Sweet puppy (Okurimono)
Era quasi metà luglio; nonostante la stagione, una fredda nebbia copriva
l’Inghilterra come un pesante velo funebre, portando un freddo che gelava le
ossa.
Il matrimonio di Bill e Fleur si avvicinava a grandi passi; evento che per il
Trio significava solo una cosa: per loro si stava avvicinando il momento della
ricerca degli Horcrux, quindi, di conseguenza, della battaglia finale.
Ma in quel momento Ron voleva essere felice: Fleur, che da poco aveva scoperto
di essere incinta, e Bill si stavano per sposare, e lui aveva finalmente deciso
di dire tutto ciò che si era sempre tenuto dentro a Hermione.
In effetti, era proprio da lei che si stava dirigendo Ron accompagnato da Harry,
stavano andando a prenderla per andare a comprare il regalo di nozze ai due
futuri sposini.
I due ragazzi camminavano per una viottola vicino alla superstrada, quando si
fermarono ad un cancello di ferro battuto, dove Harry suonò ad un vecchio
campanello con la scritta “Granger” incisa in ottone sotto il pulsante ossidato
dal tempo.
Ron non vedeva l’ora di riammirare il bel viso di Hermione, di risentire il
profumo dei suoi ricci castani, di riperdersi nei suoi occhi di cioccolato.
Al cifotono (o qualcosa del genere) suonò metallica una roca voce femminile, che
sembrava esser stata scossa dai singhiozzi.
“Si? Chi è?”
“Siamo Harry e Ron, Hermione è pronta?”
“S-Si… Arrivo.”
Ron guardò Harry basito. Possibile che Hermione stesse ancora piangendo per la
morte di Silente? Lei che era stata la prima a riprendersi? Impossibile! Tant’è
vero che anche l’amico lo fissava stupefatto.
Mimando con le labbra, probabilmente per non farsi sentire al bassoparlante (o
quello che era), Harry gli chiese: “Ma che ha?”
“Boh!”
Harry fece un gesto come per dire che era scema, quando la porta si spalancò.
Hermione aveva il volto sconvolto dalle lacrime.
“E’ morto!”
Al bel rosso venne un tuffo al cuore mentre la ragazza si gettava tra le sue
braccia, disperata.
“C-Chi è morto?”
Harry sembrava che stesse lottando contro uno svenimento imminente tanto era
pallido.
“G-Grattastinchi!”
Il cuore di Ron tornò al posto consueto, nonostante continuasse a battere come
un martello pneumatico per la vicinanza di Hermione.
Anche se si stava chiedendo se si potesse essere più deficienti, Ron continuava
a darle imbarazzate pacchette sulle belle spalle scosse dai singulti, mentre
cercava di non ridere alla faccia di Harry, il cui mento era arrivato fino a
terra.
Riportando, non senza fatica, la mandibola al suo posto, il moro si diede una
sonora sberla alla cicatrice, scuotendo interdetto la testa.
Harry si rimise a parlare muto a Ron, che cercava di calmare Hermione.
“E io che pensavo di scherzare quando ho detto che era scema!”
Ron si sforzò seriamente di non guardare l’amico (che in quel momento si era
messo a fare un monologo silenzioso su quanto Hermione fosse matta, da
ricoverare in manicomio) e con un colpo di bacchetta spedì i bauli della ragazza
alla Tana.
“Forza, Herm.-cercò di dire con una voce più dolce possibile- Calmati, su… Non
fare così…”
Cercò disperato lo sguardo di Harry, sperando che nel frattempo si fosse
calmato; quando però vide che il moro stava ancora bellamente sproloquiando con
se stesso, capì che doveva fare lui la parte della persona seria.
Fece segno a Harry di piantarla di fare il solista ebete (senza, peraltro,
essere badato) e scostò l’amica leggermente in avanti.
Le mani affusolate le coprivano il volto, ma le lacrime scorrevano anche tra le
dita.
“Hermione, guardami… Hermione… Per favore…”
Harry la smise di fare il cretino [era ora! N.d.R.] ed Hermione sollevò
lentamente il viso.
Ron sentì le proprie orecchie tingersi di rosso: anche piangente, la ragazza era
incredibilmente bella.
“Mi dispiace, Hermione, davvero. Ma doveva capitare prima o poi; era molto
vecchio quando lo hai comprato. Lo so che c’eri molto affezionata, ma sapevi che
sarebbe successo.”
Si fermò un attimo a guardarla, i suoi occhi lo fissavano dritto nei propri, e
le asciugò una lacrima.
Hermione abbozzò un sorriso.
“G-Grazie, Ron!”
La ragazza partì in avanti lasciando i due amici indietro, Harry sogghignò
guardandola.
“Che hai?”
