Buio
E ci siamo mischiati
la pelle, le anime, le ossa
ed appena finito
ognuno ha ripreso le sue…
(Luciano Ligabue)
Ci
scontrammo, ci cercammo, ci incontrammo, ma sopra ad ogni cosa ci
baciammo.
Le
sue labbra modellavano le mie con l'urgenza e la frenesia di una danza
orientale, le nostre lingue si attorcigliavano come sorelle, mentre le
mie mani
grattavano sul suo corpo cercando di rapirlo, di rubarlo al mondo e
alla sua
natura che lentamente lo stava portando via.
Lo
volevo, lo pretendevo, incondizionatamente, sempre di più,
nonostante il
dolore, la dignità, la vergogna, ancora, ancora, ancora...
“Vegeta...”
sussurrai lievemente, i denti che mi solleticavano il collo.
“Non
parlare” disse lui perentorio e senza sforzo mi
sollevò sul tavolo dove mi
coprì come velluto.
La
sua forza non pesava su di me soffocante e tesa, ma al contrario mi
sfiorava
appena, leggera, calda e famigliare come un balsamo senza profumo,
un'alba di
primo mattino.
Pareva
inaudito, a tratti addirittura spaventoso che un assassino di popoli e
morali,
uno che del sangue aveva fatto secondo vestito, fosse capace di tanta
eleganza,
tanta precisa lentezza, eppure quel principe senza pianeta, piccolo
esule
involontario del nulla, si muoveva su di me con la grazia sensuale di
una
pantera, con la diligenza di un'onda che, ambiziosa, tentava di portare
a
presso a sé tutto il mare.
Presa
così da quell'euforia rovinosa, io lo divorai letteralmente,
con la bocca, con
le mani e preda di un masochismo indecente spensi deliberatamente i
miei
pensieri: non mi importava tornare indietro, non mi avrebbe distolta
l'idea che
per Vegeta questo, come tutto, fosse soltanto un gioco, né
il fatto che ai suoi
occhi, di certo, dovessi apparire ridicola.
Sapevo
solo che lui era lì, con me, e domani sarebbe potuto non
esserci, tra poche ore
saremmo tornati due estranei.
Se
era una sfida quella, se il nostro era un gioco al massacro, avrei
perso, sì,
volentieri, ma del mio nemico avrei preso più del necessario.
“Smettila”
disse all'improvviso, le sue mani che mi spogliavano la pelle.
“Di
fare cosa?” chiesi, confusa.
“Di
amarmi così”
Non
ebbi il tempo di sorprendermi, di rispondergli, di maledire i miei
occhi
traditori che nonostante l'impegno mi avevano sputtanato il cuore, d'un
tratto
così, senza preavviso, il principe mi prese fissando il suo
sguardo nel mio che
folle, tremebondo, si era già perso nell'abisso infinito
racchiuso nel nulla
dell'animo suo.
Ci
amammo, quella notte, o almeno mi illusi che fu così.
Dondolando
l'uno sull'altro su quel tavolo scarno ci conoscemmo dentro studiandoci
come
non mai, discorremmo con parole fatte di gemiti, ci respirammo
all'infinito scambiandoci
tutto ciò che ci apparteneva.
Venimmo,
più volte, non in sincrono, ma in sintonia ed io quasi
piansi ad ogni fine
spaventata dal pensiero che quella volta potesse significare
l'abbandono.
Ora
era lì, era mio, legato suo malgrado dal sesso tra noi due,
ma dopo, senza
carne, senza corpo, cosa sarebbe stato di noi?
Quando
crollammo sfiancati, Vegeta semplicemente mi scivolò sul
corpo, mentre i miei
occhi, come era prevedibile, cominciarono a lacrimare.
“Non
lo so”
Un
sussurro.
Un
affanno.
La
sua voce che si confondeva con la notte.
“Non
lo so se ti amo, potrebbe anche darsi, sarebbe possibile, ma non lo so.
Per
me sarebbe incredibilmente facile dirti di sì, prendere
ciò che hai da darmi e
ingannarti senza rimorso alcuno, ma...
Il
mio popolo è morto, donna, sterminato da milioni, milioni di
bugie.
Quelle
di mio padre, di Freezer, addirittura le mie, tutte al loro modo hanno
contribuito alla distruzione, al devasto e... io non posso, ora, non
voglio più
mentire, in nessun caso”
Tremavo.
Piangevo.
Morivo.
“Per
questo ti ho detto no, quella volta, perchè non ho alcuna
intenzione di dire
bugie, neanche per cose simili, neanche per qualcosa che potrebbe
andare a mio
vantaggio.
E
sempre per questo ti dico basta, smettila di amarmi in questo modo,
perchè io
l'amore non l'ho mai visto, né mai provato e qualunque cosa
io possa sentire
per te non lo riconoscerò mai come tale...”
Frantumi.
Sangue.
Il
mio cuore.
“Mi
stai abbandonando...”
“No,
ti sto lasciando andare...”
Veloce,
rapido più di un pugno nello stomaco, Vegeta
sparì nel nulla, volatilizzandosi
crudele come il sogno che era stato.
Io
rimasi lì, ferma, immobile come il mondo che per me aveva
perso ogni
significato.
Quando riaprii gli occhi era l'alba di
un
nuovo giorno e il dolore mi aveva completamente annientata.
Eccomi
di nuovo qui! L’attesa è stata tanta, lo
so, ma le crisi da pagina bianca sono davvero difficili da superare.
Tra gli
impegni di un esame che sta arrivando, le varie gite e i test
universitari che
incombono lì, ghignando da lontano, capirete che
l’ispirazione va a farsi
benedire senza scrupolo alcuno.
Informo
i cari lettori che questo sarà il
penultimo capitolo di “Blackout_Intermezzo”, in
quanto, essendo una serie, mi
metterò a lavorare sui successivi (Blackout_Notturno
sarà il prossimo) e in
primis su gli altri lavori di Dragon Ball che attendono una fine!
Grazie
infinite per la vostra pazienza, a chi ha
ancora voglia di seguirmi e non mandarmi a quel paese e a chi si prende
soprattutto la briga di lasciarmi un commentino! Le risposte alle
vostre
recensioni arriveranno a breve, non temete!
Saluti!!