Personaggi: Damon, Jenna.
Fandom: The Vampire Diaries
Timeline: da qualche parte dopo tra la 2x17 e la 2x18.
Disclaimer: I personaggi di “The vampire diaries” non mi appartengono (ma se lo
fossero sarei taaaanto felice, sì :D).
Note: Scritta per il simpaticissimo e stupendo TVG!Fest @
vampiregeometry,
prompt Damon/Jenna - "Facciamo un gioco?"; Titolo
ispirato alla canzone “No good” di Kate Voegele.
No good
Damon svuotò il suo bicchiere di whiskey liscio e lo appoggiò sul bancone
lucido del bar. Rivolse uno sguardo a Jenna, seduta ad un paio di posti di
distanza; teneva il mento appoggiato su una mano, mentre l’altra impugnava un
bicchiere di vetro piccolo e identico al suo. Fissava il liquido all’interno
del bicchiere con sguardo perso; era ferma in quella posizione da quando era
entrato nel locale e non si era mossa di un solo millimetro. Aveva come la
sensazione che fosse troppo concentrata per accorgersi delle occhiate
preoccupate del barista e degli altri clienti.
«Ti conviene bere.» fece notare, «O preferisci fissare il bicchiere per
tutta la sera? È più affascinante di Rick?»Jenna non si voltò né ribatté alle
sue parole. Sconcertante, ma vero. Roteò gli occhi e alzò appena il bicchiere nuovamente
colmo verso la donna, «Come preferisci, auguri e figli alcolizzati!» brindò, ma
quando posò le labbra sul contorno freddo del vetro la voce di Jenna lo bloccò.
«Facciamo un gioco.»
«Sono tutto orecchi.» ribattè sollevando un angolo della bocca in un ghigno
malizioso.
«Facciamo finta che non esistano le responsabilità.» Jenna piegò la testa, come
se stesse decidendo se bere oppure no,se spegnere le emozioni oppure lasciarle
accese a tal punto da farle male, «Che non esistano le bollette, gli incontri
genitori-insegnanti, le faccende domestiche, i ritorni di persone non gradite…
i problemi d’amore.»
Sollevò le spalle, «Fatto, fatto e ancora fatto.» disse con tranquillità.
Jenna gli rivolse uno sguardo pieno di rassegnazione, al quale lui rispose con
una risata, «Non ho alcun problema a spegnere
le emozioni. Dovresti provarci, è divertente!» asserì.
Jenna lo ignorò e svuotò il proprio bicchiere, strizzando gli occhi per il
bruciore che le provocò alla gola: il primo drink della serata era il peggiore.
E condividerlo con Damon Salvatore – l’irritante stronzo che girava attorno a
sua nipote – di certo era ancora peggio. Aveva ancora stampato davanti agli
occhi il momento in cui li aveva beccati sulla veranda di casa Gilbert, a
baciarsi. Aveva scattato una foto nella sua mente e non riusciva a strapparla
in alcun modo, nonostante non avesse chiesto ulteriori informazioni ad Elena.
Si era limitata a sgridarla e andarsene dopo aver annunciato che ne avrebbero
parlato non appena sarebbe tornata a casa. Ma gli eventi successivi a quel
momento, in quella determinata notte dove era accaduto di tutto e di più,
avevano rimandato le spiegazioni ad un momento molto prossimo all’eternità.
«Perché sei qui, piuttosto?» domandò Jenna, facendo segno al barista di
lasciare direttamente la bottiglia quando gli versò il secondo drink, «Pensavo
fossi in giro a rovinare l’esistenza di Elena.»
«Se la sta già rovinando da sola.» la liquidò lui scavalcando gli sgabelli
fino a raggiungere quello alla destra di Jenna, «Una volta ti piacevo.» fece
notare con tranquillità.
«Giusto, prima di accorgermi che sei un egocentrico che cerca di rubare la
ragazza a suo fratello.» annuì Jenna, scolando il secondo bicchiere. A cui
aveva progettato di farne seguire un terzo, un quarto… altri mille, fino a
dimenticare ogni cosa e cadere nel letto in un sonno profondo e senza ricordi;
senza alcun dolore.
Damon sollevò un sopracciglio, «Qual è il problema, signorina
mi-ubriaco-e-dico-quello-che-mi-pare?» la prese in giro, «Mi manca la versione
“sono una zia che sa il fatto suo”.»
Con una risata amara e piena di sarcasmo scolò l’ennesimo bicchiere, che
ormai andava giù liscio, «È sparita, Damon. Sparita nel momento in cui il tuo
caro amico Alaric Saltzman e la mia adorabile Elena hanno avuto il coraggio di
nascondermi la verità su Isobel.»
«Che è morta.» concluse Damon.
«Non è morta.»
