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Autore: samskeyti    17/04/2011    5 recensioni
Poco più di mille parole per esprimere quello che immagino essere un tramonto in yacht, fra amici.
E qualcuno che, parlando da dietro l'angolo della difficoltà, non scoprirà mai la Bellezza del Mondo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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	Dietro l'angolo della difficoltà.
			
	“Dietro l'angolo della difficoltà,
si nasconde la Bellezza del Mondo” 
		mi disse un amico.
 
 





Tardo pomeriggio.
Yacht fermo in mezzo al mare.
Brezza tiepida e silenziosa, che indebolisce la calura del giorno.
Tengo in mano una bottiglia di birra, la tua bottiglia di birra, quella che hai scaricato qui dicendomi «Tanto tu non fai il bagno», prima di affrettarti a raggiungere gli altri -Chris, Kelly, Tom, i bambini, Kate...gli altri.
Sento distrattamente le loro urla di gioia, le tue urla di gioia; quale spasso troviate nel tuffarvi ripetutamente dal bordo dello yacht, per me, resta un mistero. Così come lo resta il motivo per il quale hai stappato una birra, sapendo che stavi per fare il bagno e che quindi l'avresti bevuta solo dopo, e l'hai piantata qui con me.
Se tu fossi una persona subdola e doppiogiochista, direi che lo hai fatto con il secondo fine di ricordarmi che fra le mie mani non sono riposti né i tuoi desideri né la tua vita, ma solo qualcosa di freddo e di amaro (fisicamente simboleggiato dalla birra), come quel qualcosa che, per mia rovinosa scelta e tua muta rassegnazione, ho deciso di lasciare cristallizzato nel nostro passato. Sai cosa intendo.
Ma tu non sei niente di simile -probabilmente la tua mente semplice o la tua sete di vendetta immediata non ti permetterebbero di compiere un giro di similitudini così contorto ed ampolloso.
Perciò, essendo tu la persona diretta e menefreghista che sei, posso giustificare il tuo gesto solo attribuendolo al caso.
Ah, sarebbe bello riuscirci realmente; mi risparmierei un buon due terzi delle seghe mentali che mi faccio sul tuo conto, di tanto in tanto.
Guardo attraverso il vetro smerigliato, senza vedere nient'altro oltre il suo verde intenso. Miope, vorrei essere miope.
Conto le gocce che la condensa ha creato lungo il collo della bottiglia, al passaggio dal frigo in cui era tenuta all'ambiente esterno. Sono cinque, come le ore che vorrei imparare a dormire di seguito, invece di svegliarmi ogni centoventi minuti, sempre e ogni notte, tra i peggiori incubi umanamente concepibili. Incubi che mi trasporto dietro al posto di un bagaglio fin da quando sono adolescente. Capirai: col tempo, ci si abitua a tutto.
Anche a te, Dominic, e a farsi mollare le birre in mano, per poi rimanere guardarti andare a fare la troia esibizionista con la mia “fidanzata”, la nostra compagnia e quei due tipi bizzarri che chiami i miei nuovi amici, quando tutti, ripeto tutti, dal momento in cui li hai presentati, hanno capito che sono invece due omosessuali coi quali organizzi i tuoi festini rossi a base di: nessun paparazzo, grazie, e se non ti piace diverso, be', puoi andartene.
Quanto chiasso. E per cosa cazzo ridete? “L'uomo in camicia dallo sguardo bieco”, l'epiteto che prima Chris ha usato nei miei confronti, vuole condividere la vostra ilarità, e smettere di malignare fra sé e sé che l'unica vostra utilità è quella di aumentare l'entropia di questo mondo.
Oh, ma certo. Il glorioso Dominic e il suo sedere (che mi distrae uno stadio intero, specialmente quand'è inguainato in quelle diavolerie di tute) si sono appena lanciati con grazia invidiabile dal piccolo trampolino!
Fiumi di congratulazioni per osannare il tuffatore -quando io lo prenderei a cazzotti, anche solo per aver indossato il costume giallo, quello che gli sale, lo scopre e gli si appiccica addosso troppo facilmente, con regolare ripetitività.
La carne è debole. Azzarderei che l'hai inventata tu questa frase, vista l'abilità con cui ne applichi il principio di fondo, però sarebbe comunque sbagliato, almeno nel mio caso, perché io, io sono superiore a tutto ciò.
Io mi sono trovato una compagna e l'ho messa incinta. Io ti ho rifiutato. Io ne sono uscito vincitore, assoluto dai tuoi peccati e dalla tua maledizione. Acclamate me!
Chiudo gli occhi dalla rabbia; non ho più intenzione di usare quest'organo, che mi continua a trasmettere la tua immagine ridente, lucente, superba e insolente, ma insomma, un po' di rispetto.
Sprofondo nel buio dietro le mie palpebre, sperando che il sole tramonti in fretta e possa potenziare l'oscurità.

