«Va
tutto bene?» provi a dirmi
Il
mio cuore cerca di dirti quella cosa
Ma
mi basta starti vicino
La
realtà è così crudele...
Non
te l'ho detto
Non
potevo dirtelo
Ormai
non posso più tornare indietro
Fissò
per parecchi minuti il cielo stellato, suo unico complice durante
quella serata
malinconica.
Un
po’ brillo, con una mano reggeva un sottile bicchiere di
cristallo, ancora
pieno per metà di vino; portò le labbra al
bicchiere, sorseggiando un po’ di quel
liquido rossastro, ormai immune all’ebbrezza che doveva
trasmettere.
Dall’interno
del salone occhieggiò più volte Tsuna, danzava
felice con la sua adorata
consorte, nel suo bellissimo completo bianco, stringeva la mano di
Kyoko nella
sua, mentre l’altra era poggiata sul suo fianco. Vedeva la
felicità trapelare
dal viso del ragazzo, non lo aveva mai visto sorridere in quel modo e
al solo
pensiero che quel sorriso fosse rivolto a quella donna, lo faceva
impazzire.
Trasse
un lungo sospiro, posando il bicchiere a un lato della terrazza,
preferi
rimanere tutta la serata là fuori, aspettando che la festa
finisse. Non capì
perché non se ne era ancora andato, avrebbe potuto evitare
di essere masochista
verso se stesso una volta tanto.
Sbuffò
quando intravide quella donna baciare Tsuna, abbracciarlo e
sussurrargli
qualcosa nell’orecchio.
«Insulsa
sgualdrinella …»
Quell’insulto
uscito dalle
sue labbra sembrò quasi sorprendere Mukuro stesso. Era noto
per possedere una
calma al di fuori di chiunque altro, ma vedendo quella scena non
riuscì a
placare i propri pensieri, trasformandoli in parole … e
quanto avrebbe voluto
trasformarli in fatti!
Optò
infine per abbandonare
la festa, quando notò Tsuna avvicinarsi alla zona balcone
che dava sul giardino,
proprio dove stava lui.
Inizialmente
pensò di
abbandonare il luogo, dileguandosi da qualche parte grazie al proprio
potere
illusorio, ma era evidente che Tsunayoshi l’avesse
già identificato, così
decise di fingersi indifferente, come sempre del resto.
Nella
sua indifferenza non
notò subito lo sguardo di Tsuna, sembrò
squadrarlo con un misto di
preoccupazione e rassegnazione. Lo guardò appoggiarsi con la
schiena al
davanzale, lo sguardo perso verso le stelle.
«Congratulazioni.»
Mukuro
provò a interrompere quel silenzio opprimente, sforzandosi
di pensare ad altro,
ma ovunque orientasse il suo pensiero … non
riuscì a far a meno di rivolgerlo a
Tsuna.
Lo
sguardo del castano s’intensificò,
alla ricerca di una traccia d’incertezza sul viso di Mukuro
che gli facesse
intuire il perché del suo comportamento.
Notò
la freddezza nelle sue
parole, quello sembrava tutt’altro che un augurio.
«Mukuro,
ho fatto qualcosa
di sbagliato?»
La
domanda di Tsuna gli
piombò addosso, pesante come un masso. Come avrebbe potuto
spiegargli che la sua
felicità era la propria infelicità?
Alla
fine non aveva
motivazioni plausibili, non nei confronti di Tsuna che alla fine non
aveva
fatto altro che realizzare il proprio sogno, sposarsi con la donna che
amava da
tempo e chissà magari un giorno avere dei figli.
Forse
era colpa sua, della
sua codardia che tanto per cambiare non gli aveva permesso di farsi
coraggio e
affrontare la situazione, limitandosi a guardare tutto da lontano.
«Kufufufu
… perché questa
domanda?» Decise di girarci attorno a quel discorso,
dopotutto non voleva
rovinare la felicità di Tsuna, non con i suoi stupidi
capricci e la sua
gelosia.
