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Autore: Yumi_Slyfox483    28/04/2011    6 recensioni
Buio.
George si trovava in un vicolo buio. A causa dell’oscurità non riusciva a distinguerne la fine. Camminò per qualche minuto fino a quando una nicchia comparsa all’improvviso, alla sua destra, gli rivelò una luce in lontananza. George si sporse per osservarne meglio l’interno e…
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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George Weasley alzò il viso pallido verso il gemello accanto a lui. Il suo volto sanguinava ancora e la vecchia ferita che aveva preso il posto del suo orecchio destro bruciava ormai da diversi minuti.
“Sei Pronto, Fred?” mormorò e con un cenno di assenso Fred Weasley si voltò, poggiando la schiena contro quella di George mentre con un gesto deciso puntava la bacchetta dritto di fronte a sé.
I due gemelli esclamarono un incantesimo all’unisono e le loro bacchette presero a scintillare nello stesso momento, mandando i due Mangiamorte a terra, fuori combattimento per altri dieci minuti.
“Bravi!” urlò la voce di Percy accanto a loro e i gemelli lo videro atterrare un Mangiamorte che giaceva ora ai suoi piedi.
“Anche tu non sei male, Perce…” sbottò George in risposta.
“…hai fatto progressi durante la tua assenza da casa.” continuò Fred. Scavalcarono i Mangiamorte stesi a terra e si avvicinarono al fratello, pronti per un altro attacco.
“Il Ministero ti ha tenuto in allenamento” sbottò Fred colpendo un Mangiamorte alle spalle di Percy.
“Mi sono dovuto difendere quando ho capito che stavo dalla parte sbagliata!”
“Meglio tardi che mai!” esclamarono in un’unica voce Fred e George, godendo di quello strano momento di pausa in cui non si vedeva nessun Mangiamorte nelle vicinanze.
Alle loro spalle comparve Bill, sudato e insanguinato, urlando di gioia nel vederli tutti e tre sani e salvi.
“Siete vivi!” osservò spostando lo sguardo dai gemelli a Percy. “Mamma era preoccupata!”
“Che cosa succede?” esclamò Percy avvicinandosi.
“Ci sono molti feriti e morti. Stanno cercando di portarli in un’aula protetta del castello, ma serve aiuto… vi stavo cercando da un po’.”
I gemelli e Percy fecero per avanzare quando un Mangiamorte, sbucato dal nulla alle loro spalle, mandò una maledizione che per un soffio non colpì Fred in pieno. Fortunatamente Bill lo aveva spinto al suolo in tempo, facendolo cadere dalla parte opposta del gemello. Il Mangiamorte si scaraventò su Fred che, puntata la bacchetta contro di lui, gridò “Stupeficium!” e si alzò in tempo per scappare. L'avversario aveva schivato il suo Schiantesimo e aveva puntato la bacchetta nella sua direzione, lanciando un’ennesima maledizione. “Fred!” Percy, attaccato da un altro Mangiamorte, inseguì il fratello mentre combatteva, e George cercò di rincorrerli.
“George! Attento! Dobbiamo andare via di qua!”
Bill schiantò un Mangiamorte alle sue spalle e lo prese per un braccio, spingendolo dalla parte opposta a quella dove Fred e Percy stavano correndo.
“Fred!” urlò George vedendo il fratello allontanarsi “Vedi di non farti uccidere!”
“Non sono mica Ron!”gli rispose Fred ridendo e sparendo alla sua vista. George rise e si voltò verso Bill che lo stava spingendo lontano dai Mangiamorte in procinto di risvegliarsi.
“Vieni, seguimi!”
George corse alle sue spalle schivando maledizioni e incantesimi, brandendo la bacchetta per difendere lui e il fratello nella loro corsa frenetica. Hogwarts era diventata un vero e proprio campo di battaglia. Non aveva mai visto la scuola ridotta in quello stato, ma soprattutto non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe ospitato la battaglia per sconfiggere il Signore Oscuro.
Dovettero oltrepassare diversi Mangiamorte e compagni diretti verso i feriti, quando, appena arrivati alle scale, una forte esplosione provenì dalle loro spalle, proprio nel punto in cui George aveva visto Percy e Fred allontanarsi con i Mangiamorte alle calcagna.
George impallidì, mentre una strana sensazione cominciò a diffondersi nel suo corpo e il suo cuore si strinse, come se fosse improvvisamente prigioniero di una morsa. Bill di fronte a lui si bloccò a guardarlo, mentre alcuni compagni alle loro spalle stavano schiantando due Mangiamorte.
