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Autore: Amy89    06/05/2011    1 recensioni
I pensieri,le emozioni e i ricordi di Antonio, dettati dalla decisione di Lovino di staccarsi da lui per fare ritorno in Italia, una volta cresciuto e trovata la sua strada... Ci sarà il lieto fine per loro? Scopritelo leggendo!^^
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spero che questa shot scritta di getto vi piaccia e spero, anche, di essere riuscita a mantenere Ic i personaggi.
Ringrazio anticipatamente coloro che la leggeranno e, magari, spenderanno qualche secondo a lasciarmi una, anche piccolissima, recensione!^^
La storia non è a fini di lucro, è esclusivamente a scopo ludico, e i personaggi non mi appartengono...

Questa piccola One-shot Spamano è dedicata alla Mia Lovi! Buon Compleanno, tesoro mio!

Detto questo vi lascio alla storia... Buona Lettura!!





Barcellona… città dei ricordi.


Non riuscivo a dormire stanotte… niente da fare, neanche un minuto.
Sono rimasto appiccicato a me stesso, occhi chiusi ma spalancati da qualche altra parte che non era la mia stanza, alla quinta notte l'insonnia.

Ormai, se ho tenuto bene il conto dei minuti, l’alba è passata da poco più di un’ora e mezza.

Mi giro nel letto, sfatto come non mai. Credo di essermi rigirato nelle lenzuola almeno un centinaio di volte questa notte, neanche fossi una trottola di legno lanciata da un bimbo sulla piana de La Rambla.

L’emicrania mi martella nelle tempie.

La stanchezza mi intorpidisce membra, inchiodandomi al materasso, ma sono stanco di rimaner chiuso in questa casa che, incombente, sembra pesarmi sul corpo e sull’anima.
La magione è silenziosa, ma so bene che c’è già vita da ore. Dopo essermi buttato addosso la prima camicia e il primo paio di pantaloni che mi sono capitati a tiro, esco dalla camera, dove la luce mi ferisce gli occhi, ancora abituati alla penombra, accentuando il mal di testa.

Quanto mi sembra vuoto ora questo corridoio… se devo essere sincero mi pare ancora più deserto di notte, cosa che parrebbe ovvia, in realtà.
Per me non è così.
Un tempo questo corridoio, quasi tutte le notti, veniva percorso dai gelidi piedini, scalzi, di un frugoletto che lo attraversava di corsa per ricevere abbracci e conforto quando un incubo lo svegliava, un temporale estivo lo impauriva con i suoi lampi e tuoni… c’erano volte in cui lo attraversava correndo anche solo per ricevere una seconda volta la buona notte o perché, a notte fonda, si svegliava e decideva che la favola che gli avevo raccontato per farlo addormentare non gli era piaciuta o voleva particolari riguardanti un dettaglio che gli era rimasto impresso. Un sorriso di triste tenerezza mi inclina le labbra.
Ora che quel tenero bimbetto, vestito di una candida camicia da notte, è cresciuto e, trovata la sua strada, ha deciso di andarsene, questo passaggio mi pare malinconicamente abbandonato.

Sotto i miei piedi l’antico, levigato, legno del pavimento scricchiola, al mio lento incedere verso l’ingresso.

Come ogni mattina, esco di casa, iniziando a girovagare come un fantasma di ciò che ero un tempo, senza meta precisa, per le vie di Barcellona… Se vogliamo dirla tutta, seppur io non faccia apposta, il mio girovagare mi porta sempre nei medesimi luoghi… sarà un caso che ognuno di questi è il luogo di un ricordo che lo riguarda? No, non credo.
Per ogni luogo che costeggio o attraverso vengo travolto da agrodolci memorie.