“Bravo, Ron, davvero. Lo sai che sembravate Bill e Flebo quando tubano? Sei
fenomenale!”
“Ma la smetti di fare il deficiente! Sei tu quello da ricoverare, non lei!”
E dando uno spintone all’amico, corse verso Hermione che li stava aspettando più
in là, asciugandosi le ultime lacrime.
“Ma è mai possibile che qui a Diagon Alley non ci sia nulla che vada bene per
una coppia che si sta per sposare e che sia economicamente accessibile a tre
ragazzi di diciassette anni?”
“Non è che forse è a te che non va mai bene niente, Hermione?”
“Il punto non è questo, Harry. Il punto è che nel mondo dei babbani ce la saremo
cavata con una cornice d’argento, ma non ho la più pallida idea di cosa regalare
a dei maghi!”
“Bhe, non è male l’idea della cornice d’argento. Potrebbe fare piacere.”
“I semi-licantropi sono comunque allergici all’argento come i licantropi
normali. Penso che mio fratello non la gradirebbe troppo. Però l’idea di un
oggetto babbano è carina.”
“Vada per l’oggetto babbano… Un bell’orologio a parete?”
“Siete voi che ve ne intendete, mi rimetto al vostro giudizio.”
“Per me va bene. Vestiamo Ron in modo decente e andiamo dai babbani.”
Dopotutto non era proprio malaccio il mondo dei babbani. Forse perché era
abituato ad usare la magia fin da piccolo per qualsiasi cosa aveva sempre
pensato che i babbani fossero degli ignoranti (cosa che non aveva mai detto, e
mai lo avrebbe fatto, a Hermione).
Invece era magnifico vedere come riuscivano a cavarsela senza magia: le auto,
gli aerei, tutti gli elettrodomestici… Ron era affascinato.
“Ron, mi faresti il favore di chiudere la bocca e di evitare di guardarti
intorno con aria ebete?”
“Ah, si…”
“Vedo che Londra ti piace…”
“E’ magnifica… Ma pensate che l’orologio piacerà a Bill e Fleur?”
“Certo, è semplice, ma d’effetto. Ho sempre detto che l’oro sul legno è
splendido… Ron? Ci sei?”
Ron si era fermato, cosa decisamente stupida da fare nell’affollatissimo
marciapiede di Oxford Street.
“Ron, ti muovi? Andiamo in una cabina per smaterializzarci…”
“Si, andate, vi raggiungo tra un po’… Herm, cos’hai?”
Hermione aveva riniziato a singhiozzare.
“E’ che… Qui Grattastinchi si era perso e… e-ecco…”
“Portala a casa e falle bere un tè, Harry. Arrivo tra cinque minuti. Forza,
Herm…”
“S-Si..”
Harry ed Hermione si allontanarono tra la folla e Ron si voltò.
Gli era sembrato di aver sentito un suono strano, che non aveva nulla a che fare
col caos cittadino.
Rown…
Eccolo di nuovo. Era flebile, ma c’era. Ed era l’unico a sentirlo.
Si avvicinò alla fonte del debole suono, dei sacchetti di plastica accanto ad un
negozio di peluche.
Si chinò sui sacchetti e li spostò con circospezione.
“Miseriaccia!”
Un gattino minuscolo dal soffice pelo tigrato fulvo lo guardava con dei grandi
occhi azzurri chiedendo cibo.
Ma ciò che fece stupire Ron non furono quei begli occhini quasi umani, ma il
fatto che laddove doveva esserci una coda, ce n’erano due, molto folte e
morbide.
“C-cosa ci fai tu qui? Miseria! Vieni qua, ti prendo io.”
Ron prese il gatto a due code e se lo mise sotto la felpa, prima di andarsene e
di cercare un posto in cui smaterializzarsi tranquillamente.
Tunf!
“Ron! Alla faccia dei cinque minuti! Dove sei stato?”
Si era materializzato in camera sua, dove Harry giocava a Spara-Schiocco con
Fred e George. Non male per uno che non aveva nemmeno superato l’esame (per
mezzo sopracciglio!).
“Dov’è Hermione? Come sta?”
“Meglio, ma è ancora un po’ scossa. E’ in camera sua con Ginny. Non hai risposto
alla mia domanda.”
Ronald sospirò: al 99% l’amico si sarebbe incazzato a sentire l’inizio, ma
doveva dirglielo.
“Avevo sentito un rumore strano mentre tornavamo a casa. Ero curioso e sono
andato a dare un’occhiata…”
“MA SEI SCEMO? E se fosse stato un Mangiamorte?”
Come non detto! Ron tirò giù la zip della felpa.
“Ti sembra un Mangiamorte questo?!”
