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Autore: Zomi    16/04/2011    6 recensioni
A volte un misero pezzettino di carta può diventare il più prezioso tesoro di sempre...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Si, lo so, uno Zoro così sensibile e dolce non è umanamente possibile o simile allo Zoro che tutti conoscono, ma ho voluto approfittare di quel luogo comune per il quale , anche i + duri d’animo, alla vista dei propri pargoli si lasciano andare… Ringrazio come sempre tutti quelli che leggeranno e commenteranno tutto sto spreco di lettere e parole e quelli che mi seguono( impossibile ma vero). Vorrei farvi notare che la raccolta firmata da me è conclusa anche se non sembra, tutto in un capitolo, del tipo via il dente via il dolore. Un saluto special a Gaia ZN e a tutti gli/le altri/e. alla prossima. CIAO
Zomi92
 
 
 

KUIMER 

 

Eppure se ci ripenso…
Camminavo piano per non fare rumore. Era buio pesto ma dovevo comunque continuare a cercare. Avevo smarrito la mia bandana e certo on potevo correre il rischio che qualcuno la trovasse lì. Se poi la trovava Robin… No, non volevo pensarci. Avanzai carponi verso la scrivania. Allungai la mano tastando il pavimento. Una scarpa col tacco, una maglia senza maniche, l’altra scarpa… Tutta roba sua. Ma dove cazzo era finita la mia bandana? D’un tratto sentii qualcosa di logoro e morbido allo stesso tempo sotto i miei polpastrelli. Tastai di nuovo. Non più grande di un fazzoletto, al tatto anche abbastanza appiccicoso. Era lei. L’afferrai veloce e mi alzai di scatto. Troppo di scatto. Mi presi in pieno l’angolo dello scrittoio sulla testa e perdendo l’equilibrio, inciampando poi a terra tra i suoi indumenti.
–Merda!!-
Il tonfo era stato attutito dal tacco di una scarpa, dritto, dritto su una mia anca. Un’altra imprecazione mi uscì dalle labbra per il dolore. Trattenei il fiato e alzai lo sguardo sul letto che fino a pochi secondi prima occupavo con lei. Per fortuna non si era svegliata. Dormiva ancora beatamente. Nuda, coperta da meno di un metro di lenzuolo sulle gambe e su quel sedere da favola che si ritrova. I suoi lunghi capelli rossi le coprivano la schiena e le spalle. Mi sedetti a guardarla. Respirava piano. A pancia in giù, come suo solito dormiva sognando chissà che. M’infilai la maglia non staccandole gli occhi di dosso. Era meravigliosa, da togliere il fiato.
Era tutta ragamitolata in un angolo del suo letto per lasciarmi spazio. Grande e grosso come sono, lo occupavo tutto già da solo. Con lei insieme, ci stavamo solo restando fermi e immobili. E restare fermi e immobili con lei in quel letto poi è sempre, e sarà sempre, impossibile. Così, una volta finita la nostra “ginnastica di coppia” (ancora oggi lei chiama così il nostro amore carnale, per prendermi in giro con la mia mania nell’allenarmi), uno dei due doveva per forza rivestirsi e tornare nella propria stanza. Quasi sempre toccava a me, dato che la maggior parte delle volte occupavamo la sua cabina. D’altronde si sarebbe scatenato un certo imbarazzo se il mattino dopo mi fossi ritrovato, appena sveglio, una ironica e misteriosa Robin in piena faccia a guardarmi… Da evitare decisamente. Annusai la maglia che mi ero appena messo. Era impregnata del suo profumo di mandarini e carte nautiche. Avrei dovuto farmi una doccia, se non avessi voluto scatenare la morbosa curiosità di un certo cuoco di serie B, attivata da quel odore insolito su di me. Ritornai a fissarla e mi interrogai su quale malattia mentale la affliggesse per poter amare proprio me. Mi passai una mano tra i capelli. Sorrisi. E io? Cosa mi era caduto in testa di così pesante per farmi innamorare totalmente di quella mocciosa, arpia e ricattatrice di Nami? Sinceramente, ancora oggi non lo so e non lo voglio sapere. Sto bene così.
