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Autore: division will unite    16/04/2011    2 recensioni
L'ispirazione per questa storia mi è venuta da un sogno, la parte centrale diciamo :P
Non conosco di certo Skandar Keynes e non sono mai stata nemmeno a Londra o a Narni (ahimè). Questa è la prima FF che scrivo/pubblico perciò siate clementi xD
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I ragazzi si erano ormai ripresi e quello era l'ultimo giorno che avrebbero passato in ospedale. Stavano proprio preparando la borsa quando sentimmo un gran trambusto provenire dal corridoio.
All'inizio non ce ne curammo molto, ma quando un'infermiera passò dalla camera dicendo: - Che qualcuno vada ad aiutare in terapia intensiva!- ci cominciammo seriamente a preoccupare.
Io e Giulia uscimmo e cominciammo ad andar dietro agli infermieri che si dirigevano verso quel repato che conoscevamo tanto bene...
Eravamo speranzose fino all'ultimo. Continuavo a ripetermi "sarà un altro paziente, in terapia intensiava stanno tutti messi male!", ma quando entrarono nella camera di Brian smisi di prendermi in giro.
Come al solito non potevamo entrare e non c'era nessun medico in giro al quale potessimo chiedere che diamine stava succedendo in quella camera. Se il ragazzo in quel letto era ancora quello che conoscevamo noi...
Qualche secondo dopo ci raggiunsero anche gli altri ragazzi. Non ci scambiammo una parola. Lì dentro si sentivano strepitii e bip confusi, medici che urlavano nomi e dosi di medicine che non avevo mai sentito. Questo durò circa per 10 minuti, poi tutto improvvisamente si fermò. Avevano perso la speranza? O il battito era ritornato regolare?
Ci stringemmo fortissimo le mani, aspettando che i medici e gli infermieri uscissero e appena lo fecero li assalimmo quasi, per farci dire cos'era successo.
Purtroppo tutte le persone che pian piano abbandonavano la camera di Brian avevano una faccia tutt'altro che rasserenata. Sembrava stessero per scoppiare in lacrime.
-Allora? Che diamine è successo?- disse Frank quasi urlando. Il medico lo guardò stupito, sia per il tono usato, sia per il fatto che non capiva cosa stesse dicendo.
Giulia tradusse al medico che rispose: -Purtroppo i polmoni sono collassati. E anche gli altri organi danneggiati non ce l'hanno fatta. Mi dispiace ragazzi, ma non c'è stato niente da fare.-
-M..mi scusi. Sta dicendo che è...-
-Si, signorina. Il ragazzo è morto-
Anche se all'inizio gli altri ragazzi non capirono quello che il dottore stava dicendo, compresero tutto al meglio guardando le nostre facce. La mia, quella di Giulia, quella di Francesco e Andrea. Erano sconvolte per l'affermazione così schietta e diretta che avevano appena sentito. 
Frank, Skandar e Darry dovettero appoggiarsi da qualche parte per tenersi in piedi. Nessuno avrebbe creduto che si potesse arrivare a questo. Pensavamo che avessimo potuto assistere alla morte dei nonni, ma non certo a quella di un amico. Con Brian si conoscevano da prima di aver imparato a leggere e adesso lo avevano visto morire, letteralmente. Il tutto era avvenuto a pochi metri di distanza da loro e nonostante ciò non avevano potuto fare nulla per aiutarlo. Si sentivano delle merde per non aver fatto niente quando dovevano. Avevamo lasciato tutto al caso. La musica, la luce, l'alcool li avevano trasportati in quell'afosa notte d'estate in qualche sorta di intorpidimento che gli aveva impedito di preoccuparsi delle conseguenze. 
Adesso c'era da dirlo ai genitori, che sarebbero arrivati a Roma dopo qualche ora. Non li si poteva chiamare in aereo e inoltre nessuno di noi si sentiva di dire ad una madre che il figlio è morto, per telefono. Avrebbero aspettato l'atterraggio e il loro arrivo in ospedale, in modo che avrebbero potuto parlare con chi di competenza.
Quello che successe tra di noi dopo aver appreso la notizia non so bene come spiegarlo.
Nella vita non sempre si conoscono persone che hanno passato insieme a te cose non ordinarie, ma cose che nella vita di tutti i giorni non accadono. Siano sia belle che brutte. Noi li avevamo trovati. Ci eravamo uniti gli uni agli altri e avevamo passato momenti per i quali puoi dire: "si, io ho vissuto".
Il legame che si istaura in questo caso è così forte che non si sarebbe mai spezzato.
Però in quel momento ognuno desiderava stare da solo con il suo dolore. Noi non sapevamo cosa Skandar, Frank e Darry stessero provando. Avevamo conosciuto Brian durante un'estate e anche se gli volevamo bene i nostri sentimenti non erano paragonabili a quelli di ragazzi che con lui ci erano cresciuti e che da un momento all'altro si vedevano privati di una componente del loro gruppo. Da quel momento in poi sarebbe stato come se una parte di loro se ne fosse andata chissà dove con Brian.
Anche se provavo l'impulso irrefrenabile di andare da Skandar, abbracciarlo e sussurargli: "Non preoccupari, andrà tutto bene." non lo feci per evitare di rompere quell'intimità che si era creata tra di loro e che ci separava come una coltre impenetrabile.
Passai un tempo che mi sembrò infinito in una specie di trans. Con gli occhi arrossati e gonfi di lacrime a fissare un angolo della stanza dove i ragazzi erano stati ricoverati. Con le ginocchia al petto a pensare a nulla, probabilmente non riuscivo ancora a capacitarmi di quello che fosse successo.
Pochi minuti dopo (o ore intere?) arrivarono i genitori di Brian che non vennero a cercare noi, ma chiesero di Brian ad un'infermiera di passaggio che, anche se provata, glielo disse senza molto tatto. Audrey (la madre) svenne e si risvegliò due ore dopo.
Noi intanto avevamo deciso di andare all'ostello, pagare il conto e prendere le nostre cose. Ovviamente nessun'altro se la sentiva di continuare la vacanza.
  
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