E rieccoci con la terza parte di Ritornare a
Vivere.
C’è
voluto un po’ ma alla fine ce l’abbiamo
fatta!
Ho detto abbiamo
(ed è anche sottolineato) perché la storia che andrete a leggere
è frutto del lavoro combinato fra EDVIGE86
e il sottoscritto.
Ha accettato di
collaborare con me alla stesura di RAV3 e non potevo scegliere collaboratrice
migliore, credetemi.
Per
cui: se e quando
avrete voglia di recensire ricordatevi assolutamente di ringraziare EDVIGE86. Naturalmente se avete
delle domande da rivolgerle fate pure.
Se non siete
convinti della nostra collaborazione, vi lascio qui di seguito alcune
informazioni:
Regia: EDVIGE86 e pk82
Direttori di produzione: EDVIGE86 e pk82
Direttori di fotografia: EDVIGE86 e pk82
Musiche: EDVIGE86 e pk82
Sceneggiatura: EDVIGE86 e pk82
Coordinatori effetti speciali: EDVIGE86 e pk82
Supervisori effetti visivi: EDVIGE86 e pk82
Produttori effetti visivi: EDVIGE86 e pk82
Costumi: EDVIGE86 e pk82
Operatori Camera: EDVIGE86 e pk82
Tecnici del suono: EDVIGE86 e pk82
Iva, trasporto e montaggio: EDVIGE86 e pk82
Convinti
ora?
Ok! Speriamo che
coloro che hanno apprezzato RAV e RAV2 tornino per
questo nuovo capitolo e che i nuovi siano altrettanto soddisfatti.
Basta
chiacchiere… vi lasciamo alla storia!
1. Happy Family
Un
viaggio di mille miglia comincia
sempre con un singolo passo.
Lao Tzu.
Ron, appoggiato
al muro, le braccia incrociate sul petto nudo, osservava con un sorriso fuori
dalla finestra; il sole era già alto, nonostante fosse ancora presto, preannunciando un’altra giornata calda,
l’ennesima in quell’estate particolarmente torrida.
Ascoltava i
rumori che venivano dal mondo esterno: il cinguettio degli uccelli, il
frusciare degli alberi mossi dalla brezza mattutina, un cane che abbaiava nel
giardino di un vicino… e ascoltava il silenzio della sua casa.
Silenzio dovuto
al numero degli abitanti che era diminuito nel corso degli ultimi anni; i suoi
figli erano cresciuti, avevano abbandonato il nido e lui non poteva che
sentirsi fiero ed orgoglioso nel vedere come erano
cresciuti.
Chris, il suo
primogenito, la sua copia: era stato il primo dei suoi figli ad andarsene, uno
spirito libero, allegro e solare come sempre, era entrato nell’Accademia
Auror non appena finito Hogwarts ed ora era un
Capitano, uno dei migliori assieme all’amico Jeremy, col quale divideva
una piccola casetta.
Emy, la sua
principessa: era stato più difficile lasciarla andare, ma era giusto che
anche lei vivesse la sua vita. Anche lei aveva deciso di dividere le spese di
una casetta con Lily e Rebecca, amica dai tempi di Hogwarts. Se non altro il
suo lavoro al Ministero gli permetteva di vederla spesso.
Sean era l’unico
che poteva definirsi ancora un abitante di quella casa. Ufficialmente aveva
ancora a disposizione la sua vecchia camera, ma il lavoro presso
l’Ufficio per il Controllo delle Creature Magiche lo faceva viaggiare
molto per il paese e quando era in città
preferiva rimanere da Megan, la sua ragazza.
Ogni tanto Ron
sentiva la nostalgia dei tempi passati: i guai combinati da Chris e le sue
litigate col fratello, la dolcezza di Emy, la tenerezza di Sean. A volte gli
mancava l’allegra confusione che creavano i suoi figli… ma non in
quei giorni.
Dopo anni, lui ed Hermione erano riusciti a prendere dei giorni di ferie
nello stesso periodo; avevano passato le ultime due settimane insieme, solo
loro due… ed era stato come ritornare ragazzini, come due fidanzatini
agli inizi del loro rapporto; sempre insieme, sempre abbracciati… di giorno e di notte.
Specialmente la
notte!
Il sorriso si
allargò quando due mani lo abbracciarono da dietro e una chioma
cespugliosa si appoggiò alla sua schiena.
«Buongiorno».
Hermione gli
diede un piccolo bacio sulla schiena. «Buongiorno».
Ron si
voltò nel suo abbraccio, appoggiandosi al muro e dando un bacio ad Hermione fra i capelli. «Ti senti bene?».
Hermione
mugolò qualcosa, il volto nascosto nel petto.
«Meravigliosamente» e gli mostrò un largo sorriso appagato.
«Grazie a te».
Lui
ridacchiò. «Prego».
Hermione gli
circondò il collo, alzandosi in punta di piedi e baciandolo sulle
labbra, all’inizio in modo leggero, poi via via sempre più
profondo; Ron rispose, ma prese a ridacchiare quando sentì
l’impazienza di Hermione. «Hermione» fece quando si
staccò da lei, «hai in mente qualcosa, per caso?».
Lei si morse un
labbro, ridente. «E’ che… oggi è l’ultimo giorno
di vacanza… e con il lavoro accumulato… potremmo avere poco tempo
per stare insieme…».
«Il tempo
si trova…».
«Lo
so» rispose Hermione, stringendosi di più a lui, «ma
pensavo… che potremmo festeggiare come si deve quest’ultimo
giorno…».
«Amore»
fece ragionevole Ron, «non so se te ne rendi conto, ma avrò
dormito si e no due ore a notte in questi
giorni…».
Hermione lo
guardò, inarcando un sopracciglio. «Non mi sembrava che ti fossi
lamentato».
«Assolutamente
no» precisò lui, «ma dammi almeno cinque
minuti per riprendermi. Ho una certa età».
La
riccia sorrise maliziosa. «Ti assicuro che non dimostri
l’età che hai, giovanotto».
«Ah
bè, grazie».
«E
comunque» riprese Hermione, «secondo il contratto che hai firmato
in chiesa… devi obbedire a qualunque mia
richiesta».
«A volte
mi viene voglia di cancellare quella clausola».
«E vorresti
farlo adesso?».
Ron finse di
pensarci su mentre con un sorriso si avvicinava alle labbra di Hermione.
«Magari un’altra volta».
Hermione
sorrise vittoriosa mentre si
lasciava baciare da Ron. Subito il bacio divenne più profondo,
più passionale: Ron fece scivolare le mani lungo i fianchi di Hermione,
fino ad arrivare sotto le cosce. La sollevò di peso, lasciando che
Hermione gli circondasse la vita con le gambe; senza guardare dove andasse i due si spostarono nella stanza fino a quando gli
stinchi di Ron non urtarono il bordo del letto, facendoli cadere sul materasso,
accompagnati dall’urletto di Hermione.
Ridacchiarono
come due ragazzini, guardandosi negli occhi, prima che Ron si riappropriasse
delle sue labbra. La ricoprì col proprio corpo, continuando a baciarla
senza remore, la mano che scendeva ancora lungo il fianco… fino
all’orlo della sua veste… e risalì al di sotto… ancora
più su, fino alla biancheria intima…
Stump!
Spalancarono gli
occhi, le labbra ancora incollate. Si fissarono, perplessi.
«Hai sentito
anche tu?» le bisbigliò Ron.
Hermione
annuì.
Rimasero ancora
per qualche istante in silenzio, lo sguardo puntato alla porta – ben
chiusa – della loro camera.
«Ce lo siamo immaginato?».
«Forse».
Ancora silenzio.
«Si, ce lo siamo immaginato!».
«Decisamente».
E ripresero a
baciarsi con foga, riprendendo da dove si erano
interrotti…
Stump!
Questa volta si
staccarono del tutto, convinti di non esserselo solo immaginato.
«Aspettavamo
qualcuno?».
«Non di
mattina».
Si scambiarono un’occhiata prima di dirigersi verso il
piano inferiore, Ron davanti con la bacchetta stretta in mano, Hermione subito
dietro, le mani sulle spalle del rosso. Scesero le scale, fermandosi a
metà quando sentirono delle voci provenire oltre la porta chiusa della
cucina.
Con un’altra
occhiata scesero l’ultimo scalino, diretti in cucina.