Mi mossi verso la porta della cabina prendendo in mano le mie 3 katane e stingendo nell’altra la bandana ritrovata. Un ultima occhiata alla mia amata. Si muoveva nel sonno. Una mano in cerca sulla parte di materasso libero. Cercava me? Sorrisi di nuovo. Se qualcuno sapesse quanto il mio cuore batte quando lei mi abbraccia e mi invoca stringendomi a se mentre mi passa le sue fragili mani tra i capelli in queste nostre notti di amore, di certo più nessuno mi temerebbe o mi chiamerebbe “the Devil Beast”. Che idiota! Ridotto in questo stato da una donna. Una donna ladra per di più, rea di avermi rubato cuore e anima. Stavo per uscire, quando buttai l’occhio sul cestino dell’immondizia vicino alla porta. Era quasi vuoto, se non fosse stato per un unico pezzo di carta stropicciato. Lo presi. Glielo avrei buttato via io dopo la doccia. Una gentilezza da niente, ma che forse avrebbe apprezzato. Mi decisi finalmente ad andare verso il bagno. Era le due passate da poco e dovevo ancora finire i miei esercizi. Arrivato in bagno, mollai tutto sulle mattonelle del pavimento, buttandomi veloce sotto il getto dell’acqua. Mi dispiaceva lavar via il sui dolce profumo ma no volevo dare ragioni a quel cretino di Sanji di impicciarsi degli affari miei. Anzi, nostri. Stavamo insieme già da un bel po’, ma avevamo deciso di non dire niente ai nostri compagni fino al momento più adatto. Uscì e mi rivestii in fretta. I pesi mi aspettavano. Allaccia le Katane alla pancera e notai che il stropicciato pezzo carta che avevo preso si era un po’ aperto per l’umidità creata dall’acqua calda della doccia. Apri la finestra e presi in mano il foglio per buttarlo in mare… quando vidi che vi era scritto sopra qualcosa. Riconobbi la sua calligrafia. Un appunto sbagliato? Una frase scritta a metà? Lo fissai. Richiusi la finestra e lo lisciai per bene. Anche se lo leggevo, che male c’era? Quando ci eravamo messi insieme mi aveva promesso che non mi avrebbe più nascosto niente. Che le era impossibile con me. Mi diressi verso il ponte, dove avrei letto quel misero pezzetto di carta per poi buttarlo. Tanto per fare, giusto per sentirla ancora un po’ con me prima di riprendere gli allenamenti. Arrivato all’aria aperta, però, mi accorsi che non era un semplice appunto o una mezza frase. No, era una vera e propria lettera. Mi sedetti sul prato del ponte, sotto l’albero con l’altalena. Stirai ancora il foglio per renderlo più leggibile. Non portava data, ma sapevo per certo che Nami svuotava il suo cestino ogni mattina. Ergo era di oggi. Iniziai a leggere:
“Ok. Ragioniamo. Mi sembra stupido dover scrivere i miei pensieri per ragionare ma proviamoci lo stesso. Dopotutto, tutto è risolvibile, basta essere calmi e avere mente lucida.
Punto primo: io e Zoro stiamo insieme, e su questo non ci piove, vista anche la mia situazione attuale.
Punto secondo: lo amo, e a lui non sono in grado di rinunciare. Ne posso però mentirgli o nascondergli nulla. Glielo ho promesso e comunque non ne sono capace con lui.
Punto terzo:il test non ha sbagliato ne la prima, ne la seconda ne la 21ma volt ergo quindi sono in proprio incinta.
Punto quarto:è di sicuro suo dato che solo con lui ho quel tipo di relazione.
Punto quinto:sono nella merda più totale.
Come posso dirglielo’ come? Eppure lo sapevamo che poteva accadere. Siamo grandi e vaccinati e sappiamo come si possono evitare certe situazioni. Come? Come? Come? Di certo non posso aspettare. Lui di certo può non accorgersene per un po’ di tempo, ma tutti gli altri gli occhi ce li hanno e li usano. Chopper è medico è non può non notare una gravidanza.Sanji nemmeno perché, sebbene non sia medico, nota ogni cambiamento fisico femminile. Brooke pure. Robin ancora di più. Accidenti! Non posso chiedergli di metter su famiglia proprio ora che è così vicino al suo sogno. Non ora che è così felice e gli incubi del passato sembrano essere spariti per sempre. Come posso fare? Come? Mi vengono le lacrime agli occhi per quanto sono stata stupida. Avrei potuto dirgli di “no”, invece di assecondare ogni volta le sue voglie. Ma come avrei potuto? Come posso rinunciare all’occasione di sentirlo completamente mio, dentro di me, potergli baciare ogni sua singola cicatrice( da quella sul suo occhio sinistro a quelle sulle sue caviglie), sentirlo dichiararsi a me soltanto e sentirmi stringere forte tra le sue braccia?
