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Autore: pk82    06/05/2011    2 recensioni
Il potere magico più potente mai esistito.
Un nemico che è disposto a tutto pur di impadronirsene.
Un gruppo nato secoli fa allo scopo di difenderlo.
E la nuova generazione di eroi che, sotto la guida della vecchia guardia, si ritroverà nel bel mezzo di una lotta senza quartiere per il dominio del mondo.
Lotte, duelli, torture, vendette, creature magiche, inseguimenti, evasioni, grandi amori, miracoli. Siete in grado di reggere fino alla fine?
Storia scritta in collaborazione, comproprietà, al cinquanta percento con EDVIGE86!
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Ron, appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto nudo, osservava con un sorriso fuori dalla finestra; il sole era già alto, nonostante fosse ancora presto, preannunciando un’altra giornata calda, l’ennesima in quell’estate particolarmente torrida

E rieccoci con la terza parte di Ritornare a Vivere.

C’è voluto un po’ ma alla fine ce l’abbiamo fatta!

Ho detto abbiamo (ed è anche sottolineato) perché la storia che andrete a leggere è frutto del lavoro combinato fra EDVIGE86 e il sottoscritto.

Ha accettato di collaborare con me alla stesura di RAV3 e non potevo scegliere collaboratrice migliore, credetemi.

Per cui: se e quando avrete voglia di recensire ricordatevi assolutamente di ringraziare EDVIGE86. Naturalmente se avete delle domande da rivolgerle fate pure.

Se non siete convinti della nostra collaborazione, vi lascio qui di seguito alcune informazioni:

Regia: EDVIGE86 e pk82

Direttori di produzione: EDVIGE86 e pk82

Direttori di fotografia: EDVIGE86 e pk82

Musiche: EDVIGE86 e pk82

Sceneggiatura: EDVIGE86 e pk82

Coordinatori effetti speciali: EDVIGE86 e pk82

Supervisori effetti visivi: EDVIGE86 e pk82

Produttori effetti visivi: EDVIGE86 e pk82

Costumi: EDVIGE86 e pk82

Operatori Camera: EDVIGE86 e pk82

Tecnici del suono: EDVIGE86 e pk82

Iva, trasporto e montaggio: EDVIGE86 e pk82

Convinti ora?

 

Ok! Speriamo che coloro che hanno apprezzato RAV e RAV2 tornino per questo nuovo capitolo e che i nuovi siano altrettanto soddisfatti.

 

Basta chiacchiere… vi lasciamo alla storia!

 

 

1. Happy Family

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                         Un viaggio di mille miglia comincia                    

            sempre con un singolo passo.                

            Lao Tzu.

 

 

Ron, appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto nudo, osservava con un sorriso fuori dalla finestra; il sole era già alto, nonostante fosse ancora presto, preannunciando un’altra giornata calda, l’ennesima in quell’estate particolarmente torrida.

Ascoltava i rumori che venivano dal mondo esterno: il cinguettio degli uccelli, il frusciare degli alberi mossi dalla brezza mattutina, un cane che abbaiava nel giardino di un vicino… e ascoltava il silenzio della sua casa.

Silenzio dovuto al numero degli abitanti che era diminuito nel corso degli ultimi anni; i suoi figli erano cresciuti, avevano abbandonato il nido e lui non poteva che sentirsi fiero ed orgoglioso nel vedere come erano cresciuti.

Chris, il suo primogenito, la sua copia: era stato il primo dei suoi figli ad andarsene, uno spirito libero, allegro e solare come sempre, era entrato nell’Accademia Auror non appena finito Hogwarts ed ora era un Capitano, uno dei migliori assieme all’amico Jeremy, col quale divideva una piccola casetta.

Emy, la sua principessa: era stato più difficile lasciarla andare, ma era giusto che anche lei vivesse la sua vita. Anche lei aveva deciso di dividere le spese di una casetta con Lily e Rebecca, amica dai tempi di Hogwarts. Se non altro il suo lavoro al Ministero gli permetteva di vederla spesso.