La porta si
aprì e una voce chiara e conosciuta li raggiunse. «…
qui. Io vedo se c’è qualcuno e
arrivo».
Sean si richiuse
la porta alle spalle rimanendo perplesso quando, voltandosi, si ritrovò
la bacchetta del padre puntata contro. Inarcò
un sopracciglio. «E’ questo il modo di accogliere vostro
figlio?».
Ron
abbassò la bacchetta. «Cosa ci fai qui?».
Sean si
scansò un ciuffo di lisci capelli rossi dagli occhi. «Tecnicamente
ci vivo, ma se volete cacciarmi di casa basta
dirlo… evitando questi agguati».
Hermione gli
fece un sorriso. «Non volevamo spaventarti. Dato
che ti sei fermato da Megan pensavamo che andassi
direttamente a lavoro».
«Infatti»
fece il ragazzo, «ma ho dimenticato alcune carte
qui. Megan mi ha accompagnato, il tempo di recuperarle e ce ne andiamo».
«Megan
è qui?».
Sean
annuì. «E’ di là» ed
indicò con la testa la cucina. «Mi sta aspettando e…» si interruppe bruscamente facendo una smorfia. «Potreste, per favore, andare a mettervi
qualcosa addosso! E’ stato già abbastanza disgustoso beccarvi in
queste condizioni, non è proprio il caso che anche la mia ragazza vi
veda in mutande!».
Istintivamente
Ron e Hermione abbassarono lo sguardo sui loro… vestiti; il pantalone del pigiama del rosso, la leggera camicia da
notte per la riccia: in effetti sarebbe stato alquanto
imbarazzante.
«Va bene,
scendiamo fra cinque minuti» rispose Hermione, le gote leggermente
arrossate.
Sean
roteò gli occhi, facendo dietrofront e tornando in cucina. Ron e
Hermione si scambiarono un’occhiata… prima di coprirsi la bocca con
la mano per evitare che il figlio li sentisse e risalire le scale, diretti in
camera.
Il primo a
scendere fu Ron, cinque minuti dopo. Quando aprì la porta della cucina posò lo sguardo sui due ragazzi seduti al
tavolo che parlavano tranquillamente. «Buongiorno».
Sean emise uno
sbuffo. Accanto a lui una bella ragazza dai lunghi capelli
castani, mossi, sorrise a Ron, puntando i suoi occhi verdi su di lui.
«Salve signor Weasley».
«Megan»
rispose Ron avvicinandosi. «Come stai?».
«Molto
bene grazie» rispose la ragazza. «Volevo scusarmi con lei».
Ron
inarcò un sopracciglio, confuso. «Perché?».
«Siamo
piombati qui all’improvviso… Sean mi ha detto che vi abbiamo
svegliato».
Ron
guardò il figlio lanciargli un’occhiata eloquente che lo fece
arrossire appena. Si grattò la nuca, consapevole di essere in debito con
lui. «Non preoccuparti, non è niente».
Hermione
entrò un attimo dopo. «Ciao Megan, è un piacere
vederti» sorrise alla ragazza.
«Grazie».
Si
accomodò vicino a Ron osservando i due giovani di fronte a loro.
«Avete già fatto colazione ragazzi?» chiese
premurosa Hermione.
«A dir la verità no mamma. Come ti ho detto non era
prevista questa sosta qui, poi mi sono accorto che mi mancavano quelle carte e
quindi siamo corsi fuori di casa».
«Allora posso offrirvi qualcosa? Un succo di zucca?».
Megan sorrise.
«Si, grazie».
«Anche per
te Sean, va bene?».
«Benissimo, grazie. Ci vuole proprio».
Hermione
estrasse la bacchetta, fece un mezzo giro in aria e un bricco e quattro
bicchieri planarono sul tavolo: magicamente, il bricco
versò il succo in ogni bicchiere. «Ecco qua» disse Hermione
mentre il bicchiere si posava davanti alla ragazza.
Megan aveva gli
occhi fissi sul bicchiere, uno strano sorriso sul volto.
«Tutto bene?»
le chiese Sean osservandola preoccupata.
Megan
sembrò riscuotersi. «Si» rispose la ragazza; fece un sorriso
ancora più largo, incredulo. «Scusate, è solo… a
volte mi risulta ancora difficile credere che la magia
esiste… cioè che esiste davvero!».
Sean
ridacchiò, imitato da Ron. Hermione le sorrise comprensiva.
«Capisco come ti senti. Anche io
non lo credevo possibile… fino a quando non ho fatto levitare tutti i
piatti di casa durante una cena in famiglia».
Ron sorrise al
figlio. «I tuoi nonni hanno rischiato l’infarto».
«Quasi»
concesse Hermione, ricordando la sua infanzia. «Per fortuna la McGranitt
è arrivata poche ore dopo a calmarli».
«Però poi è stato tutto più
facile» disse Megan. «Voglio dire…
voi tutti siete… maghi… e per voi la magia è una cosa
di tutti i giorni. Io ho scoperto dell’esistenza della magia solo quando
ho conosciuto Sean».
«Già,
mi ricordo» ridacchiò Sean. «Sei addirittura svenuta».
Megan si
voltò subito verso di lui, rossa in volto. «Mi
era appena spuntato un cucciolo di drago tra le mani! Cosa ti aspettavi, che lo
coccolassi?».
«Se fossi
in te chiederei scusa» disse Ron al figlio.
«Non ti conviene farla arrabbiare».
«Ho sempre
pensato che fosse una persona intelligente Signor Weasley» disse Megan.
Ron
gonfiò il petto, un enorme sorriso. «Sentito?» chiese a
Hermione. «Intelligente! Ora posso farti
concorrenza».
«Io non
credo» s’intromise Sean. «Dovranno passare millenni prima che
arrivi al livello di mamma».
Hermione e Megan
ridacchiarono mentre Ron fulminava con lo sguardo Sean, per nulla intimorito. «Attento, figlio ingrato. Non vorrei mai tu trovassi
tutte le tue cose fuori di casa questa sera»
ribatté Ron con un sorrisino malefico stampato in viso.
«Grazie papà. E' bello per un figlio
ricevere tanto amore».
«Ok, ora
basta voi due» s'intromise Hermione. «Piuttosto Sean, che documenti
ti occorrevano?».
Uno sfavillante
sorriso si dipinse sia sul viso del ragazzo che in
quello di Megan. «Volevo farvi una sorpresa ma a questo punto tanto vale
che ve lo dica, anche perché può essere che la notizia arrivi
anche ai piani alti del Ministero».
«Notizia?»
chiese perplesso Ron.
«E' stato
trovato un unicorno vicino al Lago Nero».
«Un…
un unicorno?» chiese Hermione sorpresa.
«Sono creature molto rare. Cosa ci faceva li?» domandò Ron.
Sean
annuì con il capo. «Non è tutto.
E' una femmina, ed è incinta. Credo si sia spaventata
per qualcosa e abbia cercato un riparo e acqua fresca vicino al lago. E' stato
Hagrid ha trovarla e mi ha scritto subito».
«Caro
Hagrid» sorrise Hermione ripensando al loro vecchio amico.
«Come minino l'avrà già adottata e si starà
preparando a diventare nonno» rise Ron.
«Oh Ron. Non prendere in giro Hagrid, è
ammirevole il suo amore per le creature magiche».
«Lo so Hermione, lo so. Non volevo offenderlo».
«Comunque
non potevo sperare in un salvatore migliore di lui» disse Sean. «A questo mi servono quelle carte. Voglio andare a
vedere come sta e cercare di riportarla a casa».
«Sei al
settimo cielo vero?» chiese Hermione, notando come un bagliore negli
occhi del figlio mentre parlava.
«Si, decisamente. Ma non sono il solo» lanciò un occhiata verso Megan che arrossì leggermente.
«In
effetti…» balbettò. «Sean ha
promesso di portarmi con lui. Il mio più grande sogno è quello di poter, un giorno, scrivere un libro tutto mio. La
cosa più bella sarebbe poter fare personalmente anche le illustrazioni».
«Così ho pensato che potrebbe fare un bel
ritratto dell'animale. Chissà un domani potrebbe servirle» spiegò Sean, guardando la sua Megan con
profondo orgoglio.
«Non vedo l'ora. Sono così emozionata».
