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Autore: coldfingergurl    02/05/2011    13 recensioni
Non aveva più rivisto Kim Kibum, dopo aver litigato con lui per quasi un anno per quella stupida altalena, il più piccolo era sparito. Jinki gli aveva detto che probabilmente si era sentito talmente umiliato dall’aver perso la guerra per l’altalena, che aveva preferito non farsi più vedere. Oh si, Jonghyun aveva vinto alla fine, non era stata proprio una vittoria meritata, poteva dire di aver ottenuto quell’altalena solamente perché aveva umiliato Kibum davanti a tutti. [JongKey]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I.
Era una giornata di sole,  gli uccellini volavano e canticchiavano in alto nel cielo, il parco era pieno di bambini con cui giocare e Kim Jonghyun non poteva chiedere di meglio per quel giorno.
Uscire di scuola per ritrovarsi immediatamente in quel parco era la cosa che preferiva, gli piaceva correre e giocare con gli altri bambini, gli piaceva andare sull’altalena e farsi spingere dalla madre, così come adorava poter fare merenda seduto su  una panchina mentre sua madre parlava con un’amica (una signora vecchia quanto la madre comunque, che aveva un figlio più piccolo di lui di qualche anno, un certo Lee Taemin).
Jonghyun si trovava sull’altalena in quel momento, si stava spingendo da solo perché la madre era impegnata con quella di Taemin e non aveva tempo per spingerlo, così, orgoglioso come pochi bambini al mondo, aveva deciso di tentare il destino e sfidare la gravità usando l’altalena per conto proprio; non aveva pensato che in quell’esatto momento, il peggiore dei suoi nemici sarebbe arrivato da dietro ed avrebbe iniziato a spingerlo.
“Yah! Togliti dalla mia altalena Kim Jonghyun!”
“Ce ne sono tante altre Kibum, prendine una e lasciami in pace.”
Kim Kibum era più piccolo di lui di un anno, lo aveva conosciuto (spiacevolmente) in quello stesso parco, in una mattina identica a quella di quel giorno.
Jonghyun non aveva mai capito cosa avesse fatto di male a quel tizio, al loro primo incontro ricordava di essere stato gentile, gli aveva persino dato il proprio lecca-lecca per farlo smettere di piangere, ma Kibum sembrava averlo odiato fin dal principio, o forse solamente dopo aver finito la caramella.
Mentre cercava di ricordare cosa avesse provocato tutto quell’odio in un piccolo corpo come quello di Kibum, le spinte sulla sua schiena aumentarono e Jonghyun si rigirò venendo colpito al volto da una mano, aperta, praticamente aveva preso tutte e cinque le dita sul viso.
“Oops, scusa?”
“KIM KIBUM! NON TI CEDERO’ MAI E POI MAI QUEST’ALTALENA!”
Perché ci aveva pensato ad essere gentile ed educato con l’altro, aveva pensato che cedergli quella stupida altalena avrebbe potuto essere un buon modo per farci pace, ma Kibum aveva deciso di colpirlo al viso, di fargli male premendo quelle mani sul suo naso e a Jonghyun era passata ogni voglia di essere diplomatico. Era una guerra. La grande guerra per conquistare quell’altalena e sapeva che ogni giorno ci sarebbe stata una piccola battaglia.
II.
Era una giornata di pioggia, nessun uccellino stava cantando nel cielo e nessuna madre con figlio appresso si vedeva in giro nel parco, tranne la propria.
Kim Kibum aveva deciso di andare nel parco nonostante la pioggia incessante, nonostante i suoi vestiti si sarebbero inzuppati d’acqua. Aveva sfidato il tono di disapprovazione che sua madre gli aveva dato prima di accompagnarlo, ma lui era sicuro che durante quel giorno d’acqua, nessun Kim Jonghyun gli avrebbe rubato l’altalena.
“Kibum-ah, sta piovendo e umma non vuole che ti ammali, torniamo a casa su”
“No.”
“Ma non c’è nessuno, non potresti neanche giocare”
Su quello sua madre aveva ragione, non c’era assolutamente nessuno al parco in quel momento e quella era la cosa che rendeva Kibum maggiormente felice.
