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Autore: AvevoSolo14Anni    27/04/2011    4 recensioni
Fanfiction sulla storia "Dalton", scritta dalla fantastica CP Coulter. Se non l'avete letta tutta, non capirete chi sono i personaggi. Rane [Reed/Shane].
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Blaine Anderson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Welcome To Warblerland'
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Titolo: Black-out
Fandom: Glee
Personaggi: Reed Van Kamp, Shane Anderson, Blaine Anderson (Nominato Kurt Hummel)
Genere: Romantico, Fluff
Raiting: Verde
Note: La prima storia che scrivo sulla bellissima "Dalton" di CP Coulter. *-* Non sarà mai all'altezza della storia vera, ma avevo voglia di scriverla. XD E' ambientata dopo la fine dell'anno scolastico, all'inizio dell'estate. Per me vivono tutti nella stessa città anche se so che non è così, pazienza. Ma cosa più importante: questa storia è dedicata ad una mia amica che mi sopporta pazientemente da ormai due anni senza mai lamentarsi (tanta stima a lei) e a cui voglio davvero tanto bene. Mi incoraggia sempre a scrivere e apprezza tutte le mie storie, cosa per cui le sono molto grata. Grazie! :D



 



Black-out



"Pensaci bene."
"Ti ho detto che non lo so."
"Ne sei proprio sicuro?"
"Sì!"
“Magari se ci rifletti…”
“No!”
"Fai uno sforzo."
"Shane, non ne ho la minima idea!"
Il ragazzo sospirò. "È tuo amico da un sacco di tempo, come puoi non saperlo?"
Blaine si mise la testa tra le mani, esasperato. "Chiedi mai ad un amico quali sono i suoi fiori preferiti?"
Shane rimase in silenzio, meditabondo. "Dici che Kurt potrebbe saperlo?"
"Non so, non penso. In ogni caso non ti permetterò di stressare anche lui."
Il più giovane degli Anderson guardò il fratello con aria scocciata. "Sei proprio inutile."
Blaine, dopo aver represso l'istinto di sbattere l'altro fuori dalla finestra, tornò ai suoi compiti cercando di convincersi che fosse solo nella stanza.
"Okay, niente fiori...", mormorò tra sé e sé Shane, lasciandosi cadere sul divano in pelle. "Spero di non fare la figura dello spilorcio."
Si ripeté di mantenere la calma. Era solo una serata-DVD, niente di speciale. Quante ne avevano già fatte? Tonnellate. Ormai non sapeva più che film proporre. Ma in qualche modo quella volta gli sembrava diversa: non erano più alla Dalton, sarebbe dovuto andare a casa sua. Soli. Senza il pericolo di incursioni di ambigui gemelli armati di pistole giocattolo – be', in realtà non era da escludere che in qualche modo sbucassero dal nulla anche lì – o esplosioni improvvise – si sperava. Solo loro.
Shane deglutì e iniziò a muovere una gamba in preda all'ansia. Perché era così nervoso? Reed lo stava portando alla pazzia.
Solo quando iniziò a camminare avanti e indietro per il salotto con lo sguardo perso nel nulla Blaine ritenne necessario intervenire.
"Shane, che stai facendo? Smettila di fare lo scemo e vatti a preparare."
"Certo, giusto, vado", disse l'altro, rinsavendo, per poi correre in camera sua.
Blaine sospirò. Col suo fratellino c'era sempre voluta tanta, tanta pazienza. Era anche vero che mai l'aveva visto comportarsi in certi modi: quando era con Reed sembrava quasi un altro, così gentile e premuroso. Meno immaturo. Forse, a dispetto di quello che aveva pensato all'inizio – quando riteneva che lasciare Reed e Shane da soli fosse un pericolo per l'intera umanità –, quei due erano davvero fatti per stare insieme. Ora spettava a Reed accettare la cosa.
Shane ritornò saltellando nella stanza dopo circa venti minuti. "Allora, come sto?"
Blaine gli sorrise bonario. "Benissimo. Forza, vai. Buona fortuna - e cerca di non dire più di tre cavolate ogni dieci minuti."
Shane annuì. "Farò del mio meglio ma non ti prometto nulla."
L'altro scosse la testa mentre entrambi si incamminarono verso la porta di casa. Shane prese una giacca e poi un bel respiro profondo, infine uscì.