Ma George non sentì i rumori della battaglia e neppure le parole di Bill quando alzò il capo e lo fissò negli occhi.
“Fred è andato di là…” sussurrò a bassa voce “L’esplosione è…”
“George, dobbiamo andare! Questo posto brulica di Mangiamorte, vedrai che stanno bene!” ma la voce del fratello maggiore tremava, tradendo la preoccupazione e l’ansia che anche lui stava provando per i due fratelli minori.
George non ascoltò le sue parole e si voltò di scatto per tornare indietro. La stretta di Bill gli afferrò il braccio e le lacrime cominciarono a scorrere sul suo volto quando capì ciò che il fratello stava cercando di fare.
“Lasciami!” urlò disperato “Lasciami! Fred è andato di là! Devo vederlo…”
Il pensiero che aveva scaturito quella sensazione che ancora gli opprimeva il petto, prese forma nella sua testa, ma lui lo scacciò all’istante e con le poche forze che gli erano rimaste, strattonò il braccio del fratello ritornando da dove era venuto qualche attimo prima.
“Fred! Fred! Fred!” voltò l’angolo e trovò un cumulo di detriti. Un urlo lo destò dai suoi tormenti e vide Percy andare all’inseguimento di un Mangiamorte, mentre una moltitudine di ragni stava salendo dallo squarcio provocato dall’esplosione alla fiancata del castello.
Percy era vivo e stava bene. Vide Harry allontanarsi qualche secondo dopo.
Ma Fred?
Bill arrivò alle sue spalle e lo bloccò.
Perché lo tratteneva? Perché non voleva che vedesse come stava Fred?
“Lasciami, Bill! Lasciami!” George si divincolò, ma la presa del fratello era ferrea. Sentì qualcosa inumidirgli la nuca e in quel momento non si rese neppure conto che erano le lacrime di Bill.
Perché Fred non era corso dietro a Percy e Harry?
“Lasciami! È ferito! Ha bisogno di aiuto!”
Ma come Bill, anche George sapeva che quelle parole non erano vere. Percy non avrebbe mai abbandonato il fratello ferito e inseguito un Mangiamorte con tale rabbia.
George sapeva ciò che avrebbe visto se si fosse avvicinato ulteriormente alla nicchia da dove Percy e Harry erano appena usciti. Eppure doveva vedere. Doveva assicurarsi con i suoi occhi. Si poteva… si doveva fare qualcosa per salvarlo.
Finalmente la presa di Bill si allentò e le gambe di George cominciarono a correre, dopo aver riacquistato un precario equilibrio. Schiantava i ragni con la bacchetta, e schivò una maledizione trasfigurando un Mangiamorte, mentre Bill urlava il suo nome disperato alle sue spalle. Mentre correva pensò all’avvertimento che aveva dato a Fred pochi minuti prima, e le lacrime presero a scorrere più copiose sul suo viso.
Si fermò accanto alla nicchia, che era parzialmente protetta, e il suo cuore, ancora prigioniero di quella morsa, perse un battito mentre si sporgeva per osservarne l’interno.
Il gemello lo fissava senza riconoscerlo, senza affrettarsi a rassicurarlo che stava bene. George si ricordò quel giorno così lontano, quando aveva perso l’orecchio e Fred si era così preoccupato per la sua sorte da non aver capito neppure una semplice battuta che aveva detto per tranquillizzarlo.
Non poteva credere ai suoi occhi. Non voleva credere che il suo gemello fosse morto e d’improvviso quel ricordo, che era stato lieto per lui, diventò pesante e opprimente.
Eppure lui era lì.
Il cadavere di Fred lo guardava con occhi vuoti e privi di vita, e il suo cuore aveva smesso di battere.
Mentre la sensazione nel petto stringeva ancora più forte il suo cuore in una morsa, George cadde sulle ginocchia e con un urlo sfogò il suo dolore.

***

Buio.
George si trovava in un vicolo buio. A causa dell’oscurità non riusciva a distinguerne la fine. Camminò per qualche minuto fino a quando una nicchia comparsa all’improvviso, alla sua destra, gli rivelò una luce in lontananza. George si sporse per osservarne meglio l’interno e…
Di nuovo gli occhi di Fred lo guardavano vuoti e privi di vita.
George Weasley si svegliò di soprassalto. Il sole entrava dalla finestra posandogli i suoi raggi delicati sul viso.
