Comptine d’un autre
été: l’après midi
E’
già passato troppo tempo, pensi.
Il
cielo si estende ovunque, circonda
qualsiasi cosa, avvolge e prende, consuma il pontile diroccato a pochi
metri da
qui.
Il
cielo è blu, come ogni cielo
d’Estate, come ogni scintilla che fa esplodere in mille
bagliori il Sole, come
ogni nuvola spazzata via dal vento che è solito spirare qui.
E’
il vento che sposta via le nuvole, le
scaccia, le divora.
Quel
pezzo azzurro di firmamento che si
pone al di sopra della tua testa se ne sta immobile, aspettando che tu
ti
muova, faccia qualcosa, invece che oziare su questa spiaggia deserta.
Sei
acciambellata sopra una sedia che
non è nient’altro che ghiaia umida e lucente:
tutta la spiaggia è così.
Il
mare s’infrange sulle pietre, le
trascina al largo con sé, le inghiotte affamato senza
esitazioni, le trascina
nel baratro nero della sua profondità e loro non torneranno
più indietro.
Pensi
se mai riuscirai a ritrovare quel
ciottolo lungo e circolare che trovasti sette anni fa, giocando su
questa
stessa riva, quando questo angolo non era ancora stato dimenticato da
Dio,
quando il mare era qualcosa di diverso, di allegro, quando i tuoi due
più cari
sassolini non sprofondarono nelle acque cristalline del mare.
Ti
piaceva tanto, quel ciottolo. Era
grigio e liscio, perfetto per esser lanciato e per far fuggire tutti i
pesci
che ti hanno messo sempre tanta inquietudine. <
Ti
hanno sempre fatto paura le piccole
cose. Non c’è bisogno di esser intimoriti da una
bomba atomica, quando è la
vita la tua prima causa di preoccupazione.
Sì,
perché tu hai paura della vita,
perché non sai mai come potrà mai andare, non sai
che strada prendere.
I
bivi che s’intromettono tra noi ed il
nostro percorso nascondono le insidie più atroci e oscure,
non sapremo mai
quale scelta sarà corretta.
E’
questo il punto: indecisione.
Non
sai mai che fare. Sei un’idiota e
questo ormai l’hai capito. Perché inutile
rincorrere dietro ai ricordi sfocati
e bruciati, è inutile provare a proiettarsi vari futuri
davanti al tracciato che
stai lentamente disegnando con mano tremolante ed insicura,
è inutile cercare
di pensare ad un altro presente: un presente differente da questo, dove
non
esiste sofferenza, dove il dolore svanisce, dove l’amore
partecipa e la felicità
ne è complice.
Scordati
tutto questo, perché non esiste.
Non
esiste la perfezione, non esiste la
totale felicità, la completa libertà, non esiste
luogo in cui i problemi
svaniscono.
Pensaci,
se avessi una vita senza
problemi, per cosa vivresti a fare?
Nessun
uomo sarà contento pienamente di
ciò che possiede, di ciò che fa: niente
sarà mai abbastanza. Ci allargheremo
verso nuove storie, nuove curiosità, nuove vite. Niente ci
potrà rendere
perfetti o felici.
E
se un giorno troverai qualcuno
pienamente felice di sé stesso, sai che significa?
Che
non ha capito nulla dalla vita.
Non
è semplice capire la vita, lo sai.
Non la capisci nemmeno tu, perciò perché
scervellarsi?
Questo
è il gioco in cui l’obiettivo lo
devi trovare tu stessa, devi crearti tu paletti e limiti, orizzonti e
sfide,
solo tu e nessun altro.
E
forse tu l’apprezzi maggiormente la
vita, rispetto a qualcun altro. Perché la vita non
è fatta solo di vivere, è
fatta di credere, di vedere, di ascoltare e capire. Tu hai avuto tutto
questo,
o almeno, una parte di te lo sussurra sottovoce, senza emergere troppo.
Ti
stai soffocando.
E’
stupido cercare di reprimere noi
stessi per respingere il passato. Perché niente si
può cancellare, non possiamo
eliminare nulla di ciò che è stato. Tu forse
comprendi meglio di altri la vita.
Perché la vita non è fatta solo di vivere.
Tutto finisce.
I
libri si consumano lentamente nelle
pagine finali, le canzoni nelle note lente degl’ultimi
secondi, il pianoforte
nei suoi ultimi tasti, il violino nelle sue corde sottili e stridule,
la vita
nel culmine di una giornata.
La
vita finisce.
Cosa
potrebbe farti apprezzare di più la
vita se non la morte? Cosa ti può far apprezzare
l’inizio se non la fine? Come
potresti gioire se non sapresti della sofferenza?
Gli
opposti ricordano, gli opposti
giocano, gli opposti si attraggono.
L’inizio
è molto vicino alla fine, la gioia è affiancata
dalla sofferenza, la vita è
semplicemente un’appendice della morte.