Non avrebbe visto nessun bambino correre per poi inciampare (per essere preso in giro da un tizio più alto di lui ma sicuramente più piccolo), non avrebbe sentito lo sbattere della palla contro quello stupido canestro e, soprattutto, non ci sarebbe stato nessun Dinosauro ad attaccarlo.
“Va bene, va bene, ma solo dieci minuti Kibum.”
Annuì correndo verso la SUA altalena, quella per la quale era in atto una guerra, e si mise seduto sul seggiolino sorridendo felice.
La gomma era bagnata, poteva sentire i pantaloni iniziare ad inumidirsi a causa di quello, anche le catene che sorreggevano il seggiolino erano bagnate e Kibum ebbe la tentazione di scendere dal gioco e di correre dalla madre dicendole che non aveva più voglia di stare sotto la pioggia.
Il cielo sopra la sua testa stava schiarendo, le nuvole che portavano la pioggia stavano scemando e lui osservava tutto mentre si dondolava nell’altalena, da quanto era assorto nella propria osservazione (e nel tentare di togliere le goccioline d’acqua dal proprio viso), non si era accorto che la velocità con la quale si spingeva era aumentata.
“Kim Kibum.”
Jonghyun.
Quindi alla fine era arrivato anche lui al parco, eh?
Il fatto che lo stesse spingendo non gli piaceva affatto, Kibum sapeva che c’era qualcosa sotto perché Kim Jonghyun non era il tipo da fargli una gentilezza, in fondo  si odiavano. Ed era tutta colpa del più grande.
Quando una spinta più forte gli fece perdere l’equilibrio e lo fece finire per terra, con la faccia nel fango, Kibum rimase sconvolto.
“E’ guerra Kibum-goon, mi dispiace.”
III.
Jonghyun stava camminando mano nella mano con sua madre, la donna lo aveva portato al parco per la prima volta quel giorno e lui non vedeva l’ora di poter giocare con altri bambini.
Aveva avuto la febbre per gran parte del mese, non era potuto andare a scuola o alzarsi dal letto, così una volta guarito del tutto, la madre lo aveva portato fuori dicendogli che il parco era il luogo perfetto.

Stava osservandosi intorno il piccolo Kim Jonghyun, con occhi curiosi di chi non vedeva l’ora di trovarsi un compagno di giochi, e non molto dopo si accorse di una bambina che stava facendo castelli di sabbia.
Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, neri corvino (come tutti i bambini della loro età) e delle dita lunghe e fini, quelle stesse dita si muovevano elegantemente tra le torri del castello.

“P-posso giocare anche io?”
“No, la sabbia è mia.”
Quella risposta lo aveva fatto rimanere a bocca aperta, non solo la voce di quella bambina era decisamente squillante per le sue orecchie, aveva sul serio appena detto di possedere quella sabbia? Nessuno andava in giro con della sabbia in un sacchetto, Jonghyun sapeva che quella del quadrato dove si trovava adesso era del parco, quindi del signore padrone di tutto.
“Non c’è scritto il tuo nome, no? Dai, giochiamo insieme! Io sono Kim Jonghyun!”
Prendendo la mano di quella strana bambina, di cui ancora non sapeva il nome, Jonghyun distrusse una parte di torre nel castello di sabbia. Non l’aveva fatto apposta, delle volte era maldestro quando si agitava e finiva spesso per fare cose come quella, peccato che l’altra persona non si fosse messa a ridere come lui.
“Sparisci. Vattene. Vai a giocare con qualcun altro.”
“M-ma…”
“YAH! Sei sordo per caso, Kim Jonghyun?”
Aveva notato solo in un secondo momento le lacrime che avevano iniziato a scorrere sulle guance della bambina, non voleva farla piangere, era vero che aveva rovinato un bel castello di sabbia, ma reagire a quel modo era un po’ esagerato, anche per una bambina.
“E-ehi, non piangere! Guarda, ti aiuto a risistemare la torre, eh? Così il principe può andare a salvare la principessa”
“Non c’è nessuna principessa, stupido. Non vedi che è disabitato? E comunque il principe non potrebbe arrivare alla torre a causa del fossato coi draghi!”
