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Autore: noji    08/02/2006    1 recensioni
"Ogni momento che è perso non tornerà più ed è un peccato sprecare quelli che viviamo nel rammarico dell'inafferrabile. Chi ha visto, chi ha amato, chi ha vissuto… non disperde attimi del tempo che ebbe per proprio a chi ne può far suoi adesso. E come la vita che viene a mancare, ciò che è sepolto nel mio cuore andrà dimenticato col fluire di tutto.
Ma perchè non vivere adesso?"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anno 404 a.C.
La Polis [città] di Atene, che fu un tempo potente e ritenuta condottiera di tutta la Grecia, stà collassando su sè stessa a poche settimane dalla sconfitta del Peloponneso. Gravi conseguenze si riversano sulla sua società; ogni cosa, anche il cielo che la copre è pregno di un alone desolato: e nel pianto di un bambino, nella morte che si legge in viso, in mani sporche di sangue, inesorabilmente... decade.
l'Aristocrazia è decisa nel porre fine all'ondata di sorte maligna per il bene suo e del Demos [popolo]: vi è istituita, in data che a noi non è giunta, una riunione di tutti i grandi uomini saggi e di buon pensiero, superstiti alla guerra, presso il Liceo. Cosicchè una decisione venga presa, cosicchè una speranza di salvezza possa trovarsi per tutti, anche riformando l'istituzione:
è la fine di un'Era.

A L E T H E I A
( Verità )



"Siete voi il tanto decantato discepolo del maestro *** ?"

"E' così, Signore."

"Oh… mi spiace che sia morto, era davvero un'uomo saggio. Ma la guerra, figliolo, non risparmia alcuno, per quanto buono sia." …e non fa distinzione tra ciò che è Giusto e tra ciò che non lo è. Il grande sofos [saggio, sapiente]: Socrate.

Il mio caro Maestro me ne ha molto parlato quando il sole non presagiva ancora sconfitta sulle mura; mi ha parlato dei suoi precetti e degli ideali, con gli occhi che brillavano ed il respiro quasi affannoso, facendo grandi gesti con le mani nell'aria. Non ho mai avuto l'onore di discorrere con Lui se non oggi, ma questo... è un caso eccezionale, perchè vede Maestro, lei non c'è più.

"Sono brutti tempi, mio giovane amico, posso chiamarvi amico, vero? *** teneva sotto la sua protezione solo persone degne e brave con la mente. E ce ne è bisogno appunto ora. Come sà la nostra amata città stà cadendo in pezzi: l'unione che prima recava tanto bene a ciascuno di noi si è disgregata, e finchè non non vi troveremo rimedio, non potremo più chiamare col suo nome la nostra bella Dimora."

Davvero, pur dalla loro empiricità, questi uomini sono convinti di salvar la patria solo conversando…? Io non ne son più tanto sicuro, forse perchè lei è morto, ma i miei occhi indugiano sempre di più su altri: spaventati, tremuli per la fame e che ti guardano di sbieco, come se ti credessero un assassino: un nemico, non tuo concittadino.
Soltanto con la volontà, noi potremo star meglio?
Maestro, non credo che potrò assolvere il mio compito diligentemente oggi, e troppo peso grava sulle mie spalle; son giovani, ricorda? Come è oltremodo giovane la mia mente per intrattenere tali filosofie elevate e lontane; è così giovane il mio spirito, da lasciarsi scoraggiare.

Perchè io sò cos'ho perso, io sò cos'ho lasciato al suo destino e me ne rammarico molto, pensando che a salvarvi la vita da qual colpo a tradimento alla schiena ci sarei stato io.

E perchè tanto cercare di consolarmi? Perchè disperdere tante parole vuote nell'aria? …ciò che fu, permane solo nel passato e negli occhi di chi ebbe assistito morire il suo Maestro che gli fece da padre; permane nel cuore, sulle labbra attraverso le orecchie e le mani.