Sean era l’unico che poteva definirsi ancora un abitante di quella casa. Ufficialmente aveva ancora a disposizione la sua vecchia camera, ma il lavoro presso l’Ufficio per il Controllo delle Creature Magiche lo faceva viaggiare molto per il paese e quando era in città preferiva rimanere da Megan, la sua ragazza.

Ogni tanto Ron sentiva la nostalgia dei tempi passati: i guai combinati da Chris e le sue litigate col fratello, la dolcezza di Emy, la tenerezza di Sean. A volte gli mancava l’allegra confusione che creavano i suoi figli… ma non in quei giorni.

Dopo anni, lui ed Hermione erano riusciti a prendere dei giorni di ferie nello stesso periodo; avevano passato le ultime due settimane insieme, solo loro due… ed era stato come ritornare ragazzini, come due fidanzatini agli inizi del loro rapporto; sempre insieme, sempre abbracciati… di giorno e di notte.

Specialmente la notte!

Il sorriso si allargò quando due mani lo abbracciarono da dietro e una chioma cespugliosa si appoggiò alla sua schiena.

«Buongiorno».

Hermione gli diede un piccolo bacio sulla schiena. «Buongiorno».

Ron si voltò nel suo abbraccio, appoggiandosi al muro e dando un bacio ad Hermione fra i capelli. «Ti senti bene?».

Hermione mugolò qualcosa, il volto nascosto nel petto. «Meravigliosamente» e gli mostrò un largo sorriso appagato. «Grazie a te».

Lui ridacchiò. «Prego».

Hermione gli circondò il collo, alzandosi in punta di piedi e baciandolo sulle labbra, all’inizio in modo leggero, poi via via sempre più profondo; Ron rispose, ma prese a ridacchiare quando sentì l’impazienza di Hermione. «Hermione» fece quando si staccò da lei, «hai in mente qualcosa, per caso?».

Lei si morse un labbro, ridente. «E’ che… oggi è l’ultimo giorno di vacanza… e con il lavoro accumulato… potremmo avere poco tempo per stare insieme…».

«Il tempo si trova…».

«Lo so» rispose Hermione, stringendosi di più a lui, «ma pensavo… che potremmo festeggiare come si deve quest’ultimo giorno…».

«Amore» fece ragionevole Ron, «non so se te ne rendi conto, ma avrò dormito si e no due ore a notte in questi giorni…».

Hermione lo guardò, inarcando un sopracciglio. «Non mi sembrava che ti fossi lamentato».

«Assolutamente no» precisò lui, «ma dammi almeno cinque minuti per riprendermi. Ho una certa età».

La riccia sorrise maliziosa. «Ti assicuro che non dimostri l’età che hai, giovanotto».

«Ah bè, grazie».

«E comunque» riprese Hermione, «secondo il contratto che hai firmato in chiesa… devi obbedire a qualunque mia richiesta».

«A volte mi viene voglia di cancellare quella clausola».

«E vorresti farlo adesso?».

Ron finse di pensarci su mentre con un sorriso si avvicinava alle labbra di Hermione. «Magari un’altra volta».

Hermione sorrise vittoriosa mentre si lasciava baciare da Ron. Subito il bacio divenne più profondo, più passionale: Ron fece scivolare le mani lungo i fianchi di Hermione, fino ad arrivare sotto le cosce. La sollevò di peso, lasciando che Hermione gli circondasse la vita con le gambe; senza guardare dove andasse i due si spostarono nella stanza fino a quando gli stinchi di Ron non urtarono il bordo del letto, facendoli cadere sul materasso, accompagnati dall’urletto di Hermione.

Ridacchiarono come due ragazzini, guardandosi negli occhi, prima che Ron si riappropriasse delle sue labbra. La ricoprì col proprio corpo, continuando a baciarla senza remore, la mano che scendeva ancora lungo il fianco… fino all’orlo della sua veste… e risalì al di sotto… ancora più su, fino alla biancheria intima…

Stump!

Spalancarono gli occhi, le labbra ancora incollate. Si fissarono, perplessi.

