontrarsi
col robusto petto di Eric.
<<
E va bene.
>> si arrese. Non si sa come, fini con la museruola
legata strettamente
intorno al suo collo. Camminò a testa bassa sperando che un
fulmine lo colpisse
e che nessuno, a parte loro, lo vedesse. Proseguirono per il buio
corridoio
illuminati solo da qualche accendino e con la speranza di non
scomparire come
qualche macabro film horror.
<<
Tu ti
chiami Rubi, giusto? >> domandò Michael
incuriosito alla ragazza, che per
tutta risposta annuì. << Mi stavo chiedendo
una cosa, ecco… non so come
chiedertelo senza farti arrabbiare… >> la
suora intuì subito dove volesse
andare a parare e pose la domanda al posto suo.
<<
Perché ho
scelto di diventare suora? >> alzò un
sopraciglio divertita e per nulla
nervosa.
<<
Esatto. Tu
non hai affatto la
“vocazione” per
questa vita. Sei isterica, nevrotica, incapace di consolare il
prossimo. Sei
totalmente l’opposto di una sposa di Dio. >> si
rese conto solo
all’ultimo della quantità d’insulti che
le aveva gettato addosso. <<
Senza offesa. >>
<<
Vengo da
una famiglia molto numerosa. Sei
figli e due genitori, per otto persone e quattro animali. A casa mia
tutto è di
tutti e niente è solamente tuo. Risate, urla, schiamazzi,
litigi e pianti.
Insomma: caos. Tutto ciò a cui aspiravo, e che aspiro
tutt’ora, è calma e pace.
Non ho mai neanche avuto particolari talenti e quindi non ho mai saputo
cosa
farne della mia vita. Il mio unico desiderio era vivere sola
e i miei unici interessi leggere, mangiare e dormire. Col
tempo
mi convinsi che il convento era il posto ideale per me. Pace, pace e
pace.
Certo, dovevo pregare ogni giorno ma non era così difficile.
Per questo nobile
intento ho buttato cinque anni della mia esistenza in una scuola
femminile
monacale e diviso la stanza con due ragazzine chiassose e amanti del
gossip.
Semplicemente non avevo altro da fare, tutto qui.
L’alternativa era il carcere.
In tutti e due i casi mangi, bevi e dormi a sbafo. >>
<<
Fare la
parassita insomma. >> lo studente si sistemò
meglio i capelli spostandoli
dalla tempia.
<<
Esatto.
>> rincarò la dose Maria anziché
difenderla.
<<
Proprio
non ti piace il caos, eh? >> le domandò il
punk divertito in un certo
senso da quel bizzarro racconto, un po’ come la loro
inconcepibile situazione.
<<
Non è questo.
>> guardò verso l’alto con fare
serioso. << Io accetto
il caos, ma non
son sicura che lui accetti
me.
>>
<<
Che
intendi? >> questa volta fu Caroline a parlare, senza che
se ne accorgessero,
tutti stavano ascoltando in silenzio il suo racconto. Un po’
se fosse arrivato
il sereno dopo la tempesta, finalmente potevano parlare senza intoppi.
<<
E’ una
citazione che vidi sul libro di una mia amica quando avevo dieci anni.
Non
ricordo nulla della trama ma questa frase mi è rimasta
impressa e, in un certo
senso, ha condizionato la mia scelta futura. >> sorrise e
poi sospirò
quasi annoiata. << io non ho nulla contro il pandemonio,
anche se non si
direbbe, ma ogni qualvolta rimango coinvolta in qualche faccenda
chiassosa,
ecco che il caos mi si rivolta contro, manco fosse colpa mia.
>> vedendo
che tutti si stavano appassionando alla sua storia, e non volendo
snocciolare
altre informazioni, cercò di cambiare discorso.
<<
Dov’è il
padre del bambino? >> domandò alla partoriente.
<<
Non lo so.
>> alzò le spalle con fare noncurante.
<<
Come non
lo sai? >> Eric assunse un’espressione
vagamente arrabbiata.