Il
castano notò
immediatamente il cambiamento d’umore di Mukuro, certo, era
abituato al suo
modo sfrontato di riferirsi a lui, ma aveva notato che c’era
qualcosa che non
andava.
«Sei
felice Tsunayoshi-kun?»
Mukuro
continuò a porre
delle domande, senza lasciare il tempo materiale a Tsuna per
rispondere.
Semplicemente aveva paura di sentire quelle risposte.
Se
da un lato sentì il
desiderio di porre quelle domande, con la paura nel ricevere risposte,
in un
angolo del suo cuore i sentimenti che aveva custodito nel suo cuore
minacciavano rovinosamente di straripare. Non sarebbe stata
l’occasione giusta
per rivelare ciò che a lui non andava giù, tanto
meno non era il tipo da fare
certe cose.
«Sì,
lo sono.»
«L’importante
è questo.»
Però
c’era una cosa che
doveva fare prima di andare via, prima di sparire dalla vista del Boss,
seppellendo per sempre i suoi sentimenti. Lasciò che un
sorriso increspasse le
sue labbra, mentre una mano scivolò nella tasca della
giacca, alla ricerca di
qualcosa che conservava da diverso tempo.
Questa
volta non ci ripensò,
semplicemente sfilò dalla tasca un piccolo anello,
afferrando con la mano
libera il polso di Tsuna e obbligandolo ad aprire il palmo della mano sul quale lo
posò.
Tsuna
sussultò e lanciò
un’occhiata smarrita prima all’anello, poi a Mukuro.
«Lo
so che per te non conta
nulla, ma voglio che tu tenga quell’anello. Non ho mai avuto
il coraggio di
consegnartelo prima … mentre ora che sono marcio di gelosia,
ce l’ho fatta.
Capisco che non sia giusto nei tuoi confronti, ma io ti amo Sawada
Tsunayoshi.»
Il
giovane Boss dei Vongola
sussultò, tanto che un lieve rossore gli tinse le guance.
Non si sarebbe mai
aspettato dei sentimenti simili da parte di Mukuro. Lui si era sempre
dimostrato freddo e scostante, alcune volte anche cinico, ma Tsuna
aveva sempre
intuito che in fondo non era così.
Mukuro
indietreggiò con
un’espressione un po’ amara dipinta sul volto,
immaginando come sarebbe stato
l’indomani vivere in un mondo senza Cielo.
Fissò
le spalle di Mukuro e
lo vide avvicinarsi alla sporgenza del balcone, tramutandosi in un
turbinio di
piume, assumendo le sembianze di un gufo bianco. Sorpreso, lo
guardò procedere
con passo incerto sul cornicione del balcone, riconoscendolo dai
particolari
occhi bicromati.
Non
riuscì a parlare, finché
dopo attimi d’incertezza allungò il braccio verso
il volatile, facendogli
capire che poteva salire sul suo braccio. Mukuro lo guardò
insicuro, ma lo
sguardo di Tsuna riuscì a trasmettergli un po’ di
sicurezza, così si appollaiò
sul braccio del castano.
Avvertì
le dita di Tsuna
accarezzargli il piumaggio del collo, intorpidito da quella lieve
sensazione di
calore, appoggiò il capo contro il braccio di Tsuna,
strusciandolo lentamente.
La
sorpresa aumentò a
dismisura quando Tsuna si chinò con il capo di fronte a
quello dell’animale,
strizzandogli l’occhio in segno d’intesa e
accostò le labbra al becco di Mukuro,
proprio come si farebbe in un bacio fra esseri umani.
«Non
dirlo a nessuno, okay?»
Scherzò distendendo il braccio senza smettere di accarezzare
il piumaggio del
gufo. Mukuro non emise nessun verso, forse ancora troppo shockato per
quello
che era accaduto.
Si
domandò perché non era
volato immediatamente via, avrebbe evitato di incontrare gli occhi di
Tsuna e
rendersi nuovamente “schiavo” di
quell’uomo; il castano distese il braccio,
lasciando che Mukuro potesse spiccare il volo nel cielo scuro
costellato da
miriadi di stelle.