La Sagrada Familia… La prima volta che da bimbo la vide, ricordo che chiesi a me stesso se dopo un po’ che teneva il collo teso e il volto verso l’alto per guardare, come estasiato, i vari ornamenti e la struttura della cattedrale, non corresse il rischio di farsi male… poi aveva cominciato a correre qua e là lungo le navate e facendo lo slalom tra panche e statue e la preoccupazione che si facesse si ferisse seriamente impattando contro una qualunque delle opere e delle sedute aveva preso il sopravvento su quella sciocca domanda.

La Boqueria… Quella volta stavamo passeggiando lungo la Rambla, e mi stava facendo, con quel suo piccolo sorriso curioso e da monello, un’infinita serie di domande che spaziavano da ‘Di che cosa sono fatti i pantaloni di quel signore, Spain?’ a ‘ Spain, Spain mi prendi un cane? Voglio quello!!!’ e aveva indicato, saltellando, un cucciolotto tenuto al guinzaglio da un ragazzo. Stavamo passando davanti al numero civico 91 quando, di punto in bianco, lasciò la mia mano e comincio a correre tra le bancarelle del mercato della Boqueria. Mi buttai all’inseguimento, con l’angoscia di perderlo di vista in quella bolgia di avventori. Dopo qualche minuto di ansia, perché con quella calca era ben difficile stare al passo con quel piccolo demonietto, che diversamente da me, essendo piccolino, non aveva difficoltà a scansare la gente, lo ritrovai fermo a fissare una bancarella di dolci, sorridendo alla proprietaria del chiosco, in costume tradizionale. Sfoderando il suo più tenero sorriso, la piccola peste, fu capace a farsi regalare un sacchetto di caramelle - al che, ancora oggi, mi chiedo se non fosse più semplice chiedermi di comprargliele- e fu anche capace di farsi dare il permesso dalla signora ad ‘aiutarla’ con i clienti della bancarella. Devo ammettere che fu un pomeriggio fuori dall’ordinario, senza dubbio divertente, ma che, a me, costò parecchi Pesetas in dolciumi – visto che Lovino più che vendere la merce se la mangiava direttamente, che che ne dicessi io – e a lui un gran mal di pancia.

Il Barrio Gotico… Era una mattina di inizio primavera e stavamo facendo una passeggiata godendoci il sole e l’aria già tiepida, Lovino ancora abbastanza piccolo, quando girovagando ci addentrammo nell’intrico di stradine che fan parte del Barrio. Tra i vari piccoli negozietti che qui vi erano ospitati… bar, sarti, librerie, piccoli alimentari familiari… ad un tratto lo sentì rallentare il passo e lo vidi avvicinarsi ad una delle vetrine di un negozio e fissare, come rapito, uno degli oggetti esposti.
L’oggetto che aveva attirato la sua attenzione era un grazioso carillon, a carica, di legno intarsiato in oro. Al di sopra di esso erano poste, sulla parte rotante, le miniature, in resina, di una cesta di vimini e stoffa, al suo interno un neonato, accanto ad essa una donna, elegantemente seduta, vestita con vesti di antica foggia, e poco al di sopra della riproduzione di una montagna, in madreperla, vi era quella della luna piena.
Lo fissava con tanta attenzione che non ci pensai due volte a condurlo nel negozio e a regalarglielo. La canzone prodotta dal carillon, era una delicata melodia, a dire la verità, un po’ malinconica. Il venditore ci diede anche una piccola pergamena su cui vi erano, vergate a mano, le parole della composizione e ci disse, forse credendoci stranieri di passaggio, che la canzone parlava di un’antica leggenda catalana e ce la raccontò.
Confesso che ebbi una discreta difficoltà a non ridergli in faccia, sapendo bene che quella storia, che stava raccontando, non era affatto catalana, bensì una leggenda messicana. Vedendo, però, che a Lovino quella storia piaceva molto e che era estasiato dal sapere che quei fatti potevano essere avvenuti proprio dov’era anche lui in quel momento, non dissi nulla e lasciai correre quella ‘piccola’ fandonia del negoziante. Tornato a casa, per giorni, ascoltò ripetutamente quella melodia e prese addirittura l’abitudine di usarla, tanto ne era affascinato, come sottofondo alle storie della buona notte che ero solito raccontargli ogni sera.

