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Autore: snowbud    28/04/2011    3 recensioni
Nowhere man, don't worry,
take your time, don't hurry,
leave it all, till somebody else...
lends you a hand.

Polly è una qualsiasi quattordicenne di Manchester.
Strana, dicono gli altri, forse pazza.
Polly risponde male ai professori, Polly è sarcastica, non segue la moda, corre con la luce negli occhi, ha sempre quel sorriso strafottente che ti fa pensare che non la capirai mai.
Polly è diversa, superiore, a tutti quelli della sua generazione e ne è felicemente consapevole; anche se continuano a pensare che sia lei quella sbagliata, sa che un giorno o l'altro tutti la vedranno dal basso e la capiranno.
Polly sa di essere qualcosa di grande, sa che lo dimostrerà.
E se quel giorno fosse più vicino di quanto sperasse?
George Harrison disse che gli anni Sessanta erano stati un punto del 'cerchio' che racconta la nostra storia, che poi si era richiuso facendo sparire i Sessanta e la rivoluzione che portano nel cuore, e aveva continuato il suo corso fino al punto di partenza.
E se il cerchio fosse di nuovo tornato in quel punto di cinquant'anni fa?
Ecco a voi il cerchio che si riapre, e coloro che lo riapriranno per voi.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Ringo Starr
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nowhere Boys - Li potete chiamare i Risvegliati
 

 Chapter two.
 

Polly.

 
 
