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Autore: HeartBreath    02/05/2011    7 recensioni
Quel travestimento, nonostante la mia natura abbastanza femminile, era dovuto al desiderio più grande che avessi mai sentito: conoscere da vicino Kurt Hummel.
Mi aveva aiutata in una situazione critica ieri, nel mio primo giorno al liceo Mckinley. Qualcuno aveva partorito la simpatica idea di ricoprire la mia faccia con una granita presa al distributore della scuola, senza un preciso motivo. Kurt si trovava nei paraggi e mi aveva aiutata a ripulirmi e a ritrovare il buon umore col sorriso più dolce che avessi mai visto.
Qualche ora dopo scoprii un piccolo ostacolo per il mio nuovo amore, tuttavia. Kurt era gay. Il ragazzo più carino che potessi conoscere in quella gabbia di leoni, non era interessato alle donne. Il mio cuore non aveva mai palpitato così forte, non mi ero mai innamorata prima. Eppure, vedendo Kurt, qualcosa era scattato. Quei capelli perfettamente modellati, quel viso da bimbo, le fossette, gli occhi chiari… Mi fece impazzire subito.
Dovevo avvicinarmi a Kurt, in qualche modo. E la migliore strada da prendere era essere tutto ciò che lui potesse volere. Un uomo con la sensibilità di una donna, esattamente come era lui.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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 Ero sicura di quel che stavo facendo? Assolutamente no. Io, Joey Muller, cantante principiante, suonatrice di violino e pianoforte, di manchevole bellezza e dalla timidezza leggendaria, stavo per dire la più grande bugia della mia vita.
“Sei pronta?”
“No, almeno non interiormente”
“Guarda che non ti costringe nessuno, è una tua scelta” mi ricordò Donnie, mio fratello. La sua voce mi arrivava da dietro la porta del bagno.
“Sto cercando di convincermi che sto facendo la cosa giusta”
“Questo ti sembra la cosa giusta!?”
“No, ma se me ne convinco magari riuscirò a convincere anche gli altri” conclusi. Passandomi le mani tra i capelli eccessivamente corti, coprii finalmente la testa col berretto dei Lakers e uscii da quel bagno.
Il mio look era interamente opera di Donnie, di mio mi aveva permesso di tenere solo le scarpe da ginnastica, le sue mi andavano troppo grandi. Invece tutto il resto, dagli occhiali da sole, alla felpa verde, ai pantaloni – provvisti di cintura – era suo.
“Sei perfetta, nemmeno io direi che sei una ragazza. Ma forse tagliarsi i capelli è stato un po’ estremo…”
Con mia madre avevo usato la scusa della “necessità adolescenziale di cambiare look ogni tanto”, quando le avevo chiesto i soldi per il parrucchiere. Era un taglio perfetto, scompigliato e sbarazzino, adatto sia alle ragazze che ai ragazzi. Adatto alla mia nuova identità.
Quel travestimento, nonostante la mia natura abbastanza femminile, era dovuto al desiderio più grande che avessi mai sentito: conoscere da vicino Kurt Hummel.
Mi aveva aiutata in una situazione critica ieri, nel mio primo giorno al liceo Mckinley. Qualcuno aveva partorito la simpatica idea di ricoprire la mia faccia con una granita presa al distributore della scuola, senza un preciso motivo. Kurt si trovava nei paraggi e mi aveva aiutata a ripulirmi e a ritrovare il buon umore col sorriso più dolce che avessi mai visto.
Qualche ora dopo scoprii un piccolo ostacolo per il mio nuovo amore, tuttavia. Kurt era gay. Il ragazzo più carino che potessi conoscere in quella gabbia di leoni, non era interessato alle donne. Il mio cuore non aveva mai palpitato così forte, non mi ero mai innamorata prima. Eppure, vedendo Kurt, qualcosa era scattato. Quei capelli perfettamente modellati, quel viso da bimbo, le fossette, gli occhi chiari… Mi fece impazzire subito.
Dovevo avvicinarmi a Kurt, in qualche modo. E la migliore strada da prendere era essere tutto ciò che lui potesse volere. Un uomo con la sensibilità di una donna, esattamente come era lui.
Era una pazzia. Ne ero consapevole, ma avevo dato dieci dollari a mio fratello perché  mi abbigliasse al meglio senza fare commenti idioti o orribilmente giusti.
“JOEY, E’ ARRIVATO IL PULMINO!” mi urlò mamma dal piano di sotto.
