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Autore: macchese    26/04/2011    1 recensioni
L'amore, è un bambino di cinque anni che fa quello che gli pare. T'incasina tutto, fa i capricci per ore, e le sue lacrime ti svegliano la notte. E non ti puoi chiedere cosa hai sbagliato... è un bambino! Ha cinque anni! E, indovina un po'...?
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eppur è successo 1
Posso farti una domanda?

PROLOGO

Essere o nn essere buoni? Sono sempre qui; essere o non essere. Essere o non essere qualsiasi cosa. Amleto già lo sapeva. Ce lo aveva detto. Ma io non sono un personaggio immaginario di una tragedia shakesperiana. Sono io nella mia tragedia. E di metafisico c'è solo la mia realtà. Il mio dubbio e tutte le maschere. Non mi fingo pazzo.

Perche’ la vita, intesa come somma di tutte quelle belle cose che capitano, sembra confermare che essere più "duri" con chi ti sta intorno, ne rende l’affetto più forte.
Io lo sono, buono. Ma non perché penso che se io non faccio del male a te, tu non ne fai a me. No, così si comportano i codardi. Semplicemente, perché mi fa stare bene, perché credo che le persone abbiano bisogno di questo. Di comprensione. E che la propria fiducia venga ricambiata. Non di gente che studi il tuo stato d'animo per poi colpirti quando sei più vulnerabile. Sono falsi per definizione. Eppure, nulla mi toglie dalla testa che giocare secondo le regole rende felici gli altri.
E chiaro che, in queste righe, abbia vissuto l'ennesimo fallimento amoroso. Ma, diversamente da quanto potessi aspettarmi, non sono "giù". Non sto sveglio la notte, non piango addosso a chi ho attorno. Pensieroso si, ma non pirla.
Forse era chiaro, forse no, non ne sono più sicuro ormai. Ma si era convenuto che è quanto meno immaturo legarsi con qualcuno che non ti porta il rispetto dovuto. Garbato eufemismo per riassumere la situazione. E anche che le persone non sono oggetti che si dimenticano come fatali sbadataggini dopo tanti "noi" pronunciati sotto il sole come la pioggia. Casomai fosse necessario dirlo. Ogni "noi", sempre difeso come una tacita promessa fatta per ogni te ed io.
Ed invece, contro ogni mia previsione e promessa, manco a dirlo sono qui, scaricato come il tanto bistrattato "Tizio", uno qualunque, che non merita uno straccio di spiegazione. C'erano dei problemi. Era già successo. E continuerà a succedere. Facile, non rientra nella vita degli adulti.
L'ho riempita d'attenzioni, questo è vero. Come d'affetto e comprensione. Darle tanto era un male? Rispose che era meraviglioso. Ne voleva ancora di più. Le ho donato il mio cuore, per poi scoprire che non eravamo compatibili. Rigetto. La verità è che non mi importava di nessun altra. Ed allora mi chiedo se è proprio quell'unica persona, quel singolo istante di luce che guardo dall'oscurità costante a dovermi convincere di qualcosa che è sbagliato per tutto il resto. Detto questo, l'ho lasciata decidere. Così, da non dover essere causa del suo male e pianger lo stesso. Col tempo poi deciderà se essere soddisfatta fin in fondo di avere vicino qualcuno col terrore di deluderti, invece che con la felicità di essere lì, accanto, nel presente. Se mi chiedessero cos'è l'amore, potrei dire che non è questo.
Sono pentito di aver agito da buono? No, sono fatto così. Ho la coscienza pulita. Preferisco essere preso a calci nel culo essendo stato corretto, che aver a che fare con l'ipocrisia. Preferisco soffrire per qualcosa che non sarà, piuttosto che per qualcosa che ho fatto. Passerà.  



    -L'amore non è cieco. E' ritardato. Più della metà della persona che ami, è composta d'acqua. Cioè... basta.
No. In realtà credo ci sia stato un errore, a monte. Un errore di traduzione, magari dovuto ad un'errata trascrizione nel passaggio di consegne nei secoli dei secoli e così via...
Non intendevano dire "l'amore è cieco" ma "l'amore acceca".
L'amore ci vede benissimo e lo si deduce dalla sua spietata capacità e precisione nel colpire il proprio bersaglio, nell'accuratezza con cui ti lascia sanguinante in un vicolo. Ed in più, porta i guanti. Non lascia impronte. Attribuendo false cause al sangue che stai sputando. Ma non è sempre colpa di quel fottuto gradino che non vediamo mai. Di quell'impercettibile deformazione nel selciato che ci fa cadere a terra. Per quale altro motivo mi troverei sempre in fondo a questo canyon? Forse non era un ponte quello che si stava attraversando.
No, dai. L'amore è una bella cosa. E non è mai un problema... finchè non lo diventa.-

