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Autore: division will unite    16/04/2011    4 recensioni
L'ispirazione per questa storia mi è venuta da un sogno, la parte centrale diciamo :P
Non conosco di certo Skandar Keynes e non sono mai stata nemmeno a Londra o a Narni (ahimè). Questa è la prima FF che scrivo/pubblico perciò siate clementi xD
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A quel punto le decisioni andavano prese in fretta. C'era un cadavere da trasportare in Inghilterra e c'erano diverse cose da organizzare. Ma Jordan (il padre di Brian) riuscì a mantenere il sangue freddo e ad occuparsi di tutto il necessario. Prima sarebbero rotirnati in patria prima Brian avrebbe potuto aver pace. Questo si ripeteva mentre gli facevano una fotocopia del certificato di morte di suo figlio.
Nonostante fossero maggiorenni, Jordan si prese la responsabilità anche di portare a casa Skandar, Darry e Frank in modo che non potessero fare altri danni, diceva lui.
Anche se non lo aveva mai ammesso attribuiva la morte di suo figlio in primis a noi, e per noi intendo la parte italiana del gruppo, ma anche a quei ragazzi che considerava ormai parte della famiglia. Non sono mai riuscita a capire bene perchè ci odiasse in quel modo, credo che fosse una sorta di pregiudizio. Però evitammo di sollevare eccessive polemiche in quel particolare frangente.
La mattina dopo la morte di Brian tutto era già pronto per la partenza. I biglietti aerei erano stati comprati. L'Inghilterra si avvicinava di nuovo. Non per noi ovviamente. Noi saremmo rimasti in Italia. Loro, LORO, se ne sarebbero andati e non sarebbero di certo più tornati.
Mi sembrava di vivere una specie di deja-vù, solo che questa volta non ero io a salire su quell'aereo. Però era come se una parte di me, di tutti noi, partisse con loro. Uscivamo da quell'esperienza completamente mutilati nell'anima. Un pezzo era morta con Brian, un altro stava partendo con Skandar e gli altri.
Quel giorno non avevamo nemmeno avuto l'opportunità di assimilare la scomparsa di Brian che Jordan gli disse che sarebbero partiti, anche se effettivamente ce lo aspettavamo.
Io e Skandar non trovammo il tempo di parlare molto. A quel punto le parole non sarebbero servite a molto. 
Come avrei potuto definirlo? Il mio ragazzo? Saremmo ancora rimasti insieme anche se ci trovavamo a migliaia di kilometri di distanza?
Non sapevo se ci sarei riuscita. Saperlo lì, vicino ma allo stesso tempo lontano mi avrebbe fatto impazzire. Però non avevo intenzione di dimenticarlo o lasciarlo andare così, come se non fosse successo nulla. Il lasciarci trascinare, dare sfogo ai nostri sentimenti, ci aveva portato ad una situazione di non ritorno. Era così e basta. Che cosa avremmo potuto fare per cambiare questa situazione?
Anche se non parlammo i nostri pensieri vennero confermati da gesti come dormire nello stesso letto, l'uno di fronte all'altro, stringerci le mani fino a sentirle indolensite o guardarci negli occhi con un'intensità che ti faceva balzare il cuore in gola. Vedevo nei suoi occhi la tristezza più dolce che di volta in volta mi portava alla soglia delle lacrime.
All'aeroporto ci furono davvero pochissime parole. Avevamo tutti un viso rassegnato, inoltre Jordan non aiutava molto, visto che aveva molta fretta di farci separare.
Ancora una volta fu un abbraccio a sugellare tutto quanto. Un abbraccio di speranza ma che conteneva così tante parole da non poter mai essere comunicate a voce.
Ci scambiammo lì l'ultimo bacio. Vicino ai terminal e con l'odore dei disinfettanti per le pulizie. Ma le sue labbra erano così morbide e dolci da farmi dimenticare tutto quanto. Fu qualcosa di molto veloce, ma al contempo profondo e bellissimo che da quel momento in poi mi avrebbe perseguitato.
Ci giurammo solennemente di mantenerci in contatto in qualunque modo possibile e mi si avvicinò dinuovo sussurrandomi all'orecchio: -Grazie- anche se non capii bene a cosa si riferisse.
Anche i saluti con tutti gli altri furono scambiati con estrema velocità, tant'è che li vedemmo correre per andare dietro a Jordan che ormai si stava spazientendo.
 
Una volta usciti dall'aeroporto sembrava che fossimo stati presi a pugni, ma ci facemmo coraggio per raggiungere la stazione e il primo treno che ci avrebbe riportati a casa. Sarebbe stata una tortura ritornare alla grigia routine. Un pò come accadeva ai Pevensie, costretti ad abbandonare Narnia.
 
Cinque anni dopo...
-Si mamma, lo so mamma, ho capito mamma. Ho 23 anni, credo di riuscire ad andare in bagno da sola, no?- mia madre era davvero stressante quando ci si metteva.
Io e i soliti tre eravamo da poco arrivati ad Atene, un viaggio che avevamo sempre voluto fare, ma che in un certo senso era anche necessario per gli studi di Francesco che aveva voluto prendere lettere classiche all'università e francamente era una vergogna frequentare quella facoltà e non aver visto l'acropoli.
Faceva un caldo tremendo e dopo esserci sistemati e sbracciati il più possibile cominciammo a goderci la città... 
Gambe lunghe, capelli scuri e belle mani. No, è solo il caldo che mi gioca brutti scherzi.
Una voce familiare che dice -Hey Ska, dovresti seguire il mio esempio!-
Anche Andrea comincia a guardarsi intorno.
-Non così, Frank o ci verrà una polmonite!- lo sentono anche Giulia e Francesco.
Lui era di spalle, gira leggermente la testa e allontana dinuovo lo sguardo ma poi si volta di nuovo come per assicurarsi di aver visto bene.
-Non ci credo...- dissi.

Spazio dell'autrice 
Bè, con questo capitolo concludo la mia prima storia.
Spero tanto che vi sia piaciuta e ringrazio tutte le persone che hanno avuto la forza di leggere tutti e 17 i capitoli xD
Grazie grazie grazie ♥
  
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