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Autore: Beat in trip    23/04/2011    0 recensioni
Analisi introspettiva che incarna le paure dell'uomo moderno di uscire da se stesso e dal proprio mondo. Un essere o un uomo primordiale (o senza tempo) alle prese con le sue prime emozioni.
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Polvere vorticante.
Buio, buio immobile, noioso.
Scarsità di ossigeno, aria claustrofobica.
Legno duro e morto, ruvido. Legno ovunque, destra sinistra alto e basso, pareti di legno avvolgenti e asfissiate.
Ragnatele, fragili e compatte, ragni febbricitanti divorano le loro fresche prede angosciate.
Un uomo.
Immobile e accovacciato, per l'ennesima volta riapre gli occhi e sente legno, ovunque, duro e morto e ruvido, vede ragnatele fragili e ragni febbricitanti. E prede.
Ragni che divorano prede, l'armadio che divora lui.
È come inghiottito dalla polvere, dal buio, dalle pareti; è inghiottito da sempre, senza origine né fine. Respira la stessa aria da sempre, che circola nei suoi bronchi e nell'ambiente chiuso, dentro e fuori.
Dentro e fuori, respiro dopo respiro. Secondo dopo secondo? Lo scandire del tempo non era percepibile da quell'uomo senza età, i secondi gli scivolavano impotenti sulla sua pelle divorata dalla passività, la vita gli passava per i bronchi ma non per il cuore. Sì, un cuore.
Tic toc.
Tic toc.
Battito dopo battito, piccola contrazione di muscoli e scorrere del sangue attraverso le vene, da una parte all'altra. Il corpo è davvero un'autostrada di globuli rossi.
Un cuore che pulsava e nient'altro, nessuna ombra di emozione o sentimento astratto. Infondo, chi può dirlo che sia proprio il cuore la sede delle emozioni? Perché non la mano, per esempio? Nelle unghie magari, o nelle ginocchia.
Ma per questa creatura il sentimento non esisteva, né nel cuore né nelle unghie né nelle ginocchia, in nessuna parte del corpo. Sembrava materia e basta, solo uno stupido ammasso di atomi in aggregazione, perfino i pensieri erano incastrati scomodamente dalla materia del cervello, o delle unghie o delle ginocchia. Chi lo sa.
Non provava niente, era passivo come le foglie che si fanno trasportare dal vento o come le ragnatele che si lasciano tessere dai ragni, ma non sentiva il vuoto dentro di sé: non sapeva che gli esseri umani potevano provare emozioni, e di certo non poteva mancargli qualcosa del quale ignorava l'esistenza.
Vede, legno e ragni e buio.
Ascolta, battito del cuore.
Inala, polvere.
Tocca, legno e ginocchia.
Gusta, saliva.
Nient'altro. Nient'altro oltre gli innumerevoli giorni senza tempo, oltre la prete di legno.
Nient'altro che lui potesse conoscere oltre la parete, mai una volta cercò di spingerla per scoprire un mondo esterno, e mai lo farà. Poteva pensare che potesse esistere un armadio più spazioso forse, ma il suo mondo era tutto in quell'angolo di legno e polvere e buio. Non sapeva che urtando quell'insignificante parete poteva conoscere felicità, dolore, rabbia o amore. Ma infondo avrebbe trovato anche persone simili al suo armadio, con legno e buio e polvere nel cuore.
Guardava la parete con un semplice e fuggente luccichio di curiosità, ma senza comprenderne il vero motivo.
No, mai allungherà la mano più del dovuto.
Semplicemente esisteva, apriva gli occhi scoprendo i suoi soliti compagni di cella, fissava il vuoto con indifferenza e per sua necessità riabbassava le palpebre, dopo un tempo senza tempo.
E si assopiva, il mondo si riempiva di un buio intenso e impenetrabile, senza disegni psichedelici. Lasciava andare la sua testa sulla parete dietro di lui e lentamente dormiva. Lentamente consumava la sua esistenza, lentamente trasformava la sua leggera curiosità in un buio estraneo e fuori da ogni esistenza. Sogni? Al massimo un granello di polvere.
Si immergeva in un pozzo, mentre i meccanismi vitali continuavano a lavorare senza tregua.
Tic toc.
Tic toc.
Battito del cuore, autostrada di globuli rossi.
Respiro.
Respiro.
La vita gli passava per i bronchi ma non per il cuore.
   
 
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