<<
Il mio
ragazzo mi ha abbandonata, ci siamo solo io e lui. >>
disse
accarezzandosi il ventre con fare dolce.
<<
Bastardo…
>> sussurrò il generale.
<<
Gli uomini
sono tutti uguali. >> Carolina scosse la testa con fare
esasperato
adocchiando il marito.
<<
Già.
>> disse Maria soprapensiero prima di fermarsi di colpo.
<<
Guardate, quella è una porta? >> chiese
vagamente dubbiosa e non sapendo
cosa aspettarsi a quel punto. Andreas si avvicinò alla loro
“vittima di
passaggio” e tirò la cordicella che lo legava alla
museruola.
<<
Non ci
sarà qualche altra sorpresina, non è vero?
>> più che una domanda sapeva vagamente
di minaccia ma l’uomo non sembrava farci troppo caso. Era
talmente abbattuto
che ormai non gliene fregava più niente di cosa sarebbe
accaduto da quel
momento in avanti.
<<
Non ne ho
idea. Io ho solo ricevuto un ordine in cambio di denaro. Niente di
più, niente
di meno. Non conosco nessuno di loro. >> Rubi si
accigliò vagamente
innervosita, non che fosse una novità farla arrabbiare.
<<
Mi sono
ufficialmente rotta di questa storia. Devono smetterla di trattarci
come un
branco di animali, questo è un aeroporto non una jungla!
>> non l’avesse
mai detto. Fu sufficiente aprire quella dannata porta per trovarsi di
fronte,
non la sala d’aspetto con tanto di poltrone, non le vetrate
che affacciavano
sulla pista e nemmeno il brusio che contaminava l’aria,
bensì… una jungla
amazzonica! Rimasero senza parole per alcuni istanti, stava diventando
un’abitudine per loro.
<<
Maria, mi
faresti un favore? >> chiese con tutta la calma del mondo.
<<
Certo.
>>
<<
Ammazzami
>>
<<
Se
insisti. >> si guardò intorno alla ricerca di
qualunque oggetto potesse
tornarle utile per tale scopo.
<<
Ehi, io
scherzavo. >> le fece notare perplessa. Maria, dal canto
suo, non si
scompose più di tanto.
<<
Lo so
bene, infatti sto cercando una qualunque cosa possa spiegare non solo
tutto questo,
ma anche quello. >> e
con
l’indice indicò un punto in lontananza.
<<
E adesso
che altro c’è? >> Josh si mise le
mani nei capelli oramai preda della
pazzie. Perché, oltre alla fitta fauna che sembrava sbucata
dal nulla, era
presente anche un palcoscenico! << Sono circondato da
squilibrati.
>>
<<
Sempre a
lamentarti tu, cerca di trovare una soluzione! >> lo
redarguì con la sua
solita gentilezza la moglie.
<<
Avanti di
questo passo, finirò con l’andare al manicomio!
>>
<<
Oh…
>>
<<
Caspita!
>> dissero contemporaneamente Harry, Melody e Michael.
<<
Credo che
ci siamo già… >> Meredith era
rimasta tra i più impassibili, assieme ad
Eric ed Arnold.
<<
Attenzione, comunicazione di servizio per tutti i babbei presenti:
avete una
possibilità perché tutto questo finisca.
>> era Matthew, il pazzo che
stava dando loro il tormento.
<<
Sul serio?
E come? >> il direttore sudaticcio stava per piangere
dalla gioia,
finalmente sarebbero usciti di lì. Vivi, se tutto andava
bene.
<<
Semplice:
lo vedete quel palco? Immagino di si. Ebbene, dovete cantare.
>>
<<
Cantare?
>> dissero in coro, non del tutto sicuri di aver capito
bene.
<<
Non è
necessario che lo facciate tutti, basta uno solo. Chi si offre?
>> non
ebbe neanche il tempo di finire che si alzò un eccitato:
<<
IO!
