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Autore: Lua93    21/04/2011    5 recensioni
Isabella Swan è una giovane Dottoressa, appena laureata in chirurgia e medicina. Per completare la sua formazione decide di partire per l'Asia sud-occidentale, durante la Seconda Guerra del Golfo.
Edward Cullen è un giovane Tenente, in missione di pace vicino Kuwait City, capitale dell'Emirato del Kuwait, arida regione Islamica. Tra le dune del deserto e il chiarore della luna i due protagonisti s'incontreranno incendiando il deserto con un'inarrestabile passione.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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3 Marzo 2003. Base Americana, distanza da Kuwait City 4 chilometri.


Il rumore degli elicotteri che sorvolavano il cielo, era l’unico suono percepibile nell’arco di chilometri. I raggi del sole bruciavano a contatto con la superficie degli abiti leggeri che indossavo, e a ogni respiro mi sembrava di prendere fuoco.
Era una terra torbida quella in cui ci trovavamo, insidiosa e pericolosa. Sembrava nascondere pericoli dietro ogni duna del deserto, e l’afa sembrava sua alleata.
Ci trovavamo nella base americana, distante pochi chilometri dal Kuwait, città islamica, poco distante dal Golfo Persiano. Benché il mare si trovasse a meno di venti chilometri, il terreno era piuttosto arido e privo di qualsiasi tipo di vegetazione. Sarei impazzita presto, se non mi avessero dato subito qualcosa da fare.
Mi trovavo da più di trenta minuti nel capanno medico allestito dai soldati Americani, come base di ricovero per i soldati e i civili feriti durante gli attentati. C’era un silenzio surreale  e nessuno dei presenti sembrava avere intenzione di proferire parola.
Eravamo atterrati da più di due ore, ma la maggior parte del tempo l’avevamo impiegato per arrivare dalla pista di atterraggio alla base militare. Era stato un viaggio lungo quello sulla Jeep. Più volte fummo costretti a fermarci e cambiare percorso per confondere le tracce dei pneumatici sulla strada. Ci era stato detto che non c’era bisogno di preoccuparsi, che presto avremmo raggiunto la base e allora ambientarci sarebbe stato facile. Ma non fu affatto così.
Eravamo partiti in cinque, da Seattle. Tutti infermieri, eccetto me. Unica dottoressa presente nella stanza. Aspettavamo con trepida agitazione l’arrivo del Dottor Dexter Smith, il chirurgo presente all’interno del campo. Io sarei stata la sua sola aiutante, l’unica almeno altamente qualificata da poter reggere lo sforzo fisico e mentale.
Il resto dello staff medico era composto prevalentemente da infermieri e volontari della croce rossa.
C’era chi si trovava lì per scelta, chi per obbligo, e poi c’ero io che avevo deciso di partire solo per completare la mia formazione. Lavorare direttamente sul campo era molto meglio che fare tanti anni da gavetta. Non era la scelta più giusta, in effetti ero stata chiamata pazza più volte, ma raggiungere la zona di guerra e aiutare i nostri soldati, mi riempiva di orgoglio. Ero giovane, questo lo sapevo bene, ma volenterosa, avrei imparato in fretta.
Seduta accanto a me, c’era una ragazza dai lunghi capelli dorati, legati in una coda alta, che le scoprivano il candido collo. Aveva la carnagione chiara, ricoperta di lentiggini, sembrava troppo delicata per riuscire a resistere in un posto come quello. Eppure nei suoi occhi brillava una luce di determinazione che non avevo mai visto prima.
Nessuno sembrava avere intenzione di alzarsi o muoversi, ci trovavamo tutti seduti intorno a un tavolo in attesa di direttive.
Ero completamente sfinita, eppure non feci neppure un passo in direzione della porta, ma attesi pazientemente che si aprisse. E quando finalmente accadde, la figura alta e robusta del Dottor Smith, comparve in tutta la sua fierezza.