«E' una cosa bellissima Megan, davvero. Sono certa
che ci riuscirai» le disse gentilmente Hermione.
«Vero. Inoltre questa esperienza
ti farà sicuramente avvicinare maggiormente al nostro mondo. Ci
sono meraviglie che purtroppo molti babbani non vedranno
mai. Anche se concordo con il fatto che ci voglia attenzione nel mostrare certe
cose» disse Ron.
«Oh ma io starò attentissima! Farò il
disegno e dirò che l'ispirazione mi è venuta in sogno. Non si
deve preoccupare signor Weasley».
Ron
scoppiò a ridere. «Stai tranquilla Megan,
non mi stavo riferendo a te. Anzi, sono felice che tu viva questa esperienza».
La ragazza
sorrise teneramente, rincuorata da quelle parole. «Grazie… e
ovviamente sarete i primi a cui mostrerò il
disegno».
«Oh si, mi piacerebbe molto» rispose Hermione. «E
anche tu Sean, mandaci subito notizie dell'unicorno appena lo vedrai
d'accordo?».
«Ma
certo» sorrise il ragazzo, alzandosi da tavola e prendendo
per mano Megan. «E’ meglio che andiamo.
Devo completare ancora dei rapporti».
«Buon
lavoro» fece Hermione a entrambi.
Sean spinse
fuori dalla cucina Megan uscendo… per poi tornare dentro, parlando a
bassa voce per non farsi sentire dalla ragazza. «Se vi trovo ancora in quelle condizioni chiederò a zio
Harry di adottarmi».
Sparì
dalla loro vista. Ron e Hermione
si guardarono un attimo… prima di scoppiare a ridere.
«Credo che
lo abbiamo traumatizzato».
**
«Harry, la
colazione è pronta!».
«Si, arrivo subito Gin!».
Per l'ennesima
volta quella mattina, Harry si precipitò verso l'armadio della camera
che, ormai da anni, condivideva con la sua amata Ginny, alla ricerca del suo
mantello scuro.
«Accidenti! Ma dove diavolo è andato a
finire?!» imprecò sotto voce, per non
farsi sentire dalla moglie che, sicuramente, lo avrebbe sgridato.
«Harry? Il caffè diventerà freddo».
«Si, si… eccomi!».
Sbuffando,
chiuse l'anta dell'armadio e si decise a scendere.
«Buongiorno»
lo salutò calorosamente Ginny, mentre controllava qualche cosa in
forno… qualcosa di delizioso a giudicare dall'odore.
«Che profumino. Cosa stai
cucinando?» chiese Harry sedendosi a tavola.
«Una nuova
ricetta di Lily» rispose Ginny sorridendo. «L'altro giorno è
venuta a trovarmi al San Mungo, dicendomi che aveva ideato la ricetta perfetta
per dei nuovi dolcetti alle noci e crema . Voleva che
li provassimo subito».
Anche Harry non
poté non sorridere a quel racconto. «La mia piccola è
veramente un asso in cucina».
«E' vero. Ha ereditato il talento di mia madre» disse Ginny, servendo il caffè al marito.
«Solo di
tua madre?».
Quando Harry
vide le guance di sua moglie colorarsi di rosso, in
risposta al suo velato complimento, sorrise e la fece sedere sulle sue gambe.
«Mia madre
è un ottima cuoca signor Potter».
«Bè,
signora Potter, si da il caso che… anche lei lo
sia».
Ginny gli
carezzò il viso baciandolo poi sulle labbra. «Grazie».
Harry avrebbe
volentieri approfittato di quel momento di calma per approfondire quel dolce
contatto quando un rumore di passi, provenienti dal
piano superiore, gli fece capire che Dan si era alzato e stava per scendere in
cucina.
Mal volentieri
si allontanò dalle labbra di Ginny che, sorridendogli amaramente, gli
carezzò amorevolmente la nuca baciandolo poi sulla fronte.
Harry
sospirò. «Addio tranquillità».
Ginny gli
scoccò un ultimo veloce bacio sulle labbra prima di scendere dalle sue
ginocchia e sedersi accanto a lui: meglio che Dan non li vedesse in
atteggiamenti amorevoli, sarebbe stato capace di tormentarli per tutto il
giorno prendendoli in giro.
«Buongiorno!».
Come previsto
pochi istanti dopo, Dan sfrecciò giù per le scale piombando nel
mezzo della cucina con indosso un pantalone della tuta grigio, una felpa rossa
con t-shirt bianca sotto e, stretto nella mano destra, un grande borsone.
«Buongiorno
caro» lo salutò sua madre.
Alla
velocità di un fulmine, il giovane Potter si fiondò verso il
forno, spalancandone lo sportello e vi ci
“infilò” il naso dentro. «Caspita mamma, che odorino!!» sorrise soddisfatto.
«Eh, ringrazia tua sorella, la ricetta è
sua. Non sono ancora pronti però… ti dovrai accontentare dei
muffin».
«Al
cioccolato?».
«Ovvio»
rispose Harry sorridendo al figlio in modo complice; entrambi avevano una vera
passione per il cioccolato.
Subito Dan
allungò una mano verso il vassoio dei dolci, poggiato al centro del
tavolo e ne addentò uno. «Squiviti».
«Dan, santo cielo, che modo di fare è questo!» lo
riprese sua madre. «Se vuoi fare colazione ti
siedi a tavola come tutti… e non parlare con la bocca piena».
«Scusa
mamma, ma ho veramente fretta!» rispose, ingoiando il muffin in solo tre
bocconi. «Devo proprio andare!».
«Adesso?»
si stupì Harry. «Ma sono solo… le otto del mattino»
disse scoccando un occhiata all'orologio che portava
al polso. «Gli allenamenti non cominciano alle dieci il
venerdì?».
Dan
spalancò gli occhi e annuì poco convinto; pareva imbarazzato.
«Caspita papà… che memoria».
«Eh? Dan, da sempre il venerdì vai…».
«Si, si lo so… ma… il fatto è che oggi
dobbiamo provare dei nuovi schemi di gioco e… non possiamo arrivare
tardi».
Gli occhi di
Harry si illuminarono come quelli di un bambino.
«Nuovi schemi?».
«Esatto!».
«Me li mostrerai vero? Sono certo che anche tuo zio
sarebbe felice di vederli».
«Eh si, anche io» rise Dan in modo strano.
«Come?».
«No no
niente papi… Allora ciao!».
Veloce
afferrò il suo borsone dirigendosi verso l'ingresso notando, con la coda
dell'occhio, che sua madre lo aveva seguito. «Dan?
A che ora torni questa sera?» gli chiese.
«Ceno fuori mamma!» rispose il ragazzo, apprestandosi
ad aprire la porta.
«Come fuori? Ma
dove…».
«Ciao!».
La povera Ginny
non poté nemmeno finire la frase, perché Dan schizzò fuori
di casa alla velocità della luce, lasciandola sulla porta interdetta.
«Che
succede?» le domandò Harry, con un sorriso, vedendola rientrare in
cucina con uno sguardo perplesso.
«Succede
che Tuo figlio, sta diventando più strano ogni giorno che
passa».
«E' molto
impegnato con gli allenamenti della squadra» rispose Harry, con un tono
di orgoglio nella voce. «E comunque… che
vuol dire tuo figlio? Se la memoria
non mi inganna, anche tu hai collaborato nel metterlo
al mondo».
Ginny gli
lanciò un'occhiata di sbieco, mentre controllava che i dolci nel forno
cuocessero bene. «Anche più di te se è per questo… ma
i difetti sono tutti tuoi mio caro».
Harry si
portò una mano al petto, come per simulare una specie di malore. «Così mi ferisci amore. Guarda che
c'è anche il gene Weasley li dentro».
«Certo…
ha per zio Ron, cosa mi potevo aspettare».
Harry
scoppiò a ridere forte ricordando la prima volta che Ginny aveva usato
quella frase: era il primo anno di Dan a Hogwarts, quando il giovane Potter,
assieme al suo inseparabile cugino Chris, si era beccato un castigo per essere
stato sorpreso oltre l'orario delle lezioni nella foresta alla ricerca dei
Thestral, e tutto ciò ad appena un mese dall'inizio della scuola.
Ginny si era
arrabbiata molto, sia con Dan che con Ron, che aveva
trovato divertente l'avventura dei ragazzi : “Ah, i tuoi geni e quelli
di Ron nello stesso corpo! Cosa mi potevo aspettare di diverso?!”.