«Oh, no. È morta, credimi.» annuì gravemente il vampiro, «Cenere al sole e
via dicendo.» spiegò con un sorriso da angioletto in volto, come se fosse
normale parlare di una cosa del genere. Non che fosse poi così sicuro di poter rivelare quel
dettaglio proprio a Jenna, ma se fosse servito ad aggiungere una ruga sulla
fronte di Stefan e a far incazzare ancora di più Elena… allora ben venga, non
aspettava altro che divertirsi un po’ a spese loro; loro che, divertirsi alle
sue spalle, l’avevano già fatto.
«Beh, fino all’altra sera era viva, te lo assicuro.» sbottò Jenna con tono
risentito, sbattendo il bicchiere così forte sul bancone che rischiò di
frantumarsi tra le sue mani tremanti di rabbia e sconcerto; era arrivata al
punto di non credere neanche ad una parola collegata al nome “Isobel”. «Era davanti
alla porta di casa mia, con la faccia di chi pretende qualcosa che non le
spetta proprio per niente!»
Damon sospirò, esausto, e afferrò la bottiglia di vodka, alla quale la
donna stava per aggrapparsi nuovamente, «Forza, alzati.» la invogliò con tono
stanco, come se dicesse quelle parole ogni santo giorno.
«Stai scherzando?»
Si piegò su di lei, affiancando le labbra al suo orecchio, «Il tuo
interessante gioco per dimenticare
ogni cosa ti rovinerà completamente la reputazione, se rimani a svolgerlo qui.»
le sussurrò, facendole sgranare gli occhi quando improvvisamente si rese conto
di chi le stava intorno. «Ci sono almeno due membri del Consiglio e compagni di
classe di Elena. Ergo: alzati da quello sgabello e ubriacati fuori di qui.»
«A te cosa interessa?» lo fulminò rapidamente, «Non mi pare che la mia
reputazione sia affar tuo.»
«No, ma io sono bravissimo a giocare.» agitò lentamente la bottiglia
davanti agli occhi lucidi di rabbia di Jenna, «E gioco solo con le mie regole, fuori da qui però.»
«Va bene.» acconsentì, scendendo velocemente dallo sgabello per poi incastrare
i suoi occhi in quelli di lui. Gli puntò un dito contro, seria in viso, «Ma se
stai facendo tutto questo per poi andarlo a raccontare ad Elena e Jeremy… giuro
che la bottiglia te la faccio ingoiare.»
Damon allungò semplicemente un braccio verso l’uscita, mantenendo il
sorriso sulle labbra e la bottiglia stretta nell’altra mano. La donna afferrò
il cappotto e marciò a passo veloce fuori dal locale, sotto gli sguardi sempre
più curiosi di alcuni clienti, mentre Damon pagava ciò che avevano bevuto e che
stavano per bere. Quando furono in strada Damon le ripassò la bottiglia, che
Jenna non tardò a strappargli dalle mani.
«Ti facevo più simpatica. Sei in fase pre-mestruale o ti hanno fatto
arrabbiare davvero così tanto?»
«Facciamo il gioco del silenzio, che ne dici?» propose Jenna, stanca di
sentirlo blaterare. Perché continuava a starle addosso? Doveva divertirsi
davvero un mondo a prendere in giro le sofferenze altrui, a quanto pare.
«No, è noioso come gioco.» ribattè portando un dito sotto il mento
pensieroso, «Potremmo bucare le gomme della macchina di Alaric!» si illuminò,
scoppiando poi a ridere di gusto sapendo che la donna non glielo avrebbe mai
permesso, in nessuna vita. Incontrò gli occhi seri di Jenna e la sua risata si
disperse in un sorriso sorpreso. Jenna mandò giù un lungo sorso di vodka e
annuì con decisione.
«Facciamolo.»
«Devo farti ubriacare più spesso, non c’è dubbio.»
«Piantala e finisci di bucare quella gomma.» ordinò Jenna, mentre con la limetta
per le unghie che portava sempre in borsa finiva di incidere una linea abbastanza
sbilenca sulla fiancata sinistra dell’auto. Rise, mentre Damon sgonfiava una
ruota senza alcuna fatica. Mormorò un “scusa, amico” con un sorriso e si rimise
in piedi, spolverandosi le mani sui pantaloni.
«Sei soddisfatta?»
«Vorrei vedere la sua faccia domattina.» Jenna girò su sé stessa,
continuando a ridere, «La sua povera auto completamente rovinata… da me!»
lanciò la limetta su un finestrino, e la guardò poi rimbalzarci contro e finire
sull’asfalto.
«Come non lasciare tracce, eh?» commentò Damon sollevando le sopracciglia,
per poi prenderle dalle mani la bottiglia mentre lei farneticava qualcosa a
proposito del suonare il campanello e nascondersi. La rivoltò con il beccuccio
verso l’asfalto, ma non ne uscì neanche una goccia: vuota. Ciò voleva dire solo una cosa; si voltò verso Jenna,
impegnata a ridere e continuare a ballare intorno all’auto di Alaric. Era completamente sbronza.
