Autore: FunnyBunny
Pairing: Key/OC
Words: 2402
Desclaimer: Gli
SHINee purtroppo non
mi appartengono
Note: Non
è la prima fanfic che scrivo ma è la prima che mi
decido a postare. Non è betata quindi perdonatemi se vedete
qualche orrore ortografico!
Spero vi piaccia!
Non
è che fosse
gelosa, Hana.
Ok,
forse un po’
lo era, ma non tanto.
Poco,
davvero.
E
poi non era
certo colpa sua. Hana lo diceva sempre: essere la migliore amica di un
idol non
era una cosa facile! E se questo idol era bello, simpatico, gentile,
affettuoso, sexy, con un corp- Ok, insomma, se questo idol era bello, il tutto si complicava.
Kibum,
così si
chiamava il ragazzo, lo conosceva da quando aveva memoria. I loro
genitori
erano buoni amici e, com’era naturale che fosse, i due
bambini erano cresciuti a
fianco a fianco, tra macchinine, barbie, prime cotte e pomeriggi di
shopping.
Ma
lui era
cresciuto, aveva compiuto 15 anni ed era stato preso come trainee
nell’agenzia
più famosa della Corea del Sud: sarebbe diventato un
cantante, mentre lei
sarebbe rimasta lì, in quella noiosa città del
sud, a studiare in una qualche
università.
Non
aveva mai
dubitato del talento di Kibum: era un ballerino eccellente e un bravo
cantante.
Era destinato alla fama. Solo quando però il viso del suo
amico comparve su
tutti i fogli patinati di Daegu, poté gioire e,
perché no, essere anche un po’
gelosa.
Kibum,
il suo Kibum, ce l’aveva
fatta.
Il
suo gruppo
acquistò una discreta fama nel giro di pochi mesi, e
più il gruppo diventava
famoso più le sue possibilità di incontrare Kibum
diminuivano. Il ragazzo la
chiamava, sì, ma non era più come prima. Sebbene
la sua voce si fosse fatta più
profonda, ad Hana le mancava il suo sorriso, i suoi abbracci, le sue
braccia
forti che -nonostante l’aspetto mingherlino- la sostenevano
ogni volta che ne
aveva bisogno.
La
verità è che,
anche se lei non lo ammetteva, Kibum le mancava, da morire.
Più di un amico,
più di un fratello. Passava i giorni ascoltando la sua voce
attraverso l’iPod
che lui le aveva regalato qualche anno prima, chiedendosi quando lo
avrebbe
rivisto.
Non
era stupida,
ma si rifiutava di ammettere cosa provava per il ragazzo. Aveva capito
cos’era
Kibum per lei il giorno del suo diciottesimo compleanno. Hana aveva
aspettato
quel momento per settimane, ma alla fine lui non era potuto tornare a
festeggiare con lei, che aveva passato la giornata a piangere in camera
sua.
Era
innamorata.
Era
innamorata
del suo migliore amico, famoso, che probabilmente la considerava solo
come una
sorella.
E
lei non poteva
farci nulla.
Gli
anni
passarono, la scuola finì e lei entrò
nell’università migliore della città.
Quanto a Kibum, beh, lui era diventato uno degli idol più
famosi di tutta la Corea,
con i suoi balletti e il suo carattere un po’ egocentrico.
Tutte
le volte
che s’incontravano, Kibum le parlava dei suoi nuovi amici,
quasi tutti star
come lui. Non le dispiaceva che avesse nuovi amici -era più
che normale in
fondo, no?- ma odiava quella strana sensazione che le torturava lo
stomaco ogni
volta che sentiva parlare di ragazze.
Ragazze
molto,
molto più belle di lei.
Anche
più
simpatiche, magari.
Kibum
era un
ragazzo, era ovvio che si prendesse una cotta almeno una volta nella
sua vita,
no? Eppure tutte le volte che lei, con un sorriso palesemente finto,
gli
chiedeva qualcosa in proposito, lui sviava in modo magistrale
l’argomento, iniziando
a di vestiti o musica.
Hana
lo odiava
quando faceva così. Kibum le aveva chiaramente intimato di
evitare di uscire
con qualcuno -non che, in effetti, ne avesse l’intenzione-,
mentre lei non
poteva nemmeno fare una domanda!
Che
male c’era
nel voler sapere se il tuo migliore amico ha una fidanzata?