«Effettivamente
è un po' strano ultimamente, va sempre di corsa» disse Harry,
ancora col sorriso sulle labbra.
«L'importante
è che stia bene» rispose la rossa. «Sono contenta che Dan e
Lily siano soddisfatti della loro vita: entrare nei Cannoni Chudley era il suo
sogno… e c'è riuscito» disse Ginny tornando a sedere vicino
al marito, che nel frattempo sorseggiava il suo caffè.
«E Lily ha
potuto coltivare la sua passione per la cucina lavorando alla pasticceria
“Al Boccino d'oro”» concluse.
Harry
annuì, alzandosi poi da tavola. «Devo andare, il lavoro chiama
anche me» disse sporgendosi verso la moglie per darle un bacio sulla
guancia.
Ginny lo
seguì fino all'ingresso vedendolo indossare una semplice giacca di
pelle.
«Niente
mantello questa mattina, colonnello?» chiese, cercando di mascherare un sorriso divertito.
«Ehm…
si, no… cioè…» E ora? Non
voleva ammettere di averlo “perduto” di nuovo.
Ginny
scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi; era sempre la stessa
storia, quando Harry rientrava tardi dal servizio, il mattino seguente non
ricordava assolutamente dove poggiava le cose, e
soprattutto il suo mantello da Auror.
«Il
mantello è in salotto, sul divano».
Harry, euforico,
si gettò letteralmente sulle sue labbra. «Ti amo!» le disse,
precipitandosi in salotto.
**
Aprì gli
occhi, infastidito da un raggio malandrino che filtrava dalla finestra.
Stiracchiandosi abbandonò il suo giaciglio, lasciando la stanza e
percorrendo il corridoio della casa, diretto ad una
delle camere da letto.
Si fermò
un momento davanti alla porta: la spinse appena, constatando
che non era chiusa del tutto, ed entrò nella camera, quasi completamente
buia. Il suo sguardo, una volta abituato, si posò sulla figura che
dormiva tranquillamente nel suo letto, ignaro della sua presenza. Si
avvicinò, poggiandosi al letto ed osservando
curioso il volto del ragazzo, gli occhi che si muovevano sotto le palpebre,
segno che stava sognando.
Si
avvicinò ulteriormente al volto… e cominciò a leccarlo.
Jeremy
cominciò ad agitarsi sentendo qualcosa di bagnato sul viso.
«Mmh…» mugolò incomprensibile, prima di rendersi conto
che non stava più sognando. «Mmh, no…» aprì un
occhio, ma una nuova leccata lo fece voltare dalla parte opposta, leggermente
schifato. «Devon, piantala!».
Devon non si
scoraggiò: trotterellò dalla parte opposta del letto e
ricominciò la sua opera… con enorme disappunto di Jeremy.
«No…
Devon, no… smettila… Bleah!… E va
bene, hai vinto!» si arrese infine aprendo nuovamente gli occhi, di un
incredibile azzurro chiaro. «Mi arrendo, sono sveglio».
«Bau!».
Jeremy
sospirò sconfitto, incrociando lo sguardo con quello altrettanto chiaro
di Devon. Allungò la mano, accarezzando il pelo grigio del giovane Husky
che aveva deciso di diventare la sveglia personale del ragazzo.
«Bau!».
«Ho capito
che dovevo svegliarmi, ma la doccia preferisco farmela in bagno da solo se non
ti dispiace».
«Bau!».
«Volevi
stupirmi?».
«Bau!».
«La
prossima volta portami anche la colazione a letto, così mi stupirai
davvero» ridacchiò il ragazzo. Gli grattò dietro le
orecchie e Devon sembrò apprezzare da come muoveva la coda.
«Ah,
ecco» esclamò Jeremy, alzandosi su un gomito e aumentando il ritmo
dei grattini. «Volevi le coccole
mattutine eh? Razza di ruffiano con le zampe».
«Bau!».
Jeremy sorrise
prima di scostare le lenzuola e alzarsi. Si avvicinò alla sedia dove aveva lasciato gli abiti da indossare. Cominciò
a levarsi la maglietta quando sentì su di sé lo sguardo di Devon,
in posizione seduta vicino al letto. «Potresti voltarti?» gli
chiese Jeremy, «ci tengo alla privacy».
Devon
piegò la testa di lato, poi si mise a quattro zampe, si voltò e
ritornò seduto, dando le spalle al ragazzo. «Bau!».
«Si, si ok» disse Jeremy mentre si infilava la
maglietta pulita. «Doppia razione di croccantini».
Quando
finalmente il ragazzo riuscì ad infilarsi anche
i jeans uscì dalla stanza, con Devon che gli trotterellava accanto. «Bau! Bau!».
Jeremy
inarcò un sopracciglio. «Un intruso?» chiese confuso; la
risposta arrivò quando raggiunse la soglia della cucina, fermandosi e
puntando lo sguardo sulla figura seduta al tavolo che sfogliava distrattamente
una copia della Gazzetta del Profeta.
«E tu cosa
ci fai qui?».
Chris, la chioma
rossa e riccia, alzò lo sguardo, distogliendo la sua attenzione da un
articolo che parlava dell’imminente stagione di Quidditch, incrociando lo
sguardo azzurro di Jeremy. Inarcò un sopracciglio. «Sei
per caso sceso dal lato sbagliato del letto? Jeremy, io ci vivo qui».
Il ragazzo
roteò gli occhi, entrando e dirigendosi verso il frigo, dove prese una
bottiglia di latte. «Questo lo so!» rispose Jeremy, versando il latte
dentro un bicchiere. Ne bevve un sorso. «Quello
che intendevo è: cosa ci fai qui adesso! Non avevi detto, testuali
parole, non aspettarmi domani mattina, ci vediamo
direttamente in palestra?».
Chris
evitò per un momento lo sguardo dell’amico, grattandosi una
piccola cicatrice che aveva sulla guancia – non ricordava nemmeno quando
se l’era procurata - gesto che faceva sempre quando era in
difficoltà o in imbarazzo.
«Che fine hanno fatto i tuoi progetti per la serata e la
nottata?».
«Quelli
sono andati a buon fine».
«E la
mattina?».
«C’è
stato… un cambiamento di programma» rispose evasivo Chris.
«E Jenny
era d’accordo con questo “cambiamento di programma”?»
chiese Jeremy facendo le virgolette con le mani. Chris fece una piccola smorfia
e Jeremy chiese ancora: «Cosa è
successo?».
«Divergenze
di opinioni».
Jeremy lo
guardò per un attimo, analizzando la frase… e trattenendo a fatica
una risata. «Avete litigato».
«No!».
«Non era
una domanda».
«Ah».
Jeremy
posò il bicchiere nel lavello e si sedette di fronte all’amico,
incrociando le mani fra loro e aspettando la spiegazione – leggi scuse
– che gli avrebbe raccontato questa volta Chris.
Il rosso si
passò una mano fra i capelli. «A volte non riesco proprio a capire
le donne».
«Detto da
te è un po’ strano, non trovi?».
«Dimmi
come si può passare dall’essere seminudi
sul letto al litigare in salotto?».
«Avrai
detto o “non” detto qualcosa».
Chris
sembrò pensarci su. «Se è così non me ne sono accorto».
«Certo»
fece sarcastico Jeremy, «come non te ne sei accorto con Brigitte…».
«Ma lei era una pazza!».
«…
Mercedes…».
«Porto
ancora i segni delle sue unghie affilate».
«…
Candice…».
«Parlava
talmente tanto che avevo mal di testa per due giorni
di fila».
«…
Liza…».
«Nemmeno
tu avresti sopportato quella specie di topo mascherato da cane che si portava
dentro la borsetta…» Devon alzò la testa, facendo un verso
di disappunto. Chris lo guardò. «Senza offesa».
Jeremy scosse la
testa, continuando la lista. «… e poi Brenda, Sharon, Alice, Abby,
Sarah…».
«Ne hai
ancora per molto?» chiese Chris con un certo fastidio.
«Si, forse è meglio che finisca qui o dovrei
continuare per giorni».
«Ah, ah… spiritoso».
Jeremy scosse la
testa,sospirando. «Ti rendi conto che tutte le
tue… chiamiamole relazioni… si sono sempre concluse per colpa tua?».