Il cucciolo rosso fece capolino dalla zip annusando l’aria.
Il moro alzò un sopracciglio. Evidentemente trovava la cosa molto ironica.
“Carino. Ti somiglia, è identico a te. Che è? Un regalo per Hermione?”
Ma i due gemelli, che avevano capito cos’era (a differenza di Harry!),
guardarono attoniti la bestiola.
“Era nel centro di Londra? Non pensavo che il mondo magico fosse così pericoloso
anche per un Altosh!” disse Fred.
“Bhe, è molto piccolo. Forse la madre lo ha portato lì perché qualcuno lo
trovasse e se ne prendesse cura. Bravo Ron! Allora ogni tanto il tuo cervello
funziona!”
“Si può sapere cos’è quel… Coso?”
I tre fratelli si guardarono.
“Hai vissuto coi babbani, non puoi saperlo. Guardalo bene.”
Harry lo prese in braccio.
“Bhe, i suoi occhi sono molto umani, non c’è che dire, e… Porca vacca! Ha due
code!”
“Già. Questo vuol dire che è un Altosh, un gatto magico, un animale combattente.
Sono gatti con dei poteri magici diversi per ognuno: c’è chi vola, chi si
teletrasporta… Però tutti sputano ghiaccio come arma principale. Bello, no?!”
“Che poteri ha lui?… Perché è un lui, vero?”
“Si, è un lui. Non ne ho la più pallida idea, ma lo scopriremo prima o poi…”
Toc, toc.
Il cucciolo sparì impaurito, divenendo invisibile tra le braccia di Harry,
lasciando solo un vago contorno trasparente di sé.
George rise.
”Ok, ora lo abbiamo scoperto!”
“Scoperto cosa?”
In camera erano appena entrate Hermione e Ginny.
Le orecchie di Ron si infuocarono quando i suoi occhi incontrarono Hermione: la
camicetta bianca che indossava era finissima ed impalpabile, così tanto che
lasciava intravedere il reggiseno sotto, più di quanto facesse di suo la
scollatura. I ricci castani cadevano scomposti sulle spalle, sottolineando
ancora di più le sue curve.
“Allora?”
“Ehm… Dai piccolino, puoi mostrarti. Non ti fanno nulla, sono buone.”
Anche Harry, Fred e George lo incitarono. Harry gli faceva pure i grattini
dietro le orecchie invisibili.
Piano piano sotto le mani del ragazzo ricomparve il gattino fulvo e Ginny lanciò
un gridolino acuto.
“Un Altosh. Un Altosh! Mio Dio!”
Hermione si sedette vicino a Ron e guardò l’animaletto. Sul volto si dipinse un
sorriso triste che strinse il cuore al rosso, che in quel momento desiderava
solo stringerla a sé.
“Da dove salta fuori?”
“Quando eravamo a Londra ho sentito un rumore e l’ho trovato tra dei sacchetti
di plastica. Mica potevo lasciarlo lì…”
“Che carino! Hai fatto bene, Ron…”
Hermione tese le braccia, come aveva sempre fatto con Grattastinchi, e il
gattino le salì sulle ginocchia, facendosi accarezzare dolcemente.
Per Ron era una scena splendida: era così bella Hermione, con quell’espressione
di sensuale tristezza sul viso ed il cucciolo che le faceva le fusa.
Il gattino doveva essersene accorto, perché afferrò con una della due code il
polso del ragazzo e gli fece toccare le dita della ragazza, facendoli arrossire
entrambi.
I quattro amici si scambiarono un’occhiata complice mentre Hermione e Ron
accarezzavano l’Altosh sfiorandosi timidi le dita.
Ron guardò fuori dalla finestra prima di andare a dormire.
Non sapeva perché, ma in quel periodo amava guardare il paesaggio illuminato dai
pallidi raggi della luna: chissà, forse era perché gli ricordava la chiara e
liscia pelle di Hermione, la persona che amava di più al mondo, l’unica donna
per cui, per lui, sarebbe valsa la pena di morire.
E vide proprio lei correre fuori dell’uscio, seguendo la minuscola figura di un
gatto a due code, per poi sedersi esausta sotto il grande albero di ciliegio
accarezzando l’Altosh e guardando le stelle.
Ron sorrise: Dio com’era bella!
Sembrava così fragile sotto i raggi della luna, ed allo stesso tempo così forte,
come se quella stessa luna fosse il suo elemento naturale.
Doveva essere sua, doveva dirglielo prima che quell’angolo di pace fosse turbato
dalla guerra.
Si rivestì in fretta e, prendendo una coperta, scese in giardino.
“Ciao.”
“Ciao.”
“…”
“…”
“Fa freddo, vero?”
“Già.”
Silenzio.