>> ovviamente non poteva che essere il ragazzo punk.
<< Sono un
cantautore, cosa devo cantare? >> era talmente felice che
era possibile
scorgere le stelline luccicare nei suoi occhi.
<<
Quello che
ti pare, basta che lo fai. >> Arnold si
sistemò meglio gli occhiali e
squadrò la sala con aria sospetta.
<<
Tutto qui?
Strano… >>
<<
E infatti
non ho finito. >>
<<
Ah, mi
sembrava. >> sospirò stanco mentre quasi tutti
i passeggeri gli
lanciavano occhiate di fuoco. << Non è colpa
mia se è così. >>
<<
Stavo
dicendo… dovrete fare una cosa molto semplice.
>>
<<
Ballare?
>>
<<
Recitare?
>>
<<
Ucciderti?
>> Ironizzarono la sposa di Dio,
l’universitario e la ragazza dark
insieme.
<<
No.
>> prese un respiro profondo, come se stesse cercando di
trattenere una
risata. << Sotto al palco, vi è una cosa che
dovrete sistemare. Il tutto
mentre il giovanotto canta. >>
<<
E sarebbe?
>>
<<
Disinnescare
una bomba. Dimenticavo, l’ho appena azionata. Vi saluto e vi
auguro buona
fortuna. >> detto ciò la sua voce si
dileguò lasciando i poveretti nella
più completa disperazione.
<<
Stava
scherzando, vero? >>
<<
No,
Andreas. >> Micheael era piegato sotto la pavimentazione
precedentemente
montata per lo show. << C’è un
timer, abbiamo trenta minuti. >>
Silenzio. Una lieve folata di vento, proveniente da chissà
dove, fece alzare i
capelli dei presenti. Solo un lieve ticchettio rompeva la magica
atmosfera da
cimitero ripopolato. Poi, si udì solo un:
<<
CHE COSA?!
>>
<<
OH MIO
DIO! >> e tutta una serie di colorite esclamazioni poco
signorili.
<<
E ora che
si fa? Cara, che ne sarà dei nostri figli?! >>
<<
Io a casa
ci torno. Puoi starne certo! >> in tutti questi
schiamazzi si udì un
profondo gemito di natura femminile.
<<
Melody,
che hai? >> Eric la soccorse immediatamente quando vide
che la giovane si
era accasciata a terra.
<<
Mi fa
male… >> si limitò a dire con una
punta di panico negli occhi. Le
lamentele erano cessate e ed erano concentrati a capire
cos’avesse la ragazza.
Meredith si fece largo tra di loro forte della sua esperienza di donna
vissuta.
Si accucciò accanto a lei. La esaminò con occhio
critico e nel giro di due
secondi fu in grado di dare un responso.
<<
Si sono
rotte le acque. >>
<<
Adesso?
>> chiese il generale incredulo, come il resto dei
passeggeri.
<<
No, domani.
Che domande. >> anche Caroline si era avvicinata e ora la
stava aiutando
a stendersi. << Deve partorire, qui e subito.
>> decreto con
estrema serietà e senza alcuna voglia di perdersi in
chiacchiere.
<<
Aiutate il
mio bambino! >> alla ragazza non importava nulla della
sua vita, ciò che
maggiormente le premeva era la sua adorata creatura.
<<
Pure la
partoriente! >> il nervosismo di Rubi era salito alle
stelle, ci mancava
soltanto che dichiarassero l’invasione aliena, per il resto
erano a cavallo. Si
passò una mano sul volto prima di respirare con calma e
rivolgersi alle tre
donne:
<<
Meredith e
Caroline, voi potete occuparvi di Melody? >>
<<
Certo.
>> rispose la vedova per tutte e due. A quel punto il
soldato si alzò e
punto i suoi occhi verso il resto dell’equipaggio.
