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Autore: ColdBlood     04/05/2011    3 recensioni
[Jack/Joseph] KINGS
"Si chiese se avesse vissuto abbastanza intensamente quegli attimi. Si chiese se avrebbe avuto la forza di andare avanti, quando la luce sarebbe tornata. Si chiese come sarebbe stato non avere Jack.
La risposta che riuscì a darsi, fu una soltanto.
Non ce l’avrebbe fatta."
Spoiler della 1x04 e la 1x08
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Piccola shot sulla coppia Jack/Joseph del telefilm Kings. Non credo che molti conoscano questo telefilm, ma lo consiglio perché è davvero bello e prende parecchio =)
Non ho lasciato spoiler su come va a finire la story line tra J&J, ma probabilmente ne arriverà un'altra di shot che spoilerà. Sappiate solo che ho pianto per un’ora buona!
Per chi lo conosce, invece…beh, spero sia di vostro gradimento!
Visto che fantastico parecchio ho immaginato cosa poteva essere successo nei momenti bui del telefilm =)
Buona lettura!

 

Quando le luci si riaccendono
 

La sua ragione, quella povera parte del suo essere che lui aveva ignorato così tante volte, gli aveva detto effettivamente che forse avrebbe fatto meglio a tornarsene a casa, dopo quel breve incontro con Jack in quel locale.
Il principe non lo voleva, era chiaro come il sole. Non era neanche la prima volta che Jack gli diceva no, quando era Joseph a proporre un incontro, quindi poteva dirsi abituato, ma c’era stato qualcosa nello sguardo che gli aveva lanciato, che lo aveva terrorizzato realmente.
Non era superficialità, né preoccupazione a causa degli occhi della stampa e di suo padre puntati addosso, no. Era più che altro paura. Paura pura, genuina.
Non aveva mai visto quello sguardo negli occhi di Jack, anche se sapeva benissimo che quello che provava maggiormente, quando era con lui, era proprio la paura cieca che qualcuno avesse potuto vederli insieme. Ma il fatto che, per continuare a frequentarlo, Jack facesse ogni giorno i conti con questa paura, non potevano che far capire a Joseph quanto in realtà il principe lo amasse.
Avrebbe potuto facilmente lasciarlo e ridurlo al silenzio, evitare quella vita fatta di paure e menzogne e vivere infelice, ma tranquillo.
Ed era quella la paura che aveva scatenato in lui, quel solo, unico sguardo che non sarebbe neanche stato in grado di descrivere a parole. Per questo motivo, ancora una volta, aveva deciso di ignorare la sua ragione e seguire quello che gli diceva il cuore.
Lo aveva seguito.
Lo aveva visto mentre posava un braccio sulla spalla di David, il ragazzo che gli aveva salvato la vita in guerra, e dirigersi verso un nuovo locale. Aveva letto ogni intervista, e visto ogni video di lui su internet e in tv. Anche lui, probabilmente, doveva la vita a quel ragazzo di campagna, che aveva salvato la vita del suo principe, e del suo amante.
Lo aveva osservato, da un angolo nascosto del locale mentre parlava con una ragazza mora, in modo intimo, e come sempre quando assisteva a quelle scene, non poté fare a meno di sognare di essere una di loro.
Perché doveva essere così semplice, per loro, e invece lui doveva soffrire così tanto per stare con la persona che amava?
Quello che più lo mandava su tutte le furie era che né il Re né il Reverendo Samuels erano contro l’omosessualità. Nella città di Shiloh e in tutta la Gilboa le persone come lui potevano vivere tranquillamente. Tutti…ma non il figlio del Re.
Sapeva già cosa ne pensava la Regina: la famiglia reale doveva essere un simbolo ed un esempio. Che Jack fosse omosessuale, era inaccettabile.
E allora arrivava a chiedersi del perché, con tutti i ragazzi che vivevano a Shiloh, doveva scegliere proprio lui. Perché proprio Il Principe.
