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Autore: EnMilly    29/04/2011    2 recensioni
Quando è giusto fidarsi? Quando ci si può fidare? In che eccezioni ci si può fidare nonostante i precedenti?
Alastor Moody è un tipico esempio di mago che risponderebbe "MAI" a tutte le domande, ma andiamo un po' a scavare nel suo passato e scopriamo cosa si cela davvero dietro il più grande Auror dei suoi tempi...
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Alastor Moody sedeva, guardingo come al solito, su una delle sedie malandate del locale più brutto e sporco di Hogsmeade.
Sembrava bere tranquillamente la sua Burrobirra, eppure i suoi occhi saettavano da una parte all’altra del locale, discreti ma attenti ad ogni minimo movimento sospetto.
Alastor Moody non era famoso per la fiducia che aveva nelle persone, tutt’altro. Era raro che durante un lavoro di gruppo, ad esempio, lasciasse lavorare in tranquillità le povere anime che erano capitate insieme a lui. Sorvegliarle e sorvegliare di continuo quel che gli accadeva intorno in modo paranoico era un’abitudine.
Era un vizio che aveva preso fin da piccolo. Forse la causa era che i suoi genitori erano una Auror ed un Medimago. Per via della prima era abituato sin da piccolo ad ascoltare racconti cruenti e tragici attraverso la porta della cucina e a leggere quotidianamente la Gazzetta del Profeta, la quale riportava fatti di cronaca più o meno impressionanti che non appartenevano certo alla categoria di letture adatte ad un bambino.
Quando poi aveva assistito con sua madre ad una spaventosa minaccia in un vicolo secondario, aveva iniziato a guardarsi intorno: come mai quella signora parla sottovoce con la vecchietta affianco? Cosa stanno trafficando? E quell’uomo lì, che sembra così rilassato, non sta stringendo con troppa forza la valigetta? Cosa mai ci può essere dentro?
Domande a ripetizione su fatti apparentemente normali che Alastor classificava sempre nella sua memoria, anche se spesso finivano nel dimenticatoio. In realtà, non c’era mai nulla di male nelle povere persone finite sotto lo sguardo severo di Alastor Moody. Tuttavia, questi, se appena un passante gli camminava un po’ più vicino senza superarlo o qualcuno faceva la sua stessa strada, avrebbe voluto poterli guardare liberamente e scoprire qualcosa di più dalle loro espressioni stampate su visi apparentemente benevoli.
Così avrebbe potuto capire se lo stavano seguendo, se era rientrato per caso in un attentato, o se era stato scelto per venire usato come diversivo in un’azione più grave e grossa che il semplice ucciderlo.
Beveva la Burrobirra direttamente dalla bottiglia stappata da lui personalmente, sia per un problema di pulizia che di avvelenamento. L’aveva allungata come era solito a fare con una piccola dose di antidoto contro veleni minori.
Non che sarebbe veramente servito a qualcosa se avessero voluto veramente avvelenarlo. C’erano due motivi che giustificavano l’inutilità del gesto: il primo, era che non si sarebbero limitati ad un veleno da quattro soldi, se avessero voluto ucciderlo. Il secondo perché una qualunque persona minimamente logica lo avrebbe osservato per capire quali erano le bevande che preferiva, si sarebbe accorta dell’antidoto banale e avrebbe usato un veleno più potente.
Come se non si fosse accorto che di recente trovava sempre Catelyn Harrison a guardarlo di nascosto! E, non appena lui si voltava e alzava un sopracciglio, in segno di disapprovazione, lei distoglieva lo sguardo arrossendo. Gli erano venuti seri dubbi in proposito, perciò ultimamente era diventato ancora più silenzioso e scontroso.
Di conseguenza, Alastor ordinava sempre bibite diverse, così che se qualcuno avesse voluto avvelenare un’intera cassa di bevande che preferiva, lui ne avrebbe presa un'altra. Certo, a distanza di settimane era costretto dalla scarsa scelta, dettata dai suoi gusti, a ripetersi, ma era attento nel cambiare sempre l’ordine.
Fu quel giorno che meditò di comprarsi una fiaschetta da cui bere le bevande che preferiva, magari applicandogli un incanto per il rilevamento di veleni o imbevendone l’interno con una qualche pozione, o anche intagliandola in un Beozar…
Alastor Moody non si era mai chiesto, neanche posto il problema, che magari nessuno desiderava ucciderlo tra le più atroci sofferenze.
Da quando, al quinto anno era divenuto prefetto, era sempre stato molto ligio al suo dovere e attento a rimproverare anche i suoi colleghi. Questo gli aveva procurato diversi sfaticati irritati con lui, che da tempo continuavano a tormentarlo con scherzetti idioti, di conseguenza la sua paranoia era peggiorata.
Prima trovava semplicemente che tenersi pronto a qualunque evenienza non fosse una cosa così difficile da fare, ora era indispensabile.
“Prevenire è meglio che curare.” ripeteva spesso suo padre praticando vaccini a bambini piagnucolanti.
Era da suo padre che aveva ereditato la sua paranoia. Suo padre, che aveva fatto di quel motto la sua vita, ignorando felicemente quello che diceva: “Non fasciarti la testa prima di rompertela.”
Suo padre, che si lavava sempre le mani prima di andare a tavola, e non esisteva che dividesse a metà un kiwi non lavato, perché la sporcizia del punto esatto in cui il coltello avrebbe tagliato sarebbe passata nella polpa che avrebbero dovuto mangiare.
Quando sua madre si era fatta trovare a mangiare una mela sciacquata molto velocemente (forse un po’ troppo, effettivamente), seduta sul bancone della cucina con le scarpe e i jeans sporchi, mentre suo padre pretendeva che appena entravano in casa si cambiassero totalmente, avevano rischiato di far crollare la casa a suon di urla.
A quei tempi Alastor non era ancora nato, ma non gli era difficile immaginare la scena della loro casa di pietra che si riduceva in macerie. Le fondamenta cedevano, il vasetto di gerani si sbriciolava sotto una pietra, il giardinetto ordinato veniva invaso da polvere e detriti e la torretta crollava sul tetto degli Smith, provocando una Guerra Magica con i
suscettibili vicini.