<<
Dobbiamo
risolvere questa faccenda e subito. Meredith e Caroline si occuperanno
di
aiutare Melody, Michael tu canterai… >> il
ragazzo lo bloccò prima che
proseguisse alzando una mano. << Si? >>
<<
Non posso
fare tutto da solo, mi serve un mano con gli strumenti. >>
<<
Ok, chi sa
suonare qualcosa? >> sia Maria che Harry si fecero
avanti.
<<
Io so
suonare il basso. >>
<<
Io… da
giovane suonavo la batteria. >>
<<
Perfetto.
>> annuì. << Gli altri verranno
con me. >>
<<
Un
momento… >>
<<
Che altro
c’è, Josh? >> chiese
l’uomo quasi spazientito.
<<
Dubito
fortemente di potervi essere d’aiuto, per tanto vorrei
restare qui a tenere
d’occhio lui, >> indicò lo
sfortunato ladro di passaggio. << e ad
aiutare mia moglie. >> i due si guadarono intensamente
negli occhi come a
voler comunicare con lo sguardo, prima che un gesto deciso del
“capo
improvvisato” non rompesse l’atmosfera.
<<
Al lavoro!
>> detto e fatto. Ognuno si diresse alle proprie
postazioni con
decisione. Nessuno si preoccupava di guardarsi attorno oppure di
fermarsi a
riflettere, non vi era tempo. La loro vita erano in gioco e questo
contava più
di qualunque altra cosa al mondo.
<<
Ora sta
tranquilla, quando te lo dico spingi. Ok? >> le disse
Caroline e Melody
annuì con una smorfia di panico e dolore. Con un gemito
iniziò a spingere, un
po’ alla volta.
<<
Ho paura…
>> la voce era incrinata dal pianto, questa era la sua
prima gravidanza a
partorire in un posto del genere non aiutava. La vedova le teneva
entrambe le
mani rivolgendole parole rassicuranti e, in contemporanea, lanciando
occhiate
feroci al ladro che stava tentando di staccarsi la museruola. Josh,
capendo
cosa volesse fare e non volendo creare altri guai, lo gettò
a terra e vi si
sedette sopra. Dopodiché gli afferrò il collo e
lo guardò con aria minacciosa.
<<
Stammi
bene a sentire, questa ragazza sta per avere il suo bambino e mia
moglie la sta
aiutando. Perciò non ti permetterò di
disturbarla, è chiaro? >> per la
prima volta in vita sua si sentiva un uomo degno di questo nome, si
poteva
vedere il fuoco nei suoi occhi. Anche Caroline decise di premiare
questo suo
gesto audace e coraggioso.
<<
Finalmente
ti stati comportando come un vero uomo, tesoro.
>> arrossirono entrambi e si guardarono fugacemente negli
occhi.
<<
Grazie,
amore mio. >> in quel momento si udì un colpo
di tosse. Era Meredith.
<<
Vi
dispiace rimandare a dopo? Avremmo da fare. >> lo disse
con cipiglio
severo ma con voce divertita. I gemiti di dolore della ragazza
divennero sempre
più alti, trasformandosi in grida vere e proprie. Tuttavia,
esse erano coperte
dalla voce di Michael che, accompagnato dalla sua band improvvisata,
cantava la
canzone ”Losing my religion”.
<<
That's
me in the corner, that's me in the spotlight, i'm Losing my
religion… >> la sua bella voce si
propagava per
tutta la sala, e sarebbe stato sicuramente un bel concerto se la
situazione non
fosse stata tanto tragica.
<<
Non ho mai
militato tra gli artificieri, quindi non ho la più pallida
idea di come
disinnescare questa cosa senza saltare per aria. >>
decretò il rosso con
sguardo attento e indagatore. << Avete un’idea?
>>
<<
Io si.
>> Arnold tirò fuori il suo inseparabile
computer. << Al
laboratorio ho studiato un progetto come questo e forse so come
bloccare il
conto alla rovescia. >> Andreas sembrava il
più preoccupato, anche se cercava
di nascondere la sua ansia il sudore che colava dalla fronte tradiva la
sua
agitazione.