Sicchè, ogni momento che è perso non tornerà più ed è un peccato sprecare quelli che viviamo nel rammarico dell'inafferrabile. E chi ha visto, chi ha amato, chi ha vissuto… non disperde attimi del tempo che ebbe per proprio a chi ne può far suoi adesso. E come la vita, che viene a mancare adesso che siamo oppressi da una sorte funesta, ciò che è sepolto nel mio cuore andrà dimenticato col fluire di tutto.

Ma perchè non vivere adesso? Perchè farsi tante congetture per qualcosa che ormai è solo mera illusione, come la Pace?

"E dunque: avviamoci nel Peripato, dove avevamo appena cominciato a disfacere l'integrità restante della città!" sogghignò affabile lui, ma io non gli diedi considerazione, rischiando di parer superbo, ma non trovandoci davvero nulla di divertente.

*

Il Peripato, come si suol chiamare, è il sentiero che attraversa i giardini del grandioso Liceo d'Atene, dove qualche errabondo sofista solitamente usa polire le pietre bianche ivi cammina con i suoi crucci e rimembranze.
E' piacevolmente contornato da piante d'altri paesi e da le lor fronde liscie che profumano di menta ma che sono mentuccie …come a sottolinerare la proverbiale apparenza dell'esistenza. Grevi, ballano sulle teste di noi uomini d'eccellenti aspirazioni che vogliamo abbatere un destino di morte, così, come se fosse per un colpo di quella gioconda brezza.

"Ah, beh! Se vogliamo affrontare questo, che si affronti, la Giustizia! Avanti, signori, pronunciateVi, siamo qui per conversare e converseremo, ed io non riconosco una totalità del Giusto e converserò: se qualcuno mi argomenterà contro." la voce grezza d'un sofos mi introduce all'alto pensiero: ma zitto, reietto dalla mia mediocrità e per questo imbronciato; astenendo la mia persona decisamente dal compito obbligatomi.

"Tu proferisci una sconcertante falsità! Non fartene ornamento, mio amico, come se fosse qualche sacra omelia…! Te lo dico io: finchè non riconosceremo nel Giusto la salvezza, la situazione non cambierà!"

"Ma è ben che qualcuno prenda una decisione e la mantenga con ferrea volontà! Le circostanze in cui viviamo sono gravi, le conosciamo. Bisogna agire, non redimere anime!"

"Una soluzione v'è sempre, quanto è vero l' Essere: basta trovarla, allontanadosi dalla supponenza limitativa, finchè vi sia pensiero, c'è!"

… E Teseo, trovò mai la strada? Se non ci fosse stato quel filo ad indicargli la via, sappiamo bene come sarebbe finito: dritto nelle fauci del Mostro, senza onore!
Allo stesso modo, noi, uomini che ci ostentiamo di valore, senza una qualche luce a rischiarare le nostre menti, come possiamo di stinguere Doxa [apparenza] da Alethéia [verità]? Dall'alto della vostra consapevolezza riuscite a scorgere qualche lume che dissipi le nebbie?

"Oh, signori mei…!" sopraggiunse a chetare il Logos [discorso, dibattito] qualcuno, ed io non vado presatando nemmeno più attenzione a quelle parole per me mai tanto disconnesse: dirigo i miei occhi sulle piante che ci sovrastano, che poi scivolano sul dorso ruvido della corteccia figliastra del mediterrano e provano a contare i fili d'erba, trovandolo un giuoco meraviglioso.

E… sì: tutto è di nuovo Pace.

Forse dovremmo prestare attenzione davvero più alla natura: mai in lite con sè stessa. Noi al suo confronto estatico, siamo come germi che infestiamo la bella Grecia, e tendiamo alla distruzione; mia, tua, che differenza può mai fare? Ogni sistema tende al Kaos [caos, disordine]. Perchè dunque tentare di rallentarne il corso?

A questo punto, tornando con la coscienza nel mio mondo, si alza da dove stà Socrate e prende a camminare: possente e barbuto, il naso largo è color cigliegia, e la faccia mesta sembra lanciare un sorriso a tutti noi tra le sue rughe. Quell'uomo è l'unico che io rispetti (oltre a voi Maestro) per davvero: saggio quanto semplice, semplice poichè saggio.