Presi un bel respiro e mi misi in spalla lo zaino grigio – anche quello prestatomi da Donnie, il mio era giallo.
“Buona fortuna” mi augurò mio fratello.
“Grazie, a dopo!” saltai giù dalle scale e corsi fuori casa.
Come previsto, ecco Kurt seduto in fondo al pulmino pieno di maschi chiassosi e femmine cinguettanti. Lo riconobbi subito per i vestiti estremamente curati, completo smanicato-pantaloni aderente, nero con tanto di cappello anni ’30. Se ne stava buono per conto suo, a leggere una rivista.
Mi avvicinai sicura di me, pregando perché non mi riconoscesse, o che comunque non capisse che ero una ragazza.
Quel piano doveva riuscire. Ne valeva della mia vita.
In un primo momento avevo pensato di chiedergli il permesso per sedermi. Ma d’altronde era meglio una mossa audace. D’altronde, il posto a sedere era libero sul pulmino.
Mi sedetti senza troppi complimenti. Mi schiarii la gola silenziosamente per essere sicura non mi uscisse troppo acuta. Non avevo mai dovuto fare la voce grossa in vita mia.
“Ciao” mi riuscì abbastanza bene.
Kurt guardò alla sua destra, verso di me, spostando gli occhi appena dalla rivista di moda che gli vidi tra le mani. “Buongiorno”
“Come va?”
“Discretamente” disse con un tono distaccato, tornando alla sua rivista, rapito come un nerd davanti ad un fumetto. “Come mai sei seduto qui?”
“Ti disturbo?”
“Non particolarmente, ma dalle voci che girano a scuola più in fretta di quanto ci metta Brittany Pears a cambiare letto, dovresti guardarti dal fraternizzare con uno come me” questa considerazione gli uscì quasi seccata. Aveva una voce deliziosa…
Probabilmente gli davo l’idea di uno zoticone come gli altri ragazzi. Ma il lato positivo è che gli sembravo un ragazzo!
Rimasi in silenzio qualche secondo, incapace di trovare una qualsiasi risposta.
L’occhio mi saltò sulla foto della sua rivista. Era una modella dalla carnagione chiara, bionda, magrissima. Abbassai le lenti degli occhiali da sole per vederci meglio. Conoscevo quel vestito.
“Severe Glam!”
“Scusami?” mi guardò con la sua prima espressione: stupore.
Ritirai gli occhi blu di nuovo dietro le lenti scure. “Severe Glam, collezione autunno/inverno 2008/2009 di Gianfranco Ferrè!”
“Conosci Ferrè?”
“Certo, è uno dei miei stilisti italiani preferiti! E’ una collezione bellissima, un look da città tendente al nero o al blu navy, illuminato di oro vecchio, di bianco e avorio… Adattissimo a Milano, dove queste modelle hanno sfilato” parlai senza che lui me l’avesse chiesto, non per mettermi in mostra, ma per il rapimento da quei vestiti fantastici. Ero arrivata anche ad accarezzare la pagina. Tutto senza riflettere.
Spostai di nuovo gli occhi su Kurt, e questo era a bocca aperta. “Incredibile. Non avevo mai conosciuto nessuno così informato di moda italiana”
“Anche di quella francese. Ho passato il mio sedicesimo compleanno a commentare con mia madre i vestiti sull’ultimo catalogo di Gaultier, niente di più divertente di quei vestiti”
“Sono colpito” mi concesse lui con un sorriso fiero. “Mi chiamo Kurt Hummel”
“L’ho sentito dire. Io sono J…o. Jo Muller. Sono arrivato al Mckinley ieri”
“Uh, una matricola” annuì. “Stanno arrivando parecchi nuovi di recente, ma nessuno come te. Dimmi, cos’altro ti interessa?”
Te…“Emh… Suono il piano, il violino, delle volte canto anche”
“Sport?”
“Nessuno per ora”
Sorrise ancora più convinto. Sembravo essergli simpatica.
Chiacchierammo per tutta la durata del viaggio di Chanel, Dolce e Gabbana, qualsiasi marca stravagante o raffinata ci venisse in mente. Mi fece vedere altre foto e commentammo nei dettagli quei vestiti meravigliosi.
Avevo senz’altro fatto la scelta giusta. Sul primo momento, la persona scontrosa e indifferente che avevo visto non mi era sembrata Kurt. Invece, sciogliendosi un po’, quel Kurt era tornato a galla. Rividi quel sorriso, sentii per la prima volta la sua risata armoniosa e mi innamorai anche di quella.
