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Autore: My Pride    20/04/2011    7 recensioni
Go ahead and make me cry, I’ll be allright.
«Sei venuto sin qui solo per dirmi questo? Non ti credo, signore di Oshu»
«Vuoi davvero combattere con me? Qui? E adesso?»
[ Date Masamune/Sanada Yukimura ]
[ Quinta classificata allo «Sfigafandom Contest» indetto da FataFaby89 ]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Antithese'
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Come petali di ciliegio Titolo: Come petali di ciliegio
Autore: My Pride
Fandom: Sengoku Basara
Characters: Sanada Yukimura, Date Masamune
Tipologia: One-shot
Genere: Generale, Vagamente Azione, Malinconico, What if?
Avvertimenti: Slash ad interpretazione personale, Probabile Missing Moment tra il quinto e il settimo episodio della prima serie
Rating: Giallo
Lyrics scelta: Numero 20 › I got you
Introduzione: Ciò di cui era certo era che lui, Sanada Genjurou Yukimura, era rimasto abbagliato negativamente dalla potenza sprigionata dal re demoniaco. Non aveva provato quella stessa adrenalina che l’aveva investito nella battaglia contro il signore di Oshu, Date Masamune, ma una sorta di timore che non gli sembrava nemmeno giusto chiamare così.
Prompt: Emozioni


SENGOKU BASARA © 2005CAPCOM. All Rights Reserved.


