Film > The Phantom of the Opera
Segui la storia  |       
Autore: kenjina    01/05/2011    1 recensioni
[Dal prologo] Quanto tempo era passato da quel giorno? Non lo ricordava, ma sentiva che era troppo poco, insufficiente per sbiadire il dolore che ancora provava forte e vivido, ogni istante, come se fosse accaduto solo pochi attimi prima. [...] Ma perché rimaneva ancora così attaccato alla vita? Aveva per caso qualche ragione per cui valesse la pena continuare a nascondersi per tenersi stretta l’unica cosa che odiava con tutto se stesso? I fantasmi continuano a vagare per il mondo dei vivi finché non risolvono le loro questioni in sospeso... Forse anche lui ne aveva una? Non lo sapeva, non voleva saperlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bonjour

La Vita Nova.

 

Capitolo XX - Parte I

 

 

Rosette bussò alla porta, ma non aspettò che qualcuno le desse il permesso di entrare. Sapeva bene che la ragazza non stava dormendo, ed infatti la trovò accanto alla finestra, immobile come l’aveva lasciata solo un’ora prima, il piccolo Dante placidamente addormentato sul suo grembo. «Te ho portato un po’ di the caldo, chica

Phénix si voltò a guardarla come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno e le sorrise debolmente. «Grazie, Rosette, sei un angelo.»

Le guance paffute della donna s’imporporarono velocemente, facendo sorridere più apertamente la zingara. «Sai, me dispiace per quello che è successo. Al Monsieur e tutto quanto.»

«Dispiace anche a me e spero che tutto possa sistemarsi per il meglio.» Phénix si scaldò le mani con la tazza fumante che la domestica le porse e abbassò lo sguardo. «Forse se me ne andassi davvero eviterei di portare i miei soliti guai.»

«Andare? Non scherzare, pazza! E dove vorresti andare, dimme!», borbottò la donna, contrariata. Vedere quella ragazzina andarsene ancora una volta era l’ultima cosa che avrebbe voluto.

«Non so, pensavo su al nord, lungo la costa. Sai, non ho mai visto il mare.»

«E tornare ad essere una vagabonda? Non farme ridere, chica.»

Phénix poggiò il capo contro la parete e guardò tristemente la sagoma dell’Opera. «Gli ho gridato di odiarlo... con che coraggio potrei rimanere qui? Se solo non l’avessi mai incontrato...»

«Non dire sciocchezze, Phénix.», l’ammonì la voce di madame Giry che entrò in quel momento, con una busta in mano che entrambe conoscevano bene. «Come stai?», le chiese, mentre ringraziava con lo sguardo Rosette che lasciava la stanza.

Quella si strinse nelle spalle. «Mi sento vuota.»

Claire strinse le labbra, preoccupata. «E fisicamente? Hai continuato a prendere la medicina che monsieur Faucon ti aveva prescritto?»

Phénix annuì. «Mi è passato completamente tutto. Non avevo niente di grave, vero?»

«È così, ma credimi, Erik, io e Faucon abbiamo agito in buona fede. Lui sapeva che non avresti accettato a farti visitare se non fosse stato niente di grave.»

«Come sempre lui ha la soluzione a tutto.», commentò la zingara, con un amaro sorriso. «C’è altro che dovrei sapere e che mi avete tenuto nascosto?»

La ragazza, vedendo che la donna non accennava a rispondere, guardò insistentemente la lettera in cui spiccava ancora il teschio nella ceralacca rossa e Claire se ne accorse, perché gliela porse. «Mi sembra che sia giunto il momento che tu la legga. Un po’ tardi, in effetti, ma è un tuo diritto. Qui c’è scritto tutto quello che devi sapere.»

Phénix rabbrividì al contatto con la carta ruvida ed ingiallita. La rigirò tra le mani, indecisa e nel contempo curiosa di leggerla, anche se sapeva benissimo cosa potesse contenere.

«Comunque monsieur Faucon dice che si riprenderà presto, grazie al cielo.», continuò Claire. «In questa settimana è riuscito anche ad alzarsi, nonostante il medico gliel’avesse vietato.» La donna sorrise, al solo pensiero. «Ora ti lascio alla lettura, se hai bisogno chiamami.»