«Hai sentito anche tu?» le bisbigliò Ron.

Hermione annuì.

Rimasero ancora per qualche istante in silenzio, lo sguardo puntato alla porta – ben chiusa – della loro camera.

«Ce lo siamo immaginato?».

«Forse».

Ancora silenzio.

«Si, ce lo siamo immaginato!».

«Decisamente».

E ripresero a baciarsi con foga, riprendendo da dove si erano interrotti…

Stump!

Questa volta si staccarono del tutto, convinti di non esserselo solo immaginato.

«Aspettavamo qualcuno?».

«Non di mattina».

Si scambiarono un’occhiata prima di dirigersi verso il piano inferiore, Ron davanti con la bacchetta stretta in mano, Hermione subito dietro, le mani sulle spalle del rosso. Scesero le scale, fermandosi a metà quando sentirono delle voci provenire oltre la porta chiusa della cucina.

Con un’altra occhiata scesero l’ultimo scalino, diretti in cucina.

La porta si aprì e una voce chiara e conosciuta li raggiunse. «… qui. Io vedo se c’è qualcuno e arrivo».

Sean si richiuse la porta alle spalle rimanendo perplesso quando, voltandosi, si ritrovò la bacchetta del padre puntata contro. Inarcò un sopracciglio. «E’ questo il modo di accogliere vostro figlio?».

Ron abbassò la bacchetta. «Cosa ci fai qui?».

Sean si scansò un ciuffo di lisci capelli rossi dagli occhi. «Tecnicamente ci vivo, ma se volete cacciarmi di casa basta dirlo… evitando questi agguati».

Hermione gli fece un sorriso. «Non volevamo spaventarti. Dato che ti sei fermato da Megan pensavamo che andassi direttamente a lavoro».

«Infatti» fece il ragazzo, «ma ho dimenticato alcune carte qui. Megan mi ha accompagnato, il tempo di recuperarle e ce ne andiamo».

«Megan è qui?».

Sean annuì. «E’ di là» ed indicò con la testa la cucina. «Mi sta aspettando e…» si interruppe bruscamente facendo una smorfia. «Potreste, per favore, andare a mettervi qualcosa addosso! E’ stato già abbastanza disgustoso beccarvi in queste condizioni, non è proprio il caso che anche la mia ragazza vi veda in mutande!».

Istintivamente Ron e Hermione abbassarono lo sguardo sui loro… vestiti; il pantalone del pigiama del rosso, la leggera camicia da notte per la riccia: in effetti sarebbe stato alquanto imbarazzante.

«Va bene, scendiamo fra cinque minuti» rispose Hermione, le gote leggermente arrossate.

Sean roteò gli occhi, facendo dietrofront e tornando in cucina. Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata… prima di coprirsi la bocca con la mano per evitare che il figlio li sentisse e risalire le scale, diretti in camera.

Il primo a scendere fu Ron, cinque minuti dopo. Quando aprì la porta della cucina posò lo sguardo sui due ragazzi seduti al tavolo che parlavano tranquillamente. «Buongiorno».

Sean emise uno sbuffo. Accanto a lui una bella ragazza dai lunghi capelli castani, mossi, sorrise a Ron, puntando i suoi occhi verdi su di lui. «Salve signor Weasley».

«Megan» rispose Ron avvicinandosi. «Come stai?».

«Molto bene grazie» rispose la ragazza. «Volevo scusarmi con lei».

Ron inarcò un sopracciglio, confuso. «Perché?».

«Siamo piombati qui all’improvviso… Sean mi ha detto che vi abbiamo svegliato».

Ron guardò il figlio lanciargli un’occhiata eloquente che lo fece arrossire appena. Si grattò la nuca, consapevole di essere in debito con lui. «Non preoccuparti, non è niente».

Hermione entrò un attimo dopo. «Ciao Megan, è un piacere vederti» sorrise alla ragazza.

«Grazie».

Si accomodò vicino a Ron osservando i due giovani di fronte a loro. «Avete già fatto colazione ragazzi?» chiese premurosa Hermione.