<<
Ci sono
tredici fili, da quale iniziamo? O meglio, >>
squadrò i tre presenti uno
per uno. << Chi taglia? >>
<<
Io.
>> disse la suora senza la benché minima
esitazione. << l’eccessiva
immobilità nei momenti di crisi mi uccide. Almeno
così mi rendo utile. >>
<<
Bene,
allora io ti terrò i fili. Se dobbiamo morire la colpa
sarà di entrambi.
>> sorrise sarcastico quasi dimentico della bomba che
incombeva ai loro
piedi.
<<
Io invece
mi assicurerò che nulla si avvicini a voi e a quella cosa.
Arnold penserà a
guidarvi. >> emise un sospiro. << E che Dio
ci aiuti. >>
Diedero
subito il
via all’operazione mentre intorno a loro vi era il caos
più assoluto. Le urla
di Melody erano diventate sempre più alte, sovrastando quasi
la voce di Michael
che si stava spompando per non smettere di cantare in alcun modo.
Ognuno si
dava da fare a modo suo, nel bene e nel male. In situazioni di pericolo
vince
la collettività.
<<
Coraggio,
ancora un piccolo sforzo… vedo la testa! >>
Caroline incitava la
partoriente a continuare la sua lotta per la vita mentre Meredith dava
qualche
consiglio di tanto in tanto senza mai perdere la calma. E intanto si
udiva un:
<<
Taglia quello
arancione… lì a destra. >> e se li
regnava un calma apparente la stanza
era ancora invasa dalle corde vocali del ragazzo punk:
<<
Every
whisper of every waking hour i'm choosing my confessions…
>> tossi d’improvviso bloccandosi per
un istante, la voce cominciava a venir meno.
<<
Tutto bene
Michael? >> chiese Maria che, seppur senza darlo a
vedere, era
preoccupata per lui.
<<
Tranquilla… >> altro colpo di tosse.
<< Riprendiamo. >>
decreto più serio che mai.
<<
Ok…
>> annuì Harry poco convinto.
E
intanto
continuavano con un alternarsi di voci, grida e intonazioni diverse.
<<
Ora passa
al verde, mi raccomando, un taglio netto. >> lo
scienziato dava comandi
chiari e coincisi senza sbagliare, mentre i due ragazzi sudavano freddo
con la
paura di sbagliare qualcosa ma tenendo sempre la mano estremamente
ferma.
Tra
un taglio, un
canto e una spinta arrivarono agli sgoccioli.
<<
Oh no…
>> Arnold si sistemò gli occhiali con aria
tesa.
<<
Che
succede? >>
<<
Succede,
Eric, che sono rimasti due fili: uno rosso e uno blu. >>
<<
E allora?
>> aggrottò le folte sopraciglia quasi
unendole in una.
<<
E allora,
non so quale tagliare. >> disse d’un fiato con
espressione lapidaria.
<<
Come
sarebbe a dire? >> Rubi sembrava sul punto di tagliarli
entrambi pur di
farla finita ma non era una saggia decisione.
Mentre
li si
consumava una specie di tragedia, dall’altro lato si senti un
piccolo vagito
proveniente da qualcosa di piccolo e macchiato di sangue.
<<
E’ nato!
>> disse Josh commosso, nello stesso istante il ladro
scoppiò
praticamente a piangere.
<<
E’ la cosa
più bella che abbia mai visto in vita mia! >>
Caroline si asciugò il
sudore con il dorso della mano destra e sorrise in direzione
dell’uomo.
<<
La smetta,
sta diventando peggio di mio marito. >> aveva usato un
tono un po’ duro
ma era chiaro che stesse scherzando. Intanto, la creatura aveva preso a
piangere a squarcia gola, come a voler fare concorrenza alla madre che
aveva
urlato poco prima. Meredith lo coprì con un suo foulard e lo
porse alla
neo-mamma.
<<
E’ un maschio.