La ragazza posò la tazza di the e aprì con una certa impazienza la lettera, scoprendo quattro fogli scritti da una grafia elegante e regolare. Fortuna sua che Erik le aveva dato lezioni e che, nonostante qualche tentennamento, riuscisse a leggere, altrimenti avrebbe dovuto chiedere l’aiuto di qualcuno. Iniziò a scorrere gli occhi tra quelle parole che le riportarono alla mente la dolcezza e la potenza di quella voce che l’aveva ammaliata dal primo momento e che avrebbe voluto sentire ancora una volta, almeno per un addio.

Claire, amica mia,

torno ad inquietare la tua vita dopo settimane di silenzi, dopo settimane di freddo. Ma non lo faccio per me, questa volta non chiederò il tuo aiuto per nascondermi o per consegnare qualche missiva. Vorrei solo che facessi un favore ad un tuo vecchio amico che vorrebbe perdonarti per la tua mancanza di lucidità e sono più che sicuro che accetterai, dopo aver letto queste righe.

È successo un fatto che mi ha sconvolto, che ha riacceso in me i sensi di colpa ma anche una tremenda voglia di ricominciare daccapo, per rimediare ai miei errori. Forse tu non ricordi, o forse lo ignori proprio, che qualche giorno dopo il nostro primo incontro vennero giustiziati due zingari per l’omicidio del mio aguzzino. Ebbene, quei due erano genitori di una bambina splendida, le uniche due persone che non avevano mai osato alzare le mani contro di me o insultarmi per il mio aspetto. Forse perché anche la loro bambina era in qualche modo diversa… Capelli rossi come il fuoco, due occhi verde smeraldo così grandi ed intensi che ancora ricordo la prima volta che li vidi. Questa piccola creatura è cresciuta orfana, per causa mia, e guarda tu se il fato non doveva giocarmi l’ultimo scherzo, l’ho incontrata proprio ieri. Mi ha offerto il suo aiuto, il suo cibo ed il suo letto senza pormi domande scomode e io, quando mi ha raccontato dei suoi genitori, non ho avuto il coraggio di dirle chi fossi in realtà. Avevo davanti l’ennesima persona a cui avevo rovinato la vita e che per giunta mi aveva trattato come se fossi un uomo normale.

Questa mattina, però, è rientrata nel suo umile mulino proprio quando io stavo per lasciarlo e mi ha ordinato di andare via, perché aveva scoperto chi fossi... Il Fantasma dell’Opera. Non saprei dirti se mi abbia fatto più male sapere che mi stesse respingendo solo perché mi conosceva per sentito dire o per il fatto che la verità più importante non l’avesse ancora scoperta. Fatto sta che mi sono allontanato da lei, ma evidentemente qualcosa mi tratteneva ancora. Ho notato due uomini che la stavano spiando e son rimasto nascosto tutto il giorno, aspettando che succedesse qualcosa.

Quando la ragazza è tornata al mulino, questa sera, l’hanno aggredita e io non son riuscito a rimanere con le mani in mano. Sì, Claire, li ho uccisi, entrambi. Se non l’avessi fatto avrebbero anche potuto violarla, o tornare il giorno dopo armati delle più pessime intenzioni.

Ora sono qui, a scriverti, perché la ragazza ha accettato il mio aiuto, nonostante all’inizio fosse restia, e ti chiedo, Claire, ti chiedo di ospitarla in casa tua per qualche tempo. Si chiama Phénix e capirai bene il perché di questo nome. È sola e ora rischia di essere invischiata in una situazione più grande di lei, con l’omicidio di quei due disgraziati. Mi pare superfluo dirti che non devi raccontarle niente del nostro incontro, né della storia sui suoi genitori.

Ti do qualche piccola dritta per evitare possibili problemi: non voglio assolutamente che lasci la casa da sola e in piena notte. Se dovesse capitare che esca durante il giorno, falle indossare un copricapo che le nasconda i capelli. Sarà meno riconoscibile. Quando la presenterai a qualcuno dì che si chiamerà Sophie Rembrant, o quello che preferisce. Il suo nome può essere pericoloso. Inoltre esigo che venga trattata come una persona di famiglia e che le trovi un lavoro sicuro, in modo tale che non ti pesi sulle spalle.