Ma con tutta questa dannata paura sto però dimenticando la cosa più importante. Te. Mio piccolo amore. Tu, che silenziosamente mi stai crescendo in grembo, innocente e all’oscuro delle idiozie dei tuoi genitori. Oddio!Genitori! Suona così pazza questa parola rivolta a me e a Zoro!! Eppure è così… mio piccolo amore non devi preoccuparti però. Se anche quel Marimo non ti volesse e nemmeno gli altri capissero, tu avresti comunque me. Ti amerò comunque vada e penserò io a te. Eccola! La prima lacrima malandrina! Vuole intristirmi ma non sa che ora ho qualcuno che mi renderà felice in eterno: te, perché se anche dovessi andarmene da questa strana famiglia che formiamo, ci saresti tu a rappresentarla e io a te non rinuncerò mai…
Sono già le undici e mezza. Tra un po’ sarà qui. Non può perdersi l’occasione di venire, dato che Robin ha il turno di vedetta. Può anche non fingere di voler litigare con me fino a far scappare la terza incomoda per il troppo caos. Povera! Ok. Per stasera passa, ma domani mattina è la prima cosa che devo fare: dirglielo. Non ci sono alternative. Speriamo in bene, piccolo mio, speriamo bene…”
.
Finiva così. Con una speranza espressa come un desiderio con mano tremante e indecisa. Rilessi tutto una volta, un'altra e un'altra ancora. Incinta. Come poteva essere? No, cioè, capiamoci… come si fanno i bambini lo so, non sono così scemo… ma pensare alla mia Nami con nel suo grembo un tesserino metà me e metà lei mi lasciava basito, senza parole. Incinta. Appoggia la schiena al tronco dell’albero per sorreggermi. La mia dolce Nami ingrossata dal crescere di mio figlio. Mio figlio!  Sorrisi. Da lì a nove mesi sarei diventato papà. Il mio sorriso si allargò ancora di più.
Esultai in silenzio e ripiegai quella confessione scritta, quel mio piccolo tesoro di carta che mi tremava tra le mani. Si, lo avremmo cresciuto insieme. Noi due e la ciurma al completo. Saremmo diventati una famiglia a tutti gli effetti. Il piccolo, o la piccola, sarebbe cresciuto con i suoi genitori e quei zii pazzi e senza freno. Si, ero pronto. Pronto anche a picchiare a sangue Sanji se non avesse accettato la nostra storia e il frutto nato da essa. Non mi ero sentito così felice nemmeno dopo il nostro rincontro dopo quei due maledetti anni, nemmeno dopo essere stato certo di essere ricambiato in tutto il mio amore da Nami, nemmeno dopo il nostro primo bacio…
Iniziava ad albeggiare e il mare era piatto. Non avevo chiuso occhio ma ero pieno di energie lo stesso. I miei compagni iniziavano a svegliarsi. Robin mi era già filata accanto giù dal posto di vedetta e ora si dirigeva verso la cucina per la colazione. Usop e Franky erano usciti dalle loro cabine e si stiracchiavano sotto i primi raggi di sole. Cambia postazione, sdraiandomi ai piedi dell’albero maestro. Fissavo la porta della cucina in attesa che lei uscisse chiamarci per mangiare. Rufy correva sul ponte mentre Brooke accordava il suo violino. Iniziavo a essere impaziente. Sentivo le solite smancerie mattutine di Sanji alle ragazze me non riuscivo a capire se rivolte a entrambe o solo a Robin. Poi eccola. Aveva aperto la porta e stava parlando con quel cuoco incapace. –No, davvero Sanji.. non ti disturbare li chiamo io…-.