Una goccia d'acqua gelata e aghiforme, appena caduta sulla mia fronte corrugata, mi ricorda che sono ridicolo.
La verità (parola sconosciuta sconosciuta alla mia bocca bugiarda, ma non alla mia mente onesta) è che io non sono superiore a niente. La verità, mi fulmini se mento, è che io mi sono bloccato, congelato, inchiodato in un punto dal quale è impossibile smuovermi.
La verità è che io sono ancora il Matthew adolescente che ti spia da dietro l'angolo della difficoltà, con la mano tremante appoggiata sul suo insormontabile muro di cemento, ammutolito dalla consapevolezza che più ti avvicini alla luce, più diventi ombra.
E, perdonami, ma non sono disposto a diventarlo, neanche per te, perché io sono nato per splendere -e se per farlo devo allontanarmi da una fonte di splendore più potente di me, io mi allontano.

Ovviamente la goccia d'acqua non è caduta dal nulla.
Apro gli occhi e ti vedo sopra di me, con le mani appoggiate alla sdraio su cui sono seduto. Guardi dritto davanti a te, lontano, verso l'orizzonte, incurante delle gocce che colano dal tuo mento bagnato.
Alzo un braccio, per porgerti la tua birra.
La prendi senza ringraziare.

«Ti sei masturbato mentalmente abbastanza per oggi?» domandi, o affermi. «Stasera volevamo organizzare un party.»
Bevi con calma un sorso dopo l'altro, per godertela.
«Non contate su di me» dico, alzandomi.
Ora che siamo face-to-face leggo chiaro nei tuoi occhi che mi odi. Mi odi perché non puoi amarmi.
«Programmi migliori?» chiedi, stritolando il collo della birra per farmi capire che quel collo potrebbe essere il mio.
«Sì. Vuoi uscire con me?» t'inganno, e ghigno segretamente nel mio cuore.
«Cosa?» fai, preoccupandoti.
«Niente,» tanto so che hai capito, «scherzavo.»
«Umorismo difficile, il tuo» commenti, tornando rilassato.
Ti strappo la birra di mano, la finisco in una sorsata e te la ridò vuota con violenza.
Gli occhi mi precipitano sul tuo costume -che non c'è più. Te ne accorgi e t'affretti a spiegare:
«Le cose umide mi danno i reumatismi.»

Prima di commettere un omicidio, me ne vado. Via, il più lontano possibile da te su questo fottuto yacht.
Accadrà che io me lo mangi, quest'angolo, un giorno. E allora sarò libero di raggiungerti.
Per adesso, ti saluto da uomo ferito: con una spallata, secca e significativa.
 




NDA:
Credo che sia nient'altro che il frutto della sindrome premestruale unita ad una serie di sfortunati eventi; meglio scaricare in una one-shot la cattiveria che non voglio sfiori assolutamente la mia Special Needs. (A proposito, se vi state chiedendo quando arriverà lei, be', siate pazienti. Arriverà).
//fine della descrizione relativa alla frustrazione che penso, ogni tanto, si abbatta su quel povero front-man, fiancheggiato da quel biondo meretore (sostantivo da me inventato, corrispondente al maschile di “meretrice”, forma raffinata per indicare quello che Dom è.)
  
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