Recuperò la limetta e se la infilò in tasca, per poi afferrare per le
spalle Jenna. La scosse piano, «Meglio tornare a casa, prima che qualcuno ti
veda.» fece una smorfia quando la donna gli si appiccicò addosso con il chiaro
tentativo di fargli capire che non voleva camminare. Se la caricò sulle spalle
e si mosse verso la strada buia.
«Non voglio andare a casa.» mormorò Jenna, stringendo le braccia attorno al
collo di Damon, «Portami al campus…»
«Mi hai scambiato per un taxi?» la donna non gli rispose, accoccolandosi
con il mento sulla sua spalla, «Lo prenderò per un sì.» sibilò, cercando di
seguire le istruzioni di Jenna per arrivare al campus il più in fretta
possibile, «Questa è l’ultima buona azione della giornata, lo giuro.» affermò
sicuro quando la depositò sul letto come un sacco di patate.
«Tu… buone azioni.» biascicò Jenna tra le risate mentre scalciava le
lenzuola con i piedi, «Tu sei Damon Salvatore… non fai buone azioni.»
«Hai perfettamente ragione.» Damon iniziò a slacciarle gli stivaletti neri,
cercando di fermarle i piedi che ancora scalciavano le coperte. Le lanciò in un
angolo della stanza, incurante di dove sarebbero finite.
«Però devi sapere… che neanche io faccio buone azioni.» Jenna si mise a
sedere e gli buttò le braccia al collo, guardandolo negli occhi, «O almeno… non
le facevo. Ero la pecora nera… la sorellina minore. Sono state le
responsabilità a cambiarmi.»
Damon rimase in silenzio ad ascoltarla, indeciso se andarsene su due piedi
prima che vomitasse l’anima sui suoi vestiti o se farla bere ancora un po’ in
modo che dormisse e smettesse di parlare. Alla fine l’unico pensiero era
andarsene, e magari chiamare Andie – aveva bisogno di distrarsi, Jenna era
riuscita solo a confermargli che una donna ubriaca in seguito ad una delusione
d’amore era capace di tutto.
«Beh… allora torna a fare la pecora nera.» sospirò Damon, guardandosi
intorno.
«Facciamo un ultimo gioco?»
Le labbra di Jenna premettero contro quelle chiuse di Damon, i cui occhi
erano invece spalancati dallo stupore. Lo afferrò per la maglietta e lo
trascinò sopra di lei, cercando di attirarlo più vicino. Damon ricambiò il
bacio dopo qualche secondo, facendo scorrere una mano dal braccio al fianco di
lei, sentendo solo l’odore della vodka sulle labbra. Jenna sorrise, staccandosi
appena per guardarlo negli occhi socchiusi.
Il vampiro ricambiò lo sguardo, per poi lasciarsi andare ad un sospiro di
frustrazione, «Dannazione… avanti, siediti.» l’afferrò per un braccio e la fece
sedere di scatto di fronte a lui. L’afferrò per le guance, «Da quanto non torni
a casa?»
«Due giorni… sì, due giorni.» annuì Jenna, cercando di baciarlo un’altra
volta.
Damon fece per scostarsi, ma non ci riuscì; si stese nuovamente su di lei,
aiutandola a liberarlo della giacca e successivamente della maglietta a cui Jenna
continuava ad aggrapparsi per avvicinarlo sempre di più. Sfiorò la schiena del
ragazzo con le dita, mentre le labbra di Damon cercavano il suo collo scostando
la manica della maglia. Vi lasciò qualche bacio breve, quando un “ahi”
soffocato da parte della donna lo mise in guardia. Aprendo gli occhi scorse un
segno appena accennato sulla pelle. Si staccò immediatamente, dandole le spalle
per riacquistare la calma.
«Damon… tutto bene?» Jenna si alzò a sedere cercando di farlo voltare verso
di lei. Ci riuscì, ma diversamente da quello che si aspettava Damon l’afferrò
per le guance nuovamente.
«Ok… ora guardami.» i loro occhi si incastrarono perfettamente, mentre la
voce di Damon arrivava alle orecchie di Jenna nitida, con una profondità tale
da stupirla per un attimo, «Non ci siamo baciati, tu non mi hai visto per tutta
la sera. Hai bevuto e sei andata dritta a dormire.»
Jenna annuì, «Non ti ho baciato…» sussurrò, per poi chiudere gli occhi e
cadere all’indietro sul materasso; stanca emotivamente e fisicamente.
Damon si alzò dal letto e strinse un pugno, maledicendo mentalmente il
gioco dove lui era una pedina fin troppo comandata dagli eventi e dalle persone
che gli stavano intorno. Un gioco dove Alaric era suo amico e Jenna solo una
ragazza ubriaca dopo una delusione d’amore. Nient’altro.