Go ahead and make me cry,
I’ll be allright.
- I got you, Leona Lewis -

    Il vento portava a valle il profumo della primavera, sussurrando a chi era ancora in ascolto parole incomprensibili ad orecchio umano. Tutto era illuminato soltanto dalla luna che, alta e piena nel cielo, inondava con il suo alone argentato il villaggio sottostante, donando ai dintorni uno stato di calma così intenso d’apparire quasi inverosimile.
    Nonostante fosse un periodo di guerre e conflitti interni, quello, sembrava quasi che la popolazione di Kay vivesse serena, o probabilmente era proprio quella strana quiete a dare un’impressione del genere. Le alleanze stipulate avevano fatto in modo che, almeno temporaneamente, non dovessero temere attacchi da altre fazioni, ma non tutti la pensavano allo stesso modo. Lontano dal palazzo e dal villaggio stesso, difatti, c’era chi ancora credeva che, presto o tardi, avrebbero potuto condurre alla disfatta, sebbene avesse fiducia nelle decisioni del suo maestro. Lui stesso aveva affermato che per poter riuscire a fermare Nobunaga Oda, il sesto re demoniaco della provincia di Owari, il solo esercito della fazione Takeda non era sufficiente. Colui che avrebbero dovuto affrontare non era un semplice essere umano e mai lo era stato, forse, dunque, nonostante le perplessità iniziali, portare dalla propria parte più Generali possibili era la scelta migliore da fare. E riflettendoci adesso, all’ombra dei ciliegi in fiore sotto i quali si era rifugiato, quella soluzione era l’unica a cui egli stesso riuscisse a pensare. Anche se per un misero attimo, lui aveva ben visto cosa Nobunaga fosse capace di fare. Per quanto forti fossero, da soli non sarebbero mai riusciti ad averla vinta contro un avversario del suo calibro.
    Proprio a quei pensieri si ritrovò a socchiudere di poco gli occhi e a scostarsi i capelli dal viso, non prima d’essersi tolto la fascia rossa che gli nascondeva la fronte. Non se ne liberava quasi mai, se non in rare occasioni. E forse quella l’aveva reputata tale, nemmeno lui avrebbe saputo dirlo con certezza. Ciò di cui era certo era che lui, Sanada Genjurou Yukimura, era rimasto abbagliato negativamente dalla potenza sprigionata dal re demoniaco. Non aveva provato quella stessa adrenalina che l’aveva investito nella battaglia contro il signore di Oshu, Date Masamune, ma una sorta di timore che non gli sembrava nemmeno giusto chiamare così.
    Un sospiro tremulo si levò dalle sue labbra, e l’espressione che si dipinse sul suo volto si rivelò in netto contrasto con quelle che spesso era solito fare. Era molto più facile vederlo caparbio e di buon umore, difatti, che con la tristezza a fare da padrona sul suo viso. Non sembrava affatto lui, in quel momento, ma solo un semplice ragazzo che si era ritrovato a fronteggiare senza volerlo la vera prospettiva del Paese.
Aprendo gli occhi si adagiò con il capo contro il tronco dell’albero al quale si era appoggiato, allungando distratto una mano per carezzare con due dita l’acciaio rovinato d’una delle sue lance. Per un guerriero come lui rappresentavano la vita stessa e non se ne separava mai, nemmeno in momenti come quello. Anche se tutto era avvolto nella quiete più pura, non voleva di certo dire che il pericolo non fosse in agguato. E proprio nel momento stesso in cui stava allungando l’altra mano per afferrare il sakè che si era portato dietro, con i suoi sensi sviluppati avvertì l’approssimarsi d’un’altra presenza. Afferrò entrambe le lance senza nemmeno pensarci due volte, scattando in piedi e puntandone una verso quel malcapitato aggressore.
    «Date Masamune!» esclamò non appena quel viso fu illuminato dalla luna, e il sorriso che vide sulle labbra del signore di Oshu riuscì solo a farlo fremere. Se fosse per rabbia o per altro, non avrebbe saputo dirlo.
    Masamune portò una mano sull’elsa d’una delle sei spade che componevano il suo armamentario, forse più per istinto che per ingaggiare un vero e proprio combattimento, ma tenendosi comunque pronto per ogni evenienza. «Abbassa le armi, Sanada Yukimura», si fece sentire infine a bassa voce, squadrandolo attentamente. «Non sono qui con intenzioni ostili. You see?» soggiunse poi in tono vagamente sarcastico. Aveva persino allargato di poco il sorriso, come se quella situazione lo divertisse.
    Yukimura sembrò restio ad eseguire quell’ordine, non potendo sapere con quali intenzioni il signore di Oshu fosse venuto fin lì. Dal loro primo incontro non aveva fatto altro che pensare a lui, alla sensazione che gli aveva provocato l’aver incrociato le lame con quell’uomo. E farsi trovare impreparato dinnanzi a lui non era la miglior idea che avrebbe potuto venirgli in mente.
Fissò intensamente l’unico occhio che Date possedeva, rinserrando la presa sulle proprie armi senza però abbassare la lancia. «Cosa ti ha portato qui, drago con un occhio solo?» domandò dopo poco, non riuscendo più a tener dentro di sé quel quesito che lo martoriava. Da quel che ricordava, l’esercito di Date non aveva voluto allearsi con quello di Takeda, nonostante entrambi avessero un obiettivo comune: la disfatta di Oda.
    Masamune fissò le punte delle armi con un sorriso, quasi si fosse aspettato quel modo di fare dal suo giovane interlocutore. «Per quanto io stesso frema dalla voglia di incrociare ancora una volta i miei artigli con te, giovane tigre del Kay, non sono venuto per questo», asserì poi semplicemente, facendo persino un breve cenno con il capo. Dal suo tono sembrava sincero, ma era quell’unico occhio che possedeva a smentire probabilmente le sue reali intenzioni. «Il messaggero dei Maeda è venuto a farci visita, e sembra stia organizzando un’alleanza anti-Oda come il tuo maestro».
    «Sei venuto sin qui solo per dirmi questo?» chiese ancora Yukimura, più scettico di quanto non fosse apparso poco prima. Però Masamune si limitò a sorridere maggiormente, facendo un piccolo cenno affermativo con il capo e sconcertando ancor più la giovane tigre del Kay. Alzò ancor più, forse incerto, una delle sue due lance. «Non ti credo, signore di Oshu», esordì pacatamente, mettendosi subito dopo in posizione d’attacco.
    Al che Masamune scoppiò in una sonora risata. «Vuoi davvero combattere con me?» domandò quasi sarcastico. «Qui? E adesso?»
    «Non ti saresti sprecato in così tante parole, giorni fa», ribatté l’altro, rinserrando la presa sulle proprie armi. In realtà, l’ultima cosa che in quel momento voleva fare era proprio combattere contro Masamune. Si sarebbe volentieri seduto con lui come se appartenessero allo stesso esercito e, sotto quell’albero di ciliegio, si sarebbe abbandonato ai piaceri che il sakè avrebbe potuto offrire ad entrambi. Ma non potevano. Erano guerrieri, e un guerriero doveva far sì affidamento sul proprio cuore, in battaglia, ma ancor più doveva essere capace di sapersi estraniare dalle emozioni per non rischiare di cadere vittima di esse. Eppure era proprio quel che era successo. Aveva ancora la mente troppo affollata dai pensieri per potersi destreggiare in un duello con la stessa concentrazione dell’avversario, e non aveva intenzione di apparire debole quando in realtà non lo era mai stato.
    Date colse ben presto la sfida che gli era stata lanciata, sfoggiando un altro dei suoi sorrisi. «Okay, then, as you wish!» esclamò divertito, come se quella situazione gli piacesse, facendo persino un breve inchino prima di sfoderare una delle sue spade e puntarla contro di lui. «Let’s party, Sanada Yukimura!»
