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Autore: Keiko    27/04/2011    2 recensioni
“Vuoi capire cosa c’è di strano nella famiglia Black, Ninfadora? Io ti risponderei nulla. Ci sono solo tante scelte fatte e strade che hanno diviso persone legate dallo stesso sangue, questo si. Di sbagliato credo non ci sia nulla ma tu potrai trarre una conclusione differente dalla mia dopo aver visto tutto quel che voglio mostrarti.”
Ninfadora Tonks è al suo primo ad Hogwarts quando Lord Voldemort pare essere sconfitto dai coniugi Potter e il loro figlioletto essere sopravvissuto all’eccidio. Ninfadora è scettica ma per lei non è certo quello il problema: è sapere Sirius rinchiuso ad Azkaban ad indurla ad una lenta ma inevitabile metamorfosi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Nimphadora Tonks
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“Tonks! Tonks!”
Hermione aveva fatto capolino da dietro la porta dello studiolo situato al piano terra scrutandovi all’interno per poi richiuderla alle proprie spalle. Batté con fare stizzito il piede destro a terra, le braccia conserte sul petto ed una ciocca di riccioli ribelli che non accennava a restare al proprio posto unita a tutte le altre nel semplice raccolto sulla nuca.
“Hermione l’hai trovata?”
“Tu Ron?”
“Nemmeno io. Forse Harry o Ginny hanno avuto più fortuna di noi.”
I due si incamminarono alla ricerca della ragazza o di qualche indizio che potesse condurli a lei, fermo restando che la tenuta di campagna in cui vivevano i coniugi Tonks era quanto di più simile ad un maniero, non fosse per la bassa altezza della struttura e i mattoni di nuda pietra ricoperti di rampicanti traboccanti grappoli di glicine che emanavano tutt’attorno il proprio caratteristico profumo.
“Ron l’avete trovata?”
Ginny era sbucata correndo da oltre un cespuglio ricco di spine tenendo ben sollevata la gonna dell’abito da cerimonia – gemello di quello indossato da Hermione - attenta a non ferirsi.
“Non può essersi smaterializzata!”
In risposta a quell’affermazione Ginny ed Hermione si erano lanciate un’occhiata complice per poi tornare a fissare Ron con fare supponente.
“Cos’avete da guardarmi così, ora?”
“Se fosse scappata? Sai com’è fatta Tonks…”
Era difficile credere che Ninfadora fosse fuggita dalla propria cerimonia di nozze e tuttavia l’evidenza non lasciava adito a dubbi: era scomparsa. Si erano svegliati presto per sistemare gli ultimi preparativi aiutati da Andromeda, mentre Ninfadora e Lupin avrebbero dovuto prepararsi. A conti fatti Remus si trovava seduto nell’ampio salone dell’abitazione attorniato dalla famiglia Weasley e rassicurato dalla vecchia compagna di studi, contorcendosi convulsamente le dita delle mani in grembo e guardandosi attorno con aria smarrita e Ninfadora, scomparsa. Avevano tutti quanti imparato ad apprezzare la discreta e delicata presenza di Andromeda, madre affettuosa e perfetta signora di casa, ospitale e protettiva sino quasi alla nausea. Niente a che vedere con Bellatrix e se era stata la cugina preferita di Sirius, i motivi erano quelli palesati a tutti gli ospiti della tenuta, giunti lì già da qualche giorno per le nozze di Tonks.
Il problema era sorto quando tutto era pronto tranne Ninfadora ed anzi, di lei era scomparsa ogni traccia.
“L’avete trovata?”
I gemelli avevano studiato uno dei loro cori perfetti per accogliere Ginny, Ron ed Hermione che per tutta risposta erano riusciti ad esibire un sorriso tirato per poi non poter nascondere l’evidenza.
“Che disastro! Dove può essere andata a finire?”