Era un uomo piuttosto avanti con gli anni, ma con una forza che avrebbe fatto invidia a molti giovani presenti nel campo. Era stato il mio professore all’università dal primo semestre fino al giorno della mia laurea. Era stato lui a chiedermi di partire. Diceva che i soldati americani avevano bisogno di un valido sostituto in caso gli fosse successo qualcosa, così dopo tante parole e altrettante riflessioni, accettai il suo invito. Avrei completato la specializzazione e salvato vite umane, cosa potevo volere di più dalla vita?
Ma l’ambizione mi offuscava la vista, e benché sapessi di essere in una terra straniera piena di pericoli e nel bel mezzo di una guerra, la paura non aveva ancora preso a scorrermi nelle vene.
«Buongiorno ragazzi, e benvenuti nella base americana del Kuwait.» Disse a gran voce, come se avesse paura che non lo potessimo sentire. Tutti ci alzammo in piedi, salutando il dottore con una stretta di mano. Quando mi avvicinai a lui mi strinse forte in un abbraccio, «sono felice di vederti Isabella.» Mi sussurrò all’orecchio, facendomi poi voltare verso gli altri ragazzi.
«Lei è la mia assistente, la dottoressa Isabella Swan, laureata da poco in medicina e chirurgia con il massimo dei voti.» Mi presentò, facendomi arrossire.
Quando finì di presentarci, ci fece accomodare intorno al tavolo, portando con sé un paio di cartelle cliniche.
«Allora ragazzi, lo so bene che il viaggio è stato lungo e stressante, ma qui ogni secondo è prezioso e perdere tempo è un lusso che non possiamo permetterci.» Si sedette capo tavola, sistemandosi il camice bianco. Tutti noi l’imitammo, osservando ogni suo movimento.
Posò le cartelle cliniche si poggiò con le braccia sul tavolo, reggendosi sui gomiti. «Qui non ci troviamo in America, le leggi non valgono quando si è in guerra, ma questo non significa che ci si deve comportare da animali. Ognuno di noi ha diritto di esporre la propria opinione e aiutare quanto più possibile gli è concesso, senza però, intralciare in alcun modo il lavoro dei militari.» Ci disse autoritario, corrugando la fronte, come se stesse pensando.
In quel momento la porta alle nostre spalle si spalancò mostrandoci un ombra dall’aspetto minaccioso, tutti noi ci voltammo incuriositi, ma l’unica certezza era che miei occhi avrebbero visto quell’uomo sempre in maniera diversa rispetto alle altre persone presenti.
L’uomo era un soldato, probabilmente un ufficiale dato che indossava più medaglie sul petto. Era alto, molto alto, con un fisico asciutto ma non eccessivamente robusto. I muscoli delle braccia e delle gambe erano fasciati da una divisa militare verde, che ricalcava perfettamente le forme del suo fisico. Quando i miei occhi misero a fuoco il suo viso, una strana sensazione si fece spazio dentro di me. Quell’uomo non aveva due semplici occhi, ma gemme preziose, di un verde brillante, che veniva risaltato ancora di più dalla luce potente delle lampade al neon. Aveva i capelli di uno strano colore, sembrava biondo scuro, simile al rame, con ciuffi che parevano ribellarsi a qualsiasi tentativo di sistemazione.
Non disse nulla, ma i suoi occhi si posarono su ognuno di noi, come a volerci esaminare. Quando i nostri occhi s’incontrarono per la prima volta, fui pervasa da un brivido violento che percorse tutta la mia spina dorsale. Così fui costretta ad abbassare lo sguardo, intimorita.
Il dottore Smith gli sorrise amichevolmente, «Tenente, stavo dando il benvenuto al nuovo staff.» Gli disse facendolo  avvicinare. Più si avvicinava e più i suoi lineamenti si mostravano ai miei occhi, e non vi trovai imperfezione in quel viso stanco. Se da lontano poteva sembrare un uomo dall’età avanzata a causa della sua imponenza, da vicino dimostrava poco più della mia età.
«Cos’è successo agli infermieri precedenti?» domandò con voce ferma la ragazza bionda. Sembrava esausta ma non aveva alcuna intenzione di abbandonarsi al sonno.
Il Tenente la fissò in silenzio un paio di secondi, poi le rispose facendo tremare ogni cosa con la sua voce. «Sono morti in un attentato avvenuto cinque giorni fa.»