«Non
è vero!».
«Devo
rileggerti la lista?».
Chris
sbuffò. «Oh, insomma, quanto la fai
lunga. Sono sempre stato chiaro con loro, non cerco una relazione stabile. Ho
solo venticinque anni, voglio divertirmi. C’è ancora tempo per
quello».
Jeremy
rinunciò a qualsiasi tentativo di discussione: gli era amico e per
quanto non approvasse la condotta di Chris questa era
una situazione in cui lui aveva poco potere. Poteva anche dargli dei consigli,
aiutarlo, ma era una situazione in cui Chris avrebbe dovuto imparare da
solo… sperando non volesse dire vedere il cuore di un’amica infranto.
Il giovane
Weasley ripiegò il giornale. «Comunque
non credevo di trovarti già in piedi. Il nostro turno inizia a
metà mattina».
«Si, ma oggi è Venerdì» rispose Jeremy
come se quelle quattro parole chiarissero ogni cosa.
E in effetti fu proprio così perché un
sorrisetto apparve sul volto di Chris. «Giusto!
Colazione dalle ragazze» lanciò
un’occhiata divertita all’amico. «Ma non eri tu che diceva di
non poterci sempre presentare da loro per mangiare a sbafo?».
Jeremy fece un
piccolo sorriso, imbarazzato. «Ormai è diventata
un’abitudine, un rito». Fece una piccola smorfia, anche se mantenne
il sorriso. «Comunque tu e Dan insistete sempre per andare ed io sono da
solo contro due».
«Certo»
fece sarcastico Chris, «povera anima indifesa, tormentata da questi due
loschi individui».
Jeremy
scoppiò a ridere. «Tu di certo lo sei».
«E tu sei
sempre molto simpatico, amico mio».
«Bau!!».
«Ma certo…» Chris si abbassò verso Devon,
che scodinzolava animatamente, per accarezzargli il capo. «Tu sei il mio
preferito».
«Bau!!».
«E' incredibile. Quando fa così
sembra proprio che capisca tutto quello che diciamo» sorrise Chris,
continuando a coccolare la bestiola che fu ben felice di contraccambiare il
gesto, leccando la mano del ragazzo.
«Capisce infatti» sorrise a sua volta Jeremy.
Chris prese il
muso di Devon con entrambe le mani e lo avvicinò al suo volto per
guardarlo bene negli occhi. «Si. Lui è la
miglior palla di pelo del mondo».
«Se
trattassi le donne come tratti Devon, nessuna si potrebbe più lamentare
di te».
«Il giorno
in cui troverò una ragazza che mi ami quanto Devon ama
noi, allora la sposerò».
«Oddio ha
detto la parolina magica» rise ancora Jeremy.
«E ho anche detto che deve amarmi quanto lui ama
noi. Il che sarà dura. Prevedo quindi di avere ancora…»
finse di pensarci su per qualche istante, «come minino altri dieci anni
di piena libertà».
La porta della
cucina che dava sul cortile si aprì, catturando l’attenzione dei
due ragazzi. «Ciao Jeremy» fece Dan entrando velocemente nella
stanza. «Se hai ancora intenzione di andare dalle ragazze sbrighiamoci,
ho solo…» si bloccò quando si rese conto della presenza di
Chris. «E tu cosa ci fai qui?».
«Sei in
ritardo, me l’ha già fatta lui questa domanda» rispose
Chris, indicando con la testa Jeremy.
«Non
dovevi passare la serata con Jenny?».
«C’è
stato un cambio di programma».
Dan
corrugò la fronte. «Avete litigato?».
Jeremy
scoppiò a ridere mentre Chris incrociava le braccia, indispettito.
«Vi siete messi d’accordo?».
«Scusa»
fece Dan alzando le mani. «Di solito se sei in anticipo secondo i tuoi
programmi significa che hai litigato con la ragazza di
turno o che vi siete lasciati… o entrambe le cose».
«Ok, ok. Abbiamo litigato, contenti? E’
finita» si mise una mano in tasca ed estrasse un
bigliettino. Dalla sua posizione, Dan notò che vi
era scritto un numero di telefono.
«E quel numero? Di chi è?».
Chris fece un
sorriso. «Della barista del locale».
Sia Dan che Jeremy sospirarono: quel ragazzo non sarebbe mai
cambiato.
«Come si
chiama quest'altra povera figliola?» chiese Dan.
Chris gli
scoccò un occhiataccia. «Falla
finita anche tu! Non ho ancora deciso se chiamarla o no».
Dan alzò
le mani. «Ah bè allora… sentito
Jeremy? Deve ancora decidere se chiamarla o no»
rise poi.
Jeremy
alzò le spalle. «Vorrà prima verificare che sappia
scodinzolare e riportare una pallina di gomma».
«Eh?»
chiese confuso Dan.
«Bau!!!».
Devon corse
verso il nuovo entrato per ricevere anche da parte sua qualche attenzione.
«Perché
a quanto pare il nostro amico Devon è diventato il nuovo metro di
giudizio con cui Chris selezionerà le sue vittime».
«Avete finito? Ho fame!»
borbottò infastidito Chris.
«Continuo
a non seguirti» disse Dan sempre più confuso, mentre accarezzava
il cane dietro le orecchie.
«Poi ti
spiego» sorrise Jeremy.
«Ok
Basta» fece il giovane Weasley alzandosi. «Vogliamo
andare ora? La colazione ci aspetta».
«Sei
identico a zio Ron» rise Dan. «Quando si tratta di cibo sei il
primo a muoversi».
Chris fece un
largo sorriso. «Colazione o continuare a sentire voi due
sfottermi?» disse, simulando il gesto di una bilancia con braccia e mani.
«Noi che
ti sfottiamo mentre gustiamo la colazione fatta dalle ragazze,
ovviamente» continuò a ridere Dan, seguito a ruota da Jeremy.
«Vorrà
dire che mentre voi sprecherete il fiato per prendermi in giro, io
gusterò i manicaretti di tua sorella» Chris prese il suo mantello
e aprì la porta di casa, facendo segno ai due amici di uscire.
«Andiamo?».
Jeremy e Dan si
scambiarono un'occhiata complice prima di sorridere all'amico e uscire dalla
cucina.
**
«Bec!».
Emily stava bussando alla porta del bagno da
quasi cinque minuti, spazientita.
«Becky, apri!».
La voce di Rebecca giunse al
di là della porta. «Il bagno è occupato».
«Si» rispose Emy. «Ma
questo è il mio turno».
«Eri in ritardo, così sono
entrata io».
Emy sbuffò. «Non ho sentito la
sveglia».
«Non è un mio problema».
La cosa che dava davvero fastidio a Emily era
sapere che l’amica si stava divertendo a farla innervosire.
«Rebecca Cooper! Fammi subito entrare!».
Ci fu ancora qualche attimo di silenzio
prima che la secondogenita Weasley sentisse la serratura scattare; Rebecca si
affacciò, il capo avvolto da un asciugamano, un sopracciglio inarcato.
«Non farlo più, sembravi mia madre».
Emy roteò gli occhi, ma fece un
piccolo sorriso divertito mentre sorpassava Rebecca ed entrava nel bagno. Si
mise davanti allo specchio, cercando di ravvivarsi quel cespuglio che si ritrovava praticamente
ogni mattina quando si svegliava.
Rebecca si avvicinò mentre si
toglieva l’asciugamano dalla testa. Lanciò un’occhiata
all’amica. «Deduco che la serata non sia andata troppo bene».
Emily sbuffò, afferrando la spazzola
dall'armadietto accanto al lavandino. «Dire che non è andata
troppo bene è essere troppo caritatevoli Becky».
«Addirittura?» rise Rebecca.
«Si. Sai quali sono i modelli di scope
più richiesti dai grandi campioni di Quidditch del mondo?».
Rebecca rise nuovamente. «A dire la
verità no, ma posso sempre chiedere a Dan».
Emy posò la spazzola, voltandosi
verso l'amica che se la stava ridendo della grossa. «Oh bè io non
ho bisogno d'interpellare mio cugino perché indovina?»
sfoderò un sorriso falsissimo, facendo il segno della vittoria con le
dita. «Lo so!!!».
«Oh mio dio Emy».
«Non ha
fatto altro che parlare di Quidditch per tutta la sera. Appena ha saputo che
ero parente di Dan Potter, ha iniziato con questa storia delle scope e con
altre sciocchezze simili!».
