~GOIN’
ON~
[Blake]
Alla
fine mi chiudo in bagno. Sembrerà
assurdo, ma è l’unico posto dove posso stare solo
per un po’. Prima, mi
ronzavano tutti intorno, temendo una mia reazione improvvisa ed
esplosiva.
Ma
non ho intenzione di fare nulla di
avventato.
D’accordo,
Lily se n’è andata. O meglio,
l’abbiamo mandata via noi. E allora?
Non
vuol dire nulla. Se lo meritava, e
questo è tutto.
…
Certo,
come no.
Vorrei
disperatamente che fosse così.
Vorrei che quelli che lei ha chiamato “principi
morali” fossero veramente saldi
e immutabili, tanto da non farmi neanche passare per
l’anticamera del cervello
che potrei aver sbagliato. Che
forse
lei aveva ragione.
Ma
non posso concentrarmi su questo.
È
un momento cruciale per noi.
Siamo
finalmente liberi, ma ci sono così
tante cose a cui pensare: Vahel e Ritch in giro a cercarci, Arthur che
sembra
essere passato dalla parte dei buoni … sempre che una
“parte dei buoni” esista
davvero, e non ne sono più sicuro.
Se
mi fermassi a riflettere su Lily, non
avrei la forza di lottare per andare avanti.
La
domanda più grande che mi aleggia nella
mente –ok, la seconda più grande- è: cosa
faremo adesso?
Dove
andremo?
Sospiro
ed esco dal bagno, stizzito. Non
posso decidere nulla da solo. Ho bisogno di parole, di rumore, di
chiacchiere
inutili. Di Charlotte che pensi al posto mio.
Trovo
Jonathan, Charlotte e Vanessa in
corridoio. Charlie è accoccolata contro Jonathan, stretta a
lui, in silenzio.
Vanessa è seduta poco lontano, lo sguardo perso nel vuoto.
Credo sia successo
qualcosa tra lei e Damien, ma non sono ancora riuscito a capire cosa.
Mi
avvicino, ma non appena sono accanto a
loro mi passa la voglia di parlare. Sto diventando lunatico come una
ragazza.
-Vado
a trovare Damien-, dico.
Percorro
il corridoio e apro la porta senza
bussare, automaticamente.
La
scena che mi si presenta davanti è
sconcertante.
Arthur
è seduto sul letto accanto a Damien,
è chino su di lui e lo sta baciando.
Spalanco
gli occhi, incredulo, mentre
Arthur si allontana appena. Damien mi guarda, rosso in viso,
imbarazzato.
Probabilmente meno di quanto lo sono io, però.
-Ehm
… Blake! Cosa … ?-, balbetta.
-Io
… niente. Scusate.-
Maledicendomi
per la mia goffaggine, chiudo
la porta e torno dagli altri.
-Credo
di aver appena visto Arthur e Damien
che si baciavano-, mormoro, ancora sotto shock.
Le
loro reazioni non sono quelle che mi
sarei aspettata. Vanessa non dice nulla, Jonathan mi guarda
interrogativo e
Charlotte si stringe nelle spalle, borbottando qualcosa come
“l’ho sempre
sospettato”.
Sentendomi
un idiota, mi siedo e taccio,
pensando a Lily.
Un
paio d’ore dopo siamo tutti riuniti
nella camera di Damien.
-Bene-,
dice Charlotte, guardandomi. –Che
cosa facciamo?-
-Questa
è davvero un’ottima domanda-,
replico, scuotendo la testa per schiarirmi i pensieri.
-Io
voglio tornare a casa-, dice Jonathan
senza preavviso. –Non vedo la mia famiglia da una vita. Mi
mancano. Mia sorella
e mio fratello … i miei genitori, i miei amici. Vorrei
tornare da loro.-
-Immagino
che si potrebbe fare-, rispondo.
–Se ci organizziamo bene, forse … -
Mi
interrompo quando Jon mi guarda con aria
dispiaciuta.
-Ecco
… Blake, intendevo io.
Da solo.-
Sento
Charlotte fare un respiro profondo.
-Io
sono stata accettata ad Harvard, a
Yale, a Stanford e alla Columbia-, dice, la voce non proprio ferma.
–Ci sono
ancora tante materie in cui vorrei una laurea. Credo che mi
concentrerò su
quello.-
-Io
voglio vivere da qualche parte con
calma … trovarmi un lavoro, magari, o andare al college, non
lo so-, dice
Damien.
-Io
non ho progetti-, replica con naturalezza
Arthur, lanciandogli un’occhiata. –Credo che ti
seguirò, se non ti dispiace.-
-Naturalmente
no.-
Cala
il silenzio. Non era questo che
progettavo quando mi chiedevo cosa avremmo fatto. Qualunque cosa
avessimo
deciso, ero sicuro che saremmo rimasti tutti insieme. Come sempre.
Non
avevo pensato che ognuno sarebbe andato
via per conto proprio. Non rientrava affatto nei miei piani. Per questo
non ho
pensato a nulla. E l’idea improvvisa di essere solo, con
tutto il mondo davanti
e infinite possibilità, mi fa girare la testa. Non
necessariamente in senso
positivo.
La
riunione finisce in fretta.
Sembra
che, adesso che ci vogliamo
dividere, non abbiamo più argomenti comuni di cui parlare.