Ok,
Hana era
molto, molto gelosa.
Ma,
ancora una
volta, non poteva farci nulla.
***
«Che
film è?»
chiese curiosa lei accomodandosi sul divano, mentre lui trafficava
con il lettore DVD. Il ragazzo non rispose subito, imprecando
leggermente a
bassa voce quando la tv si rifiutò di accendersi.
«Oh,
nulla
di ché… Davvero, è
carino» quel ‘nulla di ché’
l’aveva non poco
insospettita, ma decise di rimanere in silenzio.
Lui,
d’altronde, non si lamentava mai quando lei
voleva guardare per l’ennesima volta Titanic o Pretty Woman.
Kibum
fece finalmente partire il film, sedendosi
vicino ad Hana, tanto da avvertire il suo calore attraverso le loro
spalle
unite. Ridacchiò silenziosamente quando sentì il
corpo di Hana tremare, mentre
un singulto le lasciava le labbra.
Film
horror.
Kibum
sapeva quanto lei odiasse i film horror,
eppure lo aveva noleggiato comunque. Hana sentì
un’improvvisa voglia di
strozzare il ragazzo, ma stette in silenzio: non si vedevano da quattro
mesi, e
avrebbe accettato di fare bungee jumping o
di mangiare un intera confezione di
wasabi pur di stare con lui.
Dopo
una mezz’ora in cui Kibum non aveva fatto
altro che lamentarsi sulla qualità scadente del film, Hana
si era quasi
abituata al film. Che avesse trascorso la maggior parte del tempo con
il viso
tra le mani era solo un piccolo dettaglio comunque.
Poi,
proprio quando Hana alzava lo sguardo sullo
schermo del televisore, il protagonista di turno fu colto di sorpresa
da un
qualcosa -uno zombie, forse?- che gli staccò la testa con un
unico colpo. Il
sangue continuava a scendere ininterrotto e il corpo ancora si muoveva:
era
troppo per la povera ragazza che, con un urlo strozzato, nascose il suo
viso
sulla spalla di Kibum, raccogliendo le gambe al petto.
«Yah,
Hana! Non vedi che è ket- Oh, questo faceva
paura… Guarda! Gli ha staccato un braccio!-
esclamò Kibum con un sorrisetto
che, però, la ragazza non poteva vedere. In
verità lo zombie stava solo
trascinando una donna nel suo covo. Hana gli circondò le
braccia attorno al
collo, tremando come una foglia.
Era
terrorizzata, non voleva guardare di nuovo lo
schermo, ma erano in quella posizione da tanto, ormai. Avrebbe fatto
meglio
allontanarsi da lui; avrebbe fatto meglio sedersi al proprio posto e
togliere
le proprie braccia dal suo collo.
Non
lo fece.
Ormai
non tremava più per la paura, ma per
l’emozione. Il suo cuore batteva fortissimo, le sue guance
erano rosee. Le
piaceva stare abbracciata a Kibum, respirando quel suo dolce e
familiare odore.
E
Kibum, dal canto suo, non faceva nulla per
sciogliersi dall’abbraccio, ma continuava a guardare il film
con un sorriso
soddisfatto sulle labbra. Solo quando Hana cacciò un altro
urlo dopo aver
sbirciato lo schermo, lui afferrò delicatamente le braccia
di Hana e allontanò
i loro corpi, permettendo al ragazzo di unire il suo sguardo con quello
dell’amica.
«Hana,
se non riesci a reggerlo possiamo anche
guardare qualcos’altro… Davvero».
«No,
no. Scelgo sempre io, questa volta tocca a
te» lo rassicurò Hana. Distogliendo lo sguardo dal
viso del ragazzo, si sedette
al suo posto e appoggiò lo sguardo sul televisore, senza
però guardarlo
veramente: tutta la sua mente era impegnata ad impedirle di non saltare
addosso
a Kibum, baciandolo senza preavviso.
«Allora…
La scuola come va?» esordì Kibum dopo
essersi schiarito la gola.
«Tutto
bene…. E tu?»
«Lo
sai che non vado a scuola, Hana!» esclamò lui
ridacchiando. Quella conversazione era l’apoteosi
dell’ipocrisia, eppure entrambi
si ostinavano a portarla avanti.
«Lo
so... Chiedevo… In generale»
«Ah.
