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Autore: Arisu95    23/04/2011    2 recensioni
Altopiano Blu - Gran Festival di Kanto.
Harley é stato sconfitto da Vera, eppure, a differenza dell'anno precedente, non ha lasciato lo stadio.
Come se la presenza di Solidad, la sua vittoria o la sua sconfitta, gli importasse qualcosa ...
****
Una Missing Moments sulla mia coppia preferita, la Harley/Solidad ^^
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Vittoria non é sempre Vincere
 


♥ 1. Come se importasse



"E la vincitrice di questa edizione del Gran Festival di Kanto é ... Solidad!"

Annunciò Lilian, mentre una cascata di coriandoli colorati iniziarono a piovere sulla ragazza, mentre teneva stretta a sé la Coppa Fiocco e salutava felice la telecamera e il pubblico.

Harley era rimasto lì, tra gli altri, a guardarla sorridere. Tutti iniziarono ad applaudirla.
Ipocriti.
Erano degli ipocriti. Chiunque avrebbe preferito vincere la Coppa al suo posto, e applaudirla era solo un segno di grande ipocrisia.
O almeno, così la pensava Harley, che rimase immobile a guardarla, con una mano sul fianco e gli occhi nascosti dall'ombra del cappello.

Eppure era rimasto lì.

Era una cosa che non aveva mai fatto prima. In genere quando perdeva, se ne andava via subito.
Che cosa mai gliene importava di chi vincesse? Lui era fuori gioco, e questo era tutto cio' a cui dava conto.
Ma stavolta era diverso.
Qualcosa lo aveva trattenuto, e non capiva bene cosa ...
Come se infondo, la posizione di Solidad nella gara gli importasse.

Con suo grande stupore, non aveva provato invidia per la Coppa, ma sentiva uno strano sentimento fiorirgli nel petto. Come se ... Fosse stato contento per lei.
Era la prima volta che provava una sensazione del genere, e si era sentito davvero strano.

Mentre Solidad e gli altri coordinatori furono sommersi dai reporter e dai fotografi, lui si congedò.
Fu fermato da alcuni giornalisti, ma con un cenno della mano li respinse, procedendo in fretta verso l'uscita del palco.
Lui che rifiutava le interviste ...?

Strano.
Si sentiva davvero strano.

Andò svelto verso i bagni e si sciacquò il viso.
L'acqua fresca gli parve gelida sulla pelle accaldata.
Ebbe per un attimo una sensazione di benessere, ma passò in fretta.
Non era cambiato nulla, lavarsi il viso non gli aveva lavato via quell'insolito senso di contentezza e confusione che stava provando.

Camminò lento verso l'uscita dello stadio, dietro le quinte.
Si fermò un attimo per prendere la sua borsa.

Che silenzio ...

Fino a poco prima era pieno di ragazzi e ragazze intenzionati a vincere la Gara, che parlavano, si consigliavano, rassicuravano i loro Pokémon e facevano baldoria.
Invece ora ... Silenzio.
Sentiva solo il rumore dei suoi tacchi mentre camminava riecheggiare nell'aria.
E la grande confusione che proveniva dal palco pareva un insieme di rumori indistinti, appena udibili.

Era appena uscito dallo stadio, con le mani in tasca e la testa bassa.
Aveva bisogno di distrarsi. Dormire e non pensarci più, sperando che al risveglio fosse tutto tornato come prima.

Si incamminò verso l'albergo e vi entrò.

"Già qui ...? Non é rimasto con gli altri sul palco?" - Chiese l'uomo alla Reception.

Harley non aveva proprio voglia di parlare, ma decise di rispondere. Non solo per educazione, ma anche per un disperato bisogno di togliersi dalla testa quei pensieri.

"No ... Sinceramente, potrà sembrare strano, ma non amo tutta quella confusione. La vincitrice é una mia cara amica, le farò i complimenti più tardi. Ora sono davvero stanco, credo che andrò a farmi un riposino ..."

"Oh, capisco ..." - Gli occhi dell'uomo brillarono per un attimo di malizia, come se quel 'una mia cara amica' fosse stato un grandissimo scoop, come se Harley avesse detto che si amavano e volevano sposarsi. - "Beh, dev'essere stressante partecipare ad una competizione simile. Voglio dire, viaggiare, allenarsi, vincere fiocchi ... E alla fine ritrovarsi in una località come questa, con un pubblico immenso e con tutta quella pressione e quegli occhi addosso. Io non ce la farei."