La porta del locale si aprì in quell’istante, stridendo fastidiosamente.
Una ragazza imbarazzata se la chiuse dietro cercando di fare meno rumore. Non le riuscì, poiché la porta, dispettosa, fece un rumore ancora più fastidioso del primo.
Rivolse un sorriso di scuse al barista e mormorò qualcosa al suo indirizzo. Ovviamente l’uomo non la guardò neanche, era un miracolo che avesse alzato gli occhi per controllare chi gli stava rovinando irrimediabilmente i timpani.
Il ragazzo aveva pensato che fosse sordo, ma aveva potuto notare, per via dell’assidua e triste frequentazione del locale, che ci sentiva benissimo.
Alastor s’irrigidì notando che quella sulla porta era Catelyn Harrison, e che ora avanzava verso di lui con un’espressione insicura.
“Non può essere così sciocca da cercare lo scontro diretto.” formulò unicamente seguendola con lo sguardo mentre aggirava un paio di tavolini, inciampava in una sedia ed arrivava al suo tavolo.
-Ho fatto davvero un’orribile figura, non trovi? Mi sono sentita così in imbarazzo davvero poche volte nella mia vita.- sorrise, illuminandosi in volto.
Alastor si limitò, inizialmente, a guardarla in silenzio. Poi, intuì che la compagna di corso voleva fare conversazione. Aggrottò le sopracciglia, continuando a fissarle il viso, tanto che Catelyn, impegnata a guardare dappertutto tranne dalla sua parte, quando si girò arrossì così tanto da tentarlo di chiederle se non fosse ubriaca.
Poi, gli arrivarono alle orecchie degli schiamazzi appena udibili fuori dai vetri sporchi, e poté capire che erano alcuni loro compagni di classe.
A quel punto iniziò a chiedersi cos’avessero in mente.
-Catelyn Harrison, giusto?- domandò, cercando di tenere a freno l’irritazione. Qualche bella fattura ben assestata li avrebbe rimessi in riga, quelli lì.
Il volto della ragazza si aprì in un gran sorriso.
-Perché non mi guardi?- le domandò allora, indispettito, Alastor, dopo aver seguito il suo sguardo da un angolo all’altro del locale, sempre ugualmente sporchi e pieni di ragnatele.
Nei secondi successivi s’iniziò a chiedere se la compagna non soffrisse di qualche problema alle arterie o alla respirazione, perché diventava sempre di un curioso rosso scarlatto, ogni volta che le rivolgeva quattro parole.
-Perché sei venuta qui?
-Emh io…
-Quale motivo avevi di venire a parlare qui con me?
-Io…
-Perché lo hai fatto?
-Ti stavo…
-Cosa volete fare, tu e i tuoi amici, mentre m’impegni in questa conversazione tentando di distrarmi, inutilmente, per altro?!
Evidentemente per la ridacchiante ragazzina e studentessa di Hogwarts dal nobile nome di Catelyn Harrison quell’interrogatorio fu troppo: scattò in piedi e fuggì dal locale, mentre Alastor Moody la guardava allibito e, sotto sotto, piuttosto soddisfatto.
Qualunque stupido scherzetto avessero in mente per lui, era stato sventato senza problemi.