Era già a metà vialetto quando Blaine lo richiamò. "Shane?"
Quello si voltò. "Sì?"
Afferrò al volo quello che gli lanciò il fratello maggiore: le chiavi della macchina. Oh. Un inizio niente male.
"Ripeto: buona fortuna", e così dicendo Blaine rientrò in casa chiudendo la porta dietro di sé.
 
Shane arrivò a casa di Reed con dieci minuti di anticipo, così restò in macchina a fissare l’orologio sul parabrezza finché non arrivò il momento di scendere e incamminarsi verso la porta di casa Van Kamp. L’ansia lo stava divorando, ma cercava di non pensarci.
Prese due profondi respiri prima di suonare il campanello.
“Arrivo!”, sentì urlare da dentro. Si udirono alcuni passi di corsa, un tonfo e un urletto. Poi altri passi, più lenti questa volta.
Infine la porta si aprì per rivelare un Reed sorridente e leggermente imbarazzato. “Ciao.”
“Ciao”, lo salutò Shane ricambiando il sorriso, tutte le ansie e insicurezze sparite di colpo dopo aver incrociato lo sguardo dell’altro.
“Entra”, lo invitò Reed. “Fa’ come fossi a casa tua”, disse educato.
Shane entrò e si guardò attorno in quella che sembrava un’ampia casa molto ben arredata.
Dopo che si fu tolto la giacca e che Reed lo portò a fare il giro completo della casa – e non essere riuscito a trattenere un sorriso di dimensioni record alla vista della foto che l’altro aveva sul comodino e che ritraeva proprio loro due nel cortile della Dalton con l’abituale conseguenza di far arrossire Reed in modo esagerato –, i due ordinarono una mega-pizza da spartire e, quando mezz’ora dopo gli fu consegnata, si sedettero sul divano ed inserirono un DVD. Di quegli ultimi tempi avevano iniziato a vedere i film della saga di Twilight e quella sera sarebbe toccato a Eclipse.
Ormai Reed sapeva che Shane commentava ogni istante dei film e, anche se all’inizio gli aveva dato fastidio – lui era invece una di quelle persone che se li vuole godere in religioso silenzio –, ormai ci si era abituato. Anzi, il continuo chiacchiericcio di Shane lo divertiva parecchio.
La pizza era già stata completamente divorata prima di arrivare a metà film.
“Ah”, si lamentò Shane. “Quella ragazza è una stupida.”
Reed ridacchiò. Proprio in quel momento sullo schermo Bella stava baciando Jacob. “Perché?”
“Ha già un ragazzo fantastico e futuro marito, non le basta? Non si sa mai accontentare!”
Reed rise ancora di più. “Vuole salvarlo.”
Shane scosse le spalle. “Tutte scuse. Okay che quel tipo ha un fisico davvero niente male, ma non le ha mai detto nessuno che tradire è davvero una brutta cosa? Proprio come mentire. La gente che mente non la sopporto.”
Reed annuì. “Edward è meglio.”
“Decisamente”, gli fece eco l’altro.
Shane spostò il cartone della pizza e lo mise sul pavimento, vicino ai suoi piedi. Poi si voltò verso il ragazzo che aveva al suo fianco, considerando la sua espressione attenta: il marrone caldo dei suoi occhi brillava per la luce emanata dalla televisione. Era assorto e sorridente. In definitiva, bellissimo. Preso l’ennesimo respiro d’incoraggiamento e cercando di essere il più disinvolto possibile fece scivolare delicatamente la propria mano in quella dell’altro più vicina a lui.
Reed, distratto dal gesto, guardò prima le due mani e poi Shane, incrociando il suo sguardo per un attimo e arrossendo violentemente. Il suo cuore iniziò una folle corsa e lui tornò rapidamente a guardare l’enorme televisore. Ad ogni modo, diede una leggera stretta alla mano dell’altro.
Shane sorrise soddisfatto: forse quel gesto non era una gran cosa per la maggior parte delle persone, ma era davvero enorme se si trattava di Reed. Da un po’ di tempo avevano iniziato a tenersi per mano praticamente sempre, e questo gli dava una gran gioia.
Era giunta ormai la scena più entusiasmante del film – la grande battaglia – quando la televisione si spense di colpo insieme a tutte le luci. Entrambi sobbalzarono sul divano, presi alla sprovvista.