Mi ‘risveglio’ da questi ricordi e i colori, i suoni e il movimento della città, che un tempo mi rallegravano e coinvolgevano, ora mi appaiono ancor più vuoti e stinti.

Ritorno su La Rambla e la percorro completamente, rallentando lievemente, fino a fermarmi, davanti alla Fontana di Canaletes, ripensando come tempo fa fosse la tappa finale, per rinfrescarsi e dissetarsi, dopo ogni passeggiata per Barcellona insieme a Lovino. Una leggenda dice che se si beve almeno un sorso dell’acqua che sgorga da essa, questo assicura un futuro ritorno a Barcellona… non so se sia vero ma in questo momento ci sto sperando con tutto me stesso, perché significherebbe averlo, anche se non si sa per quanto tempo, di nuovo accanto.
Tutte queste emozioni mi restano dentro… come anche le parole che non ho avuto la prontezza, il coraggio, di pronunciare in quello che probabilmente è stato il momento più importante della mia esistenza, da secoli… mi assillano e mi rimbombano in testa, in un rimbalzare assordante.

Non c’è una parte di me che non soffra per lui, per la sua partenza, il suo abbandono.

Non c’è un posto, nella mia mente, in cui non sia presente, anche se ormai è parecchio tempo che non lo vedo. Potrei dire esattamente il numero di giorni, ore, minuti e secondi… ma questo non darebbe l’idea del tempo, visto che a me sembra essere come minimo dieci volte di più.

Riprendo il mio vagare, dirigendomi, ora, verso la spiaggia e giunto al limitare mi tolgo le scarpe e prendo a camminare scalzo, beandomi della sensazione della sabbia sotto i miei piedi. Arrivo sino alla riva, tanto che l’acqua ora può lambirmi i piedi.

Guardo, camminando all'indietro, la traccia dei miei piedi nella sabbia scura, bagnata. Con gli occhi stanchi, per il poco riposo, guardo il cielo che si è a poco a poco scurito. In lontananza già rimbombano tuoni, saette e lampi, che quasi squarciano l'aria, gli uccelli ormai, già, non volteggiano più in cielo.

Un vento insistente arriva, all'improvviso, portandomi il profumo, ben conosciuto, della salsedine e umide folate che scuotono le cime e le fronde dei pini marittimi.
Sento picchiettare le prime gocce di fredda pioggia contro il mio viso… la sabbia si orna di punti più scuri, sempre in maggior numero. Un lampo e un tuono, più vicini dei precedenti. La pioggia via via comincia a farsi più fitta e scrosciante, e io ritorno lentamente sui miei passi, tornando alla villa.

La gente, intorno a me, allunga il passo, c’è chi apre gli ombrelli, che vengono rivoltati dal vento, chi cerca riparo sotto le tende dei negozi e aspetta o si stringe sul gradino di una porta.

Chissà perché tutti cercano di ripararsi dall’acqua? Ho sempre amato la pioggia… ho quasi la sensazione che questa, seppur solo per un attimo, sia in grado di far scivolar via i problemi e i rimpianti e alleggerire per un momento il cuore. Peccato che questo momento sia così breve! Prendo la strada più diretta verso casa, e quando vi giungo, grondo acqua sia dai capelli che dai vestiti, neanche mi fossi tuffato in mare vestito.
Questa situazione sarebbe quasi divertente e comica, se non avessi l’umore a così basso livello. Cerco si strizzarmi i capelli, ora più lunghi del solito, e gli abiti prima di rientrare in casa, per non allagare l’ingresso.