Sì,
perché anche se sono differenti, la
vita esclude la morte e nello stesso tempo
l’avvolge… O forse è la morte stessa
che circonda la vita?
Domande,
domande e ancora domande.
Questioni che continuerai a rivolgerti, continuando il tuo tormento
ininterrotto che non cessa di risucchiarti in quel vortice che non
è altro che
la tua stessa mente.
Ti
avveleni.
Il
vento continua a tamponare il tuo
viso. Non smette e non vorrà mai farlo, perché
lui andrà avanti anche senza di
te, ti lascerà indietro mentre tu dovrai rincorrerlo con
tutte le forze, ma
sarà troppo tardi. Perderai la cognizione del tempo, del
vento e le tue suole
si consumeranno, le ginocchia decadranno, il fiato si
spezzerà.
Non capirai mai
l’importanza del vento se non
lo cerchi, se non lo rincorri, se non lo vivi.
Domande,
domande e ancora domande.
Questioni che continuano a trapelare sfacciatamente in tutto questo
tempo,
ragionando ed ipotizzando su perché e come, continuando a
ridurre in minuscoli
frammenti quello che ancora puoi salvare, quello che ancora poteva
rimanere
intatto.
Ma
preferisci moltiplicare i tuoi
problemi, ispezionare senza renderti partecipe, rendendoti solo
spettatrice
della tua esistenza.
Passerà
tutto come questa giornata, come
questo pomeriggio d’estate. Le ore voleranno via, si
libreranno nell’aria senza
che nemmeno tu te n’accorga, scivoleranno lentamente, tacite
e misteriose, e
non ti concederanno momenti per pensare, per riflettere, non
più.
E
pensi ancora a quei sassi, ne hai
persi così tanti che oramai è più
semplice contare quelli rimasti.
Stringi
la ghiaia attorno alle dita, non
molli la presa, questa aumenta sempre più potente. Per poco
non sanguinano le
mani. Perfino quell’infinità di pietre non si
accorge di te, una distesa
interminabile che, muta e solerte, non smette.
I
sassi… Il vento li ha trascinati nel
mare, li ha gettati, li ha fatti scomparire per sempre.
Alcuni
sono caduti da soli,
trastullandosi su altre pietre abbandonate posate su altre ancora,
accatastandosi l’una sull’altra in modo sempre
più compatto e monotono,
volgendosi poi in una spirale infinita.
Altri
ancora, invece, sono stati
strappati dal bel posto in cui giacevano, frantumati e distrutti,
corrosi dallo
iodio e dall’impazienza, continuando a scivolare sempre
più in basso dove la
luce non penetra più, dove l’ombra regna.
E
pensi ancora a quei sassi, vuoi quei
due che ti sono stati negati prematuramente, decisamente troppo
prematuramente.
Con
quelle due pietre preziose passavi
qui i tuoi pomeriggi, le tue rime
d’estate.
Quelle
frasi che si accavallavano come
onde, onde profonde e allo stesso tempo svettanti che
s’infrangono sugli scogli
rocciosi ed indissolubili, che nonostante la loro erosione, rimangono
impettiti
sulla costa.
Mai
cadranno.
Vorresti
stringere forte i tuoi
sassolini, portarli al petto e piangere dalla gioia, rotolandoti su
tutte
questa inutile distesa di pietre che non riesce a scaldare nemmeno un
corpo
umano.
Ti
mancano tanto, loro.
Il
tempo non risana le ferite, aiuta a
farle sanguinare piano, sempre più piano, in
un’agonia che non si può curare,
non esiste medicina per farlo.
La
morte non si cura.
Il
tempo non cancella le lacrime, non
accarezza il tuo viso con un fazzoletto asciutto e delicato, non ti
conforterà.
Gli altri sassolini non guardano, incespicano in sciocchezze,
continuando quel
ritmo di materialismo e superficialità, non osservando mai
le lacrime che
continuano a scalfirti silenziose.
La
vita non si cura.
Non
esiste rimedio per tutto questo,
potrai solo appigliarti alle tue belle domande e studi, cercando di
trovare
qualsiasi motivo o ragione, sbattendo la testa da tutte le parti,
sanguinando
dal naso e sputando acqua salata dalla bocca. Potrai continuare a
ricercare, ma
non troverai nulla.
Perché,
credimi, non puoi trovare quello
che cerchi.
Non
qui, non ora.
Ma
è giusto
così.
Senza
una fine non ci può essere un inizio,
senza tristezza non può esserci la gioia. E’
l’altra faccia della medaglia che
devi vedere, è giusto vedere.
Le
tue belle pietre non torneranno. Sono
semplicemente nella stanza accanto, ti dà speranza questa
frase. Anche se la
curiosità di poter vedere, anche solo percepire, quella
camera ti assale, ti
uccide completamente. Non puoi sapere se la vedrai, ma puoi percepire
il vento
che continua a spirare famelico ed incessante.