Ricordava benissimo la sera in cui lo aveva visto per la prima volta: era un sabato sera come un altro. Aveva degli amici, allora, ed era abituato ad andare in qualche locale per ballare e divertirsi un po’ dopo una settimana di lavoro.
E quel sabato, c’era anche il Principe. Tutti se n’erano accorti, ma nessuno ci faceva caso più di tanto: il figlio del Re era ben conosciuto per le sue notti brave, le sue donne e l’esagerazione in generale.
Era la prima volta che lo vedeva così da vicino, e dal vivo, ed era più bello di quanto sembrasse in televisione. Ed i suoi occhi poi…era ovvio che tutte le ragazze della città avrebbero fatto qualsiasi cosa per attirare la sua attenzione ed entrare nelle sue grazie.
Forse, da quel divanetto su cui era seduto, lo aveva fissato un po’ troppo perché il Principe, in tutto quel caos…se n’era accorto, e quando incontrò i suoi occhi il suo cuore prese a battere come un tamburo impazzito.
Ricordava che il suo primo sguardo fu quasi di disgusto, e questo lo portò a distogliere lo sguardo, imbarazzato. Si era accorto che il suo di sguardo non era né di curiosità, né di ammirazione o invidia: era lussuria. Joseph era attratto da lui come da un metallo da una calamita, e doveva andarsene immediatamente, prima di mettersi nei guai.
Si era alzato ed aveva salutato i suoi amici, dirigendosi poi verso l’uscita dal locale, ma mentre stava per varcare la soglia, una mano lo afferrò per l’avambraccio, e quando si girò per vedere chi fosse stato a bloccarlo non poté credere ai suoi occhi.
Il principe Jack era davanti a lui e lo guardava con i suoi occhi blu, spogli di ogni espressione o sentimento. Era nei guai?
- Dove vai così di fretta? – chiese con tono profondo ed un sorriso apatico.
Poteva un sorriso…essere apatico? I suoi occhi erano spenti, stanchi.
- Io…s-stavo tornando a casa. – Dio, stava balbettando.
Il principe lasciò la presa e affondò le mani nelle tasche dei jeans neri che gli fasciavano le gambe – Oh, ma la notte è ancora giovane. Torna dentro, ti offro da bere, avanti. –
Non poteva credere alle sue orecchie: il principe gli stava offrendo da bere.
- Perché? – non poté fare a meno di chiedere.
Il ragazzo sembrò un po’ sorpreso da quella risposta, infatti sollevò le sopracciglia.
- Ogni persona in questo locale… – disse, allungando un braccio per indicare l’interno
- darebbero qualsiasi cosa per una proposta del genere e tu…mi chiedi perché? –
Joseph rimase per un attimo in silenzio: forse era vero. Forse qualcun altro, al suo posto, non avrebbe perso tempo a chiedere perché, ma le cose non gli quadravano.
- Ma…perché mai il figlio del Re dovrebbe offrire da bere…a me? – chiese, sottovoce, insicuro.
Jack sollevò un angolo della bocca in un leggero sorriso – È questo il bello di essere il principe ed erede al trono: non devo mai dare spiegazioni per quello che faccio. –
E il suo discorso non faceva una piega. Come avrebbe potuto rispondere?
Ma il principe allungò una mano – Jack Benjamin. E io con chi ho il piacere di parlare? –
Ci mise qualche attimo a stringere la sua mano, perché era ancora confuso da quanto stava succedendo, ma alla fine riuscì a rispondere - Joseph Lasile, il piacere è tutto mio Principe. – disse, serioso.
- Oh, chiamami Jack, per favore. Abbiamo la stessa età in fondo. Allora…lo vuoi questo drink? –
Tutto era iniziato così. Quella sera stessa erano andati via insieme e avevano passato la notte a casa sua.
Era stata probabilmente la notte di sesso più bella della sua vita. Che dire, Jack ci sapeva fare, su quello non c’erano dubbi.
Ma da un incontro occasionale, erano passati a due, poi tre, cinque. Prima una o due al mese, poi sempre più spesso, quando gli impegni di Jack permettevano.