Entro in casa, chiudendo il vento e la pioggia dietro la porta, e, con l’intenzione di salire a cambiarmi, mi avvio verso le scale, passando davanti all’entrata aperta del salotto.
Mi blocco… La mia attenzione attirata da un oggetto sulla mensola di marmo sopra il caminetto. Il Carillon di Lovino.
Come calamitato, dimentico dei vestiti fradici, mi avvicino ad esso e lo prendo in mano. Inserisco la chiavetta nell’invito e lo carico.
La malinconica canzone si diffonde intorno a me ed io chiudo gli occhi abbandonandomi ad essa e alla tristezza della mia anima.

Sento dei passi nella stanza comunicante, la sala da pranzo, che si dirigono verso di me, ma non ci bado, restando immerso nella melodia triste, fino a che una voce mi riscuote dal torpore in cui sono caduto, senza che me ne accorgessi.

- La tanto decantata ospitalità spagnola è andata a farsi irrimediabilmente benedire, vedo… mi fai aspettare il tuo ritorno per ore e una volta che ti degni di rientrare sei talmente fradicio che bisognerebbe stenderti come il bucato, Bastardo di uno spagnolo! – Afferma stizzito il nuovo arrivato.

Sobbalzo e per poco il carillon non mi sfugge dalle mani.
Apro gli occhi e di scatto mi giro verso quella voce fin troppo familiare.
Una stilettata mi colpisce allo stomaco, mozzandomi le parole in gola. Sono come pietrificato, così come l’espressione di stupore che ho sul volto. Non credo ai miei occhi! E’ davvero qui, a pochi metri da me o sto sognando? No, se sto sognando che nessuno mi svegli, vi prego!

- L-Lovino… - Riesco solo a dire a bassa voce, come se parlare a voce anche solo vagamente più alta possa farlo sparire da davanti ai miei occhi, come una nuvola di fumo.

Lo vedo ghignare divertito, mentre comincia a muovere qualche passo verso di me, avvicinandosi, e raggiungendomi.

- Oh, vedo che ti sei ulteriormente rincretinito, Bastardo, in questo mio anno d’assenza! Già prima non eri messo bene, se sei anche peggiorato, Dio ci scampi! – Ridacchia.

Comincio a ridere come fossi impazzito. Non ci posso credere… è davvero tornato! Porto una mano a coprirmi il volto e mi appoggio con l’altra alla mensola del camino. Sento che il cuore scoppiarmi e lente e calde lacrime di gioia mi solcano le guance.

E strano come le lacrime di dolore, anche se con molta pena e fatica, sia possibile frenarle e come invece quelle di gioia, pura e sincera, siano impossibili da trattenere.

Credo di aver spiazzato anche lui con questa mia reazione, perché quando tolgo la mano da davanti al viso lo vedo che mi guarda stranito e perplesso. Non riuscendo a frenarmi, lo afferro per un braccio e lo attiro tra le mie braccia, stringendolo a me… come se fosse una questione di vita o di morte, come se solo questo, sempre maggior, contatto mi possa dare la certezza che non è un illusione della mia mente, ma che Lovino è veramente tornato.
Lo bacio.
Un bacio colmo di passione e sentimenti inespressi… La gioia di riaverlo finalmente con me, il dolore della separazione, quello che ho provato in questo anno nel non poterlo vedere, non poterlo abbracciare, non poter parlargli faccia a faccia… timore di una sua possibile reazione contraria, della sua nuova partenza – non mi faccio illusioni, anche se lo vorrei so che non è venuto per restare per sempre – l’affetto e l’amore che provo per lui!

Per un attimo, Lovino, rimane rigido tra le mie braccia – attimo in cui trattengo il respiro per l’ansia che mia attanaglia lo stomaco – ma poi lo sento gradualmente rilassarsi e ricambiare il bacio. Le sue mani aggrappate alla mia camicia, ancora bagnata… le mie, una a cingergli i fianchi sottili, l’altra immersa nei suoi setosi capelli. Le labbra unite, le nostre lingue che si cercano, che giocano e lottano l’una con l’altra, danzando frenetiche.