Gli ci volle qualche secondo per aprire completamente gli occhi e non appena si mise a sedere scrutò la stanza intorno a lui. La vista del letto vuoto alla sua destra gli strinse il cuore in quella morsa familiare che provava ormai da diversi giorni. Si massaggiò il petto e costrinse le gambe a mantenerlo in equilibrio mentre si dirigeva verso la porta della sua stanza.
Solo in quel momento sentì delle voci provenire dal piano di sotto.
Non aveva la forza di aprire la porta e scendere le scale. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sottrarre a Harry il suo mantello dell’invisibilità; sapeva benissimo che si trovava nella stanza di fronte alla sua, ma non aveva il coraggio di rubarlo da lì. Trovava il suo desiderio estremamente infantile.
Provò una fitta di dolore pensando a quello che avrebbe fatto in quel momento, se le cose fossero andate diversamente. Lui e Fred sarebbero scesi di sotto urlando e festeggiando, cominciando a sparare in giro per casa i loro fuochi d’artificio Weasley. Avrebbero mandato la signora Weasley su tutte le furie e si sarebbero divertiti un mondo… ma non era quello che lo aspettava di sotto.
Ripensò al negozio a Diagon Alley, che aveva aperto due anni prima con il gemello, e una nuova fitta al petto lo costrinse a sedersi sul letto.
Dopo qualche minuto si alzò di nuovo e si diresse alla porta, l’aprì con cautela e cominciò a scendere le scale con estrema lentezza, respirando un abbondante quantità di ossigeno a ogni gradino.
Quando fu arrivato alla cucina della Tana vide la fonte delle voci che aveva sentito in camera sua. Si portò istintivamente una mano all’orecchio destro, toccando il vuoto e sfiorando con le dita la cicatrice che ne aveva preso il posto qualche mese addietro. Era abituato a scherzare sulla sua condizione, ma era come se in quel momento si fosse reso conto per la prima volta di quello che gli era successo.
Bill e Charlie parlavano seduti al tavolo, mentre sua madre stava facendo levitare delle padelle e varie posate. Sembrava maldestra e sul volto portava due enormi occhiaie.
Il signor Weasley era di fronte a Bill e aspettava la colazione mentre partecipava ogni tanto alla discussione dei suoi due figli maggiori.
Il resto del tavolo era occupato da Percy, Harry, Ron, Hermione e Ginny, che stavano a capo chino senza proferire parola.
Non appena George si rese visibile, la signora Weasley fece cadere un coltello, che stava tagliando a metà una pagnotta, e si diresse verso di lui.
“Ben svegliato, caro!” esclamò con un gran sorriso sul volto. “Ti ho preparato la colazione.”
Prese George per mano e lo fece sedere accanto a Bill, in uno dei due posti vuoti di fianco al fratello maggiore. Harry e Hermione stavano visibilmente stretti nei loro posti accanto a Ron e Ginny, ma lo guardavano sorridendo e il suo cuore sembrò mancare un battito. La morsa che lo teneva prigioniero non voleva abbandonarlo e quel sorriso sui loro volti aumentò la stretta.
Guardò il posto vuoto accanto a lui e, nonostante il dolore, provò un’immensa gratitudine verso tutti quanti.
Fred era morto da quasi una settimana e ancora nessuno aveva affrontato l’argomento con lui. Avevano festeggiato la morte definitiva di Voldemort, cui George non aveva preso parte, e onorato i caduti in battaglia: Lupin, Tonks, Moody e Fred.
Quando sentiva il nome del gemello associato a coloro che avevano perso la vita nella battaglia contro Voldemort, non poteva far a meno di provare un immensa rabbia che lo atterriva ogni volta ed evitava di parlare di lui agli altri.
In quei giorni erano venuti a trovarli parecchie persone per dimostrare il loro dispiacere per la perdita subita dalla famiglia Weasley. I compagni di scuola, i professori, amici e conoscenti, ma nessuna di quelle persone riusciva a farlo sentire meglio e a riempire il vuoto che si era creato dentro di lui.
C’era solo una persona che voleva che occupasse quel posto vuoto accanto a sé e quella persona non esisteva più.
“Hai dormito?” esclamò d’improvviso una voce alla sua sinistra, distraendolo dai suoi pensieri. Si voltò e vide che Bill lo guardava premuroso. Con un cenno d’assenso rispose alla sua domanda e tornò a fissare la madre che gli porgeva la colazione.
Bill si voltò preoccupato a guardare il padre e lo vide sospirare, mentre catturava con le dita una lacrima che scendeva timida dal suo occhio destro.
Era già abbastanza dura perdere un figlio, proprio nel momento che credevi sarebbe stato il migliore della tua vita, e lo era ancora di più scoprire che un altro ne aveva risentito bruscamente.