“C-che succede?”, balbettò Reed, spaesato dal buio totale ed improvviso.
“È mancata la corrente”, rispose Shane contrariato. “In tutta la strada come minimo”, notò, guardando fuori dalla finestra i lampioni spenti.
Sentì Reed irrigidirsi e la prese sulla sua mano farsi un po’ più stretta, immaginando quale fosse il motivo: da uno come lui non ci si può che aspettare che abbia paura del buio. Sorrise divertito ma con dolcezza. “Hai paura?”, domandò, per sicurezza.
“…S-sì.”
“Tranquillo, ci sono io”, sussurrò, e così facendo si avvicinò all’altro ragazzo e lo strinse tra le sue braccia con fare protettivo. Forse quel black-out non sarebbe stato poi un così grande fastidio.
In realtà, Shane si aspettava che Reed si irrigidisse ancora di più – e aveva anche il leggero timore che lo potesse allontanare – ma la reazione fu completamente diversa: il piccolo Usignolo gli si fece ancora più vicino e lo strinse a sé con forza, posando la testa sulla sua spalla. Sentiva le braccia dell’altro attorno alle spalle, la fronte contro il suo collo e i capelli gli facevano un leggero solletico, ma sicuramente non si tirò indietro.
Rimasero così, abbracciati e in silenzio, per un tempo che parve infinito, sufficiente perché entrambi si potessero addormentare – cosa che comunque non successe. Nessuno dei due sentì il bisogno di parlare.
Reed era stupito di sé stesso: aveva fatto una mossa davvero azzardata per i suoi standard. Ma ne era valso il rischio completamente – mai era stato meglio che in quel momento, con Shane così vicino, così stretto. Respirava l’odore del suo petto e poteva quasi sentirne le pulsazioni cardiache dapprima accelerate e poi sempre più tranquille. Ma non era solo quello a farlo sentire bene: era ragionevolmente sicuro che Shane sentisse le stesse emozioni. Il modo in cui lo teneva stretto contro di sé era dolce e protettivo, come lo erano state le sue parole. Si sentiva amato. Sorrise.
Shane era parzialmente stordito dal profumo inebriante che sprizzavano i capelli puliti e morbidi di Reed, e nella sua testa si stava facendo mille film mentali in cui sognava di poterli accarezzare, baciare, o meglio ancora baciare quelle labbra rosse e carnose che tanto lo attraevano dalla prima volta in cui vi aveva posato sopra lo sguardo.
“Tutto bene?”, domandò a bassa voce dopo chissà quanto.
Reed annuì contro il suo collo, sorridendo nel buio. Più che bene, pensò.
“Hai ancora paura?”
“…Un po’”, mormorò Reed.
Shane lo strinse ancora di più. “Vedrai che la luce tornerà presto.”
E quelle parole furono come un presagio: dopo forse quindici minuti le varie luci si riaccesero pigramente, così come il televisore.
Purtroppo, la ricomparsa della corrente sembrò spezzare la magica atmosfera. Reed si risentì vulnerabile, come scoperto dalla luce. Arrossì e lentamente – non voleva ferire l’altro – si spostò, per poi stiracchiarsi il più casualmente possibile.
Shane fece lo stesso, schiarendosi la gola, un po’ ferito da come Reed si era ritratto di colpo. Davvero lo aveva abbracciato solo per paura della luce? Cercò di nascondere il suo disappunto e controllò l’ora, stupendosi poi per quanto fosse tardi. Mezzanotte – l’ora in cui tutti i bei momenti finiscono e bisogna tornare alla realtà. “È tardi, sarà meglio che vada – mio fratello è sempre così apprensivo che conoscendolo sarà già preoccupato. Il film lo finiremo di vedere un’altra volta, okay?”
Reed annuì, dubitando di riuscire ad emettere qualunque suono.
I due si avviarono verso la porta e Shane prese la sua giacca per poi infilarsela. Reed lo superò e gli aprì la porta, non distogliendo nemmeno per un attimo lo sguardo dai suoi piedi. Un pensiero lo tormentava – forse poteva essere stupido ma aveva l’idea che non gli avrebbe dato pace.
Shane uscì per poi fermarsi appena oltrepassata la porta. “Buonanotte, Reed”, così dicendo gli passò velocemente una mano in testa per scompigliargli i capelli e si voltò pronto ad andare verso la sua macchina.