Aveva imparato a riconoscere i momenti in cui per Jack era più facile venir via senza attirare l’attenzione di nessuno, ed ora che la scena era tutta occupata dalla guerra e dalla figura dell’eroe biondo, era sicuro di averlo un po’ per se.
Ma a quanto pare si sbagliava.
Tutto quello gli era scappato di mano, ad entrambi, e ci erano rimasti dentro.
Jack era parte di lui, le sue radici erano affondate nel suo cuore, e non c’era modo di sradicarle via. Non voleva farlo.
Per quello lo aveva seguito, lo aveva osservato e quando era rimasto solo, lassù da solo a giocare con quel maledetto occhio di bue, lo aveva raggiunto.
- Jack…parlami. –
A quelle parole il ragazzo si era girato velocemente verso di lui, ma appena lo aveva visto, aveva abbassato lo sguardo.
- Non può più essere come prima, Joseph. Non posso. –
Quello che aveva temuto si stava realizzando. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Voleva solo sapere il perché!
- Io non riesco a capire. Cos’è successo? – si era avvicinato a lui ma Jack si ostinava a dargli le spalle.
- Stammi lontano. –
- Ma io ti amo…- aveva allungato la mano, per cercare di toccarlo ma Jack in un secondo si era rivoltato contro di lui, afferrandolo per la giacca, con il volto contratto e gli occhi lucidi. Si era calmato subito dopo però, respirando profondamente e Joseph era rimasto a guardarlo senza più parole, solo un dolore profondo nel petto.
- Qualche problema, principe? – una voce gli raggiunse e si girò per vedere di chi si trattava: c’erano due bodyguard dietro di loro.
Jack si allontanò da lui – Accompagnatelo alla porta, per favore. –
Joseph non poté credere alle sue parole e lo guardò sconvolto. – Jack. Jack, no. –
Il principe però non volle incontrare i suoi occhi, né mai li alzò da terra mentre i due uomini prendevano Joseph per le braccia e lo “accompagnavano” fuori dal locale.
- Jack, per favore. Non farmi trattare in questo modo! -
Joseph tentò di liberarsi dalla presa che i bodyguard esercitavano su di lui, ma non c’era storia, loro erano più forti di lui. Quindi lo presero e lo portarono all’uscita senza troppo sforzo, e anche lui alle fine, aveva smesso di divincolarsi.
Non era riuscito ad incontrare i suoi occhi se non quando i due uomini lo avevano gettato sull’asfalto. Si sentiva umiliato e mentre guardava Jack che lo osservava in modo enigmatico da dentro il locale, sentì i suoi occhi inumidirsi, ma non cedette.
Quella era la fine.
°°°
Per settimane non lo rivide, né lui si fece sentire. Era stata davvero la fine e lui se n’era fatta una ragione. Si era detto che non poteva passare la sua vita ad aspettare che il Principe Jack Benjamin si accorgesse di quanto importante fosse per lui, e che non poteva vivere senza Joseph. Doveva andare avanti, per il suo bene.
Poi arrivò la notte del black out.
Quando si spensero le luci lui era alla finestra del suo appartamento e, in un secondo, fu fuori dal suo palazzo, con gli occhi rivolti al cielo: era meraviglioso.
Da molto, da quando le grandi luci di Shiloh si era accese, non vedeva le stelle in quel modo, chiare e distinte nel cielo buio. Era una meraviglia e, come non succedeva da giorni, si sentiva bene. In pace con il mondo e con se stesso.
Aveva cominciato a camminare per le strade buie della città, ma non era solo, perché moltissime altre persone avevano avuto la stessa idea, e andavano in giro parlottando tra loro a bassa voce, perché non volevano disturbare la tranquillità e la bellezza di quella notte.
Persone sedute sui gradini delle loro case, con una birra in mano e gli occhi rivolti al cielo. E tra quelle persone c’era anche il Principe Jack.
Come gli aveva detto quella donna, con le luci spente lui era una persona come un'altra, e poteva essere chi voleva.