«A dir la verità no mamma. Come ti ho detto non era prevista questa sosta qui, poi mi sono accorto che mi mancavano quelle carte e quindi siamo corsi fuori di casa».

«Allora posso offrirvi qualcosa? Un succo di zucca?».

Megan sorrise. «Si, grazie».

«Anche per te Sean, va bene?».

«Benissimo, grazie. Ci vuole proprio».

Hermione estrasse la bacchetta, fece un mezzo giro in aria e un bricco e quattro bicchieri planarono sul tavolo: magicamente, il bricco versò il succo in ogni bicchiere. «Ecco qua» disse Hermione mentre il bicchiere si posava davanti alla ragazza.

Megan aveva gli occhi fissi sul bicchiere, uno strano sorriso sul volto.

«Tutto bene?» le chiese Sean osservandola preoccupata.

Megan sembrò riscuotersi. «Si» rispose la ragazza; fece un sorriso ancora più largo, incredulo. «Scusate, è solo… a volte mi risulta ancora difficile credere che la magia esiste… cioè che esiste davvero!».

Sean ridacchiò, imitato da Ron. Hermione le sorrise comprensiva. «Capisco come ti senti. Anche io non lo credevo possibile… fino a quando non ho fatto levitare tutti i piatti di casa durante una cena in famiglia».

Ron sorrise al figlio. «I tuoi nonni hanno rischiato l’infarto».

«Quasi» concesse Hermione, ricordando la sua infanzia. «Per fortuna la McGranitt è arrivata poche ore dopo a calmarli».

«Però poi è stato tutto più facile» disse Megan. «Voglio dire… voi tutti siete… maghi… e per voi la magia è una cosa di tutti i giorni. Io ho scoperto dell’esistenza della magia solo quando ho conosciuto Sean».

«Già, mi ricordo» ridacchiò Sean. «Sei addirittura svenuta».

Megan si voltò subito verso di lui, rossa in volto. «Mi era appena spuntato un cucciolo di drago tra le mani! Cosa ti aspettavi, che lo coccolassi?».

«Se fossi in te chiederei scusa» disse Ron al figlio. «Non ti conviene farla arrabbiare».

«Ho sempre pensato che fosse una persona intelligente Signor Weasley» disse Megan.

Ron gonfiò il petto, un enorme sorriso. «Sentito?» chiese a Hermione. «Intelligente! Ora posso farti concorrenza».

«Io non credo» s’intromise Sean. «Dovranno passare millenni prima che arrivi al livello di mamma».

Hermione e Megan ridacchiarono mentre Ron fulminava con lo sguardo Sean, per nulla intimorito. «Attento, figlio ingrato. Non vorrei mai tu trovassi tutte le tue cose fuori di casa questa sera» ribatté Ron con un sorrisino malefico stampato in viso.

«Grazie papà. E' bello per un figlio ricevere tanto amore».

«Ok, ora basta voi due» s'intromise Hermione. «Piuttosto Sean, che documenti ti occorrevano?».

Uno sfavillante sorriso si dipinse sia sul viso del ragazzo che in quello di Megan. «Volevo farvi una sorpresa ma a questo punto tanto vale che ve lo dica, anche perché può essere che la notizia arrivi anche ai piani alti del Ministero».

«Notizia?» chiese perplesso Ron.

«E' stato trovato un unicorno vicino al Lago Nero».

«Un… un unicorno?» chiese Hermione sorpresa.

«Sono creature molto rare. Cosa ci faceva li?» domandò Ron.

Sean annuì con il capo. «Non è tutto. E' una femmina, ed è incinta. Credo si sia spaventata per qualcosa e abbia cercato un riparo e acqua fresca vicino al lago. E' stato Hagrid ha trovarla e mi ha scritto subito».

«Caro Hagrid» sorrise Hermione ripensando al loro vecchio amico.

«Come minino l'avrà già adottata e si starà preparando a diventare nonno» rise Ron.

«Oh Ron. Non prendere in giro Hagrid, è ammirevole il suo amore per le creature magiche».