Quando il pulmino si fermò nel parcheggio del liceo, pregai con tutto il cuore perché mi chiedesse di seguirlo fino in classe, di accompagnarlo chissà dove, dovunque. Invece…
“Allora ci vediamo più tardi. Sì, ci vediamo sicuramente. Ciao Jo” mi fece cenno con la mano, tirandosi su la bretella della borsa a tracolla.
Quel “Sì, ci vedremo sicuramente” mi riempì di gioia. Era lui a voler vedere me! “Certo” risposi, raggiante. “A dopo… è stato un piacere Kurt”
Mi fece l’occhiolino allontanandosi, e non potei impedire alle mie gambe di abbandonarmi. Caddi a terra nel parcheggio.
 
 
“Buondì splendore”
“Dove!? Cosa? C’è una ragazza in giro? Perché di sicuro non sono io!!” iniziai a delirare sentendomi salutare come di solito si saluta una donna.
“Calmati Jo, parlavo con te” si stupì appena Kurt. Con capelli appena laccati e un sorriso da bambino, si presentò nel migliore dei modi. Aveva i libri stretti al petto e la borsa a tracolla come le scolarette dei film.
“Ah… Ciao” per sembrare disinvolta, poggiai la spalla al mio armadietto.
Strano, anche con una felpa extralarge, i jeans di mio fratello e il cappellino da baseball di papà passavo inosservato. Eppure, appena Kurt mi aveva salutato tutti i passanti per i corridoi avevano iniziato a guardarmi.
Scoop del giorno: nuova coppia del liceo!
Fantastico…, il solo pensiero di me e Kurt come coppia, qualunque fosse il mio aspetto, mi emozionava tantissimo.
“Non credi sia il caso di toglierti gli occhiali da sole almeno qui? Questo color verde-militare forma un interessante trio con il nero dei capelli e l’azzurro degli occhi, ma gli occhi vanno visti” ammiccò.
Deglutii. L’unica volta che mi aveva guardato negli occhi nelle mie vere sembianze, avevo una granita in faccia. Quindi, per logica, non avrebbe dovuto riconoscermi… Ma chissà se… Il mio viso era così palesemente da donna?
“Avanti, vieni qui” Kurt infilò i libri nella borsa beige e mi sfilò gli occhiali con delicatezza. Sentii le morbide punte delle sue dita carezzarmi le tempie…
Chiusi gli occhi, imbarazzata e pronta all’esplosione.
Che sembrò non arrivare, quindi aprii un occhio. Kurt era davanti a me, in attesa.
“Ecco. Divino” sorrise ancora, incoraggiante e alla mano come se parlasse con una bambina… Anzi, un bambino. “Mi dici perché un ragazzo che ne sa tanto di moda si veste come un meccanico?”
“Emh… Non… Non voglio mostrare che sono fanatico di vestiti, di arredamento… di musica soft…” mormorai, guardando il pavimento.
Kurt catturò di nuovo la mia attenzione con un sorriso diverso da quello di prima. Era compiaciuto e palesemente interessato a quello che avevo detto. Interessato a me. “Abbiamo ancora più cose in comune di quanto pensassi” sogghignò. “Perché non vieni a casa mia domani pomeriggio? Potremmo approfondire l’argomento. E magari farti trovare il coraggio di esprimere il tuo vero essere” aveva già dato per scontato di avere davanti un ragazzo gay. Ottimo. “Che ne dici?”
Diventai paonazza. “Certo, io… ne sarei felice” dissi schiarendomi la gola. La voce mi era uscita troppo acuta.
“Perfetto. In ogni caso, a più tardi Jo” un ultimo sguardo di intesa e girò i tacchi. Che sogno, era come se volesse assicurarsi di rivedermi ancora una volta…
“A più tardi…” rimasi immobile, a fissarlo allontanarsi come la prima e la seconda volta.
“Ehi bello” qualcuno mi toccò la spalla.
Voltandomi, sentii solo l’impatto freddo di una granita sulla faccia.
“Te la fai con la principessa, eh?” sputò un bestione col giubbotto da football della scuola.
Lui e qualche altro Neanderthal risero a crepapelle allontanandosi da me.
Stavolta purtroppo non c’era Kurt a togliermi di dosso la melma gelata.
Avevo una gran voglia di prendere a pugni quei cretini, ma nelle vesti di un maschio me le avrebbero date senza problemi. E non avevo il coraggio di rispondere. Quando mai avevo il coraggio di fare qualcosa?
  
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