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Autore: Fiamma Drakon    14/04/2011    2 recensioni
Le ombre dei palazzi si allungavano alle loro spalle, deformandosi nello stendersi sugli edifici retrostanti, simili a blocchi di pietra nera erti come in preghiera al cielo.
Per le vie della città non c'era nemmeno un'anima ed il silenzio era sovrano assoluto di tutto, tanto da far pensare al completo abbandono.
Solo ad un esame più attento qualche ignaro e sventurato viandante avrebbe potuto notare, nascosti nelle ombre, decine di corpi abbandonati come bambole rotte e squartate ad adornare il freddo e nudo asfalto, decorandolo con magnifici archi di sangue raggrumato, assieme ad arti strappati e spezzati.

[Partecipante alla challenge "Il festival del Nonsenso" indetta da NonnaPapera! sul forum di EFP]
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Dreadful cry echoes
Storia partecipante alla challenge "Il festival del Nonsenso"
Il festival del Nonsenso


Le luci del tramonto tingevano il cielo di varie strisce che andavano dal giallo al carminio, stralci di cotone appesi alla volta celeste, irregolari e suggestive lacerazioni sanguigne.
Il globo infuocato lentamente sprofondava oltre il rosso orizzonte, la linea che divideva infinito e reale.
Le ombre dei palazzi si allungavano alle loro spalle, deformandosi nello stendersi sugli edifici retrostanti, simili a blocchi di pietra nera erti come in preghiera al cielo.
Per le vie della città non c'era nemmeno un'anima ed il silenzio era sovrano assoluto di tutto, tanto da far pensare al completo abbandono.
Solo ad un esame più attento qualche ignaro e sventurato viandante avrebbe potuto notare, nascosti nelle ombre, decine di corpi abbandonati come bambole rotte e squartate ad adornare il freddo e nudo asfalto, decorandolo con magnifici archi di sangue raggrumato, assieme ad arti strappati e spezzati.
Per ogni dove il miasma della putrefazione la faceva da padrone, attirando le attenzioni dei mangia carogne, che volteggiavano in folti stormi tra i grattacieli, una nera macchia d’inchiostro mobile in contrasto col sole morente.

Correva senza riuscire a trovare un modo per acquietarsi.
Tutto intorno a lei la spaventava, il mondo le stava crollando addosso senza che lei riuscisse a trovare alcun appiglio cui reggersi per evitare di precipitare. Ormai non era rimasto più niente della sua vita, quella che aveva condotto fino a poco prima, tanto che di sano in lei era rimasto ben poco, forse addirittura niente: il suo cervello era stato consumato dalla paura, rovente e strisciante, che le attanagliava le viscere e le dilatava inverosimilmente le pupille.
Pallida, simile ad un fantasma, si affannava correndo, ignorando le urla delle sue gambe stanche, trascurando i polmoni in fiamme.
I bianchi e asettici corridoi del manicomio dove s'era rifugiata si erano trasformati in un labirinto che puzzava di morte e di pericolo. Dietro ogni angolo si nascondeva la paura di trovare l’oblio eterno.
Quell’ombra umana nera e sogghignante, ebbra di malvagità, era calata sulla città all’improvviso all’arrivo del tramonto, aveva ucciso tutti e adesso voleva anche lei.
Voleva portare a compimento ciò che aveva cominciato, disfarsi anche dell’ultima bambola che era sfuggita a lui, il carnefice.
Il sangue del cielo riverberava dalle finestre, tingendo tutto di rosso, come un artista che sapientemente dipinge il mondo del suo quadro donandogli colori, vita... e morte.
Adesso quel pittore si era tramutato in un complice di quello sconosciuto e orripilante boia che la seguiva ovunque: la sua mano pitturava tutto di rosso, un rosso intenso, sanguigno, che risvegliava nella sventurata l’orrore da poco vissuto, l’ecatombe che si era consumata attorno a lei senza lasciare superstiti.
La vittima percepiva il freddo pungente dell’aria come un sintomo della sua vicinanza: tutto attorno a quell’ombra era vuoto gelo e nient’altro.
Doveva fuggire. Dove? Non lo sapeva.
In un momento, un ultimo labile sprazzo di lucidità mentale, le balenò alla mente una soluzione: scappare via dalla città, ma c’era un problema.
Sarebbe riuscita ad uscire prima d’essere presa? Sarebbe riuscita a sfuggire una volta per tutte al suo inseguitore?
Svoltò l’angolo, accelerando, decisa a trovare una strada alternativa per tornare indietro, quand’ecco presentarsi innanzi a lei il suo aguzzino, la bocca incurvata in un sorriso malato, una grossa falce ricurva e sozza di sangue stretta in pugno.
Il cappuccio gli ondeggiava attorno al viso, come mosso da un vento inesistente.
La giovane lanciò un grido agghiacciante, che echeggiò nei corridoi mentre il suo assassino alzava sopra la testa la propria arma, abbattendola senza pietà sul suo petto, mozzandole il fiato.
L’ultima cosa che vide la giovane fu il comparire  di un sorriso bramoso sul viso del suo aggressore e lo zampillare copioso del sangue dalla propria ferita, prima che il suo corpo fosse brutalmente squarciato a metà con un vischioso rumore d’ossa spezzate e carni lacerate.
Abbandonato infine inerte sul pavimento, circondato da un lago di sangue.
*****
Il sole aveva appena toccato l’orizzonte per tuffarcisi oltre, annunciando la fine della giornata, quand’ecco una figura nera sopravanzare in contrasto coi colori del tramonto, falciando tutti coloro che trovava sul suo cammino, senza riguardi né per anziani né per bambini.
Al suo passaggio, ogni vita veniva stroncata senza esitazioni, in un bagno di sangue.
Tremante, una ragazza osservava la scena, ammutolita e atterrita dall’orrore; poi cominciò a correre senza pensare, terrorizzata dall’incombente sentore di morte.
Tutto ciò che voleva era sopravvivere, continuare ad aggrapparsi alla vita, anche se avrebbe dovuto farlo con le unghie e coi denti.
Così cominciò a fuggire, diretta al manicomio all’estremità  opposta della città.
La sua ultima ancora di salvezza, il suo ultimo baluardo.

Tutto ciò altro non era se non un tramonto destinato a ripetersi per l’eternità.
Una punizione divina.
Un diabolico circolo vizioso.
   
 
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