«Lo so Hermione, lo so. Non volevo offenderlo».

«Comunque non potevo sperare in un salvatore migliore di lui» disse Sean. «A questo mi servono quelle carte. Voglio andare a vedere come sta e cercare di riportarla a casa».

«Sei al settimo cielo vero?» chiese Hermione, notando come un bagliore negli occhi del figlio mentre parlava.

«Si, decisamente. Ma non sono il solo» lanciò un occhiata verso Megan che arrossì leggermente.

«In effetti…» balbettò. «Sean ha promesso di portarmi con lui. Il mio più grande sogno è quello di poter, un giorno, scrivere un libro tutto mio. La cosa più bella sarebbe poter fare personalmente anche le illustrazioni».

«Così ho pensato che potrebbe fare un bel ritratto dell'animale. Chissà un domani potrebbe servirle» spiegò Sean, guardando la sua Megan con profondo orgoglio.

«Non vedo l'ora. Sono così emozionata».

«E' una cosa bellissima Megan, davvero. Sono certa che ci riuscirai» le disse gentilmente Hermione.

«Vero. Inoltre questa esperienza ti farà sicuramente avvicinare maggiormente al nostro mondo. Ci sono meraviglie che purtroppo molti babbani non vedranno mai. Anche se concordo con il fatto che ci voglia attenzione nel mostrare certe cose» disse Ron.

«Oh ma io starò attentissima! Farò il disegno e dirò che l'ispirazione mi è venuta in sogno. Non si deve preoccupare signor Weasley».

Ron scoppiò a ridere. «Stai tranquilla Megan, non mi stavo riferendo a te. Anzi, sono felice che tu viva questa esperienza».

La ragazza sorrise teneramente, rincuorata da quelle parole. «Grazie… e ovviamente sarete i primi a cui mostrerò il disegno».

«Oh si, mi piacerebbe molto» rispose Hermione. «E anche tu Sean, mandaci subito notizie dell'unicorno appena lo vedrai d'accordo?».

«Ma certo» sorrise il ragazzo, alzandosi da tavola e prendendo per mano Megan. «E’ meglio che andiamo. Devo completare ancora dei rapporti».

«Buon lavoro» fece Hermione a entrambi.

Sean spinse fuori dalla cucina Megan uscendo… per poi tornare dentro, parlando a bassa voce per non farsi sentire dalla ragazza. «Se vi trovo ancora in quelle condizioni chiederò a zio Harry di adottarmi».

Sparì dalla loro vista. Ron e Hermione si guardarono un attimo… prima di scoppiare a ridere.

«Credo che lo abbiamo traumatizzato».

 

**

 

«Harry, la colazione è pronta!».

«Si, arrivo subito Gin!».

Per l'ennesima volta quella mattina, Harry si precipitò verso l'armadio della camera che, ormai da anni, condivideva con la sua amata Ginny, alla ricerca del suo mantello scuro.

«Accidenti! Ma dove diavolo è andato a finire?!» imprecò sotto voce, per non farsi sentire dalla moglie che, sicuramente, lo avrebbe sgridato.

«Harry? Il caffè diventerà freddo».

«Si, si… eccomi!».

Sbuffando, chiuse l'anta dell'armadio e si decise a scendere.

«Buongiorno» lo salutò calorosamente Ginny, mentre controllava qualche cosa in forno… qualcosa di delizioso a giudicare dall'odore.

«Che profumino. Cosa stai cucinando?» chiese Harry sedendosi a tavola.

«Una nuova ricetta di Lily» rispose Ginny sorridendo. «L'altro giorno è venuta a trovarmi al San Mungo, dicendomi che aveva ideato la ricetta perfetta per dei nuovi dolcetti alle noci e crema . Voleva che li provassimo subito».

Anche Harry non poté non sorridere a quel racconto. «La mia piccola è veramente un asso in cucina».

«E' vero. Ha ereditato il talento di mia madre» disse Ginny, servendo il caffè al marito.

«Solo di tua madre?».

Quando Harry vide le guance di sua moglie colorarsi di rosso, in risposta al suo velato complimento, sorrise e la fece sedere sulle sue gambe.