    Le lame si sfiorarono quando si mossero in simultanea, provocando un lieve tintinnio metallico prima che entrambi ritornassero in posizione d’attacco con le armi inclinate da un lato e impugnate a due mani. Si lanciarono nuovamente l’uno contro l’altro, scontrandosi violentemente fra sibili d’acciaio e sguardi. Un attacco fulmineo, un fendente; le gambe si muovevano ritmicamente seguendo i passi dell’altro, i corpi compivano movenze eguali creando archi invisibili al suono delle armi.
    Con un attacco netto e laterale, il signore di Oshu riuscì a colpire Sanada che, repentino, scattò immediatamente all’indietro, evitando così che il fendente risultasse per lui fatale. La lama l’aveva centrato difatti non poco più sotto del petto, scalfendogli l’armatura. Se non l’avesse indossata, Masamune l’avrebbe ucciso.
    Mentre incrociava ancora una volta le lame con il proprio avversario, però, non poté frenare quelle poche gocce salate che cominciarono ad offuscargli la vista e a rigargli le guance. Si maledì, indietreggiando svelto per strofinarsele via, furente con se stesso per quell’attimo di debolezza. Per quanto avesse cercato di soffocare i suoi sentimenti, essi si erano fatti breccia nel suo cuore ed erano spuntati fuori proprio quando non avrebbero dovuto.
    Forse quel modo di fare stupì Masamune, non ne fu realmente sicuro nemmeno lui stesso, ma fu abbastanza per far sì che la sua voglia di combattere svanisse del tutto, così rapidamente com’era giunta. «Stai piangendo, Yukimura», sussurrò, decidendo infine di abbassare la lama d’una katana verso il terreno. «E il pianto non si addice ad un guerriero».
    Sanada strinse gli occhi, mordendosi furente il labbro inferiore. Quella era l’unica debolezza che non avrebbe mai voluto mostrare al signore di Oshu. Un guerriero combatteva fino alla morte, non lasciava che le lacrime compromettessero uno scontro che avrebbe potuto rivelarsi mortale. Come samurai dei Takeda, si sentiva disonorato. Si lasciò dunque cadere in ginocchio dinanzi all’avversario dopo aver abbandonato le proprie armi, sistemando i piedi in modo che le punte fossero rivolte all’indietro e chinando il capo. «Non sono degno di continuare a servire il mio signore», esordì pacatamente nonostante la voce resa roca dal precedente sfogo, ritrovandosi in seguito a portare la punta di una delle lance all’altezza del ventre, sulla sinistra. «Merito di morire, Date Masamune, signore di Oshu». Era pronto ad espiare la propria colpa e a lavar via il proprio disonore, tagliandosi il ventre con le sue stesse armi in mancanza di un pugnale. Non solo aveva perso quel duello, ma aveva inoltre mostrato la propria fragilità al nemico. «E voglio che tu sia il mio kaishakunin».
    Più del rituale, però, a far dilatare l’unico occhio del signore di Oshu fu proprio quella richiesta. Un samurai non chiedeva mai ad un nemico di assisterlo in quell’atto. Mai. «Non lo farò», si fece sentire infine, scuotendo di poco il capo. «Non è la prima volta che ci scontriamo, giovane tigre, il nostro combattimento non era ufficiale».
    «Merito la morte!» insistette però lui, poggiando la punta della lama contro l’armatura, pronto a spingere per squarciarsi il ventre. «Ho profondo rispetto per te, drago con un occhio solo... non disonorarmi più di quanto non abbia già fatto con le mie stesse mani».
    «Non è da te comportarti in questo modo», esordì pacatamente Masamune, osservando dall’alto in basso il proprio avversario. La prima volta che l’aveva veduto, aveva scorto in lui un fuoco che non era mai riuscito a vedere in nessun altro guerriero. Vederlo inerme e arrendevole, adesso, gli faceva rabbia. Non era la tigre aggressiva che aveva avuto il coraggio di sfidare il dragone, quella che aveva dinanzi.
    Sotto lo sguardo incredulo dell’altro si ritrovò ad inginocchiarsi a sua volta, strappandogli l’arma di mano e afferrandolo per il collo del kimono che sporgeva oltre l’armatura cremisi. «Reagisci, Sanada Yukimura!» esclamò adirato, scrollandolo malamente. «Non è questo l’uomo che ha risvegliato in me l’eccitazione del combattimento!»
    Quell’impeto selvaggio e quel modo di fare sembrarono lasciare interdetto Sanada, che si ritrovò ad osservare il viso di Date ad occhi sgranati, quasi non si capacitasse della sua presenza. Non riuscendo a spiccicare una parola riabbassò lo sguardo, chiedendosi se, contrariamente a ciò che aveva pensato, agli occhi del signore di Oshu fosse apparso debole proprio a causa di quella sua inconsueta arrendevolezza.
Perché si stava comportando così? Non avrebbe saputo dirlo, ma la risposta gli giunse non appena avvertì una carezza al viso, rendendosi conto soltanto in un secondo momento che quella che gli aveva appena sfiorato la guancia era la mano di Masamune. Sentì il cuore perdere un battito, in attesa; fra loro il silenzio si protrasse a lungo, facendo sì che gli unici suoni fossero le risate ai piedi della collina, i richiami dei rapaci notturni e i loro flebili respiri.
    Quando si accorse che il signore di Oshu si era fatto più vicino si irrigidì, nuovamente pronto ad impugnare le proprie armi se si fosse ritenuto necessario. Ma il drago con un occhio solo non fece nulla né sembrò intenzionato a farlo, e l’unica cosa che Yukimura sentì fu la sua presenza costante aleggiare intorno al viso. Stringendo una mano su una delle lance abbandonate, si azzardò ad alzare di poco lo sguardo, adocchiando l’altro: lo guardava con quel suo unico occhio profondo, con un’intensità tale che mai gli sembrò di avergli visto fino a quel momento. Proprio quest’ultimo, vedendo contraccambiato il proprio sguardo, s’allontanò di scatto e si rialzò, dando la schiena al proprio avversario. Aveva sì visto che Sanada aveva impugnato nuovamente le armi, ma era certo che non l’avrebbe mai attaccato alle spalle. Ne andava del suo onore.
    «Torna dal tuo signore, Sanada Yukimura», esordì infine. «Guerrieri del tuo calibro sono troppo preziosi in questi tempi bui, don’t you think?» soggiunse, tornando ad osservarlo in viso con la sua solita espressione. Sembrava che le emozioni che l’avevano animato fino a quel momento fossero del tutto scomparse, quasi avesse indossato una maschera.
    Non aspettò che Yukimura rispondesse, sentendo il pressante bisogno di allontanarsi da lì il più in fretta possibile. Accennò dunque un saluto, quasi domandandosi lui stesso il motivo per cui aveva cavalcato fin lì a quell’ora della notte. Il motivo in realtà era semplice, ma non aveva intenzione di farci i conti. Per il momento gli interessava solo l’aver lasciato in vita il guerriero di Takeda.
    L’aveva lasciato vivere com’era giusto che fosse, forse perché non avrebbe nemmeno sopportato vederlo morire. Era stato lui ad essersi disonorato, era stato lui a soccombere, e l’aveva ampiamente dimostrato con quel semplice gesto. Yukimura aveva combattuto con onore fino all’ultimo, tenendogli testa anche quando era sembrato in difficoltà; lui, invece, aveva lasciato che le emozioni e le sensazioni che aveva cominciato a provare per Sanada gli offuscassero la mente, senza permettergli di pensare in modo razionale.
    Scosse il capo, non volendo pensarci oltre. Gettò solo un altro rapido sguardo verso il grande albero sotto il quale aveva appena lasciato il samurai e, racchiudendo dentro la sua anima quel sentimento così impronunciabile, ridiscese la collina in silenzio, lasciandosi trasportare dal vento come i petali dei ciliegi appena sbocciati
.