“Aspetta, Shane”, disse Reed di scatto, afferrandogli un braccio.
L’altro si girò fissandolo con uno sguardo interrogativo.
“Io…”, Reed iniziò, per poi fermarsi. Prese un bel respiro prima di continuare, continuando a tenere lo sguardo basso. “Io prima ti ho mentito. E d-dato che tu prima hai detto che… che odi le persone che mentono… penso che non sarei riuscito a dormire se non te lo avessi detto. M-mi dispiace”, cacciò fuori le parole di getto, togliendosi il pensiero.
Shane impallidì, chiedendosi su cosa mai avesse potuto mentirgli e ovviamente facendo le peggiori ipotesi. “S-su cosa hai mentito?”, chiese agitato.
Reed arrossì anche più del solito e si morse un labbro. “Io… io… non ho paura del buio. Cioè, per me è sicuramente pericoloso camminare se non vedo niente visto quando già inciampo normalmente ma a parte questo l’assenza della luce non mi turba affatto.”
Shane rimase spiazzato. Tutto qui? Tanta ansia per una simile sciocchezza. “E perché l’hai fatto?”, chiese, confuso e incuriosito.
Reed si sentì mancare. Perché proprio quella domanda?
Oh, al diavolo, sii coraggioso una volta tanto,ordinò a sé stesso. “P-perché volevo che… insomma, che tu… mi abbracciassi. Non è più successo da quella volta in cui pensavo fossi morto sotto la frana e in realtà volevo ricordare com’era stato al party a New York. M-mi era… piaciuto.”
Cadde il silenzio – nessun suono dai due ragazzi, nessun suono dalla strada deserta. L’unica cosa udibile era il respiro sempre più veloce e preoccupato di Reed.
Shane era completamente stupito e si stava torturando le mani in un misto di gioia e ansia. Basta chiedere e ti abbraccerò ogni volta che vorrai, pensò. Poi si accorse di quanto fosse imbarazzato l’altro e capì che per lui ammetterlo era stato un grande sforzo. “In realtà, io non l’ho fatto perché so che spesso la vicinanza con le altre persone di mette a disagio. Non vorrei mai fare cose avventate, Reed, perché non vorrei mai metterti fretta”, l’ultima frase uscì dalle sue labbra intrisa di sincerità e risuonò anche più intensa di quanto volesse.
Reed si azzardò a lanciargli un breve sguardo da sotto le lunghe ciglia e quando parlò fu solo un leggero sussurro. “E… e se adesso mettessi da parte la tua preoccupazione per me, cosa faresti?”
Se prima Shane era stupito, ora era in completo shock. Era un invito a prendere un’iniziativa? O cos’altro? Perché la gente non andava in giro con il proprio manuale d’istruzioni appeso al collo?
Guardò attentamente il ragazzo più basso in fronte a lui e incrociò il suo sguardo un’altra volta. E in quell’istante capì che sì, quello poteva essere una sorta d’invito. Se non lo era, almeno sarebbe morto d’imbarazzo potendo dire di averci provato sul serio.
Con una mano alzò il mento di Reed così da poter vedere perfettamente il suo volto magnifico e si avvicinò con cautela, senza fare movimenti avventati. I loro sguardi sembravano incatenati. Quando ormai tra di loro rimanevano pochi centimetri alzò anche l’altra mano e la posò sulla guancia dell’altro. Reed chiuse gli occhi quando sentì le labbra di Shane sulle sue.
Fu solo un delicato sfiorarsi, un bacio leggero ma pieno di dolcezza: perfetto per entrambi. I loro cuori correvano così forte da fare quasi male.
Dopo pochi ma infiniti istanti Shane si allontanò un poco per sorridere a Reed e furono un’altra volta persi l’uno negli occhi dell’altro. Ora, tutti e due si sentivano decisamente più amati che mai.
Il sorriso di Shane si allargò ancora di più e piazzò un bacio sulla fronte dell’altro, per poi raddrizzarsi completamente. “Buonanotte, Reed.”
E così dicendo si voltò e si incamminò verso la sua auto.
Reed rimase impalato sull’uscio per qualche altro istante, scosso da tutte le emozioni che gli urlavano dentro. La miglior bugia di tutta la mia vita, pensò, e poi rientrò in casa.


 

  
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