Ho grandi progetti per lei, ma dovrai fare esattamente quello che dico. Ho intenzione di finanziare il restauro del mio Teatro per rimediare al mio errore e voglio mettere su un’ottima orchestra che possa essere all’altezza dei miei desideri. Voglio scrivere un’opera, Claire, l’opera della mia vita, l’opera che racconterà a tutti chi sono stato, il mio dolore, la loro ipocrisia. E voglio che Phénix vi partecipi come colei che mi ha salvato. So che quello che sto per dirti ti lascerà sgomenta, ma non voglio assolutamente che tu ti intrometta nei miei progetti. Dovrai promettermelo, amica mia.

Perché dopo la fine della mia opera, “La Vita Nova”, io non ci sarò più. Lascerò tutto a te e a lei, e a chi dimostrerà la caparbietà per continuare il mio lavoro con il massimo impegno. Sì, Claire, la fine della mia opera coinciderà con la mia morte. E non voglio sentire repliche, perché non cambierò idea. Sarò felice di andarmene sapendo che ho rimediato ai miei sbagli, che la ragazza avrà una vita degna di essere tale e che tu con tua figlia non siate più in pericolo per causa mia.

Mi farò sentire appena possibile, sempre che non mi ammazzino prima. In quel caso non preoccupatevi di aprirmi una porta, attraverserò i muri. Anche se lo faccio da tutta una vita.

Mi raccomando, Claire, te lo ripeto ancora una volta: quella ragazza non deve mai venire a conoscenza del mio passato e di come mi hai fatto fuggire dal suo gruppo. Se dovesse fare qualche domanda in proposito inventati qualcosa, so che in queste cose sei molto brava.

Te lo chiedo per favore, in segno della nostra vecchia amicizia.

Erik.

Quando Phénix finì di leggere era letteralmente senza fiato. E non solo per il dolore che trasudava da ogni singola parola, ma per le intenzioni di Erik, quelle che non le aveva mai riferito, perché si trattava di una sorpresa. Si sarebbe ucciso, ecco qual era la sorpresa!

Si precipitò fuori dalla sua camera e raggiunse Madame Giry in quella di Meg, tremando al solo pensiero di quello che Erik avrebbe potuto fare. «Voi sapevate le sue intenzioni e non lo avete mai fermato?», chiese sbalordita e impaurita, mentre la donna sospirava.

«Piccola mia, conosci bene il caratteraccio di Erik e sai meglio di me che quando decide una cosa è difficile che cambi idea.», le rispose con calma, sebbene Phénix notò una nota di tristezza nella sua voce. «Non credere che non gli abbia parlato della questione, che non abbia provato a farlo ragionare. Ma non ci sono santi che reggano davanti alla sua ottusità!»

Phénix si morse un labbro, stringendo ancora la lettera tra le mani. «E se avesse cambiato idea? Magari non vi ha detto niente.» Sciocca, perché avrebbe dovuto cambiare idea? Per lei, forse? Le aveva promesso di non lasciarla mai, qualsiasi cosa fosse accaduta, eppure ora non poteva più esserne sicura, non dopo quello che era successo.

«So cosa stai pensando, Phénix, e credo che un mese fa fosse del tutto convinto che desiderare la morte fosse l’ultimo dei suoi pensieri. Ora spetta a te riportarlo sulla via giusta, solo a te.» Claire le sorrise ma si sorprese non poco quando la ragazza le finì tra le braccia, includendo in quell’intimo gesto anche Meg che rideva sollevata per la ritrovata amica.

«Grazie, grazie davvero di tutto.», mormorò con voce soffocata la zingara, mentre la donna le accarezzava maternamente i capelli rossi.

«Non devi ringraziarmi, bambina mia. Ho sempre desiderato un’altra figlia da proteggere.»