_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
Okay, finalmente ecco la mia seconda storia su questo fandom. A dir la verità la trovo pessima. Non so il motivo, sebbene si sia piazzata quinta allo Sfigafandom Contest per il quale era stata scritta in origine, e nonostante partecipi anche all'iniziativa The one hundred prompt project.
Diciamo più che altro che... beh, aye, credo che avrei potuto fare di meglio. I personaggi non mi sembrano propriamente loro, ma se è solo una mia impressione meglio così. Forse è solo l'emozione che mi fa parlare in questo modo - e un pochino lo spero, lo ammetto -, però quando ho consegnato questa storia mi sono sentita un tantino imbarazzata e agitata.
Come credo si sia notato è una specie di Missing Moment e What if dei primi episodi dell’anime, visto che è più o meno ambientata dopo l’incontro di Yuki e Masa con Oda. Vorrei poi spiegare la scelta del titolo, visto che in un primo momento non ci avevo fatto minimamente caso mentre procedevo con la scrittura. Il ciliegio era l’emblema dei samurai: rappresentava al tempo stesso la bellezza e la caducità della vita.
Non saprei che altro dire su questa storia, in effetti, sebbene molto spesso perda parecchio tempo a stendere le note finali.
Un ringraziamento anche a chi ha letto e commentato Precious Wonder.
Spero che la storia vi sia piaciuta e che non abbia fatto così schifo. ♥