I mie occhi si spalancarono, «tutti?» domandai con un sussurro, ma il Tenente sembrò sentirlo, e quando si voltò verso di me, non riuscii a fare altro che reggere il suo ammaliante sguardo.
«No, si sono salvate solo due infermiere.» Mi rispose distogliendo quasi subito lo sguardo.
Mi passai una mano sul viso, costatando di essere leggermente sudata, avevo urgente bisogno di una doccia. Sapevo di avere un aspetto orribile e impresentabile.
«Ragazzi non vi fare prendere dal panico, il Tenente Cullen è un ottimo soldato. Non si teme nessun pericolo con lui nelle vicinanze.» Disse in tono sarcastico Dexter, cercando di smorzare un po’ l’aria satura di agitazione.
Il Tenente Cullen fece un sorriso sghembo, cambiando completamente espressione. Quando sorrideva il suo viso sembrava brillare di un'altra luce. Così serio e autoritario, già sapevo che sarebbero stati rari i suoi sorrisi.
«Ero venuto a dirti che abbiamo un nuovo ferito, questa volta si tratta di un civile. L’ospedale della città è pieno ormai, e il Sergente Hale non se l’è sentita di abbandonarlo al proprio destino.» Disse il Tenente rivolgendosi al Dottore. Dexter annuì, sollevando lo sguardo verso di noi.
«Vedete signori, la noia non vi assalirà mai qui.» Ci sorrise rassicurante, «Signorina Swan tu venga insieme a me e il Tenente Edward Cullen, gli altri possono benissimo congedarsi. Fuori  troverete le vostre valigie e un soldato che vi accompagnerà nei dormitori.» C’informò allungando verso gli infermieri una cartella clinica per ognuno. «Questi da domani saranno i vostri pazienti, il vostro compito sarà prendervi cura di loro, la loro vita è nelle vostre mani.» Gli sorrise, poi con un gesto del capo li congedò. In meno di due minuti tutti furono fuori dalla stanza, eccetto io, Dexter e il Tenente Edward Cullen.
«Edward lei è la mia nuova assistente, la dottoressa Isabella Swan.» Disse il dottor Smith, presentandomi al Tenente. L’uomo allungò ma mano verso di me, e quando ricambiai la stretta, mi resi conto di non avere neppure un briciolo della forza sia fisica che morale del Tenente. La sua era una stretta forte, autoritaria, la sua mano avvolgeva la mia completamente.
«E’ un chirurgo anche lei?» Mi domandò ritraendo la mano.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, facendo un grosso respiro, «esattamente.»
Mi voltai verso Dexter passandomi una mano tra i capelli appiccicati sulla fronte a causa del troppo caldo, «potrei sapere dove si trova il bagno?» Gli domandai imbarazzata.
Dexter annuì immediatamente, rendendosi conto solo adesso che ero reduce di un lungo viaggio, «ma certo Isabella, il bagno si trova proprio dietro quella porta, » sorrise indicandomela, «io e il Tenente l’aspettiamo qui.»
Ricambiai il sorriso, voltandomi verso la porta che mi era stata indicata, quando finalmente la chiusi oltre le mie spalle rilasciai un sonoro respiro. Sembrava impossibile, eppure sentivo ancora addosso gli occhi chiari del Tenente Cullen.
Mi metteva soggezione il modo in cui mi fissava, come se cercasse di scovare qualcosa, forse era una mia impressione, forse ero solamente troppo stanca per riuscire a mettere in fila anche solo un pensiero coerente. Eppure il Dottor Smith mi voleva con lui, al suo fianco, di certo non potevo deluderlo proprio il primo giorno. Dovevo dare il massimo, da subito.
Mi avvicinai lentamente al lavello, rimanendo sconvolta quando guardai la mia immagine riflessa allo specchio.