>> la ragazza lo abbracciò forte mentre le due
donne l’aiutavano a
risistemarsi. Nel frattempo la canzone procedeva e nel reparto edito
all’operazione “disinnesca o crepa” la
tensione era alle stelle.
<<
Taglio io.
>> anche questa volta fu Rubi a farsi avanti pronta a
tutto in quella
circostanza.
<<
E se
sbagli? >> le domandò Eric caustico.
<<
Se sbaglio
niente, raggiungeremo il Signore. Non so che altro fare.
>> ammise questa
volta senza alcuna rabbia ma solo tacita rassegnazione.
<< Idee o suggerimenti?
>>
<<
Nessuno.
>> lo scienziato chiuse il portatile riponendolo accanto
a se. <<
Siamo nelle tue mani, o in quelle dell’altissimo. Insomma, la
nostra vita
dipende comunque da qualcuno. >>
<<
Giusto.
>> Andreas prese un filo a testa per ogni mano.
<< Quale vuoi
tagliare? >> nella testa di Rubi passavano mille voci e
mille pensieri.
Il pianto del bambino appena nato, la voce di Michael, le chiacchiere
con
Maria, le persone appena conosciute e tutta la sua vita. Ora come ora
non
riusciva più a distinguere niente.
<<
O la va o
la spacca. >> avvicinò la mano con le pinzette
dategli da Eric accanto a
uno dei due cavi. Non importa quale avrebbe tagliato purché
fosse quello
giusto. Per un attimo ripensò al cielo estivo che le era
sempre piaciuto e capì
cosa fare.
Tranciò
il filo
blu.
Fu
un attimo, e
tutto accadde. Dalla bomba si alzò un forte bagliore bianco.
<<
Non può
essere… >>
<<
Tutti a
terra. >> dissero la ragazza e il soldato
contemporaneamente prima che la
catastrofe avvenisse. Morire andava bene, ma per una simile
stupidaggine…
Addio…
<<
STOP!
Buona questa scena. >>
<<
Stop?
>> i passeggeri osservarono sotto shock lo spettacolo che
si mostrava
loro: uomini armati di telecamera, tizzi con in mano un quaderno,
microfoni
volanti e signorine che dirottavano specchi. In pratica, un set
cinematografico.
<<
Qualcuno
mi dica che sto sognando. >> disse la bionda sul punto di
suicidarsi
insieme al resto della combriccola.
<<
Affatto,
siete sul set di un telefilm! >> quello che doveva essere
il regista, un
tizio con occhiali da sole, un barba incolta e un’orrenda
maglietta gialla.
<< siete stati scelti a vostra insaputa come
“attori allo sbaraglio” per
partecipare a questo film assolutamente irrealistico. La cosa ha
funzionato.
>> continuò a sbraitare incurante delle vene
che pulsavano sulle tempie e
negli occhi dei poveri sciagurati che stavano davvero per uscire di
senno.
<<
Mi faccia
capire bene… >> si fece avanti Andreas.
<< era tutto uno scherzo?
Cioè, ci avete rovinato la giornata, per che cosa? Un film? >> si poteva
chiaramente notare una strana aura
alleggiare minacciosa intorno al corpo del ragazzo.
<<
Aspettate
un attimo. >> disse Josh la cui faccia era tutto un
programma. <<
Come lo spiegate il Dinosauro? E i raggi che trasformano in animali?
>>
domandò senza parole e senza un briciolo di raziocinio in
corpo.
<<
Semplice,
>> rispose uno degli aiutanti. << Il
Dinosauro era un prototipo
creato per un eventuale serie di Jurassic park, assolutamente
computerizzato
quindi non avrebbe fatto male a una mosca. Per i raggi, invece, era
tutto un
effetto ottico. Le persone colpite sono state inglobate in una botola
sotterranea facendo ricomparire, al loro posto, degli animali. Non era
difficile, di fronte alla paura ci sfuggono le cose più
ovvie. >> annui soddisfatto
senza rendersi conto di aver indirettamente insultato i passeggeri
presenti.
