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Autore: 48crash    01/05/2011    3 recensioni
Due chitarristi tossicodipendenti che stanno per entare in crisi d'astinenza, e non vedono l'ora di avere la loro dose. Durante il viaggio di ritorno da San Francisco, dove i Guns avevano aperto il concerto per i Jetboy, tra un imprevisto e l'altro, Izzy descrive le azioni dei due, sempre in bilico tra la beatitudine e la crisi. Un viaggio di ritorno non troppo piacevole narrato da Slash stesso nella sua biografia, stavolta attraverso gli occhi del signor Stradlin.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Back home to L.A.

 

<< Questo è tutto quello che ho >>. Le parole dello spacciatore suonavano stranamente cupe, nel mezzo dell'appartamento di San Francisco.
<< Che cazz...? Non è quello che vogliamo >>. Slash non era affatto soddisfatto di come stava andando la trattativa.
<< Non ho altro, mi spiace per te, amico >>.
Slash si voltò verso di me e, mentre i nostri sguardi si incrociavano, capii che stavamo pensando alla stessa cosa. Dovevamo tornare a casa, il più in fretta possibile. Avevamo bisogno di una dose, il più presto possibile.
<< Va bene, non hai quello che vogliamo >>dissi alzandomi dal pavimento. << Allora vai, perché noi quella merda non la compriamo, e adesso abbiamo da fare >>.
Mi alzai e quasi lo spinsi fuori, ma non oppose troppa resistenza: lavorava per i tossici, e sapeva bene come si comportano. Non appena ebbi chiuso la porta, mi voltai di nuovo verso Slash, che aveva già in mano le chiavi della macchina di Danny.
<< Mi capisci al volo, eh, Slasher? >>feci sorridendo e infilandomi il giubbotto.
Ci buttammo praticamente in auto senza nemmeno chiudere l'appartamento, non c'era tempo. La corsa contro il tempo era iniziata, e noi eravamo due Cenerentole che dovevano tornare a casa prima di ritrovarsi sole con una zucca in mano. E quello spacciatore si era fatto aspettare così tanto che ormai era quasi mattina.
Ci mettemmo in strada, Slash era al volante e io cambiavo le canzoni sulla radio tenendo una sigaretta stretta tra i denti e mordendola per il nervosismo, seduto al suo fianco.
<< Ce la facciamo? >>chiese Slash abbastanza impaziente. Si girò verso di me, e non riuscii a vedergli gli occhi, coperti da una fitta coltre di riccioli scuri, ma sapevo che erano quelli di un animale disperato. Sapeva cosa volesse dire andare in crisi d'astinenza, non molto prima l'avevano messo dietro le sbarre per tre giorni, e questo aveva significato tre giorni senza una fottutissima dose, sull'orlo della disperazione. Io questa sensazione non l'avevo mai provata, ma vedendolo spaventato a morte, la mia voglia di provarla non cresceva di certo.
È incredibile come una cosa che ti rende così felice, poco dopo possa ridurti ad uno straccio, come capitò a noi alcune ore dopo. Non ho mai trovato qualcosa di così contraddittorio come la droga.
<< Ce la facciamo >>risposi con quanta più sicurezza riuscivo ad avere. << E guarda la strada, non vorrei che ci schiantassimo prima di arrivare a Los Angeles >>.
Si fece una risata e rispose che non c'eravamo mai schiantati, e che quella non era ancora la volta buona per farlo. Andavo fottutamente d'accordo con quel ragazzo. Di poche parole, come me, ma sbrigativo.
Ad un certo punto (ricordo perfettamente che alla radio stavano trasmettendo qualcosa dei Kiss, e Slash mi aveva chiesto di cambiare perché non voleva sentire Paul Stanley in un momento come quello), la macchina emise un sussulto, come un colpo di tosse, e si fermò.
<< Oh, cazzo >>.
<< Slash, non dirmi che... >>
Lui annuì, aprì la portiera e uscì imprecando.
La macchina era ferma, non c'era nemmeno un goccio di benzina. E pure noi saremmo rimasti a secco a breve.
Cominciammo a camminare su e giù per lo stradone deserto, masticando le sigarette che avevamo in bocca. Quei pochi che passavano ci snobbavano apertamente, e io, se fossi stato al loro posto, credo che avrei fatto lo stesso: sembravamo talmente poco raccomandabili che non ci avrei mai aiutato, al loro posto.
Alla fine, un tipo accostò di fronte a me, si sporse e tirò giù il finestrino, guardandomi con aria critica. << Avete bisogno? >>chiese.