Svegliati.
Uno
di quelle due pietre di portava a
pescare, consumando ogni rima in Estati incessanti, con cieli sereni e
Soli
alti nel firmamento. Il vento soffiava pesantemente anche allora, forse
anche
più bramoso di adesso, e allora perché non te
n’eri resa conto?
Piangi
ancora, non finirà mai.
Il tempo non torna indietro.
Due
cuori fermi, due cuori con lo stesso
destino, stesse ore e stesse coincidenze eppure con sei anni di
differenza.
Non
è questo il vero amore?
Non
è lo stare vicini anche se in due
stanze completamente diverse? Non è la costante voglia di
raggiungere l’altro
al di sopra di ogni razionalità e ragione? Non è
essere uniti?
Sì,
ora sono uniti… E per sempre.
Ma
li odi, cazzo. Li odi da morire.
Perdi
e provi ad afferrare qualche corda,
le mani si consumano dallo sforzo e dalla fatica. Asciughi il sudore
che
gocciola ghiacciato dalla fronte, tutto sembra andare per il verso
giusto, e poi cadi.
Perdi
e cadi ancora. Continuerai sempre
a perdere.
Sembra
che l’unica cosa in cui tu sia
esperta è perdere. La tua materia di studio ti tormenta, forse la tua ossessione sta
diventando proprio
questa e le domande continuano, continuano ad imperversare sempre
più strane ed
inquietanti, continuano a farti diventare pazza.
Ma
non li odi, li ami.
Giochi
con i ricordi e le parole
passate, il vento non potrà cancellare questo, persino con
il suo passo
accelerato ed indistruttibile. Il vento avvolge ogni cosa, anche il
ricordo,
anche la speranza.
L’odore
e il sapore della perdita fanno
male. Bruciano, s’intaccano fastidiose sulla nostra pelle,
sulla nostra anima e
non ci lasciano, ci divoreranno per sempre.
Ogni
cosa perderemo, perfino la vita.
Tutto se ne andrà, persino quello che ora pensiamo di avere
è già partito e non
è stato il vento a farlo smettere di soffiare.
L’hai
già pensato; alcune pietre sono
scivolate nel mare con loro decisione e fermezza.
Pessimista?
No, sei semplicemente
interessata.
Perché
gl’insegnamenti aiutano e la
libertà non basta. La libertà è
rischiare, correre senza fermarsi, provando a
raggiungere il vento stesso.
E
dovresti incominciare anche tu a correre, scappare via dalle onde
tumultuose
del mare, che si rovesciano meste sui tuoi piedi affondati nella
ghiaia. Dovresti
liberarti dalle tue catene che t’imprigionano tra una cornice
di pietre e mare,
da un infinito limitato dal vento.
Scappa
finché puoi, lo show deve andare
avanti.
I
tuoi bei sassi ora non sono altro che
l’apice di una collezione che lo stesso mare fa, giocando con
te, mettendoti
alla prova, provando ad avvinghiare il sale su te stessa.
Corri.
E’
già passato troppo tempo, pensi.
Ti
alzi da tutti quei fastidiosi sassi
che scivolano lenti dalla cute, afflosciandosi l’uno
sull’altro, scemando in
chiacchiere e brusii scorbutici, unica cosa di cui sono capaci.
Cammini
veloce, dalla parte opposta al
mare, arrivando al molo diroccato e vecchio. Dà
l’impressione che crollerà da
un momento all’altro, ma non è così.
Non permetterai di farlo crollare. Terrai
ben ritta la schiena e salverai un molo.
Un
molo intriso di vita, della tua vita.
Ti
aggrappi sugli scogli, quelle masse
rocciose che non cadranno, mai più. E continui a stringerli,
forse perderai
anche loro… Forse no.
E’
questo il punto.
Non
possiamo continuarci ad illudere,
sperando ed ipotizzando. Non possiamo permettere che il vento ci
trascini via.
Le
parole sono sempre le stesse: E
se…?
Le
due congiunzioni che continuano a
tormentarci e a tormentarti, ricercando qualche remota
possibilità di
cambiamento di un passato già concluso e di un futuro troppo
lontano per
poterlo scorgere da qui. Domande, affermazioni e pensieri. Non puoi
riavvolgere
il passato, non puoi correre avanti nel futuro, tutto il segreto sta
nello
schiacciare il tasto <
Per
ora continuerai a studiare, è
l’unica cosa libera e priva di razionalità.
E’ solo tua, non fartela rubare.
Osserverai?
Certo.
Ti
abbatterai?
Probabile.
Il
vento?
Forse.
Spirerà?
Sempre.
- Ispirata dalle note della composizione Comptine d’un autre été: l’après-midi di Yann Tiersen.