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Autore: screaming_underneath    20/04/2011    4 recensioni
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«George, ti prego. George.»
Ti supplica. Tu la guardi, prendi fiato. La rabbia adesso è grande, perchè finalmente, beh, finalmente capisci. Una cantonata. Una grossa cantonata. Ecco tutto.

Dal punto di vista di George, la notte in cui fa l'amore con Meredith e lei scoppia piangere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George O'Malley, Meredith Grey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Crying Shame



 

Dolore.
E' tutto quello cui riesci a pensare, a recepire, con ogni parte di te. Testa, spalle, stomaco, gambe, punta delle dita.
E poi, il petto. Lì, il dolore è più forte, quasi assurdo, e non sai come sopportarlo. Ti porti le gambe verso il punto che brucia più forte, come per ripararti, schermarti da tutta quella sofferenza, e un brivido ti percorre, ricordandoti che sei mezzo nudo.
Quella constatazione ti fa ancora più male perché, senza che tu ne abbia il controllo, rivivi tutto, una seconda, una terza, una quarta volta.
Quella gioia assurda, quell'euforia sconosciuta, quando finalmente ti aveva baciato, facendo scivolare le sue mani sui tuoi fianchi, alla tua maglietta. Quella sensazione di potenza, e di amore. Amore che per tanto tempo era stato represso. Amore che esplodeva, trionfante, mentre goffamente abbracciavi la ragazza della tua vita.
Il ricordo della sua pelle sulla tua ti dilania. Se inspiri, senti il profumo di lei intorno a te. 

Una lacrima scende, impietosa, ricordandoti le sue lacrime. Quel pianto che non riesci ancora ad interpretare, che forse ti rifiuti di capire, perché, ehi, che novità, la verità fa male.




«Stai piangendo» constati, sorpreso. Non capisci. Fino ad un momento prima, lei ti sorrideva, apparentemente felice.
«Adesso passa, tu ignorami» dice lei, la voce rotta, un sorriso amaro sulle labbra. Continui a non comprendere. Ti domandi quale sia il problema, sperando che la risposta che suona tanto ovvia nella tua testa sia soltanto la tua immaginazione.
«No... come posso ignorarti?» dici tu, tuffando le tue labbra sulla sua spalla. Le baci piano una clavicola, cercando di farti strada nella sua testa. Lei ti ignora, torna a singhiozzare.
«Sì, sì... davvero, va tutto bene... tu hai quasi fatto, vero?» chiede lei, al limite dell'isteria. Continua a sorriderti, come se non stesse piangendo, come se fosse tutto perfetto come fino a qualche minuto prima. La guardi, adesso, irrigidendoti. Speri di aver capito male. Anche se, alla fine, sai benissimo quella non è una tua fantasia, ma la realtà.
«No» rispondi, piccato, addolorato.
La guardi, mentre lei sussurra il tuo nome, e tu capisci che
no, non era destino. Pronunci il suo nome, lentamente, cercando di leggere nei suoi occhi quello che le passa per la testa. Lei singhiozza, sempre più forte. E tu, tu, capisci.
«George, ti prego. George» Ti supplica. Tu la guardi, prendi fiato. La rabbia adesso è grande, perchè finalmente, beh, finalmente capisci. Una cantonata. Una grossa cantonata. Ecco tutto.
«Fare l'amore con me è così... terribile?» senti uscire dalle tue labbra, mentre lei continua a piangere. Perché, perché ti sei voluto far del male? Non lo sai, sai solo che te la sei voluta, sotto sotto. Sapevi che lei non ti avrebbe mai considerato. Sapevi che era sbagliato nell'istante stesso in cui le hai tolto i jeans, eppure sei stato al gioco ugualmente. Sapevi che ti avrebbe fatto solo del male, e non hai dato ascolto alla parte razionale di te solo perché, come sempre, ti fai trascinare dalle emozioni. E' un lago freddo, quello in cui affoghi in quel momento, dopo aver sussurrato quelle parole.
Con un moto di rabbia cieca - non per lei, non potresti mai - ma per te stesso, ti stacchi dal suo corpo, quel corpo che tanto avevi desiderato, e ti alzai, tirandoti dietro le coperte, verso la porta della camera, senza più guardarla, lì, singhiozzante, stravolta.
Esci, con la promessa in rientrare, di non avvicinarti neppure a quella porta, a quella stanza. Quella stanza, dove ogni tanto, quand'eri solo in casa, ti sedevi, inspirando la presenza di lei, fantasticando, immaginando le sue mosse - aprire il grande armadio pieno di abiti profumati, stiracchiarsi in quel letto tanto grande per una ragazza sola, la mattina appena sveglia, magari con accanto qualche sconosciuto raccolto nei bar... - creando un'immagine di lei tutta tua, da portarti dietro sempre, un'immagine che non ti avrebbe fatto del male.

 

 

 

Non ci possiamo sempre preservare dal dolore, però. Adesso lo hai capito, e adesso, senza via di scampo, devi iniziare a pagare le conseguenze per non essertici abbandonato prima.
Ti getti sotto le coperte, addolorato, arrabbiato per la tua debolezza.
E non vuoi. Non vuoi, tra poche ore, trovare la forza di alzarti dal tuo letto, e di rivederla. Non sai in che modo reagire, quando incrocerai il suo sguardo.
Sei debole, George.
Ti addormenti, dopo un po', con le lacrime che continuano a scendere, le ginocchia ancora al petto, il cuore che pulsa e soffre e brucia. Nonostante tutto, la stanchezza ti cattura. Ti allevia il dolore, perchè nei sogni, beh, nei sogni non si soffre.
Siamo in un guscio che ci protegge.
Il più delle volte.

 

 

 

 

   
 
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