«Sicura che tutta questa storia delle scope non nascondesse qualche doppio
senso?» chiese Rebecca maliziosa per farla arrabbiare ancora di
più.
Emy le lanciò un' occhiataccia,
afferrando nuovamente la spazzola . «Becky? La vuoi in testa ora o dopo
che avrò finito di pettinarmi?»
minacciò l'amica puntandole l'oggetto contro.
«Poteva
anche essere. No?».
«Mhm, credo che sarebbe stato
più ispirato in quel senso se anche io
fossi stata una scopa».
Rebecca appoggiò l'asciugamano
bagnato sul bordo della vasca, e affiancò l'amica davanti allo specchio
per sistemarsi a sua volta i capelli.
«Che tristezza» sbuffò
Emy.
«Cosa è
una tristezza?» Il viso di Lily fece capolino da dietro la porta.
«Il ragazzo con cui Emy aveva
appuntamento ieri sera si è rivelato un maniaco di scope» sorrise Rebecca in direzione della giovane Potter.
«Un
cosa?» chiese questa confusa.
«Quello che Rebecca
intendeva…» intervenne Emy, dando un buffetto sulla spalla
dell'amica al suo fianco, «… è che
il tipo dell'appuntamento si è rivelato una totale delusione. Ha parlato
unicamente di Quidditch appena ha saputo che sono la cugina di Dan Potter».
«Voleva fare colpo forse»
provò Lily.
«Ormai il colpo se lo prendeva
lui… in testa però!» sbuffò Emy. «Basta, per
almeno un mese non voglio sentir parlare di uomini!!!».
«Adesso
non esagerare Emy. Non era il ragazzo giusto. Tutto qui»
sorrise Lily, allontanandosi per andare verso la cucina.
«Forse non esiste il ragazzo
giusto» rimbeccò Emy, seguendo la cugina.
Rimase a bocca aperta notando la tavola ben
apparecchiata e Lily che stava togliendo dal forno una
profumatissima crostata di fragole. «Che
profumo. Lily ma quando…?».
«Ieri
sera ero agitata, ho dormito male. Così mi sono alzata presto e ho fatto
questa e altre due torte che sono ancora in forno»
sorrise.
«Che
belle. Sei veramente una maga» le si avvicinò
dandole un bacio sulla guancia al quale Lily ricambiò con un sorriso
dolce.
«Molto meglio una torta di un
uomo».
«Emy?
Non devi abbatterti così. Sono certa che quando meno te lo aspetti
incontrerai il ragazzo migliore del mondo, che ti farà perdere la testa».
«No
grazie Lily, mi piace dov'è. Attaccata al collo»
sorrise Emy, sedendosi a tavola e iniziando a tagliare la crostata a spicchi.
«Becky?
Vieni, la colazione è pronta!».
Subito Rebecca
raggiunse le due amiche, schizzando dal bagno. «Che fame!» disse
afferrando una fetta di crostata appena tagliata e ancora calda.
«Passare tanto tempo con mio fratello
non ti fa molto bene Rebecca» rise Emy, vedendo l'amica dare il primo
morso alla sua fetta.
«Ti
prego non mi parlare di quei due! Voglio godermi la colazione a cuor leggero.
Fra qualche ora so già che mi faranno innervosire».
«Non ti invidio
per nulla» disse Emy assaggiando a sua volta la torta.
«Lily ti adoro,
lo sai vero?».
«E'
buona? Se lo è posso portare le altre due alla
pasticceria».
«Ma sei matta!!!»
Lily sobbalzò, all'esclamazione delle altre due ragazze.
«Queste ce le
mangiamo noi» precisò Rebecca. «Mi servono energie dopo
tante ore con Chris e Jeremy».
«Smettila,
Jeremy è un tesoro. È sempre gentile Becky»
disse Lily, arrossendo leggermente sul nasino.
Due paia di occhi la fissarono con dolcezza.
«Difendilo sempre mi raccomando» rise Emy.
«Ti vorrei vedere a
sopportare per tutto il giorno quei due messi assieme. Mi fanno uscire pazza!».
Sia Emy che Lily
risero, mentre anche la seconda si accomodava a tavola per fare colazione.
«Bene allora, per almeno il tempo
della colazione niente ragazzi ma… solo cose belle e buone!» rise
Emy, dando con soddisfazione un secondo e un terzo morso alla crostata.
«Parole sante» la seguì
Rebecca.
Un attimo dopo tutte
e tre si pietrificarono avvertendo il classico rumore prodotto dalla polvere
volante quando un mago si materializzava all'interno di un camino, proveniente
dalla stanza accanto.
«Ditemi che ho sognato» disse Rebecca con sguardo implorante.
Lily scosse la testa.
«Ma chi
può essere a quest'ora?» Emy non fece tempo ad alzarsi dalla sedia
che tre figure alte fecero capolino nella cucina.
«Buongiorno!» salutò
Chris con entusiasmo.
«E voi che fate qui?»
brontolò la sorella, alzandosi dalla sedia e posando le mani suoi
fianchi.
«Ciao anche te, sorellina» le
fece il verso Chris, sapendo di farla irritare ancora
di più.
«E'
presto Chris! Potevamo essere ancora svestite!»
continuò a rimproverarlo Emily.
«Ehhhhhh…
che sarà mai! Non sareste mica le prime che vediamo
sai…? AHIA!!!».
«Chris insomma!» lo
sgridò a sua volta Jeremy, dopo avergli assestato uno scappellotto sulla
nuca.
«Lascia stare Jeremy, ormai nessuna di
noi fa più caso alle battute di quello lì» disse con
più garbo Lily, temendo che la discussione fra Chris ed Emily
continuasse per le successive due ore: quando cominciavano a punzecchiarsi era
la fine. Se poi Rebecca fosse intervenuta in aiuto dell'amica contro la battuta
poco felice di Chris, bè allora apriti cielo… sarebbe stata la
fine!
«Si
Jeremy, non perdere tempo. E' impossibile insegnare le buone maniere a Chris uomo-delle-caverne».
«Mangiato pane e ortiche questa
mattina, sorellina?» chiese Chris, andando a sedersi a tavola accanto a
Rebecca, che lo stava guardando con rimprovero.
Chris lo notò subito, non appena
incrociò lo sguardo della ragazza. «E scommetto che tu le hai
fatto compagnia».
«Spiritoso».
Chris rise. «Lo so, lo so… come fareste senza di me?».
«Camperemmo meglio?»
intervenne Dan ridendosela sotto i baffi e facendo scoppiare a ridere anche
Jeremy, Emy e Rebecca.
«Ehi? Ma tu da che parte stai?» lo fulminò il giovane
Weasley, voltandosi verso il cugino che stava in piedi alle sue spalle.
Dan inclinò leggermente la testa
verso destra sfoderando un sorriso ironico. «Di chi, fra poco, mi
servirà una colazione coi fiocchi. Spiacente».
«Purtroppo dovrete aspettare un po'
per la colazione» disse Lily un po' in imbarazzo:
da brava cuoca e padrona di casa, odiava farsi trovare impreparata all'arrivo
di ospiti, anche se si trattava di parenti o amici.
«Uffa Ly…»
sbuffò Dan.
«Se foste arrivati alla solita ora sarebbe stato tutto in tavola, Dan. E' che mi sono messa
a fare delle crostate e il caffè quindi non l'ho ancora preparato».
«Stavamo per farlo» aggiunse
Rebecca.
«Non ti preoccupare Lily»
intervenne Jeremy, notando un certo cambiamento nella ragazza: era nervosa,
probabilmente in imbarazzo. «Hai perfettamente
ragione siamo in anticipo noi. Fai pure con calma»
le sorrise.
«Grazie, J…».
«Ma io ho fame!!!».
«Chris!» lo riprese Jeremy,
arrossendo leggermente.
«Bè
è la verità. Io ho fame e voi perdete tempo!».
Jeremy si passò una mano in faccia
sconsolato dal poco tatto dell'amico. «Si dice almeno per favore!».
«Lascia stare» disse Lily
scuotendo la testa. «Preparo il caffè».
«Ti do una mano» disse Emy
alzandosi da tavola, e andando verso la dispensa dove tenevano le scorte di caffè
e altre cose di quel genere, come the, camomilla e zucchero.
