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Autore: OpunziaEspinosa    30/04/2011    8 recensioni
Isabella Maria Swan, 30 anni, insegnante di cucina, fugge a Londra dopo aver spezzato il cuore di un uomo e seriamente danneggiato il proprio. Edward Cullen, 24 anni, attore, a Londra per una breve vacanza prima di tornare a L.A. sul set di Le Quattro Stagioni, famosa saga cinematografica vampiresca. E se si dovessero incontrare? È possibile l'amore tra una donna qualunque e la star del momento? Tra una donna ed un ragazzino? Cosa li unisce? Cosa li rende così adatti l'uno all'altra? Nulla, in apparenza...
CONSIGLIATO A CHI TROVA CIO' CHE ACCADE AL CAST DI TWILIGHT FANTASCIENZA, APPREZZA L'IRONIA, VUOLE SORRIDERE MA ANCHE COMMUOVERSI UN PO'.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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29. ISABELLA

 
È il momento di svegliarmi
È tempo di rinascere
Sento addosso le tue mani
Ed un caldo richiamo perché
Ho bisogno di svegliarmi, di prendermi cura di te
Ritorno alla vita…
(Orfeo – Carmen Consoli)

 
Non riesco a credere che tutto questo stia accadendo a me. Non riesco a credere che tutto questo sia vero. È molto più probabile che si tratti di un sogno, di un sogno meraviglioso. Ma se è così non mi voglio svegliare, perché non sono mai stata tanto felice in tutta la mia vita.
 
Ormai fuori è buio, ed io sono chiusa in questa camera da quasi ventiquattro ore, ormai.
Edward è sceso in cucina a recuperare qualcosa da mangiare, ed io lo aspetto seduta sul suo letto, a gambe incrociate, vestita della sola camicia  che indossava  ieri sera alla festa.
Istintivamente mi stringo nel morbido cotone, avvicino un lembo di tessuto al naso ed aspiro.
Mmmm… Adoro il suo profumo: bagnoschiuma, mentine, sigarette e… sesso. Tanto sesso. Tonnellate di sesso! Credo di non aver mai fatto tanto sesso in tutta la mia vita. E non banale, veloce e squallido sesso. Ma sesso con la esse maiuscola. Quello che puoi fare con una persona che ami veramente e che desideri più di qualunque altra cosa al mondo.
È come se il mio corpo fosse stato plasmato per il suo, ed il suo per il mio. Insieme siamo unici, perfetti.
Ciò che più ho amato di questa giornata passata assieme, però,  è che, tra una “sessione” a l’altra, abbiamo parlato tantissimo e riso ancora di più.  Ci siamo raccontati di noi, della nostra infanzia e delle nostre famiglie; di come eravamo a scuola, dei professori che odiavamo e di quelli che abbiamo amato; dei nostri primi amori, delle figuracce collezionate da ragazzini e una volta cresciuti; ci siamo confessati le paure, le speranze, le delusioni; abbiamo discusso i nostri hobby e passatempi; parlato di cinema, letteratura, arte, musica… Gli ho persino insegnato un po’ di italiano! Per ora ci siamo fermati al Capitolo Uno:  le parolacce.
 
Ovviamente il mio viaggio in Italia è saltato e, a dirla tutta, siamo stati talmente impegnati  da non riuscire neppure a trovare il tempo materiale per tornare al mio appartamento e  recuperare le cose che ho chiesto a Rose di preparare per me. Ci penseremo domani mattina, credo. Tanto al lavoro non ci vado. Mi ero già presa qualche giorno di vacanza proprio in virtù del mio breve rientro a casa, ma, a questo punto,  ho intenzione di passare ogni secondo con Edward e di non sprecare neppure un istante del poco tempo che abbiamo a disposizione prima della sua partenza per Los Angeles.
 