«Mia madre è un ottima cuoca signor Potter».

«Bè, signora Potter, si da il caso che… anche lei lo sia».

Ginny gli carezzò il viso baciandolo poi sulle labbra. «Grazie».

Harry avrebbe volentieri approfittato di quel momento di calma per approfondire quel dolce contatto quando un rumore di passi, provenienti dal piano superiore, gli fece capire che Dan si era alzato e stava per scendere in cucina.

Mal volentieri si allontanò dalle labbra di Ginny che, sorridendogli amaramente, gli carezzò amorevolmente la nuca baciandolo poi sulla fronte.

Harry sospirò. «Addio tranquillità».

Ginny gli scoccò un ultimo veloce bacio sulle labbra prima di scendere dalle sue ginocchia e sedersi accanto a lui: meglio che Dan non li vedesse in atteggiamenti amorevoli, sarebbe stato capace di tormentarli per tutto il giorno prendendoli in giro.

«Buongiorno!».

Come previsto pochi istanti dopo, Dan sfrecciò giù per le scale piombando nel mezzo della cucina con indosso un pantalone della tuta grigio, una felpa rossa con t-shirt bianca sotto e, stretto nella mano destra, un grande borsone.

«Buongiorno caro» lo salutò sua madre.

Alla velocità di un fulmine, il giovane Potter si fiondò verso il forno, spalancandone lo sportello e vi ci “infilò” il naso dentro. «Caspita mamma, che odorino!!» sorrise soddisfatto.

«Eh, ringrazia tua sorella, la ricetta è sua. Non sono ancora pronti però… ti dovrai accontentare dei muffin».

«Al cioccolato?».

«Ovvio» rispose Harry sorridendo al figlio in modo complice; entrambi avevano una vera passione per il cioccolato.

Subito Dan allungò una mano verso il vassoio dei dolci, poggiato al centro del tavolo e ne addentò uno. «Squiviti».

«Dan, santo cielo, che modo di fare è questo!» lo riprese sua madre. «Se vuoi fare colazione ti siedi a tavola come tutti… e non parlare con la bocca piena».

«Scusa mamma, ma ho veramente fretta!» rispose, ingoiando il muffin in solo tre bocconi. «Devo proprio andare!».

«Adesso?» si stupì Harry. «Ma sono solo… le otto del mattino» disse scoccando un occhiata all'orologio che portava al polso. «Gli allenamenti non cominciano alle dieci il venerdì?».

Dan spalancò gli occhi e annuì poco convinto; pareva imbarazzato. «Caspita papà… che memoria».

«Eh? Dan, da sempre il venerdì vai…».

«Si, si lo so… ma… il fatto è che oggi dobbiamo provare dei nuovi schemi di gioco e… non possiamo arrivare tardi».

Gli occhi di Harry si illuminarono come quelli di un bambino. «Nuovi schemi?».

«Esatto!».

«Me li mostrerai vero? Sono certo che anche tuo zio sarebbe felice di vederli».

«Eh si, anche io» rise Dan in modo strano.

«Come?».

«No no niente papi… Allora ciao!».

Veloce afferrò il suo borsone dirigendosi verso l'ingresso notando, con la coda dell'occhio, che sua madre lo aveva seguito. «Dan? A che ora torni questa sera?» gli chiese.

«Ceno fuori mamma!» rispose il ragazzo, apprestandosi ad aprire la porta.

«Come fuori? Ma dove…».

«Ciao!».

La povera Ginny non poté nemmeno finire la frase, perché Dan schizzò fuori di casa alla velocità della luce, lasciandola sulla porta interdetta.

«Che succede?» le domandò Harry, con un sorriso, vedendola rientrare in cucina con uno sguardo perplesso.

«Succede che Tuo figlio, sta diventando più strano ogni giorno che passa».

«E' molto impegnato con gli allenamenti della squadra» rispose Harry, con un tono di orgoglio nella voce. «E comunque… che vuol dire tuo figlio? Se la memoria non mi inganna, anche tu hai collaborato nel metterlo al mondo».