Molly aveva rivolto la domanda a tutti e a nessuno in particolare e Ginny aveva sollevato gli occhi al cielo dando una leggera gomitata ad Hermione per attirarne l’attenzione.
“Che vergogna…non capirà mai quando è il momento di tacere?”
“Sai com’è fatta, Ginny…”
Molly aveva così puntato lo sguardo sulle due ragazze, pronte per il loro ruolo di damigelle senza sposa.
“Non avete davvero idea di dove possa essere? Insomma, Remus…”
“Mamma, taci!”
Il sibilo di Ginny era quasi inumano tanto era basso e sottile e Molly l’aveva guardata con aria accusatoria.
“Bambina mia il vestito…ma dove sei stata?”
“A cercare Tonks, dove vuoi che sia andata?”
In quella frase vi era anche il sottinteso incontro con Harry, un bacio appassionato e di nuovo la corsa alla ricerca dell’Auror.
“Vado a cercarla anch’io.”
Bill si era sollevato dal proprio posto svincolandosi delicatamente dall’avvolgente abbraccio di un’incantevole Fleur già moglie, i capelli sciolti sulle spalle che la facevano apparire sempre più somigliante ad una Veela. Della Fleur che aveva partecipato al Torneo Tremaghi non era rimasta che una pallida immagine, sostituita da quella devota di una moglie fedele ed innamorata che era riuscita a entrare nelle grazie di una suocera del tutto singolare.
“Torni presto, vero?”
La voce vellutata poteva ipnotizzare chiunque ma non il primogenito di casa Weasley che aveva imparato ad arginare il magnetico fascino di una ninfa diabolica e bellissima già dal loro primo incontro, quando Fleur aveva rischiato di capitolare lungo le scale della Gringott per i troppi documenti stretti tra le braccia. Quell’incontro gli aveva rivelato una donna dagli occhi bellissimi, occhi che un tempo in una situazione analoga, erano appartenuti a Tonks. Quella che in quell’esatto istante era fuggita dal suo matrimonio gettando scompiglio tra gli invitati, sconforto su Remus e un sorriso benevolo sul volto di Andromeda come se si fosse attesa qualcosa di ben peggiore che non la semplice fuga dalla propria figlia.
“Bill sai dove può essere andata?”
Il tono inquisitorio di Molly era riuscito a strappare dai propri pensieri persino Remus che aveva mormorato qualcosa che verosimilmente poteva essere tradotto come “Lui lo saprà per certo”.
Il ragazzo era così uscito dalla stanza, il volto solcato da una profonda cicatrice ove Fenrir l’aveva colpito e non accennava tuttavia a rovinare la sua bellezza, quanto piuttosto dargli un’aria più adulta e mascolina. Era il segno di una battaglia, indelebile monito di una storia che non aveva ancora visto la parola fine e che avrebbe perdurato negli anni a venire forse ricordata dai loro figli come una delle tante leggende del Mondo Magico o invece come – ancora una volta – un tumore da combattere ed estirpare.
Remus aveva osservato la schiena vigorosa di Bill scomparire oltre la porta del salone confrontandosi inevitabilmente con quella neonata creatura figlia della notte che ancora non portava sulle proprie spalle il peso di una maledizione che non lasciava porte aperte ad un’ipotetica felicità. Eppure era realmente così o era semplicemente lui a crogiolarsi nei tormenti di un’esistenza che Bill riusciva a vivere serenamente? Remus aveva anni di notti di sangue ed ululati gridati ad una luna maligna e colpevole, non solo una manciata di mesi. Ninfadora era riuscita a cogliere la sua debolezza interiore, quel senso opprimente di inadeguatezza che negli anni della sua adolescenza aveva permesso a James, Sirius e Peter di diventare animagus solo per tenergli compagnia in notti altrimenti troppo solitarie e disperate da poter vivere singolarmente. Non tutto quel dolore era venuto per nuocere: Felpato si era salvato da Azkaban proprio grazie alla sua peculiarità animalesca e persino Ramoso proteggeva Harry attraverso l’evocazione del suo Patronus.