 

* * *

 

Un coro di voci ridacchianti che chiacchieravano tranquillamente irruppe nello sporco locale altrimenti noto come “La Testa di Porco”, non un nome invitante, effettivamente.
Tuttavia Alastor Moody lo preferiva, quando era in solitudine.
Doveva abbandonarlo, se Catelyn decideva di passare insieme il tempo ad Hogsmeade e lo trasportava ai Tre Manici di Scopa. Preferiva di gran lunga quest’ultimo, più pulito, accogliente, caldo e tranquillo, rispetto all’aria di tensione che si respirava spesso alla Testa di Porco, tuttavia trovava fosse poco sicuro quando non si era in compagnia. Almeno il locale brutto e sporco era più tranquillo e aveva vie di fughe più rapide.
Nonostante un suono così gioioso fosse innaturale ed estraneo per il luogo, Alastor non sollevò neanche gli occhi dalla sua bibita: non ce ne fu il bisogno.
Sull’uscio della porta, le lunghe ombre proiettate dal sole pallido che quel giorno si affacciava di tanto in tanto attraverso le nubi, stavano Cedrella Black, Septimus Weasley, Edmund Macmillan e Catelyn Harrison.
Immediatamente, Alastor si sentì punto sul vivo dall’evidente serenità della ragazza. Il problema non era nel fatto che fosse felice in sé, che ridacchiasse e chiacchierasse. Il problema era che lo stava facendo insieme a Edmund Macmillan, Septimus Weasley e Cedrella Black.
Appena il suo sguardo incrociò quello della sua migliore amica un’ombra passò sul volto di quest’ultima:-Oh, ciao Alastor. Vuoi unirti a noi? Volevamo bere qualcosa, e poi avevamo in programma una visitina alla Stamberga. Il vecchio casolare disabitato sulla collina, l’hai presente? Quello un po’ cupo e in rovina.
Furono palesi le occhiate stupite che Edmund lanciò a Catelyn per quell’invito e quelle appena più discrete di Septimus. Solo Cedrella abbozzò un sorrisetto e diede una schicchera ben camuffata alla ragazza, come a chiederle spiegazioni.
Non c’era bisogno d’altro.
Alastor scosse la testa:-Divertiti anche senza di me.- borbottò abbassando lo sguardo sul liquido che ondeggiava nella sua bottiglia.
Era un’uscita a quattro, Septimus e Credrella erano una coppia nonostante le divergenze familiari, e né la ragazza, né gli altri tre, lo volevano tra i piedi. Si sentì ferito: Catelyn era tra le prime persone che lo avevano accettato prendendolo poi un po’ in giro per le sue manie, ma obbiettivamente era stata un’amica. E ora lo aveva abbandonato per una Black, un Weasley e un Macmillan. Quel mattino gli aveva detto semplicemente che andava solo a fare una passeggiata con qualche amico, nulla di particolare o divertente.
Eppure sembrava che la visita alla Stamberga che avevano in programma lo fosse eccome.
Già, ma Cedrella Black, Septimus Weasley e Edmund Macmillan erano migliori, più bravi, più belli, più ricchi e con le discendenze più antiche del brontolone e introverso Alastor Moody, il ragazzo autoritario e chiuso che si aggirava per Hogwarts, costantemente sul “chi va là”.
Sentì i quattro arretrare sulla porta, e una volta fuori discutere tra loro.
Le donne, anzi, Catelyn, si sarebbe corretto svariato tempo dopo, quando stabilì una specie di rapporto con Molly Prewett e Minerva McGranitt, erano delle traditrici, creature volubili che facevano come più piaceva loro. Non interessava loro se ti deludevano, se ti lasciavano solo, se ti tradivano per stare con altri amici, e poi avevano la faccia tosta di presentarsi in un brutto bar fingendo di non sapere che tu sei lì, fingendo di essere innocenti e fingendo di offrirti di passare del tempo con loro, ipocritamente, visto che non lo desiderano davvero. T’illudono di avere qualcuno che ti ascolti senza commenti e che ti sostiene, e poi, appena possono spariscono per amici… migliori, ecco. In tutti i sensi.
Mai e poi mai si sarebbe più fidato di una donna.

