" Puoi andartene ora feccia, il tuo compito è finito... " .

Momorò queste parole con tenacia, voleva respingerlo con le forze che gli restavano.

" Certo Boss. " Nessun 'Voooooooi', nessuna obiezione; ma non se ne andava.

Il suo Boss stava morendo, ferito a morte da uno stupido ragazzino su cui aveva voluto la rivicinta.

Se non altro, sarebbe morto senza rimpianti.

Sto morendo anche io

Fu una constatazione, anch'essa senza rimpianti. La ragione della sua vita se ne andava, perchè lui avrebbe dovuto continuare?

"Ehi, feccia, sei ancora qui? Non hai da aiutare quel ragazzino con la spada?" ghignò beffardo l'altro. Proprio non voleva che lo guardasse morire, non c'era onore nell'essere pianti dai subordinati; il suo orgoglio non lo accettava, non voleva che le sue lacrime cadessero sul proprio viso.

" Non posso Boss, non dopo quello che quell'altro ti ha fatto ". Il viso in ombra, a nascondere gli occhi bassi e compassionevoli.

" Tu non sei coinvolto in quello che è successo, sei stato il suo maestro, continuerai ad esserlo. Ora vattene "

" No Boss " - si ostinava a ripetere - " Resterò qui finchè non avrai esalato l'ultimo respiro "

" Tsk, è qualche sorta di scherzo feccia?! " . Sentiva mancare qualcosa : la voce gracchiante e sempre di un tono troppo alto di quell'idiota. Lo infastidiva non sentirlo urlare,lo rompeva...

...dentro.

Il subordinato si piegò, a mormorare qualcosa all'orecchio del Boss morente.

L'altro sorrise, compiaciuto e fiero, e morì.

Ma il subordinato non mantenne la sua promessa e scoppiò in lacrime. Pianse poco, non poteva cedere.

Non c'era stato amore tra di loro, non poteva esserci e lui non avrebbe pianto la sua dipartita.

Si promise questo, senza sapere che avrebbe provato cordoglio per il resto della sua vita.

Non sapendo che, ogni volta, nel cuore della notte, quando l'ora non esiste e i fulmini squarciano ritmicamente la superficie dei laghi, illuminando le increspature formate dal vento, si sarebbe svegliato pensando ' Scusami Boss, sarei dovuto venire con te. ' .