Quando sentì quelle parole una porta, nel suo cuore, che aveva chiuso a chiave si aprì come sfondata dalla forza di un uragano. Li, in quella stanza, aveva nascosto tutto di Joseph, tutti i ricordi che riguardavano lui. Tutti i momenti veri e felici della sua vita.
Lo aveva dovuto fare perché nei primi giorni dopo quello che era successo la sera del balletto, l’immagine di Joseph scaraventato a terra da quei bodyguard, e il suo sguardo, gli davano il tormento.
Non sapeva perché aveva permesso che lo trattassero in quel modo, sapeva solo che se non fosse riuscito a mandarlo via, lo avrebbe abbracciato e baciato li, davanti a tutti, davanti anche ai fotografi che aveva chiamato lui stesso, per cogliere con le mani nel sacco David Shepherd con una delle sue amichette.
Si alzò da quello scalino, mentre sentiva Lucinda chiamarlo a gran voce, cercandolo con una torcia elettrica alla mano, e i suoi scarpe ticchettanti sull’asfalto.
Camminò nel buio, dirigendosi verso casa di Joseph, ma la fortuna, o il destino, volle che, tra le buie strade di Shiloh, riuscì a vederlo, fermo con il naso volto all’insù.
Attraversò la strada, cercando di mantenere la calma – Joseph! – lo chiamò.
Il ragazzo riconobbe immediatamente la sua voce, probabilmente l’avrebbe riconosciuta tra mille, e la prima cosa che fece fu scattare e salire sul primo scalino dietro di lui, mentre Jack si avvicinava.
- Non voglio problemi! – c’era panico nella sua voce.
Ma Jack sembrava tranquillo, sembrava il Jack che aveva conosciuto, e di cui si era innamorato. Per questo motivo, guardandolo in viso, scese dallo scalino, e il principe gli mise una mano sulla spalla, avvicinandosi.
Ancora una volta la sua testa gli disse di allontanarlo da sé, rifiutarlo, fargliela pagare per quello che gli aveva fatto passare, ma il suo cuore…non era d’accordo.
Gli diceva di lasciarsi baciare, perché non voleva altro al momento.
Al resto…si sarebbe pensato dopo.
Quindi aveva chiuso gli occhi, mentre Jack posava leggermente le labbra sulle sue. Erano esattamente come le ricordava.
Poi Jack si allontanò e quello che Joseph vide sul suo viso, era un leggero sorriso. Sembrava sollevato.
- Le luci sono spente. – gli disse.
Camminarono verso casa di Joseph, ripercorrendo la strada all’indietro, e quando il principe gli prese la mano, sentì il suo cuore riempirsi di gioia.
Stava davvero succedendo?
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, durante il tragitto, e anche Jack sapeva che questa volta non sarebbe riuscito ad evitare il confronto, ma nessuno dei due voleva rovinare quel momento perfetto.
Niente luci artificiali, nessun occhio di bue puntato addosso, nessuna paura di essere visti e scoperti: tutto era magico, tranquillo, pulito da ogni tipo di corruzione.
Tutto sembrava possibile, quella notte, persino l’impossibile.
Quando entrarono nel piccolo appartamento, mentre Joseph posava le chiavi in una coppetta apposita, poggiata su un mobile in legno scuro, Jack gli arrivò alle spalle e gli strinse la vita, appoggiando il viso alla sua schiena.
- Mi dispiace. – sussurrò, contro il tessuto della sua maglietta.
Joseph posò le mani sulle sue, strette intorno alla sua pancia.
- Non avresti dovuto lasciare che mi trattassero in quel modo. Il fatto che io sia innamorato di te, e che tu sia il Principe, non ti autorizza a trattarmi così. – rispose. Il suo tono non era arrabbiato, non più, né amareggiato.
Era solo quello che pensava, e quello che gli aveva sempre detto.
Una sera, quando Jack era andato a trovarlo a notte fonda, ubriaco fradicio, avevano litigato e Joseph gliel’aveva detto. Gli aveva detto che quando era insieme a lui, lui non era il Principe, era solo Jack. E Joseph meritava di essere trattato come un suo pari.