 

* * *


-Eccoti la tua nuova partner Malocchio, Nymphadora Tonks.- fece Kingsley avvicinandosi al suo tavolo alla Testa di Porco.
Non era stato rintracciabile per giorni, causa una comunissima indigestione alimentare. Così, un giorno che si era sentito particolarmente male aveva fatto un salto al San Mungo. Per puro caso quello stesso giorno una banda di nuovi fuorilegge su cui era stato già da tempo aperto un caso, aveva deciso di fargli crollare casa, ed era scampato all’attentato per pura fortuna, anche se non aveva dubbi che sarebbe riuscito a salvarsi ugualmente.
Così, per il momento alloggiava alla Testa di Porco, che a causa dei suoi traffici illegali era molto meglio protetto degli altri, anche se decisamente più sporco. Così, mentre gli ricostruivano l’abitazione, visto che non bastava un “Reparo” quella volta, lui stava lì.
Ovviamente Kingsley lo sapeva, e così gli aveva portato direttamente lì la novellina che avrebbe fatto coppia con lui. Lo infastidì pensare che avrebbe dovuto ricominciare daccapo per l’ennesima volta. Nessuno dei precedenti nuovi si era rilevato un collaboratore efficace ed utile, e tutti tendevano a prenderlo troppo sul serio per poi lamentarsi di lui quando non era presente.
Da dietro la schiena di Kingsley, tranquillo e serio come al solito, se non per il sorrisetto velato sulle labbra, arrivò una ragazza dai capelli rosa cicca tagliati corti, qualche lentiggine che spuntava dal naso all’insù e un sorrisetto spontaneo. Alastor capì che le mani impiegate a torcersi erano solo un diversivo. Probabilmente la ragazzina avrebbe voluto farli “ciao ciao” con la destra.
Una lavativa, ecco cosa gli era capitato tra le mani, quella volta. Ed ecco spiegato anche il sorriso di Kingsley. Magari, sperava che finalmente avrebbe avuto pane per i suoi denti. Be’, si era sbagliato una volta di più, tralasciando il fatto che di denti gliene erano rimasti veramente pochi.
Sorprendentemente, l’espressione sul viso della giovane gli ricordò vagamente quella di James Potter, con qualcosa di Remus Lupin.
Non sperò che facesse una fine migliore di James, semplicemente si limitò a guardarla e a valutarla. Non doveva pensare a cosa sarebbe diventata, ma a che cos’era.
Come Auror, quando gli venivano affidati novellini utilizzava lo stesso metodo di suo padre per curare le persone. Le analizzava, vedendo quali fossero i difetti che ne avrebbero fatto un Auror mediocre, e che perciò doveva annullare.
Rintracciata la malattia utilizzava ogni maniera o medicina per curarla.
Nel caso di Nymphadora Tonks capì semplicemente che doveva insegnarle a concentrarsi sulle missioni, per il resto doveva rimanere esattamente così com’era, o sarebbe successo un disastro.
Le persone insicure si conoscono meglio di quelle sicure di se stesse. Queste ultime sono incredibilmente fragili all’interno.
Il caso di Nymphadora Tonks era il secondo, e rendeva assolutamente indispensabile il non-annullamento della sua personalità. Non bisognava contraddirla e perciò si doveva creare una Nymphadora Tonks che rimanesse proiettata sulle missioni, una seconda Nymphadora Tonks.
Non era una cosa difficile.