Passarono quasi tutto il pomeriggio a sistemare di nuovo la torre, Jonghyun l’aveva distrutta più di una volta e aveva rischiato di ritrovarsi della sabbia in bocca (sotto minaccia della bambina).
Non sapeva ancora il suo nome, stranamente non gli importava più saperlo, si era talmente divertito a costruire un castello di sabbia con lei, che quasi pensava di essersela immaginata (i bambini della sua età avevano spesso amici immaginari, no? Jonghyun ne aveva avuto uno per tutta la durata della febbre, Mr. Furry, così si chiamava), poi però le aveva toccato una mano e aveva capito di non stare immaginando proprio niente. La madre strillante della bambina gli aveva fatto capire che esisteva, doveva ammetterlo.

“Grazie per avermi fatto giocare con te, uhm…”
“K-Kim Kibum.”
Anche se era un nome maschile, Jonghyun non ci badò più di tanto, in compenso si abbassò su Kibum (che era ancora seduta per terra) e posò le labbra sulle sue, schioccandoci un grosso bacio. Lo aveva visto fare ai suoi genitori un sacco di volte, quindi non c’era niente di male, no?
“CHE DIAVOLO STAI FACENDO?! CHE SCHIFO, CHE SCHIFO, CHE SCHIFO!”
Kibum aveva iniziato a passarsi la mano sulle labbra in maniera veloce, ce le stava praticamente grattando per togliere la sensazione di aver avuto la bocca di Jonghyun sulla propria.
Il bambino la guardò un attimo, non capiva cosa avesse fatto di sbagliato sinceramente, e poi una palla di sabbia gli colpì il viso, facendogli arrossare leggermente una guancia.

“Ti odio Kim Jonghyun!”
“Ma era solo un bacio! Vuol dire che mi piaci Kibum! Sei così bella!”
“Yah! Sono un maschio, razza di cretino!”
Oh, ecco perché si era arrabbiato tanto, Jonghyun lo aveva scambiato per una bambina ed in realtà era un BAMBINO. Ma quei capelli lunghi, i lineamenti gentili e delicati, persino come si muoveva gli ricordava una bambina, non era stata del tutto colpa sua eh!
Il giorno dopo, Kim Kibum si era presentato al parco coi capelli corti, asimmetrici e con un ciuffo che gli copriva parte del viso.
IV.
Jonghyun era cresciuto, ormai in quel parco non andava più.
Non aveva più visto nessuno di quei bambini che avevano riempito la sua infanzia, a parte Jinki, il ragazzo che cadeva sempre e nei momenti meno opportuni, con lui era rimasto in contatto, a dire il vero si erano rivisti alle superiori. Jinki era all’ultimo anno mentre Jonghyun al secondo, avevano scoperto di essere entrambi interessati alla musica e così avevano cominciato a parlare tutti i giorni, a frequentare lo stesso club fino a decidere di andare alla stessa università; adesso vivevano assieme in un piccolo appartamento.
“Ti odio Kim Jonghyun!”
Non aveva più rivisto Kim Kibum, dopo aver litigato con lui per quasi un anno per quella stupida altalena, il più piccolo era sparito. Jinki gli aveva detto che probabilmente si era sentito talmente umiliato dall’aver perso la guerra per l’altalena, che aveva preferito non farsi più vedere. Oh si, Jonghyun aveva vinto alla fine, non era stata proprio una vittoria meritata, poteva dire di aver ottenuto quell’altalena solamente perché aveva umiliato Kibum davanti a tutti.
“Che diavolo..? Di nuovo?!”
Lo aveva baciato nuovamente quel giorno, come aveva fatto la prima volta che lo aveva visto, solo che la seconda volta sapeva quello che stava facendo, non esattamente quello che significava l’atto in sé, ma il perché lo stesse facendo si. Voleva far capire a Kibum quanto aveva fatto male a mettersi contro di lui, non aveva idea che dopo quel bacio, tutti avrebbero iniziato a trattare male il più piccolo.