COME PETALI DI CILIEGIO
QUINTA CLASSIFICATA A PARIMERITO CON SALICE MACMAY


Sintassi e grammatica: 9.5/10
Ci sono alcuni passaggi in cui avresti potuto modificare un po’ la punteggiatura (esempio: Colui che avrebbero dovuto affrontare non era un semplice essere umano e mai lo era stato, forse, dunque, nonostante le perplessità iniziali...-> in questo periodo sarebbe opportuno separare le due parti di discorso con un punto e virgola, o il lettore rischia di perdersi); c’è poi la forma non avrebbe sopportato vederlo morire dove manca un ‘di’, e essere capace di sapersi (estraniare) che è una ridondanza superflua. Ad ogni modo bravissima!

Caratterizzazione dei personaggi (IC): 10/10
Date-dono. Date-dono è meraviglioso. È meravigliosamente lui. *_* Ok, torno seria. (Perdona l’attacco di fangirlismo, avevo giurato a me stessa di evitarlo ma non posso farci niente: adoro alla follia quel personaggio.) Tanto Masamune quanto Yukimura sono resi benissimo, il primo con quel suo adorabile fare sarcastico e bastardo, il secondo con l’esuberanza che fa da facciata a un animo davvero molto sensibile. Ogni pensiero, ogni singola azione della tua storia appartiene loro. Non posso che farti i miei complimenti.

Originalità: 9/10
Sono rimasta favorevolmente colpita dall’idea di una ‘incursione’ di Date-dono dai Takeda. Non lo rende OOC, affatto, eppure non è ciò che ci si aspetta da lui. Così come la sua reazione di fronte all’emergere dei sentimenti di Yukimura attraverso le lacrime – uno stupore che in qualche modo non gli si addice, o perlomeno questa è la prima sensazione: perché poi il suo scuotere il nemico è invece totalmente verosimile. Temo di essermi incartata. Volevo solo dire che hai sviluppato una trama davvero interessante, semplice ma per nulla banale.

Stile: 8.5/10
Attenzione alle ripetizioni! Ho notato il ritornare di qualche espressione qua e là, il che rende la lettura un po’ meno fluida. Però adoro il tuo stile, adeguatamente ricercato ma non troppo aulico, facilmente accessibile ma portatore di ricordi di storie antiche: bellissimo!

Gradimento personale: 9.5/10
Sappi in primo luogo che mi sono innamorata follemente del pairing, e che sì, la mia idea di romantico si avvicina molto a ciò che ho letto. xD Ma non è soltanto per questo che mi è piaciuta la tua storia: è veramente ben scritta, scorrevole, delicata e intensa insieme - cosa aggiungere? Grazie davvero per avermi fatto conoscere questo fandom!

+ 5 punti bonus per la lyric

Totale: 51.5/55 punti


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