«Io
intanto comincio con questa delizia qui. Cuginetta, ha un aspetto delizioso» disse Chris riferendosi alla crostata di fragole che
le ragazze stavano mangiando poco prima.
«Siete degli scrocconi!»
sbuffò Rebecca in direzione di Chris. «Tu poi sei
vergognoso!».
«Uffa…
dai che vuoi che sia, Becky? Per una volta che siamo in anticipo».
Rebecca spalancò gli occhi sentendo
con che nomignolo l'aveva appena chiamata Chris. «Becky?».
«E' carino
come soprannome» le sorrise questo con sguardo furbo.
Rebecca si avvicinò maggiormente a
lui, sfoderando la stessa espressione. «Tu non mi chiami mai
così».
«Hai
ragione… e ho proprio sbagliato a non farlo prima. Ti sta molto bene».
«Che ruffiano» borbottò Dan,
mentre Jeremy sorrideva divertito.
«Solo perché vuoi
mangiare» disse Emy. «Vergogna!».
«Chi?
IO? Ma no… Giuro ragazzi, Becky è uno
schianto di soprannome» Chris stesso faticava a restare serio mentre
prendeva in giro l'amica in quel modo. Velocemente dovette fingere uno starnuto
per non scoppiarle a ridere in faccia.
«Lily dagli da
mangiare così almeno sta zitto» brontolò la ragazza, mentre
Chris se la rideva sotto i baffi come un matto.
Notando che Lily era molto indaffarata nel
togliere i dolci che aveva fatto dal forno e posarli
negli appositi vassoi e che Emy era occupata a preparare il caffè,
Jeremy si avvicinò alla piccola Potter per aiutarla.
«Posso darti una mano?».
Lily, non avendolo sentito avvicinarsi, si
girò veloce su se stessa trovandosi così a pochi centimetri dal
viso di Jeremy. Arrossì vistosamente sulle
guance e si rigirò verso i fornelli, dandogli nuovamente le spalle. «No, no. Grazie Jeremy… sono abituata a fare
tante cose assieme».
«Ok, comunque volentieri
se…».
«Tranquillo.
Tu e Dan sedetevi, è pronto tutto»
sorrise.
«Ok allora, grazie».
Jeremy si allontanò e Lily dovette
respirare a pieni polmoni un paio di volte prima di tornare alla realtà.
La tavola si riempì di tutti i dolci
che Lily era stata capace di cucinare. A Chris s’illuminarono gli occhi.
«Pancia mia fatti capanna» prese una fetta
di crostata che quasi divorò in un sol boccone.
Rebecca fece una smorfia. «Guarda che
c’è né in abbondanza, nessuno te lo ruba».
«Lo so» rispose Chris con la
bocca piena. Ingoiò. «Ma non riesco
proprio a resistere ai dolci di Lily. Saresti proprio da sposare cuginetta» concluse il rosso.
Lily arrossì leggermente, lanciando
di sfuggita un’occhiata a Jeremy che fece un piccolo sorriso mentre anche
lui gustava una fetta di torta.
Rebecca si grattò il mento, pensierosa. «Ma tu non dovevi
presentarti in palestra più tardi?».
Chris quasi si strozzò. «Per
favore, non ti ci mettere anche tu».
La giovane alzò un sopracciglio,
intercettando lo sguardo di Dan che, ridacchiando, sillabò le parole
“Si sono lasciati”. Rebecca tornò a guardare Chris –
che intanto stava addentando un’altra fetta – e nascose un sorriso
nel suo succo di zucca.
«Che programmi avete
per la serata?» chiese Chris d’un tratto.
«Io ho già un impegno»
rispose Dan. «Sono fuori con i ragazzi della squadra».
«Spero di non ritrovarti sul divano di
casa tua ubriaco perso!» disse Chris. «La stagione sta per
cominciare».
«Veramente sei tu che rischi sempre di
farlo ubriacare» ribatté Rebecca.
Chris la guardò male. «Mi
spieghi perché devi sempre darmi la colpa di
tutto?».
Rebecca ridacchiò.
«Perché è divertente».
«Mi hai preso per uno stupido?».
«Assolutamente
si» rispose prontamente la ragazza. Chris
inarcò un sopracciglio mentre gli altri ragazzi ridacchiavano; Rebecca
agitò una mano. «Ma non è questo
il punto».
«Ah, basta» disse Chris.
«Ci rinuncio». Rebecca gli fece una linguaccia.
«Comunque» Emy si versò
del latte. «Al Ministero hanno organizzato un
piccolo rinfresco per questa sera. Non ne ho tanta voglia ma devo esserci come
rappresentante dell’Ufficio per le relazioni con i babbani».
«Sei un pezzo grosso sorellina»
la prese in giro Chris. «Ti tocca».
«Nemmeno io sono disponibile»
disse Lily. «Abbiamo l’inventario oggi e credo che resteremo
fino a sera tardi».
«Ok, ok»
si arrese infine Chris. «Siete noiosi. Facciamo domani, allora?».
Emy e Lily scrollarono le spalle come a dire
che andava bene per loro. Anche Rebecca e Dan annuirono. Chris si voltò
verso Jeremy. «Sei dei nostri, vero?».
Il ragazzo scosse la testa. «Per
questa volta passo».
Chris spalancò gli occhi. «Non
puoi tirarti indietro, ci siamo tutti».
«Spiacente» fece Jeremy
scrollando le spalle. «Ogni tanto bisogna dare una pulita a quella
casa… ci vuole qualcuno con un po’ di cervello e tu ne sei
sprovvisto dato che quando li hanno distribuiti tu
stavi già cacciando esemplari di sesso femminile…».
Chris fece una smorfia.
«Passerà un giorno in cui non debba sempre essere insultato da
tutti voi?».
Gli altri si guardarono, ridenti.
«No!».
Chris sbuffò, prima di rivolgersi
ancora Jeremy. «Sei sicuro di non volerti unirti a noi?».
Jeremy scosse ancora la testa in segno di
diniego.
Il giovane Weasley, allora, cominciò
a guardarlo con una strana espressione in volto, uno sguardo intenso che venne notato da tutti. Si avvicinò a Dan, seduto
accanto. «Che ti avevo detto?» gli disse,
quasi sussurrando.
Anche Dan osservò Jeremy con lo
stesso sguardo ed annuì alle parole del cugino.
Rebecca inarcò un sopracciglio.
«Si può sapere che vi prende?».
Chris si voltò a guardare
l’amica. «Niente… è solo che sta confermando una mia
teoria».
«E sarebbe?».
«Jeremy è innamorato».
Crash!
Tutte le teste si voltarono verso Lily,
ferma con gli occhi spalancati, i frammenti di un vassoio sparsi ai suoi piedi.
«Scusate» disse, rossa in volto, cominciando a raccogliere i pezzi.
Emy si alzò per aiutarla.
Rebecca ritornò su Chris. «E
come ti è venuto in mente?».
«Punto primo: non esce con una ragazza
da parecchio tempo…».
«Evidentemente ha una soglia della resistenza maggiore della tua»
replicò Rebecca.
«Punto secondo» continuò
Chris, ignorando l’amica, «ci sono diverse ragazze al Ministero che
hanno messo gli occhi su di lui, ma Jeremy sembra avere il
paraocchi…».
«Punto terzo» s’intromise
Dan a sostegno di Chris, «non è la prima volta che preferisce
restare a casa piuttosto che uscire e buttarsi sul mondo femminile».
«E secondo voi… questo
proverebbe che Jeremy è innamorato?».
«Assolutamente».
«E chi sarebbe la fortunata?».
«Non siamo ancora riusciti a
scoprirlo» confessò Chris, «ma presumo che sia qualcuno che
conosciamo».
Crash!
Per la seconda volta gli sguardi di tutti si
posarono su Lily che spostava lo sguardo su ogni cosa tranne che su di loro.
«Hai intenzione di rompere
qualcos’altro?» la prese in giro Dan.
Lily non rispose, si limitò a pulire
ancora una volta il pavimento.
Passò solo un momento di silenzio
prima che Rebecca si rivolgesse ancora a Chris. «Hai mai chiesto a Jeremy
se è interessato a qualcuno?».
Chris s’illuminò in volto, come
se qualcuno gli avesse aperto la porta su un nuovo mondo. Spostò lo
sguardo sul ragazzo. «Jeremy… sei innamorato?».