“Magari ha cambiato città…”
Si avvicinò alla stessa altalena che gli aveva fatto compagnia per gran parte dell’infanzia, sul seggiolino c’era ancora scritto il suo nome (lo aveva messo nel caso un altro Kibum avesse tentato di rubargliela) e si sedette sopra di essa, cominciando ad ondulare piano.
Tutto attorno a lui era calmo quel giorno, come se il tempo si stesse fermando lentamente e lui era l’unico ad accorgersene.
Alzò gli occhi al cielo sistemandosi la frangia che gli cadeva sulla fronte, dopo aver avuto tre colori in testa, aveva deciso di tornare al castano/moro, almeno la gente avrebbe smesso di dire che sembrava gli avessero vomitato in testa.
Iniziò a spingersi piano, quasi guidato dal vento che si stava alzando, e appoggiò la testa alle catene che tenevano il seggiolino per aria; non si era mai sentito così tranquillo come in quella giornata, l’inverno era diventato la sua stagione preferita, non si vedeva tanta gente in giro con quel freddo e a Jonghyun faceva decisamente piacere. In più non sudava, odiava sudare a causa del caldo.
V.
Kibum l’aveva visto, oh si, l’aveva visto e riconosciuto, come poteva scordarsi del Dinosauro che gli aveva reso la vita un inferno quando era piccolo?
Aveva desiderato rivederlo, aveva sperato di avere la propria vendetta un giorno, aveva passato ore a ripetere tutto quello che gli avrebbe fatto una volta rivisto (Minho aveva pensato fosse impazzito del tutto per le troppe botte prese in testa da ubriaco), ma adesso che se lo ritrovava davanti il coraggio gli stava venendo meno.
Kim Jonghyun era cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto, era rimasto basso a dire il vero e anche la sua faccia da dinosauro c’era sempre, ma il resto era diventato quasi migliore, avrebbe azzardato a dire che sembrava una persona matura e mascolina, aveva ancora la mascella ben definita e gli occhi grandi da cucciolo. In verità Kibum avrebbe potuto prendersi una cotta per uno del genere, se solo non avesse saputo chi fosse.
“Probabilmente se lo rivedessi, cadresti ai suoi piedi. Taemin mi ha detto che è diventato proprio il tuo tipo”
“Non dire stronzate Minho.”
Peccato che poi Minho avesse ragione, era il suo migliore amico, come poteva sbagliarsi su una cosa del genere?
Quel Dinosauro era cresciuto davvero bene e quello lo irritava, se da piccoli avevano avuto una competizione per l’altalena, Kibum non si sarebbe fatto problemi ad averne una per l’apparenza.
“Ti sei fatto baciare da un maschio, fai schifo Kibum!”
Quelli che aveva sempre considerato amici, lo avevano allontanato dopo quello spiacevole incidente. Gli avevano tolto l’accesso al loro fortino, non facevano più merenda assieme (mentre sua madre parlava con quella di Minho) e, ad ogni occasione, non facevano altro che dirgli del bacio con Jonghyun.
Alla fine, stremato e con l’umore sempre sotto i tacchi, Kibum aveva cambiato scuola e quartiere, la sua famiglia si era trasferita nell’appartamento della nonna e lui aveva cominciato a frequentare il parco sotto casa, senza nessuno che lo prendesse in giro per quello che era successo.
Si avvicinò lentamente a quell’altalena, non voleva farsi vedere dall’occupante, e notò che comunque Jonghyun non l’avrebbe potuto vedere: aveva gli occhi chiusi.
Ne approfittò per studiarlo meglio, per vedere se qualche traccia di quel micro Dinosauro era rimasta e, a parte le narici enormi, adesso sembrava più una scimmia.
Una scimmia carina.
VI.
Jonghyun tornò più volte in quel parco durante le vacanze di Natale,  era libero dagli impegni universitari e Jinki voleva tenersi l’appartamento tutto per sé, così lui era tornato a casa dei genitori fingendo di voler passare con loro il più tempo possibile. Non era del tutto una bugia, ma l’idea di passare tutti i giorni delle proprie vacanze in casa, lo mandava al manicomio.
“Tua madre mi ha detto che potevo trovarti qua, perché ci passi cosi spesso?”