<<
Il
progetto sull’evoluzione dell’uomo era tutta una
farsa, vero? >> ora era
Harry ad avere un diavolo per capello, per la prima volta, da quando
era
iniziata quella folle avventura, sembrava arrabbiato per davvero.
<<
Infatti.
>> annuì soddisfatto lo scenografo, ignaro
della miccia che aveva appena
accesso.
<<
Io mi sono
divertito! >>
<<
Taci
Michael! >>
<<
Strano che
nessuno ne sapesse niente… >> disse pensosa
Meredith che, anche se non lo
dava a vedere, era furiosa come e più degli altri.
All’improvviso una voce
esplose facendo quasi tramare la stanza.
<<
TU!
>> Rubi indico Arnold che stava tentando la fuga.
L’uomo si girò sudando
freddo e sorridendo in maniera tremula.
<<
Io…
>>
<<
Tu sapevi
tutto non è vero? Sei un loro collaboratore!
>> si potevano chiaramente
notare dei denti dalla forma aguzza spuntare dalla bocca della ragazza.
<<
Su, su,
non prendetela a male. Io ho solo fatto il mio lavoro. Non è
stata mia l’idea, lo
giuro. >> man mano che parlava indietreggiava
visibilmente impaurito
mentre quasi tutti i passeggeri si avvicinavano con sguardo funesto e
per nulla
raccomandabile. Tutti tranne Melody, Maria e Michael.
<<
Io ho
comunque avuto il mio bambino. >>
<<
Io invece
mi sono divertito! >> furono le ultime parole che si
udirono prima che
ebbe iniziò il massacro.
<<
Era solo
uno scherzo! >> tentò di giustificarsi lo
scienziato.
<<
Io ti
ammazzo! >> sbraitò Rubi fuori di se.
<<
Esagerati.
>> li redarguì il regista ottenendo solo un
effetto catastrofico.
<<
Come si è
permesso? >> questa era la voce di Meredith.
<<
No, si
fermi… che… che fate? >>
sbraitò disperato l’uomo mentre una serie di
oggetti venivano gettati per aria. << Il mio lavoro!
>> dopo aver
perso della schiuma dalla bocca, svenne.
<<
Regista!
>> lo chiamarono in coro due ragazze.
<<
No, la
pellicola no! Vi pregò! >> urlò un
povero cameraman che tentava di salvare il loro lavoro
dalla furia di
Eric e Andreas. In tutto quel trambusto si poteva notare una Melody
felice come
una pasqua, sorrise in direzione dell’omone che
l’aveva protetta per tutto il
tempo.
<<
Io sono
felice, ho partorito in un posto fuori dal comune e poi… ho
conosciuto te.
>> fini arrossendo timidamente. Eric assunse una
sfumatura ancora più
vermiglia placando di botto la sua rabbia e tramutandola in dolce
imbarazzo.
<<
Anche io
sono contento di averti incontrata. >> mentre i due
tubavano tra le urla
di pazzia generali, Maria si era avvicinata al punkettaro.
<<
In fondo è
stata una bella giornata, completamente fuori dagli schemi.
>> con tutta
probabilità il punk era l’unico ad essersi
divertito dall’inizio alla fine.
<<
Già.
>> fu l’unica riposta che ricevette dalla dark.
<<
Adesso
sono troppo arrabbiati ma domani, quando saranno più calmi,
lo capiranno.
>>
<<
E’ vero.
>>
<<
Ah, Maria?
>>
<<
Si?
>> lo guardò sempre col suo cipiglio
indifferente ma con una punta di
curiosità.
<<
La
prossima volta che vai a prendere l’aereo, avvisami.
>> si limitò a
chiederle sghignazzando.
<<
Con piacere.
>> rispose accompagnando le parole con l’unico
vero sorriso comparso in
tutta la giornata. I due si voltarono a guardare quasi soddisfatti la
raccapricciante follia generale. Era stata proprio una bella
giornata… anche se
non per tutti.
<<
Aiutooooooo!! >>
Fine