Da quasi una settimana, esattamente da quando aveva scoperto il corpo di Fred senza vita, George non proferiva parola.
Non parlava con nessuno, né con i suoi fratelli, né con i suoi genitori e né con i suoi amici. Restava sempre da solo senza far sapere che cosa gli passasse per la testa.
Solo lui conosceva il dolore che stava provando e non lo avrebbe condiviso mai con nessuno.
Fece colazione perso nel suo silenzio e nei suoi pensieri, non accorgendosi neppure che la madre gli aveva rivolto la parola due volte per chiedergli se voleva altro da mangiare.
George alzò il capo e la fissò comunicandole con uno sguardo che era a posto e la madre si alzò per sparecchiare la tavola. L’espressione che le aveva visto sul volto entrando in cucina si era fatta più cupa all’ennesimo silenzio del figlio. E a essa si era aggiunta un’impercettibile smorfia di dolore.
Fu allora che George notò l’orologio appeso alla parete di fronte a lui. La signora Weasley lo aveva riappeso al proprio posto dopo la morte di Voldemort e, come il resto della famiglia aveva immaginato, era tornato a funzionare. Ma non era quello che aveva attirato l’attenzione di George.
Otto lancette dorate erano puntate tutte nello stesso punto, la Tana; solo una, piccola e argentata, era rimasta ferma e immobile due posti più in là delle altre. Sembrava priva di moto e indicava un punto da cui non si sarebbe mai più spostata: Hogwarts.
Ogni lancetta rappresentava un membro della famiglia Weasley e quella piccola e argentata sembrava aver capito che chi doveva rappresentare non sarebbe più tornato a casa. Era la lancetta di Fred.
George chinò il capo e in quello stesso istante bussarono alla porta. Fu Bill ad andare ad aprire e la figura alta e solare di Lee Jordan si fece largo nella Tana, portando un po’ di allegria, così tanto necessaria, in quel periodo triste.
Lee Jordan era un ragazzo della stessa età di George. Portava lunghi dreadlocks ed era il migliore amico dei gemelli dai tempi della scuola. Anche lui, come loro, aveva partecipato alla battaglia di Hogwarts.
“Salve a tutti!” salutò il ragazzo con un gesto educato della mano e la signora Weasley lo invitò a sedersi, non appena Charlie e Bill si furono alzati annunciando di dover tornare alle loro case.
Mentre la signora Weasley insisteva affinché Lee accettasse qualcosa da mangiare, Bill si avvicinò a George e lo abbracciò. “Mi raccomando, George, fatti forza, ok?” esclamò al suo orecchio.
George lo guardò negli occhi e annuì disegnando sul suo volto un impercettibile sorriso, che fece sorridere anche Bill. Una volta sciolto l’abbraccio lo vide rimanere immobile, fisso a guardare qualcosa che evidentemente lo aveva turbato.
Il fratello seguì il suo sguardo e ne scoprì il motivo. Come George, anche Bill aveva notato la piccola lancetta d’argento dell’orologio che segnava la scuola di magia.
Nessuno della famiglia aveva mai saputo che cosa l’orologio avrebbe segnato se un Weasley fosse morto.
“Rimane immobile…” cominciò Bill in un sussurro “rimane immobile nell’ultimo posto dove si trovava.” Inoltre la lancetta passava da un bellissimo e brillante dorato a un pallido argento, come a indicarne la perdita.
Bill rimase a guardarlo per un po’, poi voltò il viso verso George e gli sorrise. “Manca a tutti” commentò. George sentì il cuore martellare più forte nel petto. Era la prima volta in una settimana che qualcuno parlava di Fred in sua presenza.
“Certe volte…” continuò Bill di fronte al silenzio del fratello “mi sembra che torni a casa di soprassalto confessando che era uno dei suoi soliti scherzi, ma poi torno bruscamente alla realtà quando ti guardo, George… sembra così strano che tu non abbia ancora detto una parola da quando Fred è…” Bill si bloccò, lasciando la frase in sospeso, quando vide l’espressione di dolore che si era disegnata sul volto di George.
S’inginocchiò per portare il viso all’altezza di quello del fratello. “Non tenerti tutto dentro, George.” sussurrò.
George non rispose, ma dentro di lui sentì una strana sensazione che lo fece sentire improvvisamente a disagio. Voleva bene a Bill, forse era l’unico dei suoi cinque fratelli che lo faceva stare bene e in qualche modo lo faceva sorridere. Ma quel nodo alla gola che gli impediva di parlare non si scioglieva in sua presenza… e ciò lo faceva soffrire. Non voleva vedere Bill star male per lui come loro madre.