Il destino era stato un abile giocoliere nelle loro esistenze: Ninfadora aveva amato Bill e ora si ritrovava a sposare Remus, due licantropi accomunati da una donna dai capelli rosa acceso e da una battaglia contro il tempo e la morte, quotidiana ed inevitabile.
Forse Ninfadora era fuggita da lui dopo essersi resa conto che non era adatta al matrimonio o forse perché si era resa conto di non poter sopportare la sua dualità bestiale o ancora perché era giovane e non aveva alcuna intenzione di legare la sua vita ad un uomo che aveva l’età di sua madre.
Non ancora almeno o comunque non con uno come lui che viveva cercando di salvare un’anima che lentamente scemava alla deriva della vendetta a soli diciassette anni.
Si passò la mano sul viso in un gesto di totale disperazione ed Hermione si sedette accanto a lui sistemandosi accuratamente l’ampia gonna a balze tutt’attorno, perdendosi in una nuvola color azzurro cielo.
Andromeda la scrutava di sottecchi e si rispecchiava in quella ragazzina che sua figlia trovava terribilmente intelligente, ora seduta con espressione seria eppure mite accanto a Remus. Non avrebbe mai creduto che quello che un tempo fu compagno di studi sarebbe diventato un giorno il marito di sua figlia. A quei tempi, non pensava nemmeno di sposarsi con un mezzosangue né tanto meno di chiudere ogni rapporto con Bellatrix e di conseguenza, con Narcissa.
Le mancava la minore delle sue sorelle, una mancanza tinta di quella malinconia dolce e amara al contempo e tuttavia non era privata dalle fitte lettere intrise di pensieri e parole e timori mai rivelati. Narcissa era costretta sotto il giogo di Bella, chiusa in una prigione di vetro che comunque amava perché al suo interno si trovavano suo figlio e l’uomo con cui aveva deciso di condividere la propria esistenza. Si era chiesta spesso quanto avrebbe resistito quella trasparente barriera alla tortura e alla follia cosciente, quanto sarebbe rimasta pulita senza macchiarsi di sangue innocente e quanto avrebbe resistito lei, Narcissa, alle pressioni di una sorella che la dominava.
Sospirò uscendo dall’accogliente stanza per immergersi nel tepore del sole di quella mattinata primaverile, intenta ad assaporare la fragranza dei glicini. Non si sarebbe mai aspettata che Ninfadora approdasse a casa annunciandole un imminente matrimonio. Quando poi era riuscita a strappare alla figlia il nome del futuro marito, Ted aveva rischiato di schiantare a tre metri di profondità l’albero di pesco che stava piantando in giardino riuscendo invece a strapparle una risata fanciullesca accompagnata da un abbraccio caloroso ed un sonoro bacio sulla guancia.
L’aveva così staccata da sé studiandola con cipiglio materno, come quando da bambina la vestiva per uscire e poi la strinse di nuovo, euforica.
“Non me lo sarei mai aspettata, cara! Remus…era così dolce anche quando frequentava Hogwarts sai? L’unico dei Malandrini a cui poter parlare senza desiderare di schiantarlo.”
“Mamma…”
“Non essere tesa. E’ naturale sentirsi smarriti prima del matrimonio ma di certo non ti mancherà questa casa. Sei sempre così impegnata con l’Ordine che è un miracolo vederti per le feste tradizionali!”
“Mamma…”
“Dovremo preparare il pranzo, pensare al tuo vestito, agli invitati…chi vuoi invitare tesoro? Qualcuno di particolare?”
“I ragazzi dell’Ordine e…”
Tonks era confusa più dalla leggerezza con la quale sua madre aveva accolto la notizia che non dalla concretezza di un matrimonio imminente.
“Mamma…mamma!”