 

Quello stesso giorno Phénix ricevette la visita di Raoul de Chagny, appena tornato dall’ufficio della Gendarmerie. Si accomodarono in cucina, davanti ad una tazza di ginseng caldo di cui il Visconte si era innamorato fin da subito, e rimasero in silenzio per qualche istante. Non avevano mai parlato faccia a faccia da soli, neanche dopo tutto quello che era successo.

Fu lui a prendere parola per primo, non sapendo bene da dove cominciare. «Immagino che sappiate che mio cugino sta facendo un lavoro eccellente con... con lui

Phénix annuì, lasciandosi andare ad un sorriso. «Non finirò mai di ringraziare entrambi.» E costringerò anche Erik a ringraziarvi, quando avrò sistemato tutto, concluse mentalmente, ottimista.

Raoul si schiarì la voce, sentendosi a disagio. «Non dovete ringraziarmi... in realtà non so neanche il motivo per cui lo sto facendo, ma suppongo sia la cosa giusta da fare.»

Lei annuì. «Lo è, Raoul. Erik non è un uomo cattivo, tutto quello che ha fatto in passato è stato dettato dalle circostanze. Anche voi, se vi foste trovato nella sua stessa situazione, avreste fatto lo stesso.»

«Non saprei, non saprei davvero. È una vita che non ho mai preso in considerazione, la sua, perché mi è sempre sembrata surreale. Ma probabilmente parlo perché non so di cosa stia parlando.»

Phénix allungò una mano sul tavolo, per raggiungere quella del Visconte. «Non siate confuso, Raoul. Se non volete dargli la libertà, lasciate almeno che lasci Parigi.»

«A questo proposito, Sophie... o Phénix, come vi dovrei chiamare?», domandò il giovane, abbozzando un sorriso.

«Il mio nome non ha importanza. In realtà non ne ho mai avuto uno vero, posso continuare così per un altro po’.»

«Bene, oggi sono stato alla Gendarmerie, per... dare un’identità a quell’uomo. Erik.»

Phénix trattenne il fiato, sapendo che il suo futuro e soprattutto quello di Erik sarebbe dipeso dalle parole del Visconte.

«Ufficialmente il Fantasma è morto impiccato, quindi in teoria non ci sarebbero problemi. Ma il volto di... Erik…» Pronunciò quel nome con fatica, come se stentasse ancora a credere che l’uomo che per anni aveva seminato il terrore nel Teatro dell’Opera avesse un corpo e un’identità e che ci fosse davvero qualcuno pronto a tutto per la sua salvezza. «Quello difficilmente si scorda. Alcuni soldati che erano presenti la sera dell’incendio non hanno potuto fare a meno di riconoscerlo. Inoltre una ballerina, una certa Lafayette, ha deposto una dichiarazione contro di lui, dicendo che l’ha minacciata, anche se poi ha ritirato tutto non so bene per quale motivo... credo fosse spaventata.»

Phénix strinse la stoffa dell’abito con forza, il cuore le batteva furiosamente nel petto. «E... quindi?»

«Quindi ho dovuto fare i salti mortali, Sophie. Ho richiesto l’aiuto di mio cugino per spiegare ai soldati che quella particolare malformazione del viso è più diffusa di quanto si pensi.»

«E vi hanno creduto?»

«Non troppo, a dire la verità. Ma nessuno ha mai avuto il coraggio di controbattere alla parola di un de Chagny.», concluse, non senza una punta di orgoglio.

La ragazza sembrò rilassarsi sulla sedia, ma non cantò vittoria troppo presto. Sapeva bene che avrebbe potuto gioire solo quando tutta quell’assurda situazione sarebbe finita definitivamente.

«Erik non sarà processato, se è questo che vi preoccupa, perché la deposizione di mademoiselle Giry è stata di vitale importanza, da questo punto di vista. Tuttavia consiglio ad entrambi di stare lontano dalle scene per qualche mese, il tanto giusto per calmare le acque.»

Phénix si sciolse in un pianto liberatorio, ridendo e singhiozzando contemporaneamente, troppo, veramente troppo felice per sembrarle vero. Erik era salvo, non solo fisicamente, ma anche dalle possibili accuse per i reati precedenti. Era salvo e libero, era tutto ciò che aveva desiderato. «Raoul, grazie, grazie! Davvero, non so cosa devo fare per ringraziarvi! Siete una persona splendida, voi e vostro cugino.», gli disse con enfasi, ancora piangendo.