Jeremy, che fino a quel momento era rimasto
tranquillamente seduto ascoltando gli amici parlare, masticò lentamente
l’ultimo boccone di torta, osservando ad uno ad
uno tutti gli altri. Si appoggiò al tavolo, rivolto verso Chris e
parlò a voce bassa. «Sai mantenere un segreto?».
Chris e Dan risposero all’unisono.
«Certo».
Jeremy fece un sorriso furbo. «Anche io» e si alzò sotto lo sguardo divertito
di Emy e Rebecca e quelli indignati di Chris e Dan, che si alzarono per
seguirlo, protestando a gran voce contro il ragazzo.
«Ci vediamo dopo» disse il moro
alle ragazze, sopra le “proteste” di Dan e Chris, mentre uscivano
dalla porta.
Emy sorrise ancora mentre sorseggiava altro
latte. Alzò lo sguardo su Rebecca e Lily ma si bloccò nel parlare
quando vide lo sguardo sognante e il sorrisino che le due ragazze avevano.
Sbuffò. «Ragazze, vi
prego… raccogliete la bava».
**
Il Sergente Lee Busters amava il suo lavoro.
Gli piaceva quando si ritrovava con gli
altri Auror nella sala riunioni per ricevere istruzioni su nuove direttive
dall’alto; si sentiva gratificato quando riuscivano a catturare un
malvivente e consegnarlo alla giustizia; gli piaceva quando doveva svolgere lavori
di ricerca, per trovare indizi su di un caso; gli piaceva anche restare in
ufficio per scrivere i rapporti che, a volte, lo costringevano a restare fino a
tardi.
Si,
Busters amava il suo lavoro.
Ma non
quel giorno.
Se c’era una cosa che amava più
del lavoro era la sua famiglia: sua moglie e il suo
bambino, Ryan.
Quello era il giorno del compleanno del suo
piccolo campione… e invece di essere a casa a festeggiare con lui era
inchiodato a quella maledetta scrivania, nel suo cubicolo, a terminare un lungo
rapporto.
E dire che gli piaceva il suo lavoro, ma
quella sera proprio no.
Per di più non era riuscito a trovare
un regalo per il figlio: sua moglie era convinta che potesse andare bene
qualsiasi cosa, dopotutto Ryan aveva solo due anni, ma lui ci teneva a trovare
qualcosa di speciale per il suo bambino.
Finalmente terminò di scrivere le
ultime parole. Ora doveva solamente consegnarlo.
«Lee».
Busters alzò lo sguardo sulla giovane
segretaria personale del Generale. Portava i lunghi capelli biondi lasciati
sciolti sulla camicetta bianca, gli occhi azzurri e vivaci, un fisico che
avrebbe potuto portarla sulle passerelle di moda.
«Medea» rispose educatamente
Busters, recuperando i documenti che aveva finito di
completare. «Ecco il rapporto».
«Perfetto». La giovane donna
prese in consegna i documenti e li poso sopra la pila di fogli che teneva in
mano.
«Per fortuna che oggi è
finita» disse Busters mentre prendeva il mantello dalla sedia.
«Veramente…» il Sergente
si bloccò, voltandosi lentamente verso Medea che lo guardava con una
punta di dispiacere. Prese un altro plico dai tanti che reggeva. «Ci
sarebbero ancora alcuni moduli da completare».
Busters spalancò gli occhi.
«Adesso?».
Medea gli fece un sorriso di scuse e Busters
si accasciò sulla sedia, sconsolato. «Janet mi
ucciderà».
«Tua moglie?».
Lui annuì. «Le
avevo promesso che sarei tornato a casa entro le sette. E’ il compleanno
di mio figlio e ci teneva che fossimo tutti insieme a
festeggiare. Oltretutto devo ancora comprare il regalo».
Medea rimase col fascicolo in mano,
pensierosa. Poi si schiarì la gola, attirando l’attenzione di
Busters che la vide riporre i documenti in fondo alla pila.
«Sai…» fece vaga Medea, «in effetti
devo ancora finire il giro e consegnare questi altri documenti. Ce ne sono
alcuni che richiedono una certa urgenza…» gli fece un sorrisetto,
«… se, una volta finito il giro, dovessi tornare qui e non trovarti…
allora credo che sarò costretta a lasciarti i documenti sulla scrivania
e sarai il primo a cui verrò a chiederti i
rapporti domani».
Busters fece un largo sorriso in risposta a quella della giovane donna. Si alzò
dalla sedia, fece il giro della scrivania e posò un lungo bacio sulla
guancia di Medea. «Signorina Wilkins, se non avessi già una moglie ti chiederei di sposarmi».
Medea scoppiò a ridere. «Mi
devi comunque un favore».
«Assolutamente». Recuperò
il mantello e si avviò agli ascensori diretti agli spogliatoi. Aveva
poco tempo per cui si fiondò al suo armadietto per potersi cambiare.
«Salve, Lee».
Busters si voltò, incrociando lo
sguardo con il nuovo arrivato. «Ciao, Dave. Ti
tocca il turno di notte?».
Dave lo sorpassò, aprendo un
armadietto. «Già. Spero solo che sia una
notte tranquilla. E tu? Come mai così di fretta?»
gli chiese, notando la velocità con cui stava recuperando gli effetti personali.
«Devo
correre a casa. E’ il compleanno di mio figlio e sono già in
ritardo».
Dave fece un piccolo sorriso quando
posò gli occhi sulla foto appesa all’interno dell’armadietto
del collega: un bambino dalla folta chioma bruna e due occhietti da cucciolo
gli sorrideva mostrando il suo ciuccio.
«Quanti anni?».
«Due».
«Caspita.
Già due anni».
«Si» rispose Busters,
sorridendo. «E ancora non ho trovato niente da
regalargli. Probabilmente dovrò presentarmi a mani vuote,
ormai i negozi sono chiusi».
Dave si fermò, pensando. «Hai
provato a Sloane Street?».
Busters lo guardò, confuso.
«Come?».
Dave annuì. «L’anno
scorso avevo il tuo stesso problema. Un amico mi ha consigliato questo negozio
di giocattoli. Magari riesci a trovare qualcosa».
Busters prese il biglietto che il collega
gli stava offrendo, sul quale vi era scritto
l’indirizzo preciso. «Sei sicuro che possa andarci?».
«Sicurissimo» rispose Dave.
«Non preoccuparti, è uno dei nostri,
ma commercia anche articoli babbani ed è aperto fino a tardi».
«Grazie
tante. Ci vediamo».
Busters lo salutò e si avviò
fuori dal Ministero, dove si smaterializzò in una via laterale,
riapparendo poco distante dal negozio indicatogli. Attraversò la strada
e si ritrovò davanti alla vetrina del negozio di giocattoli, dove erano
bene in mostra moltissimi peluches di animali.
Il campanellino suonò quando
aprì la porta, catturando l’attenzione dell’anziano uomo
seduto dietro il bancone, intento a leggere un giornale.
«Buonasera».
«Buonasera a lei» fece
l’anziano facendogli un sorriso. «Posso
aiutarla?».
«Dovrei comprare un regalo per mio
figlio» esordì Busters. «Compie due anni».
«Auguri» fece
l’uomo. «Si guardi pure attorno, sono certo che troverà il
regalo adatto».
Circa quindici minuti dopo Busters era fuori
dal negozio, un ippopotamo azzurro impacchettato a dovere sotto braccio,
impaziente di poter tornare a casa dal figlio…
La macchina arrivò a tutta
velocità. I fari lo illuminarono completamente, accecandolo.
Uno schianto. Un urlo. Nessun rumore di
frenata.
Un pacco rovinato.
Il piccolo Ryan non avrebbe più
ricevuto il suo regalo di compleanno.
**
E qui si conclude
il primo capitolo!
EDVIGE86 ed io
speriamo che sia stato di vostro gradimento.
Stiamo lavorando sodo in modo da poter
postare i successivi capitoli con una certa frequenza, senza farvi attendere
anni come è capitato per gli ultimi capitoli di
RAV2.
Per il momento ci fermiamo qui… e non
vediamo l’ora di leggere le innumerevoli
recensioni – siamo molto ottimisti – che ci lascerete, positive,
neutre negative che siano.
Un saluto.
EDVIGE86 & pk82.