Hermione spostò il suo sguardo dal cielo a Ron, sorridendo serenamente triste.
Entrambi divennero rosso fuoco.
“Ti ho portato una coperta.”
“Grazie.”
La ragazza appoggiò una mano sul terreno invitandolo a sedersi vicino a lei,
cosa che Ron fece subito col cuore che palpitava.
Senza che i due in giardino se ne accorgessero, tre ragazzi ed una ragazza si
accalcarono curiosi ad una finestra del secondo piano della Tana, le bottiglie
di spumante nelle loro mani erano pronte per essere stappate.
Hermione tornò a guardare le stelle.
“Quanto sono belle…”
“Si, sono magnifiche…”
Come te…
“Pensi che potremo rivederle un giorno insieme?”
Ron la guardò in volto. Per una volta aveva capito cosa voleva dirgli.
“Hai paura?”
“Si.”
Le prese una mano, accarezzandogliela delicatamente col pollice.
“Ci sono io con te a proteggerti, non devi avere paura.”
“E se ti perdo?”
Le lacrime salirono agli occhi della ragazza e, come quel mattino, Ron gliele
asciugò con una carezza.
“Anch’io ho tanta paura di perderti, ma ti proteggerò a tutti i costi!”
Meow!
Ron e Hermione guardarono l’Altosh e risero: lo avevano completamente
dimenticato.
“Bhe, dobbiamo dargli un nome.”
“Già. Come lo chiamiamo?”
La ragazza sollevò il micio e lo fissò piegando la testa di lato.
“Lo sai che ti somiglia?”
“Lo ha detto anche Harry. Ma dove la vedete tutta stà somiglianza, davvero non
lo so.”
“Dai, guarda. Rosso, occhioni azzurri, musetto dolce. Ti mancano solo le
orecchie a punta e poi siete identici… Ci sono! Lo chiamiamo Ron-Ron?”
“Non nominare Lavanda, sennò sclero! Niente nomi idioti tipo Ron-Ron o Lav-Lav,
intesi?”
Hermione rise di nuovo, stavolta con più gusto, con quella risata cristallina
che lo faceva sempre toccare il paradiso.
“Ti va bene Okurimono?”
“Che?!”
“Significa ‘dono’ in giapponese. E’ carino, no?”
“Si, ma per concisione lo chiamerò Okuri. Ti piacciono questi due nomi,
piccolino?”
“Il gattino rispose con delle sonore fusa.
Continuando ad accarezzare l’Altosh, Ron avvolse Hermione nella coperta,
stringendola a sé dolcemente. Non aveva intenzione di lasciarsela scappare, per
nulla al mondo.
“Ti prometto che guarderemo di nuovo le stelle, io e te, insieme.”
“Con Okuri?”
“Con Okuri.”
“Giuri?”
“Giuro.”
E dopo sette lunghissimi anni d’attesa, si baciarono per la prima volta, felici,
nonostante la guerra, di essere riusciti ad amarsi e di essere finalmente uniti.
Okurimono guardò in alto verso la casa, dove i quattro spioni, tra cui un George
e una Ginny già un po’ ciucchi, festeggiavano il primo bacio dei due ragazzi.
Dietro di lui, due voci sussurravano sotto le stelle e la pioggia dei fiori di
ciliegio.
“Ti amo.”
“Anch’io ti amo.”
Okuri si acciambellò sulle loro ginocchia e si addormentò, aspettando la nuova
alba e la nuova guerra, che mai avrebbe potuto separare le due persone che lui
aveva fatto dichiarare.
Note dell’autrice.(Accidenti…Mi piace stà cosa!)
Salve a tutti! Piaciuta questa ficchy? Spero di SI!
Ok, Ron è troppo intelligente (poverino, per una volta che fa bella figura…), e
gli altri quattro sono decisamente celebrolesi, Harry nella fattispecie, ma mi è
venuta giù di botto…
Allora, ci sono un mucho di cose da dire, ma non so da dove cominciare.
Facciamo dall’inizio, vi và?
1- E’ la mia prima fanfiction, o meglio, la prima che pubblico in internet,
perciò mi farebbe mooooolto piacere se qualcuno la commentasse. Mi raccomando,
siate imparziali, così potrò migliorare il mio modo di scrivere!
2- Vi chiederete: come mai Hermione sa il giapponese? Eh, eh, eh… 1) xkè lei sa
tutto; 2) xkè studio giapponese da autodidatta e mi sembrava carino mettere a
disposizione della mia fanfic le mie (magre) conoscenze in merito.
3- Ringrazio:
Martina,Anna, Federica e Federica che l’hanno letta per prime e mi hanno
sopportata;
Silvia che me l’ha fatta postare xkè il mio computer è all’obitorio.
Thanks!!!