Andromeda stava già prendendo le misure per ordinare festoni traboccanti fiori cangianti, putti che ospitavano in cornucopie di paglia frutti succulenti e prelibati e il proprio abito da cerimonia, naturalmente.
“Devi dirmi qualcosa che ignoro, per caso?”
D’improvviso aveva acquistato l’espressione di rimprovero che sfruttava quando da bambina doveva sgridarla per l’ennesima trovata assurda e Ninfadora si costrinse a non ridere schiarendosi la voce e facendole cenno di avvicinarsi sussurrandole all’orecchio.
“E’ un lupo mannaro.”
“Lo so che Grayback è un mannaro, Ninfadora! E questo cosa c’entra con il tuo matrimonio? Hai deciso forse di invitare anche i tuoi nemici, per caso? L’amore deve averti dato alla testa!”
“Mamma…Remus è un licantropo!”
Aveva puntato i piedi a terra con fare stizzito ricacciando dietro alle orecchie una lunga ciocca di capelli rosa, continuando a studiare la propria madre in attesa di qualche cenno di sorpresa o di stizza. Ma non ricevette né l’uno né l’altro.
“Ne avevo il sospetto. Sirius si era lasciato sfuggire qualche dettaglio sulla sua trasformazione in Felpato e avevo dedotto non fosse l’unico a nascondere un piccolo segreto. Questo ti preoccupa, Ninfadora?”
“Ho fatto la mia scelta. Non ha importanza che sia un mannaro o un umano. Mi sarei innamorata di lui ugualmente, immagino.”
“Quando sposai tuo padre avevo abbandonato già da tempo la famiglia Black e mai avrei immaginato che mia figlia sarebbe riuscita a fare peggio di me. In senso buono, naturalmente.”
Le aveva sorriso sedendosi sull’altalena che anni addietro Ted aveva costruito per Ninfadora, dondolandosi stancamente.
“C’è stato un periodo della mia vita in cui l’amore mi aveva fatto perdere di vista me stessa. Quando Bella, Rodo e Lucius conclusero il loro ultimo anno ad Hogwarts ci ritrovammo a condividere il quotidiano scolastico Severus, Cissy, Rabastan e io. Non appartenevo alla Casa di Serpeverde, come ben sai, tuttavia era naturale per noi purosangue restare insieme. Dopotutto grazie all’amicizia, sfociata poi in amore, tra Rodolphus e Bellatrix ci siamo ritrovati a fare da satelliti alla loro figura e a formare un gruppo unito ed affiatato. Narcissa ed io essendo le sorelle minori di Bellatrix eravamo guardate con grande ammirazione dagli altri discendenti di Salazar e fu inevitabile per me condividere il mio tempo libero con loro. Seguire Bella e starle morbosamente attaccata era naturale come quando eravamo sole nell’imponente magione di famiglia. Poco alla volta tuttavia mi staccai da mia sorella. Aveva manifestato una crudeltà spietata, accentuando quella vena malevola che l’aveva sempre accompagnata. Era capitato spesso che tentasse di mettere in difficoltà me o Narcissa durante impegni mondani, come se lo sminuire noi potesse far risaltare sé stessa. Diventare la punta di diamante dell’esercito di Voldemort ha coronato il suo desiderio di sentirsi unica. E’ devota, crudele, spietata. Distruggerebbe il suo stesso sangue se il Signore Oscuro glielo chiedesse e tutto ciò viene ripagato con la fiducia e la stima. Cose che forse noi non siamo mai riuscite a darle, in fondo. Se è diventata ciò che è ora la colpa è anche mia e di Cissy che in un certo qual modo l’abbiamo isolata dal nostro rapporto. Avevamo paura di lei perché era irruente, focosa e passionale senza porsi mai limiti o freni. Amava Rodolphus e glielo dimostrava. Disprezzava Sirius e glielo rinfacciava ogni qualvolta ne avesse la possibilità. Noi eravamo molto più salde alle tradizioni che la nostra famiglia ci aveva imposto e tuttavia Bellatrix ha smosso qualcosa di profondo sia in me che in Narcissa. Io e Bella eravamo molto diverse ma c’era una cosa che ci accomunava: la voglia di libertà. Per lei essere libera è stato ricevere il Marchio Nero e poter manifestare apertamente il suo odio verso i mezzosangue e i babbani, per me è stato potermi liberare delle imposizioni della famiglia Black che comunque ti ho ugualmente conferito seppur in misura minore e differente rispetto a quella che ricevetti io da mia madre. Bellatrix è stata il fulcro della nostra crescita e il nucleo del nostro ciclone familiare. Guardavamo a lei con paura ma anche con ammirazione perché sapeva sempre trovare una soluzione brillante a tutti i problemi senza farsi piegare mai dagli eventi o dalle chiacchiere che la circondavano. Io e Narcissa non abbiamo mai avuto la sua forza d’animo e tuttavia non ci siamo fatte corrompere dalla Magia Oscura. Sto divagando, vero?”