"Sì guardi, non me lo dica ... Mi piace gareggiare e tutto il resto, ma a volte mi chiedo se ..." - Si fermò un attimo. Non gli sembrava vero che stesse per dire ... - "... Se io non stia buttando via anni della mia vita inutilmente, invece di preoccuparmi di cose più importanti ..."

"Se questo é il suo sogno, non fa male a volerlo inseguire. Certo, bisognerebbe riuscire a trovare il tempo per tutto, ma che ci vuole fare. Dialga non guarda in faccia nessuno ... Il tempo scorre inesorabile, e bisogna goderlo senza preoccupazioni finché si può ... E poi lei é ancora giovane, é poco più che un ragazzino ... Dia retta a me, per il resto c'é tempo !!!"

"Sì, forse ha ragione ..." - Sorrise. Non lo aveva ascoltato molto, e non era neppure molto d'accordo, ma non aveva voglia di buttarsi in discussioni inutili con una persona praticamente sconosciuta.

"A proposito, posso chiederle un favore?"

"Di che genere?"

"Mi farebbe un autografo? Mia figlia é una sua fan, se scopre che ha soggiornato qui e non gliel'ho chiesto mi uccide!"

Ecco, era l'appiglio giusto. Finalmente poteva giocarsi la carta della facciata, indossando l'ennesima maschera. Era stato sé stesso per anche troppo tempo oggi.

"Un autografo ??!! Proprio il mio ?!?! Waaah !!! Lei mi rende davvero felice, sto fremendo di gioia !!!" - Esclamò saltellando a destra e a sinistra su una gamba sola, con le mani sul viso e un gran sorriso.

Falso.
Davvero falso.

Sfilò dal giacchino la penna e scrisse veloce qualche frase, a metà tra il demente e il sadico ... Nel suo stile, insomma.

"Grazie mille!" - Ringraziò l'uomo.

"Ma si figuri !!! Bene bene, ora però sono proprio stanco, adieu e buona giornata!" - Tagliò corto Harley in tono allegro, trotterellando via.

Proseguì con quell'aria idiota e spensierata finché le porte dell'ascensore non si chiusero dietro di lui.

Era di nuovo solo.

Appoggiò la schiena su un angolo dell'ascensore, mettendo le mani in tasca e fissando per terra.
S'accorse del grande specchio che copriva il lato infondo dell'ascensore.
Alzò lentamente lo sguardo verso di esso, guardando la sua immagine riflessa.

Prima le gambe, poi i fianchi, il petto, le spalle, il viso ... Non lo faceva spesso. O almeno, non in quel modo.

Per la maggior parte delle volte, rimaneva a contemplare sé stesso ripetendosi che era stupendo, il più bello di tutti ... Lo faceva così, senza pensarci, e senza neppure darci troppo peso ... Si guardava in maniera davvero superficiale.

Invece, quando era preso dalla malinconia ... O per meglio dire, quando gettava le maschere ed era solo ... Allora non gliene importava più.
Non si ripeteva più che era stupendo, ma si guardava come se stesse analizzando un oggetto. Osservava ogni cosa, e per ogni cosa scavava nella mente episodi che in qualche modo si collegavano.

Ora si era guardato negli occhi.
Il suo viso e persino la forma del suo corpo erano vagamente femminili ... Ormai ci era abituato, ad essere scambiato per una ragazza. Accadeva sempre, di continuo. Anzi, a volte si sorprendeva di più quando qualcuno capiva che non lo era.

Eppure, segretamente ne rimaneva ferito, nonostante ci scherzasse e giocasse sopra.

Lui non aveva mai fatto nulla per evitare questi incovenienti, anzi.
Sin da quando era piccolo e lo scambiavano per una bambina, si era convinto che iniziare a comportarsi e tenersi come gli altri maschi significasse cedere.
Cedere alle convinzioni della gente, accettare il fatto che sembrasse una femmina, e dunque cambiare.

Cambiare per chi ...? Per gente sconosciuta? Per tutta quella gente che incontrandolo gli avrebbe rivolto qualche frase, magari complimenti, ma al femminile?

Neanche per sogno.
Anzi.
Tutto questo chiacchierare sottovoce lo aveva spinto a fare proprio il contrario.

Così, per esempio, si era sempre rifiutato di tenere i capelli corti, o di giocare a calcio nei terreni fangosi d'Ottobre, o qualsiasi altra cosa di questo genere.