“Ciao Taemin.”
Il più piccolo aveva decisamente dei modi strani quando lo approcciava, non sapeva perché, ma gli dava i brividi. Lee Taemin sembrava un fantasma, si, ti appariva davanti quando meno lo aspettavi ed iniziava una conversazione con qualcosa a caso, il tempo, l’ultimo film visto al cinema, persino commentando un cane che faceva i propri bisogni. Jonghyun lo trovava inquietante, per quanto quel ragazzino gli piacesse,  delle volte lo spaventava.
“Allora, che ci fai qua?”
“E’ un parco, mi sto rilassando tra…la neve”
Avrebbe detto tra il verde, ma gli alberi ed il prato erano completamente ricoperti di bianco, in fondo era Inverno, no?
Se proprio doveva essere onesto, più con se stesso che con gli altri, continuava ad andare in quel parco con la speranza di riuscire a rivedere Kibum. Ci pensava spesso ultimamente, forse il senso di colpa per averlo fatto sparire dal parco quando erano piccoli aveva cominciato a farsi strada dentro di lui anni dopo (e lo stava calciando direttamente nelle parti basse).
Un sacco di volte aveva pensato di rintracciarlo per chiedergli scusa, ma qualcosa era sempre finito nel mezzo: la scuola, i suoi genitori, l’impegno con la musica, e lui era solamente un ragazzino, come faceva a cercare un Kim Kibum, considerando quanto fosse uno dei nomi più diffusi in Corea?
“Pfft, Minho pensa che tu e Kibum siate perfetti per stare insieme”
“Eh?”
Choi Minho lo vedeva ancora? Quel tizio alto, disumanamente alto, che non parlava quasi mai (non si sarebbe sorpreso se lui e Taemin si limitavano a fare sesso piuttosto che parlare), era ancora in contatto con Kibum?
“Quindi Minho lo vede ancora?”
“Ovvio, è il suo migliore amico, che credevi?”
E lui che diavolo ne sapeva?
Non aveva mai parlato più di tanto con Minho, né tantomeno parlava di lui con Taemin,  sapere che almeno qualcuno di loro avesse dei contatti con il ragazzo scomparso, per Jonghyun non era tanto ovvio.
“Lo vorresti rivedere, vero?”
“Si.”
Lo aveva detto sul serio ad alta voce? Taemin lo avrebbe preso in giro per il resto della loro vita, avrebbe sicuramente detto qualcosa come: “Prima gli rovini la vita e poi vuoi chiedergli scusa? Anni dopo?”. Magari Kibum neanche si ricordava di lui, quel Kim Jonghyun che lo aveva baciato davanti a tutti, anche se trovava impossibile dimenticarsi di un fattaccio del genere, alla fine dei conti, aveva cambiato scuola, parco e chissà che altro, solamente a causa sua.
“Ok, allora fatti trovare qua domani.”
“Che hai intenzione di fare?”
“E piantala di fare sempre domande, sembri un vecchio.”
VII.
“YAH! Choi Minho, dove mi stai portando?”
“Zitto e cammina.”
Ti odio.
Non parlava mai, ma quando lo faceva osava dargli degli ordini, una cosa che non mancava al migliore amico era il coraggio. Si, perché svegliare Kibum alle otto di mattina, dirgli di alzare il suo culo grasso (quando tutti sapevano che il suo sedere era decisamente perfetto) e portarlo fuori di casa una ventina di minuti dopo, rendeva coraggioso un uomo.
“Sta’ fermo qua Kibum, capito?”
“Dove diavolo vuoi che vada? Mi hai bendato!”
Perché non bastava averlo svegliato così presto durante le sue meritate vacanze, dirgli che aveva il culone ed averlo trascinato chissà dove con quel freddo, no, Choi Minho aveva avuto pure il coraggio di bendarlo! Key lo avrebbe ucciso se avesse saputo da che parte si era diretto l’amico, gli avrebbe lanciato anche una sua preziosa scarpa pur di vendicarsi, ma in quel momento non vedeva, quindi era inutile stare a pensare alla vendetta.
“Dove diavolo mi avrà portato?”