Il ragazzo ora sorrise apertamente, commosso da quella dimostrazione di affetto e, soprattutto, per quella di amore nei confronti di quello che un tempo era un mostro. Non gli avrebbe mai perdonato quello che aveva fatto in passato, certo, ma era sicuro che con Sophie, o Phénix o come si chiamava quella ragazza, sarebbe stato un uomo migliore. «Posso farvi una domanda?»

Phénix annuì, asciugandosi gli occhi con l’orlo del suo abito. «Certo, tutto quello che volete.»

«Se è vero che tenete a quell’uomo così tanto, perché in questi giorni non siete mai venuta a trovarlo?»

La ragazza s’irrigidì in un attimo e Raoul capì di aver toccato una nota dolente. «Abbiamo avuto un... diverbio, qualche settimana fa. Una cosa spiacevole.»

«Qualcosa di irreparabile?»

«Spero di no. Lui ha taciuto su un avvenimento per me molto importante, io non ho saputo apprezzare il suo gesto e soprattutto capirne i motivi. Abbiamo sbagliato entrambi.»

Raoul si alzò dalla sedia e la guardò con indecisione. «Ho la carrozza qui fuori che mi aspetta. Volete venire con me?»

Lei annuì, raggiante. L’idea di rivederlo l’elettrizzava e la spaventava nel contempo, ma non le importava. Voleva solo vedere con i suoi occhi che stava bene e dirgli che ora era un uomo libero, che non avrebbe avuto motivo di porre fine alla sua vita. Il resto sarebbe venuto da sé.

La villa dei de Chagny era esattamente come la ricordava, imponente ed elegante come l’ultima volta. Il domestico dalle gote arrossate e paffute li accolse gentile e prese in custodia il cappotto della ragazza, che seguì immediatamente Raoul per la grande scalinata che portava al primo piano. Videro Christine uscire da una stanza e richiudersi la porta alle spalle, con un sospiro, ma appena si accorse del suo fidanzato e della presenza al suo fianco sorrise candidamente, andando loro incontro. «Oh, che sorpresa vederti qui, Sophie! …O Phénix?»

La zingara quella volta scoppiò a ridere nel vedere la confusione che aveva creato per due semplici nomi, e agitò una mano noncurante. «Potrei vederlo?»

Christine annuì, indicandole la porta che aveva appena chiuso. «È parecchio suscettibile in questi ultimi giorni. Ci manca poco che Faucon lo leghi al letto per farlo stare fermo e per impedirgli di fare qualche sciocchezza.»

«Qualche sciocchezza?!», strillò nervosa Phénix, tesa come una corda di violino. «Legatelo davvero, allora!»

La soprano e il suo fidanzato risero.

«Tranquilla, gli ho appena dato un calmante che spegnerà qualsiasi sua intenzione bellicosa.», le confessò, sorridendo. «Piuttosto, dovresti cambiargli le bende quando sarà più calmo, io non ne ho più le forze.»

Phénix sentì qualcosa contorcerle lo stomaco all’idea che la ragazza avesse avuto la possibilità di vederlo praticamente mezzo nudo e che avesse potuto sfiorarlo come lei non si era mai azzardata: forse era gelosia, forse erano i sensi di colpa per non esserci stata lei al posto di Christine, al fianco dell’uomo che amava. Ma dimenticò tutto nel momento in cui aprì la porta e i suoi occhi incontrarono quelli di Erik, più stupiti e spaventati di lei.

Era bello, bello da toglierle il respiro, nonostante fosse ancora un po’ ammaccato e leggermente sciupato per il poco cibo che aveva voluto mangiare. Ma era lì, vivo, e stava bene, grazie al cielo.

 

 

 

Continua...

 

 

Siamo agli sgoccioli ormai! Il prossimo sarà l'ultimo capitolo, infine ci sarà l'epilogo. *asciuga una lacrimuccia*

A presto! :)

Marta.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Phantom of the Opera / Vai alla pagina dell'autore: kenjina