    -Posso farti una domanda?
Mi stai dicendo che ho sbagliato a lasciarmi coinvolgere?-

    -Io ti sto dicendo che l'amore, è un bambino di cinque anni che fa quel cazzo che gli pare. T'incasina tutto, fa i capricci per ore, e le sue lacrime ti svegliano la notte. E non ti puoi chiedere cosa hai sbagliato... è un bambino! Ha cinque anni! E, indovina un po'...?-

    -Fa il cazzo che gli pare.-

Il primo qui sopra, sono io. Sono io che cerco di spiegare al mio amico, il mio punto di vista. Ed il mio amico, è un mio amico. Un amico che è solito arenarsi sopra storie d'amore, in attesa che qualcuno lo traini fuori. Ma facciamo un piccolo passo indietro.
Innanzitutto potete chiamarmi Max. E con questo, è chiaro che non potete, non vi risponderei, ma almeno, è un nome a cui riferirsi.
Vi dico subito che non sono uno di quei protagonisti ricchi e fighi di un romanzetto assurdo, che s'incasinano la vita di proposito per esigenze di copione. No. La gente normale passa la vita ad evitarli, i problemi. Molto spesso fallendo.
Comunque, per capirci, non sono un Brad Cruise, od un Leonardo di Clooney che tanto fa impazzire l'altro sesso. No. Non faccio incetta di ragazze ad ogni piè sospinto. Spero di essere nella sufficenza, ma credo niente di che. Sono uno studente, per il momento, nella mia seconda quinta superiore. E girando per il mio istituto, non passo di certo per il cosiddetto "migliore". Anche se, con i migliori ci giro, a quanto sembra. Non sono granchè famoso. Diciamo che sono più conosciuto da docenza e presidenza che dalla popolazione scolastica, ma nessuno mi ha ancora detto qualcosa di male.  
Il mio amico invece, lui si che è figo. Ed è uno di quelli con cui giro.  Solo che anche lui è un buono e grazie a questo, si trova sempre in qualche disastro sentimentale, che quasi sempre precede un "te l'avevo detto". Per nascondere la sua identità lo chiameremo... Foberto. Foby, mio coetaneo, quindi ripetente è il secondo di un terzetto pieno di problemi. Ed all'appello manca il terzo. E lui si che è cattivo invece. Capace di essere una merda. Lunatico e merda. Giacchè lo chiameremo Lurda. Ma ora, possiamo fare un piccolo passo avanti. Che poi non è altro che tornare a dove eravamo prima.


E' la prima settimana di ottobre. L'autunno ha ormai spogliato gli alberi di tutti i loro vestiti, che nel vento ora rotolano disordinati. Ci passano davanti e dietro, a noi che siamo seduti molto scomodamente su una staccionata che da su un lago di Gavirate buio, abbandonato da un sole che si è già coricato alle sue spalle.

    -Ma tu quel bambino lo devi sgridare. Altrimenti continuerà.- dice Foby, prima di depositare sul palato un sorso di Corona. Foby beve sempre Corona. Non perché è un truzzo. Non perché ha visto The Fast and the Furious. Non so se perché ne gradisca il gusto o soltanto perché gli piace come suona quando la ordina.

    -Ma perché mi devi rovinare le metafore? Il fatto è che è l'amore ad essere un bambino.-

    -Chiaro no?-

    -No, perché così tu sgridi la tua ragazza.-

    -Cazzo. Ma l'amore non dovrebbe essere così... problematico.-

    -L'amore non è problematico. Le persone lo sono. Tanto più ci si allontana dall'inizio.- rispondo, portando ad un quarto il vitreo serbatoio di birra.

    -A questo punto, qualsiasi cosa sia successa o meno è da considerarsi uno sbaglio. Tanto, oramai... diventa solo un peccato da ricordare nel momento del fastidio.-

    -Precedenti pericolosi, amico.- Foby ed io brindiamo.

Le birre finiscono, è ora di tornare a casa. Foby sta abbandonando ogni speranza di rimediare ad un rapporto che di certo non era scevro di alti e bassi. Anzi, più che altro di bassi.

    -Dormici su- gli dico -magari la notte ti porta consiglio-
Il fatto è che la notte porterà anche consiglio, ma non porta soluzioni. Le ho visto portare sbronze, mal di testa, stelle cadenti, dialoghi fino a tardi e baci stampati contro le sue porte... ma di rimedi, proprio no.
Buonanotte Foby, andiamo a dormire. Domani sarà un altro giorno. Domani è sempre un altro giorno. Probabilmente, un altro giorno di merda.

La notte passa... alcuni dormono, altri no. Succede.