Avvertì dei passi farsi più vicini, le sue orecchie si erano drizzate esattamente come quelle di una volpe, ma non aveva idea di chi si fosse avvicinato a lui dato che si trovava ancora bendato. Sentiva, però, un profumo dolce ma maschile, di sicuro non era Minho (lui di solito puzzava di sudore, almeno era quello che gli diceva Kibum), era un profumo che gli stava inebriando la mente e neanche riusciva a capire perché.
Odore di cannella?
Si stava concentrando su quell’odore, più le narici entravano in contatto con esso, più aveva la sensazione di essere circondato da qualcosa di familiare, qualcosa con cui era entrato in contatto tanto tempo prima.
“Io sono Kim Jonghyun!”
Non era possibile, vero?
Minho non lo avrebbe mai trascinato chissà dove, di mattina, e poi lasciato tra le grinfie di Kim Jonghyun, che ricordava quasi ogni giorno come il suo acerrimo nemico.
Fa che non sia lui, fa che non sia lui.
Si tolse la benda dagli occhi, velocemente, e davanti a sé vide inevitabilmente le enormi narici di Jonghyun; delle volte si chiedeva perché si ostinasse a raccomandarsi a chiunque quando sapeva benissimo che sarebbe finita male.
Il più grande era bendato, stava muovendo le mani in avanti, di lato, stava persino per inciampare da quanto si muoveva, probabilmente qualcuno lo aveva trascinato nel parco come avevano fatto con Key, solo che non aveva ancora acceso il cervello, altrimenti la benda l’avrebbe già tolta.
“Piantala di muoverti come un idiota, dovresti toglierti la benda.”
Kibum era sicuro che non l’avrebbe riconosciuto, in fondo non si vedevano da quando erano bambini e lui era diventato sicuramente più bello (non che ci fossero dubbi, era Kim Kibum, non aveva nessun difetto…o almeno così gli piaceva credere).
I capelli di Jonghyun cadevano perfettamente sulla sua fronte, erano di un color castano tenue, qualcosa che ricordava la cioccolata, e non poteva fare a meno di studiare come quella mano, decisamente da maschio, stava tentando di sciogliere il nodo della benda.
In un paio di secondi aveva pensato di scappare, di picchiare quel rovina-vite e poi di nuovo di scappare, ma si rese conto che ormai era cresciuto ed affrontare il problema con l’altro gli sarebbe servito (a cosa, ancora non lo sapeva).
“K-Kibum?”
Merda, mi ha riconosciuto.
E lui che gli aveva sorriso come se niente fosse, gentilmente, come faceva con ogni sconosciuto che incontrava per strada, si dicesse mai che Kibum non si sapeva comportare.
Abbassò lo sguardo dall’imbarazzo, per quanto adorasse dire di odiare Jonghyun, per quanto dicesse che una volta rivisto, il suo unico obiettivo sarebbe stato quello di fargliela pagare, non riusciva a fare un bel niente se non guardare il terreno. Erano nello stesso quadrato in cui si erano conosciuti, quello dove quell’idiota dalla faccia da dinosauro, lo aveva scambiato per una ragazza.
“Sei Kim Kibum, vero?”
C’era della speranza nella sua voce e non capiva perché.
Cosa gli interessava alla fine?
Erano passati anni, andiamo, a nessuno sarebbe importato rivedere un ragazzino a cui si era rubato il primo bacio (anche se Key lo voleva rivedere solamente per fargliela pagare, ovviamente).
“N-no, devi esserti confuso con qualcun altro, Jonghyun”
Non aveva detto il suo nome, vero?
Non lo aveva fatto, eh?
Stupido.
Ok, Kibum sapeva che da quando aveva rivisto il più grande, la sua mente aveva iniziato a fargli degli scherzi strani. Si, cose come immaginare se stesso chinato a baciare quelle labbra invitanti, oppure il suo fragile corpo avvolto da quelle braccia forti e muscolose..una volta era arrivato a sognare di farci sesso sull’altalena, e quello era stato il punto più basso che aveva toccato.
“Io te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto, ma volerci fare sesso su un’altalena, non è un po’ troppo?”