Ginny gli lanciò un'occhiata di sbieco, mentre controllava che i dolci nel forno cuocessero bene. «Anche più di te se è per questo… ma i difetti sono tutti tuoi mio caro».

Harry si portò una mano al petto, come per simulare una specie di malore. «Così mi ferisci amore. Guarda che c'è anche il gene Weasley li dentro».

«Certo… ha per zio Ron, cosa mi potevo aspettare».

Harry scoppiò a ridere forte ricordando la prima volta che Ginny aveva usato quella frase: era il primo anno di Dan a Hogwarts, quando il giovane Potter, assieme al suo inseparabile cugino Chris, si era beccato un castigo per essere stato sorpreso oltre l'orario delle lezioni nella foresta alla ricerca dei Thestral, e tutto ciò ad appena un mese dall'inizio della scuola.

Ginny si era arrabbiata molto, sia con Dan che con Ron, che aveva trovato divertente l'avventura dei ragazzi : “Ah, i tuoi geni e quelli di Ron nello stesso corpo! Cosa mi potevo aspettare di diverso?!.

«Effettivamente è un po' strano ultimamente, va sempre di corsa» disse Harry, ancora col sorriso sulle labbra.

«L'importante è che stia bene» rispose la rossa. «Sono contenta che Dan e Lily siano soddisfatti della loro vita: entrare nei Cannoni Chudley era il suo sogno… e c'è riuscito» disse Ginny tornando a sedere vicino al marito, che nel frattempo sorseggiava il suo caffè.

«E Lily ha potuto coltivare la sua passione per la cucina lavorando alla pasticceria “Al Boccino d'oro”» concluse.

Harry annuì, alzandosi poi da tavola. «Devo andare, il lavoro chiama anche me» disse sporgendosi verso la moglie per darle un bacio sulla guancia.

Ginny lo seguì fino all'ingresso vedendolo indossare una semplice giacca di pelle.

«Niente mantello questa mattina, colonnello?» chiese, cercando di mascherare un sorriso divertito.

«Ehm… si, no… cioè…» E ora? Non voleva ammettere di averlo “perduto” di nuovo.

Ginny scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi; era sempre la stessa storia, quando Harry rientrava tardi dal servizio, il mattino seguente non ricordava assolutamente dove poggiava le cose, e soprattutto il suo mantello da Auror.

«Il mantello è in salotto, sul divano».

Harry, euforico, si gettò letteralmente sulle sue labbra. «Ti amo!» le disse, precipitandosi in salotto.

 

**

 

Aprì gli occhi, infastidito da un raggio malandrino che filtrava dalla finestra. Stiracchiandosi abbandonò il suo giaciglio, lasciando la stanza e percorrendo il corridoio della casa, diretto ad una delle camere da letto.

Si fermò un momento davanti alla porta: la spinse appena, constatando che non era chiusa del tutto, ed entrò nella camera, quasi completamente buia. Il suo sguardo, una volta abituato, si posò sulla figura che dormiva tranquillamente nel suo letto, ignaro della sua presenza. Si avvicinò, poggiandosi al letto ed osservando curioso il volto del ragazzo, gli occhi che si muovevano sotto le palpebre, segno che stava sognando.

Si avvicinò ulteriormente al volto… e cominciò a leccarlo.

Jeremy cominciò ad agitarsi sentendo qualcosa di bagnato sul viso. «Mmh…» mugolò incomprensibile, prima di rendersi conto che non stava più sognando. «Mmh, no…» aprì un occhio, ma una nuova leccata lo fece voltare dalla parte opposta, leggermente schifato. «Devon, piantala!».

Devon non si scoraggiò: trotterellò dalla parte opposta del letto e ricominciò la sua opera… con enorme disappunto di Jeremy.

«No… Devon, no… smettila… Bleah!… E va bene, hai vinto!» si arrese infine aprendo nuovamente gli occhi, di un incredibile azzurro chiaro. «Mi arrendo, sono sveglio».

«Bau!».

