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Autore: POPster    25/04/2011    5 recensioni
Mikey era seduto sul letto di Gerard, con le gambe incrociate e lo sguardo perso nel vuoto, mentre il rumore della matita che suo fratello stava utilizzando per scrivere il testo di una possibile canzone che gli aveva attraversato la mente dopo la notte passata con Frank, lo ipnotizzava quasi.
Sospirò, voltandosi verso Gee che era seduto sul davanzale, con la testa china sul blocco di carta che teneva poggiato sulle ginocchia.
    «Quindi ora tu e Frank state insieme? Cioè, insieme insieme, dico?» domandò con un leggero filo di imbarazzo nella voce.
Gerard sorrise. Gli bastava sentir pronunciare quel nome, per sentirsi meglio, allegro. Sospirò, facendo spallucce «Credo di si. Insomma, qualsiasi cosa sia, è... è bellissimo, Mikey. L'amore, è straordinario...» disse sorridendo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mikey Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le confusioni più grandi le procura il cuore'
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p.s.: è la prima FF Frerard che abbia mai scritto in vita mia. Forse è anche la prima FF sui MCR in generale.
Enjoy.


Capitolo 1
Liberi come eravamo ieri, dei centimetri di libri sotto i piedi, per tirare la maniglia della porta e andare fuori.

Erano circa le otto e mezzo del mattino. Il sole scaldava l'aria e Gerard aveva scelto di camminare dal lato della strada ombreggiato, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni scuri e lo sguardo rivolto al suolo, mentre a passo svelto si incamminava verso il negozio di belle arti di Belleville.
Doveva comprare del materiale per dare alla luce l'ennesima opera ispirata dal sogno fatto la notte precedente. Si era alzato presto di proposito, ed in casa regnava il silenzio assoluto. Suo fratello Mikey stava approfittando degli ultimi giorni di vacanza prima della riapertura del liceo per dormire un pò, ed i suoi genitori erano andati a lavoro. Così si era infilato al volo un paio di pantaloni stropicciati, trovati sullo schienale di una sedia nell'angolo della sua camera, ed aveva deciso di uscire.
In strada non c'era troppa gente. Gli studenti in vacanza dormivano ancora, gli altri erano a lavoro, o all'università. Gerard era in quel periodo della sua vita in cui non sapeva ancora bene cosa dovesse farne di se stesso. Passava intere giornate e nottate chiuso in camera sua a scarabocchiare, dipingere, disegnare, scrivere e disegnare ancora un pò. Aveva iniziato a lavorare su un ennesimo fumetto, che però non aveva intenzione di far pubblicare. Più che altro lo faceva per il gusto personale di perdersi nella creatività, non per lavoro. Non che non gli sarebbe piaciuto, solo, non ci pensava.
Per arrivare da casa sua al negozio di belle arti dovette camminare un bel pò, ma era abituato a quella passeggiata, la faceva almeno un paio di volte al mese, o quando gli capitava di voler utilizzare qualche materiale nuovo e sperimentare nuovi metodi di disegno.
Quando arrivò davanti alla vetrina sorrise. Da lì, tra i vari poster e cartelli degli sconti, si intravedeva il caos che regnava all'interno, proprio come la sua cameretta. Tirò fuori una mano dalla tasca ed aprì la pesante porta in legno scuro.
Quando fu dentro, un odore misto di tappeto, antico, legno ed acetone lo travolse, e lui istintivamente chiuse gli occhi per sentirsi trasportare maggiormente.
Adorava quei profumi e quell'ambiente. Il padrone del negozio era un signore anziano, con i capelli bianchi ed un paio di occhiali spessi e squadrati.
Non appena lo vide lasciò stare gli scatoloni di vernici che stava sistemando sopra un espositore ed andò a salutarlo << Ciao Gerard! Stamattina ti sei svegliato presto, eh? >> fece.
Lui sorrise scrollando le spalle e guardandosi intorno. C'erano un mucchio di scatole imballate sparse per tutto il negozio, e si chiese come potesse farcela un anziano signore a sistemare tutto da solo.
In tal proposito, il proprietario del negozio indicò degli scatoloni << Vedi, devo ancora sistemare un pò di cose, solitamente non entra nessuno a quest'ora. Ho dei nuovi prodotti che vorrei mostrarti... >> disse. Era affezionato a Gerard, era il suo cliente migliore, e poi aveva davvero talento in ciò che faceva. Ci metteva il cuore, e questo si vedeva.
<< Le serve una mano? >> domandò il ragazzo, spostando una ciocca di capelli scuri da davanti i suoi occhi verdi.
Il signore rise << No, non preoccuparti. Perché non vai a prendere un caffè nel locale qui davanti mentre aspetti? Faccio in fretta... >> disse. Gerard accettò volentieri. Il caffè era sempre un'ottima idea.