Edward sostiene che sono dimagrita troppo, in questi giorni di separazione forzata,  e gli si è illuminato il viso quando gli ho confessato che mi brontolava lo stomaco. Mi sono offerta di scendere in cucina e di preparare la cena per entrambi. Mi andava di cucinare per lui. Non l’ho mai fatto prima,  e sono più che sicura che dal momento esatto in cui Edward assaporerà uno dei miei piatti inizierà ad amarmi ancora di più. Ma lui dice che c’è tempo, per questo. Che abbiamo tutto il tempo del mondo e che, no, non è possibile che lui possa amarmi più di così perché già ora il suo cuore gli sembra troppo piccolo per contenere tutto ciò che prova per me.
Io, imbarazzatissima, ho pensato bene di rovinare il momento magico chiedendogli se stava recitando una battuta a caso presa da uno dei copioni che sta studiando. Mi sarei presa a calci.  Edward mi ha già ripetuto non so quante volte che mi ama, mentre io non gliel’ho ancora detto. Non lo so il perché. È ovvio che lo amo. Il fatto è che in tutta la mia vita l’ho detto solo ad una persona, Michele, e non è finita bene.
Fortunatamente Edward non si è offeso  ed ha capito che stavo solo cercando di sdrammatizzare, seppur in modo molto goffo.
 
“Rieccomi.” Dice varcando la soglia della camera da letto, sorreggendo con una mano un vassoio stracolmo di cibo e stringendo nell’altra una bottiglia di Champagne. “Ieri sera è avanzata un sacco di roba. Alice mi ha fatto riempire il frigorifero.”
“Vuoi farmi ubriacare e poi approfittarti di me, Cullen?” Gli chiedo lanciando uno sguardo eloquente al vino ed aiutandolo a posare tutto su uno dei due comodini.
“Isabella, credo di potermi approfittare di te abbastanza liberamente anche senza bisogno dell’alcool.” Sghignazza sistemandosi sul letto, di fianco a me, e passandomi la bottiglia di Champagne.
Santo cielo quanta roba! Con un appetito che neppure ricordavo di poter provare, mi avvento con entusiasmo sul cibo delizioso.
“Queste tartine sono squisite…” Borbotto con la bocca piena, senza neppure prendermi la briga di coprirmi con una mano.
Edward scoppia a ridere come un bambino. “Mi mancava tutto questo!”
“Cosa?”
“Vederti mentre ti sbrodoli…” Mi dice togliendomi qualche briciola dall’angolo della bocca.
Edward…
 
Mentre mangiamo, non posso fare a meno di contemplare il suo corpo meraviglioso.È così bello a torso nudo, con il tribale in mostra e con addosso solo un paio di vecchi pantaloni della tuta stropicciati. Adoro il modo in cui gli scivolano lungo i fianchi, lasciandogli scoperta la parte alta dell’inguine.
In realtà non so decidermi se la parte che preferisco di lui sia questa, oppure le braccia forti, od il torace snello ma ben definito, od ancora la bella spalla tatuata.  Devo ammettere che amo il suo tribale: una mezza manica in stile Maori con al centro un leone stilizzato, racchiuso all’interno di un sole. È un simbolo di forza e regalità, e mi sembra perfetto per Edward.
Lui, come sempre, mi legge nel pensiero – o forse semplicemente nota il mio sguardo innamorato ed imbambolato - e passandomi qualcos’altro da mangiare dichiara “Pensavo di farmene un altro.”
“Davvero? Cosa? Dove?” Gli chiedo curiosa addentando prima il mio sandwich e poi bevendo un sorso di vino direttamente dalla bottiglia.
“Una piccola  B  proprio qui.” Risponde malizioso sfiorandosi l’inguine. “Per ricordare la tua bocca nel posto in cui preferisco.” Aggiunge poi avvicinandosi e baciando la piccola  E  che ho tatuato sotto il mio orecchio destro. “Anche se, ad essere sincero, preferisco la tua bocca un po’ più giù, ed un po’ più a sinistra...”
“Scemo…” Lo spingo via con il gomito,  improvvisamente imbarazzata e con le guancie in fiamme.
Anche se non mi spiego il motivo di tutta questa timidezza. Ho fatto cose in queste ultime ore che… Lasciamo perdere. Dico solo che Edward è un tipo molto esigente, ma è anche ugualmente generoso. Molto generoso. Ignoro quante e quali donne gli abbiano insegnato certe cose, ma ho seriamente pensato di omaggiarle con un cestino di frutta od un mazzo di fiori, giusto per far capire loro quanto sia riconoscente per i preziosi consigli impartiti  e che mi sto godendo uno alla volta.
 
