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Autore: Angel TR    17/04/2011    0 recensioni
Li amavano come si ama chi sai che la potere di trasformarti una giornata.
Da bella a brutta. Da brutta a bella.
E l'ardore che ci mettevano nel tifare e supportarli
era lo stesso che ci mettevano loro nel giocare a pallone.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Força~

Pel meus jugadors

L'aria afosa era calata come una cappa sullo stadio, e sembrava rendere tutto più appiccicoso: la maggior parte dei ragazzi in piedi sugli spalti avevano rinunciato ad ostentare coraggiosamente la maglia con il nome del proprio idolo sulla schiena, ed ora erano a torso nudo, comunque continuando ad urlare il nome di quel ragazzo che sembrava essere venuto dallo spazio o dal Cielo, non si sa.
Ed egli correva, dribblando gli avversari, la palla attaccata al piede come per magia. Correva, sempre più veloce, guizzando tra gli altri giocatori come un'anguilla, fantastico, meraviglioso da far commuovere.
Il cielo blu scuro era illuminato dalle fortissime luci dello stadio, e lo sfondo sembrava traballare per il forte caldo. Ma magari era solo una sua impressione: infondo stava correndo da circa un'ora.
Persino la maglietta con quella speciale tecnologia per mantenere sempre asciutti non bastava, ed era inzuppata come se avesse piovuto per tutta la giornata. E sul campo era tutto un trambusto di calciatori, erbetta e fiato corto.
Capelli appiccicati alla fronte, i gomiti rossi, terriccio sui calzoncini e sulle cosce muscolose dove scorrevano rivoli di sudore.
Occhi infuocati, iniettati di sangue, che non perdevano di vista lo specchio della porta, perché ciò che contava era segnare, far divertire quei novantamila tifosi venuti solo per loro, ma in particolare per lui.
Poi uno stop, la palla fuori dalla linea che delimitava il campo. Un piccolo intervallo di tempo per afferrare la bottiglia e rovesciarla sui capelli, in faccia, nel collo della maglietta. Poi di nuovo pronti, tutti in posizione per strappare la palla all'avversario e ripartire in un contropiede letale come il morso di un cobra; oppure a passaggi veloci e precisi ed infallibili come alla Playstation.
Erano magici, uno spettacolo che nessuno voleva perdersi: attaccati alla televisione o in piedi sugli spalti, non importava, purché si potessero ammirare quegli undici angeli che facevano con la palla quel che volevano.
I tifosi -quelli veri- li amavano.
Li amavano come si ama chi sai che la potere di trasformarti una giornata. Da bella a brutta. Da brutta a bella. E l'ardore che ci mettevano nel tifare e supportarli era lo stesso che ci mettevano loro nel giocare a pallone.
Sembravano una sola anima, tutti uniti facevano la forza, un solo muro contro tutte le altre squadre. Lì, per vincere tutto. E se non si vinceva, non importava: c'era sempre l'anno prossimo e quello prossimo ancora per tornare più forti di prima. Sì. Erano una sola cosa. E forse era proprio quella la loro forza: costruire un solido rapporto tra tifosi e calciatori, perchè è così che si va avanti.
Quello era il calcio di una volta, quello dove i soldi non contavano, dove si giocava per il gusto di giocare e trasformare un semplice gioco in uno spettacolo di circo, trasformare quel semplice pallone in un'oggetto di desiderio, un qualcosa da guardare con gli occhi strabuzzati.
Vincere, perdere o pareggiare, quel che contava era fare di quella partita un'opera d'arte, incorniciare quel campo con undici uomini ed una palla che filava tra i loro piedi, rapida. Gli avversari correvano loro dietro, e per la frustrazione e la stanchezza finivano per mirare alle loro gambe. Ed era quello il segnale che dava ai ragazzi l'ordine di sferrare il colpo finale: attaccare quando la squadra avversaria era ormai stanca.
Potevi ergere un fortino attorno alla tua area di rigore, ma non bastava: qualcuno, prima o poi, sarebbe penetrato dopo uno splendido passaggio preso con il metro e avrebbe segnato, oppure sarebbe entrato con una incredibile azione personale, scartando due, tre, quattro difensori due alla volta.
Quello era il calcio, signori, dicevano i commentatori.
Loro, diceva il mondo, erano quelli illegali.
Quelli, dicevano ancora i tifosi, sono i nostri ragazzi.
E attorno al loro campione, che correva vicino alle tribune per festeggiare il goal decisivo, vi era uno sventolare di bandiere, striscioni enormi con dediche dolcissime ma grintose; e lui volgeva lo sguardo tutt'intorno, incantato, felice, commosso dalla fede che tutte quelle persone riponevano in lui, in loro.
L'amore, la passione infinita per il calcio -sapeva anche lui cosa significasse.
Ed in quel momento pensò che tutti insieme erano proprio forti, tutto sommato.

~ ~ ~

Eh, siii, credo che si capisca a chi è dedicata questa minuscola one-shot. Per una tifosa sfegatata come me non averne scritta una era proprio una cosa immonda. Così, dopo la partita di ieri, mentre stavo per cadere nel sonno, mi sono venute in mente delle paroline e mi sono detta:"Perchè non scriverci qualcosa?" U_U
Besos,
Angel

  
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