"Persino le cagne di Sparta annusano il loro territorio con perseveranza, distinguendo bene ciascun odore sul suolo, fino a trovare ciò che cercano: che sia il loro padrone o una lepre che ha smarrito la via per il bosco. Ciò che noi dobbiamo fare, è ricercare la Verità. Solo Lei, giustissima ed infallibile, potrà indirizzarci sulla decisione adeguata." parla con voce pacata ma sicura e gioca con gli occhi piccoli su ogni sguardo di noi, vi legge dentro e sorride: perchè ha ragione.

Ma questo non signifia che i dissapori siano estinti, anzi. Anche io posso comprendere l'incertezza di chi mi staziona a fianco: la situtazione di Atene è davvero critica, desolante; come potremo noi dar voce ad un un Principio Massimo, camminando nel fango?

"Socrate," inizia un altro, portandosi in piedi con sguardo accigliato (ecco che già viene il timore di lui, Maestro):

"Noi tutti rispettiamo ciò che pensi, ed è giusto essere qui per pensare, ma checchè se ne dica.. noi viviamo ancora in un mondo tangibile ai sensi. Dunque ti consiglio questo dal cuore: prima vivi, e poi filosofeggia" ferreo, si mette a batter suole avanti ed indietro, di fronte a noi seduti sulle panche ai lati del lastricato. Si passa un mano sulla sua testa brulla come per ragionare su qualcosa; infine si ferma ritto con un piede ancora mezzo in aria, e voltandosi pronuncia solennemente verso noi, con aria grave e coincisa, in modo tale che nessuno abbia cuore d' obbiettare:

"Le riforme si fanno con i fatti! E non con i grandi sofismi! Signori, se vogliamo prender una decisione, che si prenda su un piano compiuto, che al Demos importa soltanto il pane!" conclude allargando le braccia e sbuffando; credo che ormai l'argomento vada a considerarsi chiuso. Ed io scruto l'intorno, ma nulla mi induce a parlare: solo sguardi accorati su qualche ciottolo di salvezza, o mani posati sulla fronte per sorregerla da chissà qual'onere. Mentr'io riprendo il mio diporto solitario, unico astemio un un gruppo di ubrachi di Sapere tanto da afforgarci dentro; oh, me lo conceda Maestro.

"Il bene del singolo individuo è anche il bene della città. Se l'induviduo è come un carro trainato da cavalli in veloctà ma senza cocchiere, ciò che riesce a concludere è solo andare a sfracellarsi contro il primo ostacolo. Non credi anche tu mio giovane amico?"

"… Come?"

"Stai ascoltando?" aveva sorriso Socrate, posandosi furbo sul bel marmo bianco, frutto di cave e di lavoro d'uomini, lasciando nel dibattito un vuoto. E' forse perchè aveva rinunciato alla sua disputa, persa in partenza? Me lo dica lei Maestro, io ero arrivato a cinquantacinque.

"Vedi ragazzo, non sempre gli uomini di ottime idee sono ottimi nella virtù… è questione di anima, capisci?"

"…"

"E dubiti, perchè cosa mai potremo fare noi, persone dalle idee tanto discordanti tra loro, cercare di trovare una soluzione per ogni cosa? Ti dirò… anch'io ebbi indugiato questa mattina, ben conoscendo l'estenuante prova di spirito a cui sarei stato sottoposto…!" ridacchiando, continuò il suo discorso flebilmente, cosicchè potessi udirlo io e le piante soltanto:

"Ma tutti noi vecchi, ben conosciamo cosa ci porta a riunirci qui a discutere per ore, magari anche a chiamarci Cani, ma per trovare un compromesso. Tu sai di che cosa stò parlando?"

"Penso… la convocazione dell'Aristrocrazia."