“ERA SOLO UN SOGNO!”
Era tutta colpa di Minho, si, lo aveva condizionato con tutto quel discorso del tipo ideale e Kibum non aveva potuto fare a meno di crederci.
Perché non si sentiva affatto attratto da quella faccia così ben definita, dalla mascella mascolina, da quegli occhi da cucciolo sperduto, no, Kibum era indifferente a tutta quella bella roba che si ritrovava davanti.
Ma chi voglio prendere in giro?
“Sei cresciuto, eh?”
“Ovvio, non ho più sette anni, sai?”
Jonghyun ridacchiò leggermente nervoso, si era portato una mano al collo strusciandoci il palmo contro e non stava neanche più guardando Kibum.
VIII.
Era nervoso, lo era davvero tanto, non gli succedeva spesso di sentirsi a disagio con un ragazzo ma in quel momento, Jonghyun avrebbe voluto scappare via e non pensare più a Kibum.
Kibum, in carne ed ossa, si trovava davanti a lui. Bello, decisamente, con i capelli corvini rasati da una parte (era una tinta bionda quella che vedeva?), gli occhi felini messi in evidenza da una leggera passata di matita e quell’aria di superiorità che aveva sempre avuto.
Kim Kibum era sempre stato qualcosa di irraggiungibile per lui, persino la prima volta che lo aveva visto, aveva notato quell’aura diversa dagli altri bambini, c’era qualcosa nel più piccolo che confondeva le persone; Jonghyun non aveva mai creduto nella perfezione, ma non poteva negare che il ragazzo davanti a sé, ci andava parecchio vicino.
“S-so che è un po’ tardi, ma vorrei scusarmi per averti procurato dei guai, sai…uhm, con quel bacio davanti a tutti”
Era stupido chiedere scusa a una persona dopo così tanto tempo, vero?
Se fosse stato in Kibum, probabilmente se ne sarebbe fregato ed avrebbe offerto da bere all’altra persona, ma sapeva bene che il più piccolo ragionava in modo differente, lui serbava rancore e lo faceva senza distinzioni tra amici e nemici.
“Sei in ritardo di anni, lo sai?”
“Sono stato uno stupido, mi dispiace tanto, non sapevo che avrebbero cominciato ad ignorarti”
Lo vide scrollare le spalle prima di appoggiarsi allo scivolo dietro di sé, stava fissando il cielo sopra di loro e Jonghyun si ritrovò ad analizzare il suo volto: sembrava quello di una bambola, com’era sempre parso.
Si avvicinò a lui, appoggiandosi di fianco, le loro spalle che si sfioravano leggermente (com’era possibile che un tocco del genere, gli mandasse scariche elettriche per tutto il corpo?). Non sapeva come mai si sentisse così attratto da lui (stronzate, lo sapeva benissimo), ma non poteva fare a meno di desiderare un qualunque contatto, anche quel misero tocco di spalle.
“Alla fine è successo, è inutile che tenti di liberarti la coscienza, sai? Avresti dovuto scusarti da piccolo, magari avrei potuto evitare di odiarti per tutti questi anni”
Aveva ragione, ma a sua difesa c’era il caratteraccio di Kibum! Non aveva mai dato segni di voler essere suo amico comunque, dopo il primo bacio aveva iniziato ad odiarlo, poi avevano litigato per l’altalena e Jonghyun aveva voluto vincere a tutti i costi: aveva colpa anche il più piccolo, ma ovviamente non se ne accorgeva, eh? Era classico dei ragazzi egocentrici comunque.
“Presumo di sì, ma almeno ho fatto un tentativo e potrò evitare di continuare a pensare a te”
Vide l’altro alzare la testa di scatto e lo guardò inarcando un sopracciglio; perché lo stava guardando a quel modo? Aveva qualcosa sulla faccia e non se n’era accorto?
“Che vuoi dire?”