Volò
a lungo, senza voltarsi
con la paura di incontrare nuovamente i suoi occhi. Volò
lontano da una fine
sicura.
Solo
dopo alcune ore, stanco
e infreddolito per il lungo viaggio, si accasciò su
un’altura riassumendo le
sue sembianze umane; si
trattava di un
edificio piuttosto alto e dove nessuno avrebbe potuto notare la sua
presenza.
Istintivamente
si passò le
dita sulle labbra, quasi avvertì indistintamente il segno
immaginario che il
gesto di Tsuna gli aveva lasciato. Pensare a quel gesto gli
lasciò trapelare
più di un’emozione che fuori uscì
attraverso le lacrime amare.
Lui
non era una persona che
normalmente piangeva, forse perché bene o male combattendo e
facendosi onore
aveva sempre ottenuto ciò che desiderava. Per ottenere
l’affetto di Sawada
Tsunayoshi non poteva combattere – non nel modo in cui aveva
sempre fatto,
tanto meno era qualcosa che si poteva comprare.
L’unica
cosa che gli
rimaneva, era la solitudine, quella in fondo non l’aveva mai
abbandonato.
«Stai
con me, Mukuro. Non
lasciarti di nuovo inghiottire dalla solitudine.»
Sussurrò
con un filo di
voce, come se l’altro potesse sentirlo. Serrò le
labbra in una linea sottile,
cercando di placare invano un lieve tremore dettato dal nervosismo. Fra
le mani
stringeva l’anello che l’altro gli aveva lasciato,
non l’aveva nemmeno guardato
bene, semplicemente lo voleva tenere con sé.
«Mi
credi davvero così
stolto?»
La
voce di Mukuro risuonò
nella sua testa, lo sentì lontano e vicino allo stesso
momento. Si guardò
attorno, accorgendosi di essere all’interno di uno spazio
diverso dal balcone
dove pensò di stare fino a poco tempo fa.
Ogni
suono sembrò più
ovattato, mentre petali di fiori di ciliegio cadevano dal cielo,
formando un
morbido tappeto profumato. A Tsuna mori la voce in gola quando si
ritrovò di
fronte niente poco di meno che Mukuro in persona, con il suo bellissimo
sorriso
sicuro di se sulle labbra e alcuni petali di ciliegio fra i capelli.
Per
essere un’illusione la
trovò più bella e più realistica di
qualsiasi altro trucchetto che aveva visto
utilizzare da Mukuro fino a quel momento.
«La
verità è che prima ho
mentito. Io ti voglio avere solo per me, sarei disposto a uccidere per
averti.»
«Mukuro,
come ti permetti?!»
Urlò Tsuna, sicuro che all’interno di
quell’illusione nessuno avrebbe potuto
sentire la sua voce.
«Kufufufu
… stavo scherzando
ovviamente. La verità è che solo per stasera
voglio stare con te, mi concedi
questo ballo … Vongola Decimo?»
Tsuna
non riuscì a
protestare per quella strana richiesta, poiché un braccio di
Mukuro andò a
circondargli la vita, con l’altra mano afferrò
quella del castano, obbligandolo
a fare dei piccoli passi verso l’interno
dell’illusione.
Nonostante
tutta la pratica
che aveva fatto per imparare a ballare, Tsuna si sentì
improvvisamente
impacciato come una volta a ballare quel lento con Mukuro. A ogni passo
avvertì
lo sguardo del Guardiano posato su di se che invece teneva il capo
chino,
fissandosi i piedi per recuperare il ritmo.
«Tsunayoshi-kun.»
«Mhm?»
«Danza
con me per sempre.»
Il
Boss non riuscì a
rispondere siccome si trovò le labbra di Mukuro posate sulle
sue, ma ricambiò
quella danza, regalando una promessa che non avrebbe mai potuto
realizzare.