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Autore: giaggia    18/04/2011    0 recensioni
Pochi pensieri in una notte tempestosa nella fredda Asgard. Mizar e Alcor, luce e ombra.
La fic è ambientata poco prima della serie di Asgard dell'anime.
L'avviso 'shonen-ai' l'ho messo perchè la fic può essere letta sia in chiave "yaoi" che non. buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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MIRACOLOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ok, non sono impazzita. È solo che oggi è un giorno importante!

E sì, perché questa è la prima fic completa che scrivo!!!! Yuppi-du!!!!

Ok, passiamo a cose serie. Come al solito i personaggi non sono miei quindi su di loro non ho diritti…. Ma sulla storia sì!*___*   *persa nel mare dell’idee per le fanfic*.

Un’ultima cosa prima che iniziate a leggere: questa fic la potete leggere sia in chiave shonen-ai che normale; a voi la scelta. Io ce la vedo bene in entrambi i modi!^.^

Buona lettura!

 

Ombre e Promesse

 

Nella fortezza di Asgard la notte era già scesa e il sonno aveva già catturato i suoi abitanti, lasciando solo ad alcuni la forza di resistergli.

Il silenzio della notte era rotto ogni tanto dal canto furioso del vento che accompagnava la bufera di neve che si stava scatenando all’esterno, ricoprendo tutto con una candida coperta.

Nonostante il continuo lamento gli abitanti del castello riposavano sonni tranquilli, protetti dalle maestose mura di pietra e riscaldati dalle calde coltri e dalle pesanti pellicce.

Circondato dal meraviglioso mondo del sogno, il cavaliere della tigre del nord sognava tranquillo e rilassato, sicuro che nessuna minaccia gli era vicina. Il suo cosmo l’avrebbe avvertito altrimenti.

Ma come noi stessi viviamo con la nostra ombra senza accorgerci che è sempre con noi, così Mizar non percepiva che non era il solo in quella stanza. La sua ombra era con lui, come sempre.

E così, circondato dalle tenebre della notte, il cavaliere dalla candida armatura si avvicinò silenziosamente al letto, lo sguardo fisso al suo occupante.

Gli occhi chiari scrutavano con attenzione e avidità quei lineamenti così simili ai suoi non trovando neppure un dettaglio di differenza.

Piano piano si sedette sul bordo del letto, sprofondando appena nella morbida pelliccia che ricopriva le lenzuola, continuando a fissare il viso del fratello gemello.

Fratello…

Già, suo fratello.

Nato dal seme dello stesso padre, dal ventre della stessa madre…lo stesso sangue nelle vene.

Eppure io sono stato abbandonato!

Abbandonato. Buttato via come un rifiuto. Dalla sua stessa famiglia. Dalle stesse persone che gli avevano dato la vita.

E avevano scelto lui!

Tra loro due avevano scelto di abbandonare lui.

Lasciandolo tra le grinfie della fredda neve e del gelido vento di Asgard.

Sarebbe potuto morire e solo perché erano due, invece di uno solo.

Si allungò lungo il corpo addormentato di Mizar, sfiorandogli con le lunghe ciocche la morbida pelle del collo e degli zigomi.

Alcor fissò i suoi capelli disegnare astratti ghirigori su quella color latte.

Una pelle così chiara, così bianca: come una tela immacolata su cui l’artista immagina e crea meraviglie grazie a colori vivaci o cupi, caldi o freddi.

E lui, quella sera, voleva essere l’artista che avrebbe tinto di rosso sangue quella tela bianca.

Con un elegante movimento del polso estrasse i suoi artigli bianchi, brillanti nel buio come la bianca falce in una notte senza stelle.

Silenzioso, come il felino che rappresentava, accostò gli artigli alla gola del gemello; il filo accostato alla gola, là dove la vena pulsava.

Poco, bastava così poco.

Una piccola pressione e tutto sarebbe finito. E lui sarebbe stato libero di uscire dall’ombra.

Piegò indietro il polso caricando il colpo fatale, pronto a portare a termine il suo obiettivo.

Eppure, quel colpo, non arrivò mai.

Alcor fu fermato

Da un altro dei sette cavalieri di Asgard? Da una guardia del castello passata per caso nel corridoio oltre la porta? Oppure dalla stessa Hilda di Polaris, regina di quelle fredde lande?

No.

Non fu nessuna di queste persone a fermare il fatale colpo di Alcor.