Polly Woods era una ragazza molto strana.
Innanzitutto, non vestiva come gli altri.
D'inverno, quando tutte le sue amiche mettevano jeans e maglie strette, felpe e scarpe firmate, abiti corti di stoffa calda con leggins e stivali o morbidi maglioncini scollati di cachemire, lei andava sempre in giro con le sue larghissime felpe poco femminili, i jeans strappati e le scarpe da ginnastica sporche, non perché le mancassero i mezzi, semplicemente perché le piaceva.
D'estate, invece, la gente sembrava dimenticarsi che fino a pochi mesi prima era Polly la frigida, quella che vestiva come un maschio, perché, guardando scandalizzata le sue fruscianti gonne sopra il ginocchio assolutamente non strette perché le impedivano di far respirare la pelle, i suoi sandali solitamente neri e le sue t-shirts a mezze maniche ampie, fresche e colorate, cominciava a pensare che lo facesse per attirare l'attenzione, così lei subito da frigida diventava Polly la puttana.
Ohoh, pensava Polly sbuffando,adesso sono io quella che spende un centone per un pullover pregiato solo perché ha una scollatura che permette di vedere anche l'intestino crasso? Tanto paga papà, no?
Seconda cosa, ascoltava musica diversa dagli altri.
Le sue noiose compagne di classe, mentre il loro telefono con la cover sbrilluccicosa sparava a tutto il volume possibile Lady GaGa, i Jonas Brothers o Justin Bieber, la guardavano ridacchiando stupidamente.
Lei semplicemente alzava un sopracciglio, le inceneriva con i suoi begli occhioni verdi o magari le mandava gentilmente a Pepperland - a quel punto loro ridevano fino alle lacrime, convinte di aver avuto l'ennesima prova della sua pazzia -, poi faceva spallucce e cambiava canzone al suo IPod verde mela, scegliendo la prossima dei Rolling Stones, dei Beatles, di Elvis, dei Kiss, degli AC/DC, dei Sex Pistols, dei Guns'n'Roses o dei Nirvana.
Questi ultimi avevano scritto la sua canzone preferita, che portava anche il suo nome: Polly.
Molti dicevano che avesse un testo strano ed insignificante.
Per lei invece era fantastico: la splendida voce di Kurt le riusciva ad evocare quasi palpabile davanti a sé l'immagine della povera Polly, in un angolo della strada, seduta a terra sola con gli occhi bassi, le ali sporche, che non credeva più in sé stessa e ormai chiedeva solo qualcosa da mangiare, un altro biscotto.
Era semplicemente un'immagine che nascondeva qualcosa di più profondo. Come una poesia.
Come una delle sue.
Perché lei, sì, ne scriveva.
Ed era lì, in un angolo col suo vecchio, mezzo scucito e ormai stinto zaino blu affianco, da cui tirava fuori quelli che per lei erano i più inestimabili tesori: il suo IPod scassato, il suo blocco per gli appunti, traboccante di storie, disegni, frasi o bozze, tenuto insieme da un elastico, la sua penna blu dall'inesauribile inchiostro piena di sogni, poesia, speranze, desideri inespressi, concetti ancora oscuri, storie ancora non raccontate, che aspettavano solo il loro turno negli anni per esplodere direttamente sul foglio, fuori dalla punta di quella biro.
Era sempre stata una persona molto poetica, lo dicevano anche i suoi genitori, due adulti di mezz'età, due persone fantastiche nella loro normalità, ma pur sempre esseri umani qualsiasi che, consapevoli di avere una figlia particolare, speciale, ormai la assecondavano, anche se senza capire, massaggiandosi le tempie e sospirando arresi.
Coglieva poesia ovunque, ma soprattutto nel mare.
Lo aveva appreso durante le estati passate a Liverpool fin da piccola, a "morirsi di freddo in quel postaccio", come dicevano i suoi genitori e i suoi fratelli, dove andavano solo per gentilezza nei confronti delle zia Lith che abitava lì e continuava ad invitarli nonostante il viaggio fosse a dir poco interminabile e il tempo 'più adatto ai pinguini che al mare', per dirla con le parole di suo fratello.
Contrariamente al resto della sua famiglia, a Polly Liverpool piaceva. Anzi, la amava a dir poco.
Amava la casa della zia, da cui si vedeva il mare, amava il porto e il suo profumo di pesce, che agli altri come minimo dava fastidio, la deliziava, no, la entusiasmava.
Amava i colori un po' offuscati dalla brina, dalla nebbia, ma pur sempre vividi e brillanti sotto la patina translucida del freddo; come una lastra di ghiaccio sottile che impedisce di vedere un'immagine per bene, ma proprio per questo la rende più particolare ed interessante.
Polly, poi, amava Liverpool perché era la città dei suoi Beatles, il suo più grande amore, la sua più infinita passione.
E ora, alle sette e mezza del mattino di quell'anonimo, squallido, terribile sedici Novembre 2011, in quello squallido cubicolo del bagno delle ragazze al secondo piano, quell'ultimo motivo assumeva un'aspetto più importante, più interessante ed estremamente amaro.
Non era sicura di volerci tornare, quell'estate.

 







The fool on the hill.
(Paul cominicia a ballare in modo sexy sulla famosa collina, apparendo così una specie di salsiccia.)


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Eccomi! Eccomi! ECCOMI!
Mi sento un fuck yeah vivente **
Ok, so che in questo capitolo a)non si va minimamente avanti e b)Polly ha l'Ipod scassato, le scarpe sporche, lo zaino rotto e blablablabla il soffitto ammuffito e le tendine color pesca (cit. me e una mia amica ;) ), ma dovevo introdurre il personaggio u.u, e poi il mio Ipod verde mela è sul serio mezzo scassato (xD) il mio zaino è un po' scucito in più punti e pieno di scritte e le mie converse sono davvero sporche al limite dell'impossibile, tanto che la gente mi chiede se le ho comprate veramente così XD.
Ma la mia roba mi piace così, non che sia capace di tenerla in altro modo XD.
Comunque il 3 è quasi pronto, penso lo posterò domani.
Ringrazio a tutte quelle povere anime pie che hanno recensito, perdendo così il loro tempo a non solo leggere ma anche commentare gli scleri di quella pazzoide della sottoscritta, e cioè DazedAndConfused, Lonely spring e Martha McCartney, e grazie a quelli che leggono soltanto (sempre che ce ne siano XD)
A presto, <3<3<3
A.
   
 
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