“Non sapevo suonassi il piano...” Gli dico dopo un po’,  ricordandomi del meraviglioso strumento a coda che ho visto ieri sera in biblioteca.
“Infatti non lo suono.” Replica stringendosi nelle spalle.
“Tu non suoni il pianoforte?”
“No. A meno che tu non consideri come saper suonare riuscire ad eseguire  Fra Martino Campanaro e Tanti Auguri a Te in modo più o meno decente.”
“Ed il pianoforte in biblioteca, allora? Non dirmi che è solo un pezzo di arredo che hai piazzato lì su consiglio del tuo architetto!” Commento schifata prendendo di nuovo la bottiglia.
Odio chi riempie la casa di strumenti che non sa suonare solo perché è molto cool. Uno strumento ha bisogno di essere suonato. Ha bisogno di vivere!
“Quello è per te…”
“Cosa?!” Quasi mi strozzo con lo Champagne.
“È un regalo per te.”
“Stai scherzando?”
“No.”
“Quello è per me?”
“Sì.”
“Ma come facevi…”
“Rose…”
Certo. Rosalie. Chissà di quante cose hanno parlato in questi giorni. Chissà quante cose gli ha raccontato di me.
“Quello è per me…” Ripeto incredula, giusto per essere sicura che è tutto reale e non è un sogno. L’ennesimo.
Lui alza gli occhi al cielo. “Vuoi che te lo dica in un’altra lingua? In italiano so dire solo le parolacce, ma mastico un po’ il francese…”
“Edward, sei impazzito?” Sbotto improvvisamente, la voce un po’ troppo stridula. “Ma lo sai quanto costa? Quello è un Steinway & Sons!”
Lui mi guarda come se fossi scema.
“Ok, certo, è ovvio, lo sai quanto costa, l’hai comprato tu. Ma Edward, è troppo, dico sul serio!”
Da quanto dura la nostra storia, esattamente? Contando tutti i minuti che abbiamo passato davvero insieme, intendo. Poco. Pochissimo! E lui mi ha già regalato un pianoforte che vale migliaia di sterline! Io cosa gli ho regalato? Una pashmina usata?
“Non ti piace?” Mi chiede quasi seccato.
“No, non è questo, è bellissimo, ho sempre sognato di possedere un pianoforte simile…”
E poi mi rendo conto di una cosa. Se questo pianoforte è qui, in questa casa, oggi, significa che Edward l’ha comprato per me dopo che io l’ho lasciato.
“Edward,” Continuo con estrema cautela. “Tu hai preso quel pianoforte dopo che io… come facevi a sapere che… insomma… che sarei tornata...”
“Non lo sapevo.” Mi risponde sorridendo.
Edward…
Edward ha speso tutti quei soldi per un regalo che non era certo di potermi far avere. Edward ha esaudito uno dei miei più grandi desideri malgrado quello che gli ho fatto passare.
Sto per avere uno dei miei attacchi di panico.
“Oddio Edward… E se non fossi tornata? Tu hai speso tutti quei soldi… non va bene, non va bene per niente! È una cosa che non avresti dovuto fare, Edward! Non voglio che butti i tuoi soldi per me! Non ce n’è bisogno!Se fossi stata tanto stupida da andarmene ieri sera, cosa avresti fatto? Se io…”
“Shhh, Bella, calmati.” Cerca di tranquillizzarmi accarezzandomi una guancia. “Tu sei qui… tu sei qui e quel pianoforte è tuo...”
“Sì, ma tu avresti dovuto aspettare…” Continuo senza riuscire a nascondere lo smarrimento. “Anche ora… io non merito quel piano… Edward, ci conosciamo da così poco… Io non posso ricambiare in nessun modo… ”
“Bella, è solo un regalo, e non devi ricambiare…”
“No, non è vero!”
Avrei mille cose da dirgli, perché trovo mille buoni motivi per cui lui non avrebbe dovuto farmi un regalo così costoso. Non adesso, comunque. Ma lui mi zittisce subito.
“Bella, basta! Quando fai così sei insopportabile!” Sbuffa spingendomi via.
Si alza in piedi e comincia a passeggiare per la stanza, le mani sui fianchi.
Io resto a fissarlo incredula.