“Il professor Silente…mi ha fatto vedere qualcosa su di voi durante il mio primo anno ad Hogwarts.”
“E’ riuscito a tirare fuori la parte più bella di te, Ninfadora. E non ti ho mai detto di quanto sono orgogliosa di averti come figlia.”
Tonks le si era gettata tra le braccia come era solita fare da bambina. Sentirsi vicine più che mai, così simili nella concezione dell’amore e della devozione.
“Mamma non hai finito di raccontarmi la tua storia…quella dell’amore.”
“Mi sono lasciata trasportare dai ricordi. E’ difficile guardare al passato senza accusarmi di averli abbandonati tutti a sé stessi egoisticamente. Ma non ho una così grande concezione di me stessa da pensare di avere la capacità di impedire loro di seguire la strada che poi hanno intrapreso. Eppure non potrò mai dimenticare quanto avrei desiderato fuggire portando con me Rabastan, strappandolo dalla sua scelta suicida. Ma non l’ho fatto perché l’amore si era trasformato in pietà, passando per il disprezzo e l’odio. Ho amato Rabastan a tal punto da curare le sue ferite nel cuore della notte senza obiettare concretamente alle sue parole crudeli. L’ho amato a tal punto da negare a me stessa il Marchio Nero inciso sulla sua pelle serica e vellutata, ignorando le grida della mia testa e ascoltando esclusivamente i sussulti del mio cuore. Alla fine ho ceduto alle grida, Ninfadora. Se avessi accolto in silenzio la festa di fidanzamento con Rabastan come fece Narcissa con Lucius o se avessi deciso di immolarmi all’amore come una martire senza pormi nessuna domanda o ignorando quelle che si presentavano con sempre maggior frequenza volendo una risposta ad ogni costo, non sarei mai diventata ciò che sono ora. Ci sarebbe sempre stata l’Andromeda diligente e scrupolosa, quella che aveva alzato la voce solo poche volte nella sua vita e sempre pentendosene. Non sono una donna coraggiosa ma la sono diventata inconsciamente. A diciotto anni, quando fuggii dal maniero dei Lastrange nel cuore della notte, divenni una donna coraggiosa. L’ennesimo ramo strappato all’albero possente e rigoglioso dei Black.”
“Papà la conosce questa storia?”