Non siamo più una
squadra.
Esco
sul balcone dell’ospedale, guardando
la strada poco trafficata al di sotto.
Ho
terribilmente paura.
Paura
di scegliere, paura di sbagliare.
Paura
di restare solo.
La
porta-finestra si apre e Vanessa mi
raggiunge.
-Non
hai detto nulla-, mi fa notare, e
sento nella sua voce un tono malinconico che non conoscevo.
-Neanche
tu.-
-Perché
non so cosa fare. Di tornare a casa
non se ne parla: mi ci hanno cacciata via a forza. In quanto allo
studio, non
c’è niente di particolare che mi interessi. E
lavorare … che possibilità ho,
senza nemmeno la licenza superiore? Dovrei andare a farmela dare da
Vahel?-
Sorride senza traccia di ilarità. –Non ci ho mai
pensato, Blake. O meglio …
tutte le volte che ci ho pensato, dividevo il mio futuro con Damien.-
Ah,
ecco il problema. Damien.
-Pensavo
foste solo amici.-
Mi
guarda storto, probabilmente chiedendosi
come fanno i maschi ad essere così tardi.
-Per
lui è così-, taglia corto.
-Beh,
potresti sempre andare a rapinare
banche, signorina invisibile.-
-Ottimo
piano. Se vuoi venire anche tu, mi
farai risparmiare sui candelotti di dinamite.-
Ci
guardiamo con serietà per un momento
prima di scoppiare a ridere. La battuta non è poi
così divertente, ma è passato
troppo tempo dall’ultima volta che abbiamo potuto ridere
davvero, di cuore, e
così arriviamo alle lacrime, per una volta non di tristezza
ma di gioia.
Poi
torniamo seri, a fatica.
-E
tu?-, mi chiede con un sorriso. –Quali
sono i tuoi progetti?-
-Non
ne ho idea. A casa non posso tornare.
Ho sempre odiato studiare, e in quanto al lavoro … non lo
so, non ho mai pensato
a cosa mi piacerebbe. Forse mi basterà rifletterci su per un
po’ … l’idea di
trovarmi solo, senza tutti voi, mi ha lasciato spiazzato. Tutto qui.-
È
un “tutto qui” piuttosto rilevante, ma
Vanessa ci passa sopra.
-Credo
che andrò in California, sai?-, dice
all’improvviso, gli occhi luminosi che
osservano il panorama desolato come se vedessero l’intero
universo a loro
disposizione. –Dopotutto non ho bisogno di un ragazzo per
andare avanti. E ho
sempre desiderato visitare San Francisco. Potrei prendermi del tempo
per me.
Spiare di nascosto i surfisti, cose così.-
Sorrido.
-Abbiamo
diciotto anni e tutta la vita davanti-, dico, malinconico, invidiando
la sua
determinazione, che però credo sia solo di facciata, -Ma ho
la sensazione che
la mia si sia appena conclusa.-
-È
stata una parte importante della nostra vita, Blake-, mi corregge
Vanessa,
ammirando il tramonto, -Ma dobbiamo voltare pagina. Ci sono
così tante cose da
fare, posti da vedere. Riusciremo anche noi a trovare la nostra strada,
vedrai.-
-Lo
spero proprio.-
Ci
sono tante cose che avrei voluto fare ma non ne ho mai avuto la
possibilità.
Vedere le piramidi, fare bungee-jumping, camminare sulla Muraglia
Cinese,
lavorare su una spiaggia assolata, fare un safari in Africa. Non ho
molti soldi
al momento, se non qualche centinaio di dollari nel mio conto in banca,
ma
potrei sempre cominciare.
Il
sole sparisce dietro l’orizzonte e un crepuscolo ancora
chiaro preannuncia una
nuova notte.
-Grazie
per la chiacchierata, Ness-, dico.
Lei
sorride sinceramente.
Per
un istante immagino cosa succederebbe se mi avvicinassi, le carezzassi
il volto
con dolcezza e la baciassi.
Ma
poi scaccio via il pensiero.
Questo
non è il momento di legarsi al passato.
Questo
è il momento di guardare in avanti.
Senza
rimpianti.
Senza
la squadra.
Senza
Lily.
Esco
dall’ospedale e raggiungo la più vicina cabina
telefonica. Inserisco i pochi
spiccioli che ho in tasca nella fessura e consulto l’elenco
telefonico.
-Salve.
Vorrei prenotare un volo per Il Cairo. Sì, domani sarebbe
perfetto. Il mio
numero di carta di credito è … sì,
esatto. La ringrazio.-
Da
qualche parte bisogna pur cominciare.
E
le piramidi sono un ottimo punto di inizio. Non so ancora cosa
farò quando sarò
lì. Forse cercherò un lavoro, o magari
farò l’autostop fino in Sudafrica e
andrò ad aiutare qualcuno a costruire scuole, oppure
cambierò idea e deciderò
di tornare in America.
Magari
tra qualche tempo andrò a cercare Lily e le dirò
che ho sbagliato.
Ma
questo è il momento dei cambiamenti, e ho appena fatto il
primo passo.
Tutti
quelli che verranno dopo saranno in qualche modo più facili:
dicono che la vita
funziona così. Se è vero, ho ancora tanto tempo
per capirlo.