I capelli erano un ammasso uniforme lucidi e appiccicosi, riconobbi tra le ciocche alcuni granelli di sabbia, che cercai di levare con un po’ d’acqua. Quando mi resi conto che solo uno shampoo li avrebbe tolti completamente, decisi di legarli in una coda alta. Mi sciacquai il viso più volte, massaggiandomi la nuca con la mano bagnata. Quando riacquistai un aspetto più dignitoso uscii dal bagno, ritrovandomi davanti i due uomini.
Il Dottore Smith ci fece segno di avvicinarci alla porta e insieme uscimmo fuori dalla piccola stanza raggiungendo un lungo corridoio. «In questa camera ci sono tutti i medicinali, mentre in quella accanto i macchinari per le operazioni.» Mi spiegò mostrandomi ogni stanza con accurata gentilezza. Il tenente Cullen ci seguiva come un ombra, camminando dietro di noi. Non mi voltai mai a controllare se ci fosse ancora o se invece, si fosse allontanato, sentivo i suoi occhi perforarmi la spina dorsale. Ero quindi certa che non ci avesse lasciati.
«Dov’è la sala operatoria?» domandai perplessa a Dexter. Quest’ultimo scoppiò in una fragorosa risata, seguito dal Tenente. Io rimasi in silenzio, sentendomi improvvisamente una nullità. Era ovvio che non c’era una sala operatoria, ci trovavamo in un accampamento arrangiato. Le persone venivano operate dove capitava, l’importante era salvarle le loro vite. Nessuno dei pazienti sarebbe rimasto a lungo nel campo, chi era gravemente ferito sarebbe stato trasferito poi in una struttura specializzata o il più delle volte rimpatriato.
Così fece un sorriso, dandomi della stupida da sola.
«Tranquilla Isabella, sei appena arrivata, il caldo gioca brutti scherzi. Adesso andiamo, il tuo primo paziente ti aspetta.» Mi disse dolcemente il Dottore Dexter, accompagnandomi in una sala piena di letti vuoti.
«Forse è meglio se siete voi, Dexter, a visitare il soldato Browne. La dottoressa mi sembra piuttosto affaticata.» Disse improvvisamente il Tenente, guardandomi.
Ricambia il suo sguardo, «è vero sono stanca, ma questo non influirà sulla diagnosi. Posso benissimo rimanere in piedi anche tutta la notte se necessario.» Gli risposi, lanciandogli un occhiataccia.
Il Tenente distolse lo sguardo, «ricordatevi queste parole Dottoressa Swan, perché diventeranno realtà molto presto.»
Il Dottor Smith, sembrava non essersi accorto dell’improvviso cambiamento d’aria avvenuto nella stanza. Il Tenente Cullen stava deliberatamente offendendo le mie capacità di Medico, e questo non gliel’avrei mai permesso.
«E’ il mio lavoro, salvare più vite umane possibili.» Sibilai mantenendo il contatto visivo tra di noi.
«Una cosa che ci accomuna Dottoressa, si dia il caso che questo sia anche il mio di lavoro.» Mi rispose in tono autoritario, come se gli desse fastidio che qualcuno si rivolgesse a lui con quel tono.
Evitai di rispondergli, voltandomi verso Dexter, «allora, dov’è il paziente?» Gli domandai ignorando il Tenente alle mie spalle.
Il Dottor Smith si voltò verso Il Tenete Cullen, «portalo qui Edward, e chiamami l’infermiera Brandon, ci sarà bisogno anche di lei.» Gli disse conciso.
Il Tenente annuì al Dottore prima di uscire dalla stanza, e proprio quando era sulla sogli della porta si voltò verso di me, lanciandomi uno sguardo di sfida.
Dexter fece una risatina sommessa, «prevedo grandi battaglie anche dentro la base.» Disse guardandomi, «avanti Isabella prendi il primo camice che trovi e non dimenticarlo in giro, di questi tempo anche la divisa sembra scomparire nel nulla.»

Così ebbe inizio il mio primo giorno alla Base.





Eccomi tornata con il primo capitolo, ringrazio tutte le ragazze che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite e ricordare. Grazie davvero.
Spero che il capitolo possa piacere, ci vediamo la settimana prossima con il secondo.
Per qualsiasi dubbio non esitate a contattarmi :)
Lua93




   
 
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