Vidi con la coda dell'occhio Slash che alzava gli occhi al cielo. Sorrisi capendo che stava pensando “No, ci piace andare in giro alle sette del mattino sulla strada deserta per Los Angeles fino a che non saremo stanchi morti, senza cibo, e senza una dose!”.
Cercai di mantenere un minimo di serietà. << Ci potrebbe accompagnare alla prossima stazione di servizio? >>
<< Mmh. Certo >>rispose non troppo entusiasta spalancando la portiera per farmi salire. Slash si avvicinò e si sedette dietro, sollevato dal fatto che ce l'avessimo fatta, finalmente.
Il tipo ci scaricò ad una stazione di servizio non troppo lontano da dove avevamo lasciato la macchina, e aspettò che riempissimo un paio di taniche di benzina e racimolassimo qualcosa per pagare per poi riportarci alla macchina. Alla fine, anche se ci aveva guardato malissimo per tutto il tempo, non sapevamo come ringraziarlo.
Appena risalimmo in macchina scoppiammo entrambi a ridere. Adesso ce l'avevamo fatta, saremmo andati a casa, e ci saremmo fatti la nostra dose. Non vedevamo l'ora.
<< Ce la siamo vista brutta, eh, Izzy? >>
Premeva con tutta la forza sull'acceleratore, voleva arrivare prima di entrare in astinenza.
<< Eh, già. Ma adesso stiamo tornando, e il concerto di di domani andrà bene >>. Sorrisi. La nostra dose era già pronta, in quell'accendino nascosto in camera di Slash, e noi in quel momento vivevamo per iniettarci in vena l'eroina.
Andammo avanti così per un po', ascoltando la radio e fumando una sigaretta dietro l'altra, finché l'abitacolo non si riempì di fumo. Il finestrino era aperto, ma il fumo non usciva: era come dare uno sguardo alle nostre vite, esistenze perse nella nebbia, che non sapevano più dove andare; qualcuno, di tanto in tanto, cercava di far luce nel baratro dov'eravamo caduti, ma tutto era inutile: il fumo riempiva le nostre vite e le nostre menti, rendendo impossibile leggerci dentro se non attraverso i nostri stessi occhi.
Avevamo sempre più voglia di farci, e quando cominciammo a sentire i primi sintomi della crisi sopraggiungere, una ruota si bucò.
<< Dimmi che non siamo così sfigati da aver anche bucato la gomma! >>esclamò lui scendendo dalla macchina e dando un calcio alla portiera.
Le strade erano deserte, di nuovo nessun aiuto.
<< Danny avrà messo una gomma di scorta nel portabagagli, no? >>dissi sull'orlo di un crollo del sistema nervoso.
Lui lo aprì, e sotto le custodie delle nostre chitarre la trovammo.
<< Ok, la gomma c'è. C'è tutto, Izzy. Adesso sbrighiamoci, non intendo entrare in crisi d'astinenza su questa cazzo di strada in mezzo al nulla >>.
Facemmo più in fretta che potevamo, e quando risalimmo in auto avevamo finito tutte le sigarette e ridevamo come due pazzi.
<< Siamo due sfigati, Slash >>gli dissi appoggiando la testa allo schienale del sedile.
<< Puoi dirlo forte, Stradlin! >>
<< Adesso vai il più veloce possibile, fino a casa >>.
Non c'era tempo per niente, se volevamo che tutto andasse bene dovevamo farci, non c'erano scuse. Non c'erano scuse nemmeno per ciò che facevamo, ma all'epoca non mi importava affatto. L'importante era avere sempre un quantitativo decente di roba sotto mano, cosa che negli ultimi tempi capitava sempre più di rado. Forse avremmo dovuto ripulirci, ma ci rendevamo conto, da qualche parte, che senza l'eroina non avremmo retto i concerti nei posti malfamati e la vita a L.A., e certamente non avremmo scritto dei pezzi geniali come quelli che avevamo scritto fino ad allora in così poco tempo. Noi, adesso, eravamo una cosa sola con la droga, e ci trovavamo bene con quelli ridotti come noi.

Arrivammo che era notte ormai, mancavano meno di ventiquattr'ore al concerto, e noi stavamo bene. O almeno così credevamo.
Entrammo in casa a braccetto, ridendo come matti. Ma chissà perché poi.
Ci fiondammo in camera con stampati sulla faccia due sorrisi ebeti, pregustando la sensazione di allegria artificiale dell'eroina che ti scorre in vena. Aprimmo il cassetto sghignazzando, mentre io avevo già in mano le siringhe.
<< Non c'è >>.
Spalancai gli occhi, convinto che anche lui, sotto a tutti quei capelli stesse facendo lo stesso.
<< L'avevi messa qui? Ne sei sicuro? >>
<< Sì, cazzo. Izzy, io a Danny gli faccio il culo >>.

  
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