Nel Cafè davanti al negozio di belle arti, Alex sorseggiava un tazzone di cappuccino seduta alla cassa chiedendosi perché mai dovesse lavorare a quell'ora del mattino quando tanto non entrava mai nessun cliente visti tutti gli Starbucks adiacenti. Erano gli ultimi giorni di vacanza e li avrebbe passati volentieri a... beh, dormire era già qualcosa. E in più Frank non faceva altro che cantare ogni canzone che passavano sul piccolo televisore all'angolo del bancone, sintonizzato su MTV, accompagnandosi con improvvisati colpi di batteria ricavati da due cucchiaini battuti con decisione e forza contro il bancone a ritmo. Vista la sbronza della sera precedente si chiedeva come potesse essere tanto attivo e pimpante quando lei voleva solo dormire. Con la testa sotto al cuscino, se possibile.
Ad ogni passante che attraversava la strada lui sorrideva esclamando << Ecco un cliente! >>, ma mai nessuno entrava dentro.
Alex aveva proposto ai suoi, i padroni del locale, di inventare qualcosa di nuovo per attirare la clientela, ma loro non le avevano dato retta, così passava le giornate chiusa lì ad annoiarsi in attesa di vendere almeno un muffin al giorno.
Quando anche l'ennesimo passante tirò dritto senza nemmeno guardare la vetrina, con in mano un bicchiere di Starbucks, Frank sbuffò facendo una smorfia << Facciamo una cosa, se entro mezz'ora non entra nemmeno un cliente, mettiamo il cartello "Chiuso" e ci mettiamo a fare cose sconce sul bancone! Che te ne pare? >> disse ridendo di gusto.
Aveva una risata magnetica, che ti faceva venir voglia di ridergli dietro. Ma Alex non aveva affatto voglia di ridere.
Frank scherzava sempre, e lei sperava sempre che dicesse sul serio.
Quando suo padre le disse che il suo compagno di scuola Frank Iero sarebbe diventato anche suo collega nel Cafè, provò quella strana sensazione che la colpiva al cuore e allo stomaco, la stessa che provava ogni volta che a scuola lasciava che Frank copiasse i suoi compiti per poi ringraziarla stampandole un bacio sulla guancia e cose del genere.
Ma Frank era fatto così, era espansivo con tutti, e non c'era la minima possibilità che dietro quei gesti si nascondesse un particolare interesse verso di lei, si diceva sempre.
Così in silenzio scrollò le spalle << Così se arriva mio padre ci stacca la testa dal collo, a tutti e due... >> mugugnò fingendo una risatina.
Poi, come per miracolo, la porta del locale si aprì. Al suono cigolante entrambi si voltarono a guardare in direzione dell'entrata.
Era un ragazzo moro, con i capelli arruffati e gli occhi piccoli e color nocciola. Indossava una maglietta scura e dei pantaloni neri e stropicciati, e sorrise visibilmente imbarazzato quando notò che tutti - ovvero Alex e Frank - i presenti lo fissavano.
<< Salve... >> disse, avvicinandosi alla cassa.
Alex posò il bicchiere di cappuccino e si sistemò i capelli neri sulle spalle.
<< Buongiorno! >> esclamò.
<< Vorrei un caffè. Doppio. Grazie... >> mugugnò lui, guardando Frank, un tipetto basso, con i capelli tagliati in una specie di cresta nera, dai lati tinti di rosso, che finiva in una lunga frangia al lato del suo volto sorridente ed allegro, che era scattato inpiedi e si era messo al lavoro trafficando con la macchina per il caffè.
Pagò con le monete che aveva in tasca e prese il suo caffè, poi si mise, sotto lo sguardo stupito di entrambi Alex e Frank, seduto ad un tavolo accanto alla vetrina.
<< Wow. Un cliente. >> mormorò Alex contenta, avvicinandosi a Frank, che aveva ripreso a battere i cucchiaini sul bancone al ritmo dell'ennesima canzone.
Lui fece una smorfia << E' destino, niente cose sconce, io e te... >> disse sorridendo malizioso. Alex lo colpì alla testa con uno schiaffo << E smettila di fare l'idiota! >> lo rimproverò, sedendosi accanto a lui.
Quello che accadde dopo, sembrò la scena di un film. Mentre Frank canticchiava un'altro pezzo, uno schianto si udì, così vicino e così lontano al tempo stesso. Era un rumore forte, che lasciò i tre senza parole. Si guardavano in silenzio, senza capire da dove provenisse. Ovviamente, non da dentro il negozio.
Come automaticamente, Frank ed Alex scavalcarono il bancone, quando videro l'espressione pietrificata del cliente seduto accanto alla vetrina, gli occhi puntati sul cielo lì fuori.
Senza preoccuparsi di schiacciarlo, sporserò la testa sulla vetrata e rimasero senza parole. Non sapevano davvero cosa dire. Non avevano idea di cosa stesse accadendo. L'unica cosa certa erano le persone che erano scese in strada, tutti con gli occhi puntato sull'orizzonte, dove un'enorme nuvola di fumo scuro si faceva sempre più larga. Sempre più spessa. E dopo qualche secondo di silenzio assoluto, dalla strada cominciarono a provenire delle urla di panico e terrore.
Gerard cominciò a tremare. Quando ci fu un altro schianto, scattò sulla sedia. Non riusciva a distogliere lo sguardo, e allo stesso tempo non voleva guardare. Immediatamente, puntò gli occhi sul televisore sul bancone. Era partita un'edizione speciale del notiziario. La voce della giornalista che presentava la notizia era agitata e tremante. Frank ed Alex avevano inizato a parlare, anche loro presi dal panico, si parlavano addosso senza dire nulla di sensato, e Gerard gli fece cenno di smettere, agitando una mano in aria << Zitti un attimo! >> esclamò, puntando il televisore.
Frank corse ad alzare il volume.
Alex corse fuori.
Era come un film. Uno di quei film di guerra e fantascienza e stragi. Solo che era tutto fottutamente vero.
La gente urlava, piangeva, provava a contattare qualcuno al cellulare.
Lei fissava tutti in silenzio, mentre senza rendersene conto le lacrime avevano iniziato a scorrerle lungo il viso.
I suoi genitori. Era lì che dovevano andare. Era per quello che lei e Frank avevano dovuto aprire il locale al posto loro.
Alex non aveva nemmeno la forza di parlare.