Si volse verso il ponte in cerca e quando mi  vide arrossì lievemente. Si spostò una ciocca dal viso e iniziò a scendere le scale con fare impacciato. Ridevo, dentro di me, della sua goffaggine ma sapevo fin troppo bene da cosa era dovuta. Mi venne vicino. Rimase in piedi, appoggiandosi all’albero maestro. –Devo parlarti…- esordì. Ricordo di essermi voltato verso di lei e di  aver fissato le sue gambe a lungo, alzando poi lo sguardo sulla sua minigonna rossa, indugiando sul ventre e richiudendo gli occhi prima di incontrare i suoi e per non far trapelare la mia felicità. –fallo allora…- risposi, cercando di restare calmo e di regredire ogni traccia di emozioni dal mio viso.
-Ecco.. ehm… sai quando due persone.. si, due persone si vogliono bene…- quasi sussurrava e io ormai ero sull’orlo di una crisi di riso per l gioia che avevo in corpo. -… e stanno insieme anche… anche fisicamente diciamo… può capitare che… ecco… che, si… può capitare che…-. Indugiava come non aveva mai fatto. Prendeva grandi respiri per infondersi coraggio, ma non ci riusciva lo stesso. Mi alzai di scatto e mi misi davanti a lei, sfoderando quel foglio malconcio e che ancor oggi conservo. –So già tutto…-. La vidi sbiancare e poi avvampare di rosso. –Zoro io…-, non le lascia il tempo di concludere e la presi per la vita, alzandola da terra e ridendo come un emerito cretino.
-Lo so, lo so…- ripetevo stringendola a me e continuando a ridere. Intorno a noi i nostri compagni ci guardavano smarriti. Dalla porta della cucina, Sanji sbavava dalla rabbia mentre Robin, con sguardo ironico, lo tratteneva dal linciarmi. –Che fai Zoro?- aveva chiesto Chopper.
Io  e Nami guardati, rossi come peperoni, e non so come siamo riusciti a dirlo a tutti, dire di noi e della sua gravidanza. Lo svenimento si Sanji fu la reazione che mi piacque di più. Di più ancora delle lacrime di felicità di Franky mentre Usop cercava di spiegare a Rufy come si fanno i bambini. Il risultato di tutto ciò fu una festa lunga due giorni interi e le minacce di Brooke e di quel depravato biondo, di morte in mille e più mille modi sofferenti oltre l’immaginabile, se non avessi reso felice la navigatrice. Mai la vidi ridere così beatamente e stringersi a me con così tanta naturalezza e amore.
Ed ora eccoci qui, piccola mia. Si, nonostante le aspettative di tutti sei una femminuccia. Dormi tra le braccia di tua madre mentre io stringo lei al mio petto, nella nuova cabina creata da Franky sulla Sunny. Sei quale tale a tua madre se non fosse per il verde chiaro dei tuoi appena pronunciati capelli. Dormi pacifica, piccola Kuimer, amata da tutti su questa nave di pirati e protetta da ogni pericolo. Hai appena poche ore e già sei adorata da tutti i tuoi zii e dai tuoi genitori. Non ti replico le smancerie di tuo zio Sanji quando è venuto a sapere che sei una femmina… da mal di pancia. Il tuo nome è nato dalla fusione della tua nonna, Bellmer, e una tua zia adottiva ormai morta anni fa, Kuina, una sorella per me. Sapessi le litigate eterne prima di giungere a questo compromesso tra me e tua madre… che ora ti guarda amorevolmente, baciandoti paino la fronte per non svegliarti.
-E’ bellissima…- mi sussurra all’orecchi –ti somigli così tanto…- mi bacia. La ricambio con il suo ghigno preferito sussurrando –Ti amo-.
-Anch’io- risponde mentre depone il nostro piccolo tesoro nella sua culla. Torna tra le mie braccia e l’abbraccio forte, fino a farle quasi mancare il fiato. Giocherello con i suoi capelli finché non le sento il respiro regolare, segno che si  è addormentata. Il parto l’ha stancata molto e ora è molto debole, anche se non vuole darlo a vedere. La distendo sul nostro grande letto, dove finalmente ci stiamo in due. Le bacio la fronte e continuo a coccolarla fino ad addormentarmi sussurrando –Dormi, dormite angeli miei… Ci sono qui io a proteggervi…-.
 
  

   
 
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