Il nostro grande problema, alla mattina, a parte il doversi svegliare, era trovarsi. Foby, che di noi era quello che abitava più lontano, veniva in treno. Il sabato in macchina. Non so perchè. Forse per scaramanzia. Io che ero relativamente vicino, venivo in macchina. Lurda invece, che era vicinissimo... beh, Lurda non ho mai capito come venisse a scuola sinceramente. Ogni tanto in macchina, ogni tanto a piedi. La maggior parte delle volte scroccava passaggi alla sua pseudo-simil-non-tipa-mamelascopo. Ed in sette anni di convivenza scolastica, non ci è mai venuto in mente di dire "troviamoci alle ore X alle coordinate Y,Z". No. Il caso, era scelta assai più gradita. Il caso è sempre la scelta più gradita... perché si gestisce da solo.
Tanto, prima o poi, ci si trovava in classe. E qui vige il detto: "Meglio tardi che mai. Ma se è mai, la rifai"
Non so se capita anche a voi, ma io la mattina sono sempre incazzato. Non con qualcuno o qualcosa in particolare. Solo incazzato. Anzi, incazzabile. Se non mi giravano i coglioni nella prima ora, tutto bene. Foby era convinto che se la scuola fosse stata il pomeriggio, non mi avrebbero bocciato così tante volte. Ma era di mattina, quindi.

    -Questo è quanto.- dice Foby, mentre aspetto che finisca quel surrogato di brioche che stringe nella sua mano destra. Quel tipo di brioche che danno effetti collaterali a chi non le mangia. Io invece, non prendo niente. Io faccio colazione solo ad un bar che non è quello della mia scuola.  -Il fatto è che- continua -mi girano i coglioni. Non è possibile. Le persone parlano, le persone promettono. E poi cosa?-
Rispondo sbuffando. Come ogni lunedì mattina, non ce la facevo.

    -E poi? Si arriva comunque a dire che è stato tutto un errore? Intendi questo?-

  -Già. Come cazzo si possono pronunciare certe parole. Come posso accettarle, queste parole. Uno fa dei calcoli... mah. Per quanto si possa impegnare, finisce sempre male. Uno pensa che sia tutto sotto controllo, eppure...

    -Eppure... è successo.-

Mi dispiace vedere Foby così. Perchè lui è uno che ci tiene. E' uno che si impegna, che si sacrifica. Voglio dire, potrebbe essere libero e spensierato, saltando da un nido all'altro ed invece. Come si dice: da un grande potere...

    -Senti, finisci quella merda che stai mangiando, o giuro che ti sbocco addosso. Non potevamo andare al Cardy?-
Foby ride. Foby ride spesso. A volte, nonostante tutto.

    -Vediamo di tenerci le giustifiche...- con la bocca piena.

    -Bello. Sono maggiorenne. Non devo più falsificare la firma come un adolescente qualunque.-

    -Si, ma il libretto finisce. E 'sti stronzi te lo fanno pure pagare quello nuovo.-

    -Ma se è grazie alla nostra perseveranza che si sono pagati la palestra nuova! Dovrebbero intitolarci l'aula magna.-

Si va in classe. Quattro piani più sopra e noi non abbiamo la chiave dell'ascensore. In teoria è riservata a prof, bidelli e a chi ne ha veramente bisogno, ma la nostra di solito la tiene Lurda. Non so come, ma è riuscito a farne una copia. Anche più di una e, detto sinceramente, secondo me ne ha anche venduta qualcuna. Magari a qualche bidello.

Arriviamo su e ci sediamo ai posti. La nostra volubile attenzione ci costringe a doverci sedere in prima fila. In modo da ridurre le distrazioni. E comunque, è una nostra scelta.
Tutto procede bene fino all'intervallo, quando Foby sparisce, per parlare con la sua futura, ormai imminente ex ragazza. Avere la fidanzata nella stessa scuola è come il tempo... a volte è bello, a volte è brutto. Io rimango con Lurda che si sta fumando un drumino, la cui "cicca" finirà immancabilmente per essere tirata sui pantaloni del primo ignaro studente che gli ispirerà sfiga. Di solito la tira addosso a Foby, ma lui non c'è.
La campanella sancisce la fine dell'intervallo e una tappa alle macchinette, d'obbligo, fa da intermezzo al tragitto verso la nostra classe. Noi passiamo sempre alle macchinette, anche solo per vedere le vetrine. A piedi perchè, nel tentativo di prendere l'ascensore, ci ha sgamato l'onnipresente vicepreside, ritirandoci la chiave. Domani ne avremo un'altra.
Dopo l'intervallo, il lunedì, c'è l'ora di religione, che io e Foby abbiamo convertito ad "altri usi" al momento dell'iscrizione. Non per qualche motivo teologico o filosofico. La nostra prof aveva tipo otto figli ed in realtà, insegnava italiano in un'altra classe. E comunque, da quando ci aveva promesso di portarci in una gita dal quale poi ci ha cancellato, aveva perso un po' di rispetto. Ma un po' tanto.