Tutto a posto. Piuttosto, non sei uscita con
nessuno, vero?» Kibum si girò verso di lei,
aspettando una risposta che tardava
ad arrivare.
Beh…
Non
è che fosse proprio andata ad un appuntamento…
Più che altro quella poteva considerarsi un’uscita
amichevole. E poi a lei quel ragazzo non piaceva nemmeno. Lui
aveva
insistito e lei aveva accettato, giusto per mettere fine alle sue
insistenti
chiamate.
Nulla
di serio, insomma.
«Hana,
sei uscita con qualcuno?»
Mentire
e o dire la verità?
«Non
era un appuntamento, Kibum. Lui insisteva e
io l’ho accontentato! Tutti qui, ti giuro!»
continuò a dire, vedendo il viso di
Kibum incupirsi. «E poi… E poi perché
non posso frequentare nessuno?! Quando tu
invece non mi dici neanche se ti piace qualcuno o se sei
fidanzato!»
Oh,
aspetta.
Forse
questo non doveva dirlo.
Sapeva
quanto il suo migliore amico fosse
sensibile sull’argomento
“Frequentazioni”, ma lei-
«Potevi
dirgli di no! Potevi dirgli di lasciarti
in pace! Vi siete baciati?»
chiese
con un’espressione disgustata sul viso, alzandosi in piedi.
«Cos-
E se lui mi piacesse? Questi sono affari
miei, Kibum!» Anche Hana si alzò in piedi, con le
guance rosse per la rabbia e
il respiro affannato.
«Hai
appena detto che insisteva e che tu lo hai
accontentato! E questi sono affari
miei, dal momento che siamo migliori amici! Lo hai baciato?!»
«Dio
Kibum, NO! NO, NON L’HO BACIATO, OK?! E
senti chi parla! Tu che non mi hai mai detto nulla di nulla sulla tua
vita!» il
tono di voce si alzava gradualmente ad ogni parola che usciva dalla
bocca dei
due ragazzi, che, senza accorgersene, si erano avvicinati
l’uno all’altro.
«Non
ti ho detto nulla perché non esco con
nessuno, ok?!»
«Quindi
io non posso frequentare nessuno perché
tu non esci con nessuno!»
«Non
voglio che tu esca con qualcun altro perché
non voglio dividerti con nessuno! Tu sei mia!»
«Mi…
Stai prendendo per il culo?» mormorò
rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato tra di loro.
Hana,
in effetti, non aveva altra spiegazione:
Kibum si stava prendendo gioco di lei, altrimenti perché
avrebbe detto quella
cosa? No, era impossibile che lei gli piacesse, e tanto meno che si
stesse
dichiarando nel bel mezzo di un litigio!
«No.
Non ti sto prendendo in giro, Hana» ribatté
lui, continuando a fissarla.
Kibum
era bravo a mentire. Per quanto ne sapesse
Hana, quella poteva essere tutta una messa in scena, un modo per
allentare la
tensione. O magari, più semplicemente, lui aveva capito che
Hana era innamorata
di lui e la stava prendendo in giro.
Guardandolo
scioccata decise che sì, Kibum sapeva
che lei era innamorata e che quella era tutto un suo piano. Pensandoci
meglio,
avrebbe capito che quello a cui stava pensando era impossibile, ma in
quel
momento la sua mente era annebbiata. Annebbiata da rabbia infondata e,
soprattutto, da imbarazzo. Il cervello si scollegò dal resto
del corpo, poi sua
bocca si aprì, facendo defluire un fiume di parole che
nemmeno lei pensava essere
capace di formulare.
«Si
invece, lo stai facendo! Tu… Tu lo sai… Sai
ch- che io sono innamorata di te! Lo sapevi e hai messo in scena questa
cosa!
Solo per mettermi in imbarazzo! Avrei dovuto saperlo, cazzo!»
voltando le
spalle al ragazzo, decisamente esterrefatto, si diresse verso
l’ingresso e,
infilandosi alla meno peggio le sue All Star, uscì in
strada.
Non
piangere. Non piangere. Non p-
«Cazzo,
no…» mormorò toccandosi la sua guancia
sinistra: nonostante i suoi tentativi, le lacrime avevano iniziato a
bagnarle
il viso senza sosta. Imprecando, corse verso la porta
dall’altra parte della
strada: casa sua.
In
quello stesso istante, ancora in piedi, Kibum
continuava a fissare il vuoto, pensando a ciò che era
successo in quei minuti.