Nessuno riusciva a dire niente. Eppure a Frank venne quasi istintivo abbracciare Gerard. Anche se era semplicemente un cliente che si era trovato lì per caso. Condividevano lo stesso stato d'animo di confusione e paura.
Si sentiva inutile e misero, ora, ecco cos'era.
Il Paese era stato attaccato, ed era tutto vero, e non c'era nulla che potesse fare.
Gerard, da parte sua, strinse le braccia intorno al ragazzo. Non importava che non lo conoscesse. Sentiva che provavano lo stesso sentimento di impotenza e paura. Lo provavano tutti. In quell'abbraccio però entrambi trovarono un lieve conforto.

Il padrone del negozio di belle arti finalmente si accorse di Alex, che era in piedi, immobile, con gli occhi in lacrime persi nel vuoto, e corse da lei.
<< Alex, hey, stai bene? >> le domandò, mettendosi di fronte alla ragazza, che continuava a guardare il nulla.
<< I miei... >> mugugnò tremando.
Un'espressione di paura attraversò il volto dell'anziano. Conosceva Alex ed i suoi genitori da una vita ormai, e tirò fuori il cellulare << Ora li chiamiamo e gli diciamo di venire qui, ok? >>.
Alex scosse la testa <> disse singhiozzando << Loro... Sono lì! >>.

Frank e Gerard slacciarono l'abbraccio e si guardarono a lungo in silenzio. Certo, non c'era nulla da dire.
Alla televisione il notiziario mandava a ripetizione le immagini degli aerei che si erano schiantati contro le Torri Gemelle, e Frank e Gerard le fissarono provando una strana sensazione al cuore.
<< Frank! Corri! >>.
Il ragazzo alzò lo sguardo in direzione dell'entrata del locale. Alex era lì tremante, sorretta dal proprietario del negozio di fronte. Gli occhi erano gonfi e rossi e le guance rigate da lacrime e mascara colato.
<< Che succede? >> chiese preoccupato fiondandosi da loro. Gerard fece lo stesso.
Il signore guardò entrambi << I suoi genitori. Non capisco. Sai dove sono? >> domandò titubante. Aveva capito, ma non voleva crederci.
Frank impallidì << Sono... cazzo... >> borbottò, abbracciando Alex.
Gerard sentiva le lacrime formarsi negli occhi. La visione di quella ragazzina tremante ed impaurita a morte era troppo triste. Anche lui sentì l'istinto di abbracciarla.
I tre restarono così per dei lunghi minuti.
Quell'abbraccio, Gerard lo sentiva, era l'inizio di qualcosa, nato dalla fine di qualcos'altro. Era ridicolo, ma lo sentiva, aveva una strana sensazione. Guardò i due. Erano due ragazzini. Probabilmente erano anche dei compagni di scuola del suo fratellino Mikey. Istintivamente, così come era per suo fratello, sentì il bisogno ed il dovere di proteggerli.
Pensò che se fosse stato da solo, a vedere le immagini dell'attentato, avrebbe pianto come un bambino, fino ad addormentarsi, nella speranza che al suo risveglio potesse accorgersi che era solo un brutto sogno.
Quel ragazzo invece, con quell'aria sveglia e quello sguardo sincero e profondo, gli era stato accanto, provando le sue stesse emozioni confuse. E finalmente, per una volta, aveva sentito di poter condividere qualcosa con qualcuno. Per quanto triste fosse.

 

   
 
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