    "Oggi, mancano 185 giorni alla fine dell'anno." avrebbe detto. "Vi siete preparati per gli esami?"
Le parole d'esordio erano sempre simili, ovviamente, scalando una settimana ogni lunedì.

Perciò, Foby ed io ci dovevamo presentare in biblioteca per firmare. Cosa che non succedeva, almeno, non subito. Noi vagavamo. Andavamo a trovare il nostro prof d'italiano, l'unico che rispettavamo, nella sua ora di ricevimento, oppure andavamo al bar, a volte ripassavamo, mangiavamo, a volte ripassavamo al bar. O cercavamo di scroccare un computer alla bibliotecara, ed allora dovevamo firmare sì.
Oggi però, mentre Foby va in bagno, incrocio la mia prof di matematica. E lei sembra volermi parlare. Ci tengo a dire lei, perché io no.

    -Sai che devi recuperare il debito?-

   -Prof... non ho mai recuperato quel debito di scienze che mi hanno dato in seconda. Non penso cambi qualcosa.-

    -Si. Ma lo devi fare comunque, che credi? E dillo anche al tuo amico. Questa settimana. Vi farò sapere quando.- e se ne va. Salve comunque. Purtroppo, manco a dirlo, non le sono simpatico. Più avanti, forse, ve lo racconterò.
Sta di fatto che in seconda, grazie ad uno "zero più" che quella stronza della mia prof di scienze mi diede in un'interrogazione, presi un debito che non riuscii mai più a recuperare. Da allora, non me ne importò più di nessun altro ricevuto. E non avrei fatto eccezioni questa settimana.
Foby torna appena in tempo per vedermi incazzato. Io e le mie lacune.

     -Che è successo?-

    -In settimana dobbiamo recuperare il debito in mate.-

    -Ma le hai spiegato che...-

    -Si. E mi ha molto polemicamente "non" detto di andare affanculo.-

    -Mah... Allora andremo lì a firmare.-

    -Andiamo a non fare educazione fisica.-

Non ho mai capito perché la chiamino educazione fisica. Cioè, educazione. Che cosa doveva educare? La nostra professoressa è un'alcolizzata! Educava che? Alla festa di fine dello scorso anno girava strafatta di vino. Venivano da tutte le classi a vederla. "Oh oh... ma quella è la tua prof di ginnastica?"........... "No..."
Stronza n°2. Numero due nella storia... numero uno nel mio cuore.


Sicchè, una delle tante mattine è giunta alla fine. Il bilancio? Tragico. Foby è triste. Triste per l'andamento della sua vita sentimentale. Nel pomeriggio avremo il verdetto. Io sono incazzato. Lurda è riuscito a scroccarmi un passaggio, ed ogni volta è la storia di Colombo che vuole raggiungere la Cina passando per ovest. Ovvero,  passando per la strada più lunga. Ma si sa, non è che abbiamo scoperto l'America. Grande Lurda. Lo faccio solo perchè quando serve, di solito c'è.
Bilancio triste, solito bilancio.

Un ragazzo incontra una ragazza, i due si piacciono. Lui la corteggia, lei ricambia e tutto sembra fantastico, perfetto. Si è complici, ci si cerca. Si vuole raggiungere un "qualcosa" di indefinito, insieme. Qualcosa di non scritto e, per questo motivo, affascinante. E poi lei si concede, tra il timorata ed il consapevole, in un fantastico primo rapporto che per lei è effettivamente il primo mentre per lui, l'ennesimo. L'ultimo, ma non per questo meno importante, anzi. Un nuovo punto di partenza. Se la prima è buona, la seconda sarà migliore e la terza, ottima. Così via. Si procede. Si va avanti. Passano i mesi, si festeggiano gli anni. Poi qualcosa sembra incepparsi. La stabilità non scaturisce sicurezza, ma noia. Lei appare meno entusiasta e lui si chiede perché. Cerca di elevare nuovamente il rapporto ai fasti precedenti, ma ogni sorpresa, ogni parola dolce, ogni azione decisa, genera solo "grazie", che sanno tanto di educazione, ma veramente poco d'amore. La fiducia crolla, qualcuno si mostra poco coinvolto. Si vuole raggiungere un "qualcosa" di indefinito, insieme. Qualcosa di non scritto e, per questo motivo, che non porterà da nessuna parte. Sembra quasi di esser scesi a compromessi. Ed all'improvviso, si ha bisogno di parlare. E di solito non ne esce niente di buono.  
Non fatelo. Non parlate. Non dite nulla che non sia già stato detto dai vostri corpi e da vostri sguardi, quand'erano avvinghiati e desiderosi l'uno dell'altra. Non parlate se non siete capaci. E ve lo assicuro, parlare, ma parlare sul serio, è difficilissimo.




    


  
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