"No, no! Ragazzo mio, che dici? …è la Polis! La Polis è quel che ci dà forza!" dice lui strabuzzando gli occhi: increduli avevano ricacciato indietro le palpebre, poi tornando normali mi fissano; per cercare cosa? Un segno di rivelazione divino?
Per gli Dei, ho solo diciassette anni, è ovvio che non sappia cosa gli induce a chiamarsi Cani, e sbaglio… o mi stanno fissando cazonariamente? Quest'uomo non è quel tanto decantato filosofo. A dirla tutta, potrebbe essre un incantatore… "Oh! Non agitarti sai? Ragazzo, se io mi confido con te è per che ti trovo di buon'attenzione, non un studentello a cui insegnare un saggio per fargli comprendere L'istituzione…!"

"… Oh."

"Sò invece che chi ho davanti è una persona promettente, che sa ascoltare, ma è anche bravo a relazionare le parole del nostro alfabeto, mi sembra…?"

"Ehr… si, mi perdoni."
"Non te la prendere. E ora su, dimmi! Cosa credi sul serio tu? Rispondi secondo la tua persona e non per bocca di quelli che ti hanno qui convocato."
Or dunque, in qual modo deludere più cocentemente questo grande uomo?

Di certo io a parlar di patriottismo non son bravo, nè che di grandi filosofeggiamenti o concitata politica (sempre che si stia parlando di questo), io sia burattinaio: Re. Che mi perdoni quel Socrate per il mio ruolo indegno.

Io conosco solo ciò che ho visto, ciò per cui ho combattuto, le cose per le quali ho provato affetto.
Io custodisco dentro al petto un frammento d'emozione, e l'emozione si può forse diluire in saliva? Convenite con con me l'ovvia impossibilità; e allora come fare? Avvolto nel mio cinismo, come fare?

"Dunque, signori, s'è giunti finalmente al punto! Che gli uguali stiano con gli uguali, ed i superiori con i superiori!"

Scagliato giù nella realtà dal vuoto, riprendo coscienza avendo per zavorra questa frase, pronunciata da qualcuno intento ad infervorarsi: mi tocca la mente e l'animo…! Ed anche se cerco di ricacciarmi l'idea indietro, quella, forse per dispetto, continua a vagarmi nella mente.

Ma perchè non Tetrakus [figura sacra ai pitagorici, che mostra il numero 10, somma dei primi 4 numeri interi], allora? Ragionando in questa maniera abbiamo trovato una soluzione: basta solo decidere la gerarchia ad ciascun punto, e la nostra bella Democrazia per la quale noi abbiamo lottato, phuf! Ma perchè non farla cadere definitivamente?

"Quali oscenità mi tocca sentire! Davvero è questa la tanta decantata uguaglianza?! Non mi sembrate davvero eccellenti, voi, che fate imbarazzare me che son giovane, con i vostri discorsi!" e così parlai, tutto d'un fiato. E da li successe un fatto inatteso, che scatenandosi in me come una burrasca, portò le acque del mio cuore, Maestro, a straripare su per le mie labbra. Litigammo.

Litigammo riguardo la Democrazia, litigammo per l'uguaglianza e litigammo per i cittadini.

Ma come fare per capire? Come, se noi non abbiamo neppure un filo che ci aiuti?

Noi uomini ci crogioliamo nella nostra inettutudine, nell'ignoranza; non riusciamo a sopportare gli oneri del vivere e di ciò che ne consegue: predichiamo la cartà, ma siamo servi dell'edonismo; per l'amore mentre ci facciam la guerra; e per la patria, che andiamo a distrugger noi.. con le nostre stesse mani cariche di disgusto per quello che siamo?!
Noi non li sopportiamo: noi li schiviamo.

Ed io fuggo via.

*

Vede Maestro,
mi chiedo se io sia un personaggio di un canto dell' Odissea, che erra e vagabonda trovando per risposta a ciò che lo attanaglia dentro, solo la morte.
Oppure la biga alata in balia della folle corsa dei cavalli, condotti dall'auriga verso una destinazione a me sconosciuta? [mito di Fedro]

Come possiamo noi mortali, con i nostri crucci e struggimenti, con i nostri molteplici errori perchè Dei non siamo, poter portare Salvezza alla nostra patria?
Tanto l'amiamo, d'un amore quasi doloroso nel vederla deperire così, ma le rivolgiamo affetto nel modo sbagliato.
Questo è un mondo finito. Un'era che si conclude, e noi dobbiamo sparire insieme a lei. Perchè se non c'è integrità non potrà esserci mai nulla.

