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Autore: Kicchina    22/04/2011    3 recensioni
[Per AlexielFay, e tutte le donne di Tumblr~]
[8018 - YamamotoxHibari][OneShot; Shounen'ai]
"Quello era un gioco a cui gli piaceva giocare."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kyoya Hibari, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome: Slipstream
Pairing: 8018 – Yamamoto Takeshi x Hibari Kyouya
Rating: Verde
Avvertenze: OneShot; Shounen'ai
Prompt: Gioco
Disclaimers: né Kyo-san, né Yamamocchan mi appartengono, il prompt, invece, me lo ha dato la cara AlexielFay~
Word Count: 674
Note: Doveva essere una drubble, il che è tutto dire. Era un mese che non scrivevo, quindi non è niente di che comunque~ è dedicata a tutte le care donne di Tumblr che mi stanno sopportando questa sera, in particolare ad AlexielFay, grazie alla quale sono riuscita finalmente a mettere giù qualcosa *sbaciucchia* spero ti piaccia, spero vi piaccia~
Il titolo non significa nulla, come al solito, è il titolo di una soundtrack di Tsubasa – sono le canzoni migliori da cui prendere i titoli♥


Slipstream




Quello era un gioco a cui gli piaceva giocare.
Scavalcava silenzioso il cancello della scuola, si infilava ferino nell'edificio ed aggiungeva un passo e un altro ancora al suo cammino invisibile ed inudibile.
Giungeva dinanzi a quella porta, e lì il suo sorriso si faceva eccitato e difficile da trattenere – come all'ultimo inning di una partita importante, con la mazza da baseball tra le mani e gli spalti che chiamano l'homerun, lo stesso, identico sorriso.
Poggiava l'orecchio alla superficie di legno, assicurandosi non vi fossero rumori di alcun genere, poi la socchiudeva e scivolava dentro attento.
Hibari era sempre lì, la testa reclinata sullo schienale della sedia e gli occhi chiusi in un sonno leggero, la penna ancora tra le mani, i fogli ordinatamente sistemati.
Si fermava alcuni secondi, lasciava fluire dentro di sé il suono sottile del suo respiro preciso, poi riprendeva a camminare, più lentamente, più silenziosamente, annullando la distanza che intercorreva tra di loro.
Avvicinava il viso al suo, le punte dei nasi a sfiorarsi, così vicini da sentire il reciproco calore.
Sapeva che Kyouya era sveglio. Un combattente come lui non dormiva mai sul serio, non abbassava mai la sua guardia.
Durava pochi istanti, poi il più grande lo afferrava per la maglietta e congiungeva le loro labbra e le loro lingue. Il sorriso del guardiano della pioggia si faceva più grande e divertito.
- È contro il regolamento delle medie Namimori introdursi nell'edificio dopo la chiusura di tutti i club, Yamamoto Takeshi.
- Giusto, me ne ero dimenticato.
Con una mano gli cingeva le spalle, con le dita dell'altra giocava con i suoi capelli morbidi e neri - dopo un po' persino Hibari aveva smesso di lamentarsi per quegli atti impossibili da evitare.
- Come anche ieri.
- Vero...
- L'altroieri.
- M-hm...
- Ed il giorno prima ancora.
- Ho la memoria corta.
Spostava le mani fino ai suoi fianchi, avvicinava il proprio corpo al suo petto ed al suo profumo - gli stringeva le braccia con le proprie, cosicché non potesse allungarle sino ai suoi tonfa ed interrompere il gioco proprio lì, in quel momento così perfetto.
Accostava le labbra alle sue, ancora, e la lingua scivolava ad accarezzare la sua pelle morbida.
Hibari lo mordeva, Yamamoto rideva.
- Mi hai fatto male – mormorava ilare, e lo sguardo del più grande si faceva più sottile.
- Togliti dalla mia vista in questo momento, o ti mordo a morte.
Il sorriso di Takeshi diventava più ampio, più luminoso.
- A me andrebbe bene, amo i tuoi denti.
Quello di Kyouya un ghigno pericoloso.
Era un gioco difficile, quello a cui giocava ogni giorno Yamamoto. Un gioco in bilico tra il dolore ed il piacere, tra la guerra e la passione, amore e puro istinto omicida. Un gioco davvero difficile.
Ma Hibari non lo aveva fermato, né ancora lo aveva ucciso. Era un buon segno, in fondo.
Un segno che stesse proseguendo il gioco nella direzione corretta, e che anche il secondo giocatore si stesse divertendo, in qualche modo – forse, probabilmente, o quantomeno lo auspicava con tutto il cuore. Per far durare il gioco ancora a lungo, per vincerlo e decidere poi le regole della seconda partita.
Perché, quando quelle piccole azioni sarebbero diventate parte integrante del suo quotidiano – e sperava davvero di non esservi già caduto, in quell'errore così invitante – rinunciarvi sarebbe poi stato impossibile, e lasciare in mano ad Hibari le redini di tutto avrebbe reso nel complesso il gioco infinitamente più complicato.
Avere Kyouya tra le proprie braccia, sentire il suo profumo sulla pelle, il suo sapore tra le labbra, e riuscire comunque a tornare a casa senza graffi o contusioni di alcun tipo. Un gioco dalle regole così semplici da parere quasi banale.
In quel momento, Takeshi avrebbe potuto continuare a giocare per sempre.
- Allora preparati, Yamamoto Takeshi.
Un gioco che iniziava a fondersi con la realtà, che gli bruciava ed eccitava l'animo sin nel profondo.
Quello era un gioco a cui gli piaceva giocare.
Il suo gioco preferito.












  
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