“Cosa sono io?!” Gli chiedo.
Ho sentito bene? Edward mi ha appena definito insopportabile?
“Insopportabile!” Ripete senza esitazione arrestandosi a pochi passi dal letto ed incrociando le braccia di fronte a sé.
Sì, avevo capito bene.
E poi aggiunge, puntando il dito. “Devi fare qualcosa per le tue crisi di panico… dico sul serio…”
“Cosa intendi dire?”
“Non puoi farti venire la tachicardia per ogni stupidaggine!” Esclama allargando le braccia.
“Ma… Ma…”
Non riesco a credere alle mie orecchie. Ma come si permette? Ed il fatto che lui abbia totalmente ragione non giustifica questa sua impudenza!
“Io non mi faccio venire la tachicardia per ogni stupidaggine!”
“Bella, quando non ti ho chiamata quella sera, hai passato la notte sveglia credendomi in un letto d’ospedale, vittima di un incidente automobilistico. Hai addirittura pensato all’eventualità che fossi morto!”
Rose! Dannazione! E tenere la bocca cucita di tanto in tanto?
“Mi stai dicendo che faccio male a preoccuparmi per te?” Gli chiedo acida.
“Cosa?”
“Le disgrazie capitano, sai?”
“Bella, ma che stai dicendo?”
“Perfetto! D’ora in poi me ne fregherò altamente!”
“Bella, quello che dici non ha senso…”
“Quindi sarei insopportabile e stupida?”
“Santo cielo… ti comporti come una bambina…”
Cosa?! Una bambina?! Questo ragazzino impertinente mi sta dando della mocciosa?!
Sono letteralmente senza parole. Che stiamo facendo? Litigando?
Non so se arrabbiarmi sul serio od esplodere per la gioia. Mi da fastidio che Edward mi abbia molto impietosamente messo di fronte ad alcuni dei miei peggiori difetti. Ma allo stesso tempo mi piace l’idea che lui mi tenga testa senza paura di offendermi e che voglia stare con me malgrado mi trovi insopportabile e a tratti  immatura.
Continuiamo a  guardarci storto per un po’, ma è evidente che nessuno dei due ha davvero voglia di tenere il muso.
“Stiamo litigando?” Borbotto  per rompere il ghiaccio.
Lui non dice nulla. Continua a fissarmi e poi scuote la testa sconsolato.
“No, certo che no.”
E tornando a sedersi sul letto di fianco a me, continua. “Bella, la devi smettere con i se e con i ma. Non ho la presunzione di sapere cosa accadrà domani, tra una settimana o tra cinque anni. E neppure tu dovresti averla. Ho preso quel pianoforte per te, nella speranza che tu ritornassi da me. E sei qui. Se te ne fossi andata lo avrei rivenduto od avrei imparato a suonarlo, non lo so. Ma non importa. Tu sei qui. Dobbiamo vivere giorno per giorno, Bella. Costruire il nostro rapporto giorno per giorno. Io sono qui, e voglio darti tutto ciò di cui hai bisogno. Ma devi permettermi di farlo, Bella. Non ho la sfera di cristallo, ma neppure tu ce l’hai. Se non ti fidi, se cominci a preoccuparti di cosa potrebbe accadere se, ti dimenticherai di vivere il presente. È già successo, Bella. Sei scappata via da me a causa delle tue insensate paure.”
Io resto ad osservarlo attonita, senza sapere cosa replicare e sentendomi una sciocca.Davvero quest’uomo ha solo ventiquattro anni? Dovrei essere io quella saggia dei due. Dovrei essere io quella matura, pronta a vivere una relazione seria e stabile, non lui. E invece…
Sono la donna più fortunata dell’universo.
“Scendiamo?” Gli chiedo continuando a fissarlo negli occhi, lo sguardo pieno d’amore.
“Perché?”
“Vorrei suonare per te.”
Mi alzo e lo invito a fare altrettanto, tendendo le braccia nella sua direzione. Lui mi regala uno dei suoi meravigliosi sorrisi, poi afferra la mia mano e si lascia accompagnare al piano di sotto.
 