Sarebbe stato più difficile farle rendere conto che essere un Auror non era esattamente quello che lei s’immaginava, e ne sarebbe rimasta amaramente delusa, ritrovandosi a compilare scartoffie da mattina a sera
-Vi lascio soli.- fece Kingsley, smaterializzandosi sull’uscio.
Istantaneamente quella si rilassò andandosi a sedere davanti all’anziano Auror.
-Salve! Piacere, Nymphadora Tonks, mi sono diplomata… due anni fa, ad Hogwarts. Ho superato l’esame del Corso tre settimane fa e sono felicissima di essere stata affidata a lei!- esclamò con aria sorridente e supponente, senza accorgersi che la faccia del suo mentore andava scurendosi rapidamente.
-Io invece non lo sono affatto ragazzina!- ruggì contrariato Alastor. La donna reagì inizialmente arretrando, poi alzando le sopracciglia e infine borbottando qualcosa.
-Inoltre, non sono la tua balia e tu non mi sei proprio stata affidata, siamo colleghi!- specificò piccato l’anziano, zittendola.
“Finalmente tace.” riuscì semplicemente ad articolare nel pensiero. Non era passato che un minuto dall’uscita di scena di Kingsley e già era riuscito a litigare con la ventenne.
-Come ti devo chiamare?- s’informò la donna, qualche altro minuto di silenzio dopo.
-Malocchio.- rispose lui – E ordinati qualcosa, mica ti aspetti che lo faccia io?! E non fingere neanche di essere mortificata, perché tanto so benissimo che ti stai già vantando mentalmente di avermi fatto urlare.
Nymphadora Tonks sembrò recuperare un po’ del suo sorriso, che perse dopo essere inciampata recandosi al bancone. Tornò qualche secondo dopo, mentre Alastor aveva già pronta la prossima ramanzina:-Togli la bacchetta da quella tasca posteriore, o un giorno o l’altro ti salteranno le chiappe.- si raccomandò per cominciare.
La donna lo guardò con aria vagamente esterrefatta e incuriosita, si sporse verso di lui sul tavolo e gli chiese, con gli occhi spalancati:-Ti è mai successo?
Alastor alzò lo sguardo al cielo:-E non bere la Burrobirra dalla bottiglia! E non hai un maledettissimo rilevatore di veleni?! E la bacchetta! Se la tieni in tasca non la sfilerai mai abbastanza velocemente. Riporta il tuo naso alla normalità, vuoi che tutti sappiano che sei un Metamorfomagus?! Per Merlino, cosa diavolo stai facendo?! Vuoi guardare dove metti i piedi? I delinquenti non aspettano che tu ti sia rialzata da terra per scagliarti una Maledizione! Un consiglio: metti dei pantaloni un po’ più larghi, se devi indossare abiti babbani. Dubito che con quelli tu possa correre. Che ne pensi di un taglio più funzionale?! Ma che cosa v’insegnano a quel corso al giorno d’oggi?! Sei un Auror, per i Quattro Fondatori!...- Alastor Moody andò avanti così per lungo tempo, per anni… Per il tempo più lungo che ricordasse. E quella novellina non la cambiò per un altro appena sfornato. No, rimase il suo collega per tanto, tanto, tantissimo tempo.
E forse, ma proprio forse, riuscì perfino a fidarsi di lei.





Note
Buonsalve a tutti , la qui presente ff era stata scritta per il “Alla Testa di Porco Contest”, ma a causa di un equivoco purtroppo non si è potuto classificare. Umh… non c’è molto da dire su questa Fic, giaceva da tempo nel PC e allora mi son detta: perché non pubblicarla? Sotto riportata la valutazione della giudicia ClaireTheSnitch.


Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio?, di EnMilly
Grammatica 8,6/10
Originalità 10/10
IC 15/15
Uso dei prompt 2,5/5
Gradimento personale 8,5/10
TOTALE 44,6/50
Grammatica.
Il primo errore che ho trovato è stato nella frase “come mai quella signora parla sottovoce con la vecchietta affianco?”, in cui la forma corretta sarebbe ‘a fianco’, in quanto si tratta di una locuzione di luogo e non di una sola parola.
È poco scorrevole l’espressione “un’azione più grave e grossa che il semplice ucciderlo”, in cui starebbe meglio ‘del’ al posto di ‘che il’, oppure un sostantivo al posto del verbo; inoltre nell’espressione ‘era solito a fare’, la preposizione ‘a’ non occorre.
Ho notato solo un errore di battitura che non ti ha penalizzata ma che magari vorrai correggere, ‘Beozar’ al posto di Bezoar, mentre più avanti, nella frase ‘formulò unicamente seguendola con lo sguardo’, aggiungerei una virgola dopo ‘formulò’ e sposterei unicamente dopo il verbo, in modo da non bloccare la frase e distribuire gli elementi ‘aggiuntivi’ soltanto dopo.
L’errore che ti ha penalizzata di più è stato un salto temporale (ossia un errore di concordanza dei tempi) nella frase “fingendo di non sapere che tu sei lì, fingendo di essere innocenti e fingendo di offrirti di passare del tempo con loro, ipocritamente, visto che non lo desiderano davvero”, in cui passi dall’imperfetto al presente.
Sicuramente è stato un errore di distrazione, perché non l’hai ripetuto.
In ultimo, nella frase “Probabilmente la ragazzina avrebbe voluto farli “ciao ciao” con la destra”, ‘farli’ è scorretto perché, in quanto riferito a Moody, che è soggetto maschile singolare, dovrebbe essere ‘fargli’.
Originalità
Come hai notato, hai ottenuto il punteggio massimo. Il personaggio è di per sé poco considerato in qualunque fan fiction, anche se secondo me meriterebbe moltissimi approfondimenti, ma quello che mi ha colpita davvero è stato il modo totalmente inaspettato con cui hai sviluppato la trama, mettendo in relazione due momenti diversi della vita di Moody attraverso la Testa di Porco e la presenza di due figure femminili che lo ‘scombussolano’.
Davvero particolare, complimenti!
ICHo trovato Alastor perfettamente caratterizzato in ogni momento: a dire la verità, io l’ho sempre immaginato esattamente come tu l’hai descritto, paranoico e decisamente insopportabile sin da quando era ragazzo. Hai comunque evidenziato quanto sia buona la sua natura: il fatto che sia sempre così scontroso, in fondo, è dovuto a quella volontà estrema di fare giustizia.
Non c’era nulla di esagerato nelle sue maniere burbere e tutto era proprio come ce l’ha raccontato la Rowling, senza affettazioni o modifiche fastidiose: una caratterizzazione davvero molto buona, anche per quanto riguarda quel legame con Dora a cui - in fondo - era molto affezionato.
Uso dei prompt
Forse ti stupirà un punteggio così basso, ma ogni prompt valeva 2,5 punti: perciò, se tu avessi usato altrettanto bene una seconda parola, avresti ottenuto il massimo!
L’amicizia percorre, come un filo conduttore, tutta la storia: prima con la povera Catelyn Harrison, di cui Alastor ha sospettato (e che, probabilmente, ha anche ferito con le sue solite maniere) sin dall’inizio, ma che ovviamente non meritava tutto quel biasimo; poi, con Dora, che, anche se lui non ha mai osato ammetterlo, diventerà un’amica.
Gradimento personale.
La tua storia mi è davvero piaciuta, soprattutto per l’attenta analisi che hai fatto al tuo personaggio. Ho adorato le pause in cui raccontavi di Alastor e del rapporto con la sua famiglia, perché per un bellissimo momento mi hai permesso di immaginarlo ragazzo, persino bambino, e circondato dai suoi genitori.
Oh, povera Catelyn... Secondo me, a forza di essere rifiutata e trattata male (perché secondo me Moody le piaceva **), ha deciso di lasciarlo perdere. È stato un OC che mi ha davvero colpita.
Mi hanno fatta sorridere i momenti in cui Malocchio s’impegnava con tutto se stesso nelle sue usuali paranoie sulla gente che lo circondava, e devo dire che il momento migliore è stato proprio l’ingresso di Tonks e la successiva (e approfondita!) analisi di Alastor, che riesce a capirla sin dall’inizio.
Davvero una bella storia! ^^

 

   
 
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