Dopotutto abbiamo perso la guerra, perchè dunque non perdere anche la libertà d'essere uomini?

"Una soluzione v'è sempre, quanto è vero l' Essere. Basta trovarla, allontanandosi dalla supponenza limitativa; finchè vi sia pensiero, c'è."

"Si," convenni io. Non mi voltai neppure per osserevare chi aveva interrotto i miei tormenti interiori. Ma già sapevo che era Socrate. "ma tutto tende alla fine. E' scritto nella vita dell'uomo."

"Tutto ha una sua fine? E' solo una restrinzione mortale, mio giovane amico. E' la certezza divina, Qemi, che sola può dir cosa è e cosa non. Vedi.. è naturale perdere la speranza in un momento del genere. La nostra terra, con cui noi condividiamo mente e carne, il nostro baluardo è stato valicato e demolito. Sò bene anch'io che Atene non tornerà più allo splendore di un tempo: sarebbe folle. Ma perchè noi tutti, dovremmo spegnerci con Lei?"

… Perchè, è la nostria Patria, la nostra Casa e la nostra Madre. La terra in cui siamo nati, in cui siamo cresciuti e dove, siuramemente, morremo.

Ed io, troppo cieco per il mio dolore, rinchiuso nel mio assurdo cinismo, come ho potuto dimenticarmene?

"Dike [giustizia] …se ci siamo noi ancora, allora persiste?"

"Io ritengo che l'amore per la Patria si trasmetta a tutti gli uomini che lo condividono, senza scritti criptici, e senza andare oltre alla fisicità della questione." fece una pausa "Questa brezza è troppo fredda per me: penso che me ne ritornerò al Liceo."

… I filosofi sono antesignani di scienze, per loro natura Aviti della nostra Sapienza …

La mia mente si è aperta, recettiva, desiderosa e avida di quel sapere che mi solletica lo spirito come acqua fresca; lo bramo di qualunque altra cosa, ora. E capisco:
quanto sono effimeri gli uomini! La loro indole ed i pensieri ne accrescono la stoicità nel perseverare a batter chiodo sul Male; sull'andare dell' Inettitudine per la Città. Maestro.. noi tutti siamo accumunati dalla mente e dalla carne, dalla cecità e per l'essere noi: Cittadini Ateniesi. E io, che ora sono come sommerso dalla consapevolezza, mi chiedo, Maestro, mi sono forse ricongiunto agli Dei?
Che Zeus per mezzo di quell'uomo abbia proprio scelto me fra molti, e voglia offrirmi di vedere quello che non ho mai veduto innanzi a me?

Ho paura Maestro, temo di non essere degno, temo che ritornerò ad assaggiare l'amarezza ed il dolore già adesso distanti dalla mia persona; oh, com'è crudele..! Com'è crudele la vita per noi! Siamo incatenati a tutto ciò che è orribile e ci trascina sulla via dell'impuro, dell'insufficienza della vecchiaia, sporcandoci.

Quando ritorneremo? Quando potremo dinuovo toccare l'Ancestrale con le nostre mani sudice?

Ho paura di non essere adatto al mio ruolo, io povero giovane, del mio destino e del mio pensiero non sono ancora pienamente conscio. Non sono sicuro di riuscire ad osservare disinteressatamente la Realtà. Sono pur sempre un uomo, e della perfezione dell' Essere ne ammiro la bellezza ma provo anche timore di una così grande diversità.

Ma il ricordo di lei, non mi è impresso nell carni, attraverso i tessuti o nel cervello. Io la sento Maestro, sento la sua presenza attorno a me ed i suoi insegnamenti mi permangono nell'anima. E non è forse questo?

La Salvezza, siamo noi. Per amore di Alètheia.


  
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