- Lo so. Lo so. Devi perdonarmi. Io ero…sono terrorizzato. –
Il ragazzo si girò tra le sue braccia e gli prese il viso tra le mani, guardandolo in quei suoi occhi meravigliosi – Anche io lo sono. Jack…questi sono stati nel contempo i tre anni più belli e più brutti della mia vita. Brutti perché mi sono innamorata della persona più inaccessibile che potessi trovare, e belli perché, nonostante tutto, non cambierei i miei ricordi per nulla al mondo. Ti ho conosciuto per la persona che sei, e nessuno ti conosce come me, e questo lo sai anche tu. E ti amo anche per questo. -
- Ma comunque so che prima o poi finirà, perché quando deciderai tra me e tuo padre, io avrò la peggio. Probabilmente questa sarà l’ultima notte.- fece un piccolo sorriso. – Lo leggo nei tuoi occhi. Non c’è più bisogno che tu dica niente. Non c’è bisogno che tu mi dica di amarmi, perché lo so già. –
Mentre Joseph parlava, gli occhi di Jack si erano via via inumiditi e faticava a trattenere le lacrime. – Avanti, amore mio, non piangere. – Joseph gli baciò le palpebre, poi le guance, per arrivare infine alle labbra e baciarle con forza.
Era la loro ultima notte e non l’avrebbe spesa a parlare di quanto il destino, e Dio, fosse stato crudele con loro.
Gli tolse la giacca elegante che indossava e la lasciò cadere sul pavimento, a Jack non importò, e la stessa fine fece anche il panciotto e la cravatta.
Il principe non rimase con le mani in mano, perché sfilò il maglione nero che il ragazzo indossava, e quando venne a contatto con la maglietta di cotone che portava sotto di esso, lo strinse forte, affondando il viso nel suo collo e aspirando a pieni polmoni il suo odore. Gli era mancato così tanto, e gli sarebbe mancato come l’aria.
Joseph gli accarezzò i capelli per qualche secondo, ma poi lo prese per mano, conducendolo verso il letto. Lo fece stendere e poi lo sovrastò con il suo corpo.
Jack era così remissivo quella sera, al contrario di come era stato in quegli anni. Era sempre lui che prendeva il sopravvento, e Joseph lo lasciava fare, perché quando erano tra le coperte era dolce e attento.
Fecero l’amore lentamente, quella notte, e poi lo fecero ancora e Jack tornò quello di una volta, prendendolo con forza, baciandolo con passione, mordendogli le labbra.
Mentre era sopra di lui, spingendo in lui, vide un luccichio nei suoi occhi.
Erano lacrime, quelle?
Lo rallentò, prendendolo per le spalle e lo guardò in viso, mentre Jack cercava di nascondere il viso nel suo collo e si rifiutò di fermarsi. Sarebbe significato crollare, probabilmente. Ma quella fu una risposta alla sua domanda, perché sentì le lacrime sulla pelle sensibile.
Lo strinse forte, ma non disse una parola. Non c’erano parole giusto da dire.
Anche lui stava per crollare, ma non poteva farlo. Era il turno di Jack di essere insicuro e spaventato, e lui doveva solo fargli sentire la sua presenza, per quel poco tempo che avevano a disposizione, ormai.
Quando stava per addormentarsi sul petto di Jack, l’ultimo desiderio che espresse fu che quella notte non finisse mai, che il tempo si fermasse.
Sentì Jack stringerlo e, mentre gli diceva sottovoce, con le labbra affondate nei suoi capelli, di dormire, capì che lui non ci sarebbe riuscito.  
Si chiese se avesse vissuto abbastanza intensamente quegli attimi. Si chiese se avrebbe avuto la forza di andare avanti, quando la luce sarebbe tornata. Si chiese come sarebbe stato non avere Jack.
La risposta che riuscì a darsi, fu una soltanto.
Non ce l’avrebbe fatta.

 

  
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