White River Riserve
PrologoIn tutte le leggende c’è un fondo di verità.
Esistono luoghi in cui il confine con queste verità diventa così sottile …
La percezione della realtà viene meno, ogni sensazione è sfumata e irreale, come al risveglio da un sogno.
Alcuni la chiamano superstizione, dopo tutto ciò che ho vissuto credo che non vi sia nulla di più vicino di questo alla fede, tanto che spesso non avrei saputo distinguere l’una dall’altra.
Io ho vissuto a lungo in città, in un bell’appartamento insieme a mio padre, docente di archeologia presso la facoltà universitaria.
Una vita quotidiana talmente comune che ora, dopo tutto ciò che è successo, risulta noiosa persino a me, ma allora mi piaceva.
Mi piaceva davvero tanto.
Due anni fa alle 7.30 del mattino mio padre uscì come sempre per svuotare la cassetta delle lettere.
Ricordo con estrema nitidezza quell’anonima busta bianca, ma ancora più nitidamente ricordo lo sguardo di mio padre mentre scorreva quelle righe.
Una settimana dopo compimmo il trasloco verso quella che sarebbe stata la nostra nuova casa.
La riserva indiana di White River.
Il bel mezzo del nulla per chi era abituato alla vita in città, come me.
Lì avevo frequentato una scuola privata, avevo amiche e amici che non volevo lasciare, una casa che non volevo abbandonare.
Quando scesi dalla macchina davanti al municipio di quella cittadina ero totalmente sicura che la mia nuova vita sarebbe stata terribile.