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Autore: TuttaColpaDelCielo    21/04/2011    2 recensioni
«Siamo umani.» mormori. «Non possiamo pretendere di capire le stelle. Possiamo solo vivere, andare avanti aggrappandoci alla ragione.»
«O alla follia.»
«O alla follia.» mi concedi. «Ma preferirei che tu non lo facessi.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sfumature'
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La pazzia forse non è che la solitudine perenne con il proprio pensiero inespresso.
[Sibilla Aleramo, Orsa Minore]


Limpida notte d’estate, troppo piacevole per essere sprecata tra mura soffocanti. C’è il tuo calore accanto a me, il prato che già altre volte ha visto i nostri corpi nudi, la mia voce che ti sussurra parole sulle costellazioni e che chiama per nome le stelle; e ci sono loro, che ci guardano dall’alto, forse senza vederci davvero – forse le loro antiche iridi scivolano su di noi senza interesse, lasciando solo un’impronta che a volte ci sfiora la pelle. Non accade ad ogni anima che vaga sotto quegli sguardi indifferenti, solo a chi alza il viso ogni notte verso le loro luci, agognandone la misteriosa carezza; e con un fremito della nostra pelle umana, della nostra mente imperfetta, delle pieghe più profonde del nostro animo a volte assaporiamo per un istante il tocco di quegli esseri antichi e indifferenti. È una voragine che si apre nel petto, l’impressione di comprendere, di poter percorrere lo spazio ed il tempo semplicemente chiudendo gli occhi; e si trema, conoscendo la fugacità di questi pensieri, troppo brevi ed intimi per poter essere espressi – una solitudine interiore in grado di portare alla follia.

Ti dico tutto questo gettando sguardi sfuggenti ai tuoi occhi, cercandovi una scintilla di comprensione; ottengo un sorriso incerto, o forse compassionevole.

«Sicura di non averla già raggiunta, la follia?»

No. La sento avanzare dentro di me, sento le arcane carezze delle stelle strapparmi la ragione pezzo per pezzo, sento la solitudine annidarsi sempre più in profondità lasciandomi sveglia e fremente nella notte; e nonostante ciò continuo ostinatamente a protendermi verso quelle luci, con la speranza o l’illusione di riuscire a gettare su carta il loro mistero. Comprendere l’essenza di esseri millenari... cos’è perdere il senno, a confronto?

«Siamo umani.» mormori. «Non possiamo pretendere di capire le stelle. Possiamo solo vivere, andare avanti aggrappandoci alla ragione.»

O alla follia.

«O alla follia.» mi concedi. «Ma preferirei che tu non lo facessi.»

Chiudi gli occhi e ti stringi a me, terminando un discorso che non hai mai desiderato iniziare. Assaporo il tuo corpo contro il mio, il tuo respiro caldo sul collo; ti guardo scivolare nel sonno, i capelli sparsi sull’erba e sulle spalle, ma talvolta i miei occhi saettano verso il cielo, verso le stelle. Mi sembra di aver vissuto questo momento migliaia di volte, in migliaia di vite diverse.

Posso sentire la mia ragione sgretolarsi.




Si tratta di un esperimento, scritto utilizzando uno stile e un tema non tradizionalmente miei: il suo scopo è principalmente quello di avvicinarmi ad un nuovo taglio di scrittura e di raccogliere suggerimenti per migliorarlo. Ho volutamente evitato di dare informazioni sui due personaggi e di far confondere le parole che effettivamente pronuncia la voce narrante con quelle che si limita a pensare, essendo questo in sostanza un lungo flusso di coscienza.

Edit del 08/11/11:
Ho deciso di inserire lo scritto in una serie dedicata ad alcuni miei personaggi originali, essendovi effettivamente legato. Non ero sicura di scrivere ancora su di loro, ma ora che ho raggiunto due one-shot ho scelto di aggiungere anche questa. Leggibile, comunque, in modo indipendente dalla serie.

   
 
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