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Autore: StillAnotherBrokenDream    18/04/2011    1 recensioni
Emma ignora totalmente cosa sia la divisione Fringe, nè tanto meno è a conoscenza di universi paralleli e di cosa contengono. La sua vita scorre tranquilla, ma qualcuno romperà il suo equilibrio. Per sempre. (Spoiler terza stagione)
Genere: Romantico, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

 

Mister Loneliness

 

 

 

 

La vita di Emma Gibson scorreva tranquilla, forse un po’ monotona ma non poteva lamentarsi.

Trent’anni, carina e simpatica, lavorava in uno dei tanti pub della popolosa Boston da circa cinque anni.

Non era un lavoro che permetteva grandi lussi, ma le bastava ad essere serena.

In amore la fortuna era sempre stata altalenante, aveva conosciuto bravi ragazzi e figli di puttana, ma il risultato era sempre stato lo stesso: le storie finivano.

Tuttavia era fiduciosa e non avere una vera relazione stabile non le procurava nessun complesso di inferiorità.

Forse un po’ di solitudine, quella sì, ma c’erano gli amici a tenerle su il morale.

In sostanza, Emma era una giovane donna senza grossi problemi esistenziali, con un lavoro accettabile e una ristretta cerchia di amici affidabili.

Una vita normale, serena.

Forse fin troppo.

***

 

 

Probabilmente era questo il motivo per cui si era fatta venire quella specie di piccola ossessione.

Erano mesi che quell’uomo, quasi tutte le sere, andava nel suo pub.

Ordinava da bere al bancone, prendeva il proprio bicchiere e andava a sedersi al tavolo più lontano che c’era restandoci per ore, a leggere scartoffie o a fare delle telefonate.

Inizialmente Emma non ci aveva fatto molto caso, considerandolo uno dei tanti scapoli o mariti insoddisfatti che preferivano passare la serata a bere piuttosto che da soli o con una moglie bisbetica.

Poi però era iniziata la curiosità: perché quell’uomo serio e silenzioso passava le sue serate sempre nello stesso modo?

Non veniva tutte le sere, no. A volte spariva per giorni tanto che lei pensava non si facesse più vedere.

Era il modo in cui passava quel tempo a incuriosirla, quei soliti gesti che non cambiavano mai, quel bisbigliare sommesso mentre parlava al telefono.

Sembrava un cospiratore, pensò lei più di una volta.

Era un uomo sui quarant’anni, attraente anche se non irresistibilmente bello, elegante.

All’inizio aveva i capelli molto corti, quasi rasati, di un castano chiaro, poi col tempo erano cresciuti rivelandosi più chiari e quasi ricci.

Non l’aveva mai guardato direttamente negli occhi, anche perché non era mai capitato che fosse lei a servirgli da bere, eppure anche da lontano ne aveva capito il colore: azzurro.

Emma a volte si fermava a guardarlo per diversi minuti, immobile, per capire qualcosa in più di quell’uomo misterioso, affascinante e allo stesso tempo inquietante.

Beh magari non proprio inquietante, ma sicuramente aveva qualcosa di strano.

Lo trovava interessante…a dirla tutta se ne era invaghita pur non avendoci mai nemmeno parlato, e forse era uno dei motivi per cui le piaceva.

Senza contare che non l’aveva mai degnata di uno sguardo.

Cioè, l’unica donna dietro al bancone e nemmeno uno sguardo? In realtà non guardava nessuno, se non era necessario – tipo scansare un tipo alticcio che gli stava andando addosso o farsi strada tra un gruppetto di operai per raggiungere l’uscita – e questo gettava benzina sul fuoco.

Si sa che spesso le donne sono attratte dagli uomini misteriosi e talvolta bastardi, e quel quarantenne dall’aria seria e vissuta sembrava proprio appartenere alla categoria.

Il problema era che lui non ricambiava affatto la curiosità, non l’aveva nemmeno notata.

Ma Emma non era il tipo che si dava per vinta, voleva almeno parlarci una volta, sentirne la voce.

Per curiosità, niente di più.

***

E una sera, si presentò l’occasione giusta.

L’uomo, vestito elegantemente come sempre, fece la sua comparsa alla solita ora, intorno alle ventuno, si avvicinò al bancone e il destino volle che a prendere la sua ordinazione fosse proprio Emma.

Sperando di non apparire nervosa, gli risolve un sorriso cordiale.

“Buonasera, cosa prende?”

Lui finalmente la guardò, rispose al sorriso piuttosto freddamente e si sporse verso di lei.

“Un whisky doppio, liscio. Per favore.”

Dannazione, che voce.

Calda e profonda senza risultare roca, e con un curioso accento che non seppe identificare.

E poi quello sguardo di un intenso azzurro che la mise in soggezione.

Dovette correggersi sull’età, quell’uomo aveva intorno ai quarantacinque anni anche se ben portati, ma era decisamente attraente, più di quanto non le fosse sembrato guardandolo da lontano.

Deglutì a vuoto e gli versò da bere, lui ringraziò e si portò via il bicchiere, raggiungendo la sua solita postazione.