“Cos’è successo qui?” Gli chiedo mentre varchiamo la soglia della biblioteca e passiamo di fianco alla scrivania.
 È tutto sottosopra e per terra c’è un gran casino di fogli, libri, penne, suppellettili, vasi, lampade… tutti in frantumi.
“Hem… certe volte mi lascio prendere la mano…” Commenta imbarazzato. “Attenta a dove metti i piedi, potrebbero esserci dei vetri rotti.” Continua premuroso afferrandomi per la vita e spostandomi di qualche passo.
Io lo guardo scettica e mi chiedo se la causa di tutto questo sia io.
Edward deve aver perso il controllo dopo che sono fuggita da lui, ieri sera. Poco prima che me ne andassi, ha alzato la voce in preda alla frustrazione per il mio ostinato silenzio. Poi, una volta solo, non deve essere più riuscito a tenere a bada la rabbia e deve essersi sfogato con quello che lo circondava.
Mi spezza il cuore sapere di averlo fatto soffrire così tanto. Sono stata una stupida a lasciarlo solo in questi giorni, ad allontanarmi da lui.  Avevo paura, ma ora non ce l’ho più. Ora sono pronta a dirgli che lo amo, che voglio stare con lui, che non c’è nulla che non farei per lui.
 
Mi siedo al pianoforte e sfioro con mani tremanti i tasti bianchi e neri. È così bello. Ho sempre sognato di possedere uno strumento simile. Ed ora è mio. Così come lo è quest’uomo bellissimo ed intelligente e sensibile e generoso.
 
Così chiudo gli occhi e comincio a suonare e a cantare per Edward.
 

http://www.youtube.com/watch?v=-jpzBEiARaE
 
When the rain is blowing in your face, 
and the whole world is on your case, 
I could offer you a warm embrace 
to make you feel my love. 

When the evening shadows and the stars appear, 
and there is no one there to dry your tears, 
I could hold you for a million years 
to make you feel my love. 

I know you haven't made your mind up yet, 
but I would never do you wrong. 
I've known it from the moment that we met, 
no doubt in my mind where you belong. 

I'd go hungry; I'd go black and blue, 
I'd go crawling down the avenue. 
No, there's nothing that I wouldn't do 
to make you feel my love. 

The storms are raging on the rolling sea 
and on the highway of regret. 
Though winds of change are throwing wild and free, 
you ain't seen nothing like me yet. 

I could make you happy, make your dreams come true. 
Nothing that I wouldn't do. 
Go to the ends of the Earth for you, 
to make you feel my love 


Quando ti piove in faccia
Ed il tuo mondo sta in una valigia
Potrei offrirti un caldo abbraccio
Per farti sentire il mio amore
 
Quando spuntano le ombre della sera e le stelle
E non c’è nessuno ad asciugare le tue lacrime
Potrei stringerti per un milione di anni
Per farti sentire il mio amore
 
So che non hai ancora deciso
Ma non ti farei mai del male
Dal momento in cui ci siamo incontrati
So che appartieni alla mia mente
 
Morirei di fame, mi farei prendere a pugni
Mi trascinerei per la strada
No, non c’è nulla che non farei
Per farti sentire il mio amore
 
La tempesta imperversa sul mare in burrasca
E sull’autostrada del rimpianto
Anche se i venti del cambiamento soffiano liberi e selvaggi
Non hai mai visto nulla come me fino ad ora
 
Potrei renderti felice, realizzare i tuoi sogni
 
Non c’è nulla che non farei
Andrei fino alla fine del mondo per te
Per farti sentire il mio amore
 
 
Mi stacco dai tasti e mi giro lentamente. Edward mi osserva da lontano, seduto sul divano in fondo alla stanza. Non porto gli occhiali, così non riesco a vedere bene il suo volto e a capire cosa sta pensando.
Perché non dice nulla?
Mi avvicino con cautela, mi sistemo di fianco a lui e gli prendo la mano.
Lui mi sorride con gli occhi lucidi.
Edward…
“Tu lo sai che ti amo, vero?” Gli chiedo con infinita dolcezza iniziando ad accarezzargli i capelli morbidi e spettinati.
“È la prima volta che me lo dici.” Sussurra con un filo di voce, intrecciando le sue dita alle mie e guidando la mia mano alle sue labbra.
È vero. È la prima volta che te lo dico, Edward.
“Ti amo, Cullen… Ti amo...” Gli ripeto mentre inizia a baciarmi i palmi, e poi i polsi, e poi le braccia e tutto quello che c'è da baciare.

"Ti amo..." Gli ripeto mentre si sdraia su di me ed il respiro si fa più affannato.
"Ti amo..." Gli ripeto all'infinito.
Ed ancora una volta ci perdiamo l’uno nell’altra.


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MAKE YOU FEEL MY LOVE - Bob Dylan (Time out of Mind - 1997)
Il link sopra è la versione cantata dalla meravigliosa e talentuosa Adele (contenuta nell'album 19)
Vi lascio anche il link alla versione originale di Bob Dylan
http://www.bobdylan.com/songs/make-you-feel-my-love



 

   
 
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