Era diventata una situazione contradditoria. Nonostante facesse di tutto per somigliare ad una femmina, quando la gente commetteva l'errore, lui ci stava male.
Finché un giorno decise che non gliene importava proprio più.
Se gli altri lo scambiavano per una ragazza era un problema loro.
Ormai aveva proseguito con questo andazzo per lunghissimi anni, e non aveva alcuna intenzione di darci un taglio.

Era tornato a guardarsi i fianchi ... Si piaceva (forse anche troppo), ma allo stesso tempo la considerava una maledizione.

Anche Brock lo aveva scambiato per una donna, e per un attimo era parso quasi infatuato ...
Non lo conosceva benissimo, ma aveva notato che difficilmente ci cascava, anche quando un uomo cercava di proposito di sembrare una donna.
Invece lui ... Non aveva fatto nulla, aveva indossato la sua maschera, certo, ma il voler passare da ragazza era un pensiero che non lo aveva nemmeno sfiorato.
Eppure persino Brock lo aveva considerato tale.
Ci aveva scherzato sopra, eppure nel cuore ne era rimasto ferito.

Din!

L'ascensore era arrivato all'ultimo piano, dov'era la sua camera.

Uscì. Non c'era in giro nessuno.
Iniziò ad incamminarsi verso la sua stanza, affondando i tacchi sulla moquette rossa del pavimento.
Aprì la sua borsa a tracolla cercando le chiavi.

Diamine ... Quanta confusione che c'era lì dentro, erano anni che non la ribaltava buttando via le cose inutili.

"Ma dove ..."

Non le riusciva proprio a trovare, gli capitavano in mano cose che aveva scordato di possedere e di cui ignorava l'esistenza. Tutto, qualsiasi cosa ... Tranne quella dannata chiave.

"Era ora!" - Esclamò poi sottovoce, prendendola e girandola nella serratura.

Richiuse la porta dietro di lui girando di nuovo la chiave, per poi appoggiare la borsa sulla sedia e buttarsi a metà sul letto a pancia in giù, rimanendo con le punte dei piedi salde al pavimento.

Strano ... Si sentiva ancora strano e l'unica cosa che voleva fare, ora, era dormire.

Si rialzò, poggiò affianco al letto il cappello e il giacchino verde.
Si sfilò la cintura e le scarpe, per poi mettersi a gambe incrociate di nuovo sul letto, con una PokéBall in mano.

La aprì ed uscì Banette.

Lo strinse forte a sé, così, senza ragione.

"Beinaaa ..." - Disse il Pokémon in un sospiro, poggiando le zampe sulle mani di Harley e chiundendo gli occhi.

Gli piaceva quando Harley lo abbracciava così, come se fosse un bambino impaurito che si stava stringendo al suo peluches preferito.
Poggiò le labbra sulla sua testa, dandogli svogliatamente dei baci, per poi assumere un'espressione triste e sollevare il collo.

"Mmh ... Scusami se abbiamo perso. Tu ti sei impegnato molto nel primo round ..."

"Beiné!" - Rispose Banette sorridendo, come a dire che a lui non importava, la cosa importante era che lui, come gli altri quattro, era un suo Pokémon, che si volevano bene e il resto poteva andare a farsi benedire.

Harley accennò ad un sorriso, avendo intuito cosa il Pokémon stesse cercando di dirgli.
Si sdraiò, lasciando Banette sul suo fianco, e fece un gran sospiro.
Si accorse che anche vicino al letto vi era uno specchio, e ancora una volta si era trovato di fronte a sé stesso.

Voltò di scatto la testa dall'altra parte, chiudendo gli occhi.

Di nuovo ... Ogni volta che si guardava, quella maledetta sensazione di rimpianto e compiacimento ...

No.
Non ci doveva pensare, né a questo né a nient'altro.
Il vago pensiero gli faceva solo venire malditesta.
Così, poco alla volta, si addormentò.


=== NOTA DELL'AUTRICE ===
... Lo so, avevo promesso una fanfic sulla Harley/Tommy, ma ci tenevo a postare anche questa.
E' sulla Harley/Solidad, e sono già in procinto di finire il secondo ed ultimo capitolo.
Poi credo che ne metterò una sulla Harley/Tommy che ho già scritto, e poi ... Beh, starete a vedere!
Ci ho messo l'anima in questa fanfiction, quindi spero che vi piaccia! ^^


  
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