“Gliene ho accennato. Quando ci incontrammo per la prima volta vagavo per Hogsmade con ancora indosso le vesti della festa al maniero di Rabastan e Rodolphus. Smaterializzata da quel luogo in preda alla rabbia non feci troppo caso a dove voler effettivamente andare e il luogo più accogliente che ricordavo dopo Hogwarts era Hogsmade, quel piccolo paese in cui avevo vissuto giorni felici con Rabastan. Ted lavorava in uno dei numerosi pub della cittadina come inserviente e quando mi vide entrare nel locale ricoperta da fiocchi di neve ghiacciati mi offrì una burrobirra per riscaldarmi. Non riflettei particolarmente su chi potessi avere dinnanzi, in fondo. Gli raccontai vagamente la mia storia e iniziai a recarmi al pub quasi quotidianamente per scambiare quattro parole con quel confidente che avevo imparato ad apprezzare per la sua mitezza e per il fervore con il quale accoglieva i miei piccoli drammi quotidiani. Bellatrix tornò ben presto a cercarmi dopo il fallimento del fidanzamento con Rabastan dimostrando di essere stata sconfitta nel nostro confronto. Quando le rivelai di essere innamorata di tuo padre e di volermi sposare con lui, il tentativo di recuperare il nostro legame andò miseramente alla deriva. Bella iniziò a gridare e a insultarmi con veemenza, stizzita per quell’ennesimo tradimento. E fu così che tradii definitivamente il mio stesso sangue, senza troppo rammarico. Ero felice senza la famiglia Black, ero riuscita a ritagliarmi un posto nel Mondo Magico senza l’assillante presenza di un cognome importante ma ormai consunto come un libro troppo vecchio.”
“Io voglio poter essere come te, mamma. Dimostrare la tua stessa forza quando per me e Remus ci sarà dolore.”
“Le donne sono forti, indipendentemente che siano portate o meno a versare lacrime. E’ genetico, tesoro mio. E sarai una moglie splendida.”
“Andromeda non trovo Tonks…Ninfadora.”
Harry si corresse bruscamente sbucando da dietro l’angolo dell’edificio avvertendo su di sé lo sguardo malinconico della donna.
“Arriverà Harry. E’ sempre così mia figlia. Fugge davanti a tutto per poi prendere tutto di petto.”

Si era assopita con il sole del meriggio che filtrava dalle leggere tende della stanza in cui aveva vissuto la sua infanzia e parte della propria adolescenza. Sognava, o ricordava, viaggi trascorsi in esistenze che non le appartenevano e in anni in cui non era nemmeno nata. Riviveva momenti a cui aveva fatto da spettatrice per poter fare una scelta definitiva di ciò che voleva essere a soli undici anni, quando ancora si è bambini e non si dovrebbe pensare al domani ma solo al presente, quando lei ad undici anni già era innamorata e aveva conosciuto il sapore dell’odio. Era semplicemente cresciuta troppo in fretta e per una come lei, abituata ad una solitudine quasi obbligata, scoprire di risultare interessante nonostante il suo essere goffa ed impacciata, nonostante quell’aria perennemente distratta che la contraddistingueva era stato piacevole. Come sentirsi bene nella propria pelle senza che questa risultasse troppo abbondante per lei. Bill l’aveva accudita amorevolmente offrendole devozione e dolcezza, una mano a cui aggrapparsi nei momenti di sconforto ed un abbraccio accogliente in cui tuffarsi dopo una giornata di studi e lezioni. Era stato tutto naturale e perfetto con lui sino a quando non aveva deciso di diventare Auror compilando l’apposito modulo di richiesta divulgato dal Ministero della Magia. Bill diceva che non era in grado di sostenere una simile responsabilità e lei di rimando lo accusava di non avere fiducia in lei. Così si erano ritrovati a fronteggiare il loro ultimo anno ad Hogwarts privati del loro amore adolescenziale, decisi entrambi a proseguire sulla strada dei sogni sacrificando quello che era sembrato più giusto abbandonare: il tepore di un abbraccio sincero, il sapore di un bacio scambiato frettolosamente tra una lezione e l’altra, le gite mano nella mano ad Hogsmade.
Tutta la felicità di sei anni per due stupidi sogni che a entrambi, alla fine, avevano portato una rinnovata felicità.
“Tonks, ehi! Ti sembra il momento di dormire?”