“Che mi sono liberato la coscienza? Non è così strano, mi sono sentito in colpa per quello che ti ho fatto e tornare in questo parco mi ha ricordato che ti dovevo delle scuse”
Kibum aveva iniziato a giocare con la sabbia sotto di loro, i bambini si sarebbero arrabbiati se l’avessero trovata rovinata, ma l’altro sembrava assorto nei propri pensieri e Jonghyun non potè fare a meno di sospirare impazientito. Non era così che aveva pianificato di chiedergli scusa, però non poteva neanche obbligare il ragazzo ad accettare quello che aveva da dire, giusto? Era meglio tornarsene a casa, tanto sarebbe dovuto rincasare per pranzo e avrebbe potuto dedicare un paio di minuti a maledire Taemin e le sue idee.
“Beh, ci vediamo Kibum, è stato…istruttivo rivederti”
Un piacere non lo era stato di sicuro.
Stava per andarsene da quel parco, era già lontano dal quadrato di sabbia, dallo scivolo, dall’altalena, da Kibum, quando sentì il proprio polso venire afferrato.
In un altro momento avrebbe gridato cercando di liberarsi, forse avrebbe creduto che un fantasma lo stesse afferrando per portarlo nel mondo dei morti, ma in quell’attimo sapeva benissimo di chi fossero quelle dita.
“Potremmo, si insomma, tentare di essere amici, eh? In fondo sono passati tanti anni ed è stato solo uno stupido incidente, anche se ti avrei battuto, lo sai?”
Jonghyun ridacchiò a quell’affermazione, c’era ancora qualcosa di quel bambino che voleva per forza vincere l’altalena, eh?
“Ho i miei dubbi, Kibum.”
IX.
“Jinki, sparisci dall’appartamento, ADESSO”
“Ma sto studiando…”
Gli stava leccando il collo, mentre il più grande tentava disperatamente di cacciare di casa il coinquilino, che guarda caso era il Lee Jinki che cadeva sempre nel parco.
Aveva iniziato a stuzzicarlo sull’autobus, Jonghyun diceva che ancora non poteva prendersi un auto e quindi doveva raggiungere l’appartamento coi mezzi pubblici (“Perché non il treno?” “C’è troppa gente”) e Kibum aveva dovuto seguirlo, quindi baciargli il collo e stuzzicarlo un po’, era stata la sua vendetta.
“JINKI!”
“Ho capito, ho capito, ma la prossima volta avvisa se porti gente a casa”
Key salutò il povero Jinki con la mano libera, l’altra era impegnata ad aprire i pantaloni di Jonghyun, e con la casa completamente libera, la schiena del più piccolo andò a sbattere in un nanosecondo contro il divano.
“Ti odio quando fai così”
“Ahah, si, anche il tuo corpo lo pensa”
Gli stava togliendo qualunque cosa avesse addosso, la maglia era a metà strada, i pantaloni del tutto aperti ed i boxer calati verso il basso, Kibum riusciva a vedere perfettamente quanto Jonghyun lo odiasse in quel momento. Ed aveva una forma del tutto invitante.
X.
“Penso che sia un’idea stupida, detta da un ragazzo stupido, che ha un sorriso stupido sulla faccia”
“Blahblahblah”
Erano passati un paio d’anni da quando si erano rivisiti, nel parco che li aveva visti litigare e poi fare pace, e Jonghyun aveva voluto festeggiare in maniera decente il loro anniversario. Stava facendo una cosa che avrebbe dovuto fare tanti anni prima: dividere l’altalena con Kibum.
“Jjong, credo sul serio che sia stu-“
Per farlo stare zitto, l’altro aveva la tendenza di brontolare fin troppo, aveva portato le labbra alle sue cominciando a baciarlo, prima lentamente, sfiorando il suo labbro inferiore, poi con più passione, infilando la lingua dentro la sua bocca.
I loro baci non erano semplici baci, erano qualcosa che scombussolava il suo cervello, qualcosa che riusciva a fargli credere che al mondo non ci fosse nient’altro che Kibum e, forse, a lui andava bene così; cosa c’era di più importante che stare bene con la persona che si amava?
“Visto? L’altalena ci regge entrambi!”
Prima che potesse baciare il compagno di nuovo, il movimento dell’altalena lo bloccò e poco dopo si ritrovò a terra, con il più piccolo ancora sulle sue gambe.
“Che ti avevo detto, eh?!” Fine.
   
 
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