Lui si era dichiarato, -anche se involontariamente-, Hana lo aveva
accusato di
prenderla in giro, Hana si era dichiarata, Hana se n’era
andata.
Perfetto,
direi.
«Quella
ragazza ha seri problemi mentali» mormorò
tra se e se mentre correva in strada, dirigendosi verso la casa dove
aveva
passato la maggior parte della sua infanzia.
Com’era
prevedibile, conoscendo la ragazza, la
porta di casa non era chiusa a chiave, così, correndo su per
le scale, si
ritrovò in pochi attimi davanti ad una particolare porta
bianca, un cartello con
scritto “keep your head out”
appeso ad
essa.
Provò
ad aprire la porta, ma era chiusa a chiave.
Sussultò, quando sentì un rumore più
che familiare al di là della parete: singhiozzi.
Hana stava di nuovi piangendo e lui, lì fuori, non poteva
farci nulla. Gli si
stringeva il cuore, immaginando il viso della ragazza rigato dalle
lacrime,
seduta sul suo letto, mentre probabilmente abbracciava uno di quei
peluche che
aveva nascosto in una scatola sotto il letto.
«Hana…
Hana! Per favore, ascoltami. Non piangere,
ok? Dai, fammi entrare. Se non entro non riesco a spiegarti!»
«Vattene»
«Ok,
ok. Parlo da qui fuori, ok? Però ascoltami e
non piangere, lo sai che effetto fa su di me»
appoggiò la fronte contro quella
parete fredda, la mano ancora sulla maniglia, e iniziò a
parlare.
«Non
è come pensi, tutto quello che è successo
poco fa… Beh, non è come pensi! Quello che ho
detto lo penso davvero, non ti
stavo prendendo in giro. Io non sapevo che anche tu…
Insomma, lo sai. Non
sapevo che io ti piacessi, ecco l’ho detto. Per tutto questo
periodo ho cercato
di impedirti di uscire perché non volevo che tu ti
innamorassi di un altro
ragazzo. Ero egoista, ma cosa potevo fare? Non sapevo se tu avresti
ricambiato
i miei sentimenti o se mi avresti riso in faccia e, conoscendoti, ero
più
propenso alla seconda opzione. Io… Io ti amo. Ti ho amato
per non so quanti
anni, non so nemmeno quando è iniziato tutto. Ma tu sei la
ragazza più onesta,
gentile, premurosa, bella, matura e perfetta che abbia mai conosciuto.
Sono un
idiota, Hana, finisco sempre per farti piangere. Come quella volta in
cui ti
tirai i capelli, in quinta elementare, ti ricordi? P-perdonami per
favore…»
All’improvviso,
dopo attimi di intenso silenzio,
si sentirono dei passi avvicinarsi alla porta. Kibum fece appena in
tempo a
staccare la testa dalla quest’ultima che essa si
aprì di scatto, mostrando la
figura intera di Hana, con gli occhi rossi e le labbra leggermente
aperte.
Il
ragazzo stava ancora pensando a qualcosa da
dire, quando una mano raggiunse il suo collo e lo spinse
giù, fino a toccare,
finalmente, le labbra di Hana con lei sue.
Non
era certo il primo bacio, per nessuno dei
due, eppure una scossa percorse entrambe le schiene dei ragazzi appena
le loro
lingue iniziarono ad esplorarsi a vicenda. Hana sentiva le ginocchia
tremare e
le braccia stringersi inconsciamente ancora di più al collo
di Kibum.
Si
staccarono, qualche secondo dopo, di
malavoglia. Gli occhi di Hana erano ancora rossi, ma rosse erano anche
le sue
guance, mentre osservava Kibum sorridere soddisfatto.
«Avresti…
avresti potuto chiedermi se mi piacevi
o no molto tempo fa» sussurrò Hana cercando di
trattenere un sorrisino.
«Non
potevo mica venire lì e dirti tipo “Hey
Hana, sei innamorata di me, per caso?”» rispose
ridacchiando.
«E
chi lo dice… Ti avrei risposto»
«Sì,
come oggi: urlandomi contro e andandotene»
«Certo,
come no»
«Hey,
come si chiama quel ragazzo con cui sei
uscita? Vorrei parlarci»
«Zitto
e baciami, scemo»
Hana
era gelosa si, ma non era certo l’unica.