Prologo.

«Ci trasferiamo in America!» trillò esultante Isabel Anderson davanti agli occhi spalancati della figlia.
Chiunque ne sarebbe stato felice, avrebbe visto in quest'evento la prospettiva di una vita nuova, divertente, come nei film. Chiunque, non April. A lei, la sua vita, andava benissimo. Si divideva allegramente tra la scuola, i musical, gli amici e le lezioni di danza classica.. Perché avrebbe dovuto volere di più?
No, niente armadietti, niente balli di fine anno per lei, niente cheerleader, niente giocatori di football. Londra le andava più che benissimo.
«E il motivo?» chiese con un filo di voce. «Papà vuole aprire uno studio legale con zio Charles. Lui ne ha già uno a Lima, e così hanno pensato di ingrandirlo.»
Fantastico.
«Io non ci vengo.»

Il flashback inziò ad affievolirsi accompagnato dalle immagini, debolissime, dei suoi pianti, della festa d'addio e di qualche drink di troppo, poi il viaggio in aereo e.. La voce di sua madre:«April, sbrigati, o arriveremo in ritardo.» disse svogliatamente Isabel passando alla figlia un anonimo sacchettino marrone per il pranzo.
Non aveva voglia di iniziare, per niente. 
Le mancava Londra e il suo grigiore, l'odore intenso della pioggia, le mancava persino la divisa del collegio femminile che frequentava in Inghilterra, prontamente sostituita da jeans, sneakers e una felpa verde brillante. Un'enorme, grandissima felpa verde brillante.
«Ti passo a prendere alle 4, va bene?»
«Si mamma.»
«Puoi almeno provarci, a sorridere un po'? -fece Isabel spazientita- Lima è bellissima, a scuola andrà tutto bene e ti farai un sacco di amici... Lo sai che non dipende da noi tutto questo, April. Ma, ti ripeto, puoi almeno proverci?»
«Ne riparliamo quando mi riporti a Londra, ok?» 
Per essere così magrolina, ne aveva di forza in corpo. April sbatté la portiera della macchina e, improvvisamente, davanti all'enorme edificio della McKinley High, si sentì incredibilmente piccola.