Bill le aveva scostato dal viso una ciocca di lunghi capelli di un vivacissimo rosa, il velo a coprirle il capo e l’abito candido ad avvolgerla in una morbida nuvola di seta.
“Hai ceduto alla tradizione?”
Si era sollevata a sedere cercando di focalizzare l’orologio a pendolo che si trovava oltre le spalle di Bill portandosi una mano alla bocca emettendo un gridolino disperato.
“E’ tardissimo! Come sta Remus?”
“E’ agitato. Lo sarebbe chiunque al suo posto. Ti sei nascosta nella stanza sopra la soffitta, Tonks!”
Il suo rifugio segreto. La stanza in cui aveva pianto e sorriso ed amato.
“Dobbiamo andare, è tardi! Che stupida che sono…”
Si sollevò in piedi incespicando nel lungo strascico del vestito imprecando sommessamente.
“Accidenti a questo affare…”
“Sarai felice, vero?”
“Quanto te almeno.”
“Non avrei mai immaginato fossi così tradizionalista.”
“E’ mia madre che ha voluto tutto questo…non io!”
L’espressione sul suo viso era raggiante, intinta in una pozza di felicità che finalmente le era stata concessa.
“Che desiderio hai espresso quella notte, Bill?”
Glielo poteva chiedere ora che inevitabilmente le loro vite erano unite da un affetto quasi fraterno, nonostante lei non avesse mai avuto modo di sperimentarlo con fratelli di sangue un affetto simile. Ma a ben pensarci il sangue poteva poco quando le idee erano diametralmente opposte e le persone troppo differenti. Sua madre e Bellatrix erano la prova lampante di quanto il sangue potesse essere traditore e ingannatore, costringendo a rapporti forzati persone che nulla avevano da spartire tra loro.
“Di poterti vedere felice. E tu?”
Era scoppiata a ridere gettandogli d’improvviso le braccia al collo per poi staccarsi da lui continuando ad incespicare nella gonna.
“Forse è meglio smaterializzarsi che fare tutte quelle scale. Ho chiesto di vederti felice.”
Un tocco di bacchetta e già era scomparsa.
Bill sorrise per poi imitarla, trattenendo a stento un impeto di ilarità.

Tonks si era materializzata al fianco di Remus sorridendogli e passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
“Scusami…mi ero addormentata.”
Lupin aveva ingoiato a vuoto ondate d’aria per recuperare il respiro quando questo era venuto meno a causa della vista di una donna che non aveva mai completamente considerato tale.
Ninfadora per lui era stata la nipote di Sirius, la figlia di Andromeda, l’Auror, la compagna di avventure, la confidente, l’amica. Ed ora era donna. Quando gli strinse le mani nelle proprie costringendolo ad alzarsi e conducendolo all’aperto, nell’ampio giardino che andava trasformandosi in campi coltivati verso l’orizzonte, Remus le aveva semplicemente sorriso.
“Sarà per sempre?”
Gli aveva porto quella domanda con un tremito nella voce e di rimando strinse più forte la mano di Tonks nella propria.
“Per sempre. A patto che tu non sparisca.”
Di nuovo una risata cristallina verso un cielo plumbeo da cui cadevano petali di candida rosa, sotto lo sguardo festante di amici e parenti.
Ninfadora Tonks poteva permettersi ora anche le lacrime in pubblico.
Quelle che non aveva mai versato ora scorrevano con fierezza sul suo volto raggiante.
A tutti quelli che le chiesero perché piangesse lei sorrise sempre, senza proferir parola alcuna.
Basta un sorriso per giustificare lacrime dettate da una felicità inaspettata, colta con timore da un campo in cui essa è l’unico fiore con mille spine attorniata da piccoli fiori di campo sterili e sbiaditi. La felicità – il fiore più brillante e doloroso, il più difficile da cogliere – ora era stretto nelle sue mani di sposa.
   
 
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