Bill si alzò dopo qualche minuto, evidentemente deluso per quel silenzio davanti alla sua proposta di sfogarsi, e posò un bacio sulla fronte del fratello. Salutò il resto della famiglia, Harry, Hermione e Lee, e uscì dalla Tana assieme a Charlie. Anche lui, prima di congedarsi assieme al fratello, aveva provato a parlare con George, ma evidentemente non ne aveva trovato il coraggio e si era limitato a baciarlo sulla fronte sussurrandogli di prendersi cura di sé.
Entro pochi giorni avrebbero dovuto tornare tutti a lavoro e vedersi sarebbe stato più difficile. L’idea di tornare a lavorare da solo in quel negozio a Diagon Alley, senza l’allegria e la presenza di Fred, rendeva il suo sogno di gestire un negozio di scherzi vuoto e privo di senso.
In realtà non era mai stato solo il suo sogno, ma il loro sogno, e ora che Fred non c’era più non aveva senso continuare a lavorarci.
“Ehi, George…” il rosso alzò il capo di scatto non appena sentì pronunciare il suo nome e trovò Lee accanto a lui che lo fissava sorridendo. “Come stai?”
George non rispose continuando a fissarlo negli occhi. Provava la stessa sensazione che aveva provato poco prima con Bill e sembrò che il nodo alla gola si stesse lentamente sciogliendo, ma la sua bocca non volle pronunciare nessuna parola e nella Tana calò il silenzio. Tutti si aspettavano, o speravano, che almeno con lui avrebbe parlato, ma erano rimasti delusi.
“Che cos’ha?” pronunciò Lee preoccupato del silenzio dell’amico. Era la prima volta da quando lo conosceva che George rimaneva in silenzio di sua spontanea volontà.
“È così da quando…” la signora Weasley si bloccò sedendosi sulla sedia, con una mano posata sul petto. Il marito si avvicinò a lei confortandola mentre scoppiava in silenziosi singhiozzi.
“Non parla…” continuò Ron, mentre Hermione gli tirava una manata per la poca finezza con cui aveva pronunciato quelle due parole. “Che c’è? Non credevo che sarebbe stato possibile.”
Lee guardò George e l’amico gli ricambiò lo sguardo imbarazzato. La signora Weasley sembrava non volesse ascoltare ulteriormente le parole di Ron e si era voltata fingendo di sistemare la cucina.
In quel momento tutti quanti notarono che anche lei si era imbattuta ad osservare l’orologio, assieme al marito, e una lacrima scese timida dal suo occhio e da quello di Arthur.
“Certe volte penso che sia ancora a scuola…” commentò la signora Weasley d’improvviso, e Lee chinò il capo. Non c’era bisogno di specificare di chi stesse parlando.
“Sono abituata a vedere molte lancette insieme che puntano alla scuola di magia e mi convinco che sia rimasto a scuola e che tornerà presto a casa.” Scoppiò in lacrime e il marito la prese tra le braccia. “Molly” esclamò preoccupato “forza siediti!” la fece sedere e prese a consolarla sussurrandole parole dolci all’orecchio.
Lee guardò l’amico e gli mise una mano sulla spalla. George sentì il suo cuore, ancora chiuso in quella morsa, e provò la tentazione di confessare all’amico il suo malessere, ma fu interrotto dai singhiozzi di Lee di fronte a lui.
Non riusciva a credere che Lee stesse piangendo. Voltò lo sguardo e vide Ron e Ginny abbracciati e Harry e Hermione che piangevano anch’essi in silenzio dopo le parole della signora Weasley. Percy, invece, che non aveva parlato per tutta la mattina, osservava il vuoto.
George, a differenza dei suoi fratelli, non aveva versato lacrime da una settimana. Non riusciva a piangere per il fratello. Conosceva fin troppo bene Fred da pensare che se avesse visto tutti quanti piangere per lui, avrebbe fatto uno dei suoi soliti commenti ironici e li avrebbe fatti ridere tutti quanti. George sapeva che il suo gemello non avrebbe voluto che si piangesse per lui.
Ma non era quello che gli impediva di sfogare il suo dolore.
Era ben altro. Era a causa di quella maledetta sensazione che chiudeva il suo cuore in una morsa. Era chiuso, imprigionato nel suo dolore, e non sarebbe mai più tornato ad amare come prima.
Nessuno, ora che il suo gemello non esisteva più.
   
 
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