Bensì un sorriso.*

Un sorriso nato dal sogno sul viso di Mizar.

Un sorriso che lui aveva già visto da bambino.

Lo stesso sorriso che aveva rivolto ad un coniglietto spaurito e ferito in mezzo alla neve.

Lo stesso sorriso che aveva rivolto al lui-bambino solo qualche istante dopo.

Un sorriso dolce che gli aveva riscaldato il cuore, prima che la rabbia glielo bruciasse con le sue fiamme distruttive.

Passò lunghi attimi a fissare nel silenzio della notte il viso sorridente del gemello, con solo il bisbigliio del vento come compagno.

Lo stridire del metallo* rimbombò nel silenzio della stanza come un boato.

Alcor aveva ritirato i suoi bianchi artigli ma non aveva ancora distolto lo sguardo dal volto di Mizar.

Lentamente, senza destare il minimo rumore, si allungò lungo il corpo addormentato del fratello, per sistemarcisi sopra.

Le ginocchia appoggiate ai lati del bacino, il petto che sfiorava delicatamente quello dell’altro, mosso dal leggero respiro.

Le braccia affondate nel bianco cuscino, come a creare una culla per quel capo dolcemente ripiegato di lato.

I freddi occhi di Alcor fissavano insistentemente le palpebre chiuse di Mizar. Poteva quasi contare tutte le singole ciglia che ombreggiavano le pallide guance.

Assottigliò appena gli occhi, come se non riuscisse a vedere bene, e lentamente, con movimenti controllati per non rischiare di svegliarlo, avvicinò il viso a quello del gemello.

Si fermò solo quando si ritrovò con la bocca ad un soffio dall’orecchio dell’altro.

Inclinò appena un po’ il viso annusando l’odore che emanava il suo fratellino addormentato. Si azzardò pure a strofinare la propria guancia contro la morbida pelle dell’altro ragazzo.

Quella era la prima volta che avevano un contatto fisico: nemmeno quando si erano incontrati faccia a faccia da bambini si erano toccati.

Era bella la sensazione di un altro essere umano. Era caldo e morbido e sapeva di buono.

Era davvero una bella sensazione.

Sospirò pesantemente.

Tutto questo era un errore. Lui avrebbe dovuto uccidere Mizar, aprirgli la gola in quello stesso letto e poi prendere il suo posto come guerriero del nord.

Eppure, in quel momento, lui era disteso sopra ad un Mizar addormentato… e vivo!

L’ombra stava toccando il corpo che le dava forma. Erano insieme, uniti, non più separati l’uno dall’altro.

Appoggiò le labbra sulla conchiglia dell’orecchio.

“Per il momento mi ritiro.” Soffiò piano “Ma presto l’ombra uscirà alla luce e allora ci sarà la resa dei conti, fratellino.”

Detto questo gli diede un morso al lobo, sentendo la morbida carne sotto i denti e il ferroso sapore del sangue.

Tirandosi seduto osservò con soddisfazione le piccole lunette rosse di sangue e il viso corrucciato di Mizar.

Con eleganza felina si alzò dal corpo del gemello notando distrattamente i segni che aveva lasciato sul letto.

Si avviò silenziosamente alla porta (anche lui aveva bisogno di riposare!) con passi talmente leggeri da quasi non sentirsi.

Così, come un bianco fantasma che appare e scompare nel buio, Alcor sparì nelle tenebre della notte lasciando a Mizar un sonno tranquillo e una promessa.

Che avrebbe mantenuto.

 

-Fine-

*1_ A questo punto qualcuno avrà preso l’autrice per scema!  -.-‘’

*2_Non so di che materiale siano fatti gli artigli delle armature di Mizar e Alcor per cui … tiro a caso!^.^

 

Un grazie a tutti quelli che hanno letto!

Se ci fossero errori di qualsiasi genere non esitate a dirmelo. L’ho scritta di getto quando mi è giunta l’ispirazione. (Miracolo!!!!!! Alleluja!!!!!^o^ ndA – Torna a lavorare a quelle in sospeso, scansa fatiche! ndAlcor – Schiavista! Mizar, Alcor mi maltratta!!! ndA – Ronf ronf… ndMizar -  ---____---‘’’ Vabbè, quando ti riprendi dal sonnifero!ndA).

Un Bacio a tutto il popolo di EFP! TAU!!!^___^

  
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