Ad un tratto lo sento irrigidirsi e spingere, con le mani, sul mio torace, allento l’abbraccio e lui mi spinge all’indietro allontanandosi da me. Rimango perplesso e mille pensieri mi si affollano alla mente… uno peggiore dell’altro, uno più pessimista del precedente.
E se in quest’anno avesse cambiato idea…
E se avesse incontrato qualcuno di cui si è innamorato…
E se mi volesse dire che non mi vuole più vedere…

Oddio, no vi prego ditemi che non è così!

Lo guardo, attonito, per qualche secondo… e ciò che mi si presenta davanti agli occhi, dissipa ogni mia incertezza.
Lovino affannato e rosso come non mai mi fissa con uno sguardo che è tra l’adirato e l’imbarazzato…

- Ma porca miseria, va bene che magari ti sarò mancato… Ma datti un contegno e un freno, stupido spagnolo!!!! – mi urla addosso diventando sempre più color pomodoro.

Non riesco a trattenere una risata liberatoria e, come è ovvio, lui incrocia le braccia, stizzito, e mette il broncio.

Oddio, quanto mi è mancato quel broncio… Quanto mi è mancato LUI!

- Perdonami niño… non ho saputo resistere!
- Come al solito! Sempre la stessa scusa… almeno sforzati ad inventarne una migliore, Bastardo!

Sorrido. Non è cambiato di una virgola e mi sta più che bene così, infondo lo amo anche per questo! Muovo un passo verso di lui, tanto basta per coprire la distanza che ci separa, e lo abbraccio questa volta teneramente.

- Non immagini neanche quanto mi sei mancato, mi querido! – Affermo, sorridendo, rinsaldando di un poco l’abbraccio.

Lui disincrocia le braccia le porta sulla mia schiena, appoggia la testa al mio petto e chiude le mani a pugno stringendo la stoffa della mia camicia.
Tanto basta per farmi capire che devo essergli mancato altrettanto… so che non lo ammetterà mai, tanto è il suo orgoglio, ma il linguaggio del corpo svela più di quanto lui riesca a dire a parole.

- Te quiero, mi niño! – Gli dico teneramente.

In risposta si stinge maggiormente a me e risponde qualcosa che potrebbe assomigliare ad un ‘anche io’ ma lo dice a voce talmente bassa che neanche se me lo sussurrasse direttamente all’orecchio riuscirei a capirlo chiaramente.

- Scusami, Lovi, ma non ho capito…
- Vedi di non fare il furbo, Bastardo! – Afferma con voce imbarazzata e minacciosa, al contempo. - Niño, seriamente, non sto scherzando… non ho sentito quello che hai detto. – Ma considerando la punta di bordeaux che ha sulle guance capisco che le parole che ha sussurrato con voce tanto bassa, al 90% potevano seriamente essere esattamente quelle che ho immaginato io, o comunque qualcosa di molto simile.

-Sta zitto, stupido spagnolo!- Afferma tra l’irato e il color porpora.

E poi, be,quando dico che Lovino è un’infinta fonte di sorprese, non parlo a vanvera…
E poi, questa volta, spiazzandomi, è lui a baciarmi!




Barcellona, 6 Maggio.



Può succederti ogni sorta di cosa nella vita…

Cose brutte o belle… tristi o allegre… importanti o relativamente futili… semplici o complesse.

Di una cosa siate certi…

La peggiore è non avere accanto le persone a te care e in particolare la persona che ami, poiché tutto ciò che hai intorno perde colore, vivacità, importanza…

La migliore invece è, oltre avere con te chi ti è caro, avere al tuo fianco colui o colei che possiede il tuo cuore, perché con questa persona, con te, allora il mondo, con le sue sorprese e le sue sfide, sarà ai tuoi piedi e tu, con lei, avanzerai verso una vita e un destino che sarai tu stesso a scegliere e tracciare!

In fede,
Per sempre Vostro
Antonio Fernandez Carriedo.
   
 
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