Rimase piuttosto delusa, nonostante l’occasione di parlarsi, quell’uomo non aveva mostrato particolare interesse.

Eppure era abbastanza carina…anzi, Emma era piuttosto bella, possibile che non gli facesse effetto?

Nemmeno uno sguardo ammiccante o un sorriso malizioso?

No.

Aveva preso il suo bicchiere e aveva girato sui tacchi.

“Al diavolo…” imprecò mentre puliva il bancone dall’alone lasciato dal bicchiere.

Pochi minuti dopo, l’uomo tornò ad ordinare.

“Può darmene un altro, per favore?” le domandò cordiale.

Emma annuì e prese la bottiglia dietro di lei, versò il whisky e intanto pensò a cosa dire.

“Quanto tempo ci metterà a chiedermelo?” proruppe lui, facendola sobbalzare.

“Come scusi?”

L’uomo accennò un sorriso sornione. “Dicevo, quanto tempo ci metterà ancora per chiedermi cosa diavolo faccio lì in fondo ogni sera? Perché è questo che pensa ogni volta, dico bene?”

Lei si schiarì la voce e cercò di assumere un’espressione distaccata, anche se in realtà provava imbarazzo e irritazione.

“Ad essere onesta sì” ammise guardandolo in faccia “sono mesi che viene qui quasi tutte le sere, si siede là in fondo a bere e a scartabellare fogli su fogli. Non ordina nient’altro che da bere, non mangia noccioline né ordina il nostro famoso pollo fritto. Dovrà ammettere che è un comportamento che si attira qualche curiosità, dico bene?”

Lui prese il bicchiere e ne bevve un sorso. “In effetti ha ragione, ma vede..vengo qui dopo cena, dunque non sento mai il bisogno di ordinare. Comunque ora che mi ci fa pensare, credo proprio che prenderò il vostro famoso pollo fritto…e una birra. È possibile?”

Emma interpretò il tutto come una presa in giro, ma fece buon viso a cattivo gioco.

“Certo, arrivano subito. Può andare ad accomodarsi. Anche ad un tavolo più vicino, le assicuro che non la disturberà nessuno” gli disse provocatoria.

Per tutta risposta lui annuì sorridendo. “Ne sono certo, la ringrazio.”

L’uomo misterioso si allontanò, tornando però al suo posto.

Emma scosse il capo. “In questa città non si trova una persona normale nemmeno a pagarla” mormorò.

Diede disposizioni al cuoco e attese che l’ordinazione di Mister Solitudine fosse pronta.

Che tipo strano. Sicuramente non era di Boston e probabilmente nemmeno americano.

Aveva proprio una fisionomia particolare, e anche un modo di muoversi strano, quasi meccanico.

Però la faccia tosta era quella di un uomo che aveva visto e vissuto di tutto nella vita e che aveva sempre la risposta pronta a tutto.

“Sveglia ragazza, l’ordinazione è pronta” disse una voce dietro di lei.

Si voltò e prese il piatto, poggiandolo su un vassoio, riempì un bicchiere alto di birra e si avviò al tavolo dell’uomo in blu, che continuava a fare gli affari propri.

“Ecco a lei” annunciò a pochi centimetri dal suo tavolo.

Lui alzò lo sguardo e sorrise. “La ringrazio signorina, è stata molto gentile” disse mentre lei gli posava il piatto davanti.

“Prego, non c’è di che.”

“Come si chiama?” domandò l’uomo, inaspettatamente.

Lei sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rispondere.

“Emma. Emma Gibson.”

L’avventore solitario le porse la mano. “Piacere di conoscerla Emma.”

La donna accettò la sua mano e lui gliela strinse con gentilezza.

“Piacere mio. E lei come si chiama? Sa, si usa dire il proprio nome nelle presentazioni…” gli fece notare ironica.

Lui sorrise. “Certo. Io mi chiamo Thomas. Thomas Newton.”

Emma rimase stupita, non si aspetta un nome assolutamente inglese, ma dissimulò la sorpresa con un sorriso.

“Ok signor Newton, la lascio ai suoi affari. Buon appetito!”

Si allontanò senza aspettare risposta, sicura che Thomas Newton non avrebbe consumato la sua ordinazione.

Ma almeno aveva avuto quello che voleva, saperne di più su quell’uomo.

Anche se tutto sommato, non sapeva niente.

Non ancora, almeno.

 

 

 


Note d'autore: Eh sì... proprio lui. Sicuramente non è un personaggio principale, vista l'esiguità delle puntate in cui appare, nè credo sia particolarmente apprezzato, ma personalmente trovo che sia interessante anche se la sua vicenda  finisce in un modo... beh chi ha visto o sta vedendo la terza stagione, sa di cosa parlo. E poi trovo Sebastian Roché molto attraente @___@ (se qualcuno segue Supernatural, potrebbe darmi ragione XD). Spero che questa storia incuriosisca qualcuno, anche se non so bene ancora come procederà. A presto!

 

N.B. Storia postata di nuovo per alcune correzioni apportate.

   
 
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