Jeremy sospirò sconfitto, incrociando lo sguardo con quello altrettanto chiaro di Devon. Allungò la mano, accarezzando il pelo grigio del giovane Husky che aveva deciso di diventare la sveglia personale del ragazzo.

«Bau!».

«Ho capito che dovevo svegliarmi, ma la doccia preferisco farmela in bagno da solo se non ti dispiace».

«Bau!».

«Volevi stupirmi?».

«Bau!».

«La prossima volta portami anche la colazione a letto, così mi stupirai davvero» ridacchiò il ragazzo. Gli grattò dietro le orecchie e Devon sembrò apprezzare da come muoveva la coda.

«Ah, ecco» esclamò Jeremy, alzandosi su un gomito e aumentando il ritmo dei grattini. «Volevi le coccole mattutine eh? Razza di ruffiano con le zampe».

«Bau!».

Jeremy sorrise prima di scostare le lenzuola e alzarsi. Si avvicinò alla sedia dove aveva lasciato gli abiti da indossare. Cominciò a levarsi la maglietta quando sentì su di sé lo sguardo di Devon, in posizione seduta vicino al letto. «Potresti voltarti?» gli chiese Jeremy, «ci tengo alla privacy».

Devon piegò la testa di lato, poi si mise a quattro zampe, si voltò e ritornò seduto, dando le spalle al ragazzo. «Bau!».

«Si, si ok» disse Jeremy mentre si infilava la maglietta pulita. «Doppia razione di croccantini».

Quando finalmente il ragazzo riuscì ad infilarsi anche i jeans uscì dalla stanza, con Devon che gli trotterellava accanto. «Bau! Bau!».

Jeremy inarcò un sopracciglio. «Un intruso?» chiese confuso; la risposta arrivò quando raggiunse la soglia della cucina, fermandosi e puntando lo sguardo sulla figura seduta al tavolo che sfogliava distrattamente una copia della Gazzetta del Profeta.

«E tu cosa ci fai qui?».

Chris, la chioma rossa e riccia, alzò lo sguardo, distogliendo la sua attenzione da un articolo che parlava dell’imminente stagione di Quidditch, incrociando lo sguardo azzurro di Jeremy. Inarcò un sopracciglio. «Sei per caso sceso dal lato sbagliato del letto? Jeremy, io ci vivo qui».

Il ragazzo roteò gli occhi, entrando e dirigendosi verso il frigo, dove prese una bottiglia di latte. «Questo lo so!» rispose Jeremy, versando il latte dentro un bicchiere. Ne bevve un sorso. «Quello che intendevo è: cosa ci fai qui adesso! Non avevi detto, testuali parole, non aspettarmi domani mattina, ci vediamo direttamente in palestra?».

Chris evitò per un momento lo sguardo dell’amico, grattandosi una piccola cicatrice che aveva sulla guancia – non ricordava nemmeno quando se l’era procurata - gesto che faceva sempre quando era in difficoltà o in imbarazzo.

«Che fine hanno fatto i tuoi progetti per la serata e la nottata?».

«Quelli sono andati a buon fine».

«E la mattina?».

«C’è stato… un cambiamento di programma» rispose evasivo Chris.

«E Jenny era d’accordo con questo “cambiamento di programma”?» chiese Jeremy facendo le virgolette con le mani. Chris fece una piccola smorfia e Jeremy chiese ancora: «Cosa è successo?».

«Divergenze di opinioni».

Jeremy lo guardò per un attimo, analizzando la frase… e trattenendo a fatica una risata. «Avete litigato».

«No!».

«Non era una domanda».

«Ah».

Jeremy posò il bicchiere nel lavello e si sedette di fronte all’amico, incrociando le mani fra loro e aspettando la spiegazione – leggi scuse – che gli avrebbe raccontato questa volta Chris.

Il rosso si passò una mano fra i capelli. «A volte non riesco proprio a capire le donne».

«Detto da te è un po’ strano, non trovi?».

«Dimmi come si può passare dall’essere seminudi sul letto al litigare in salotto?».

«Avrai detto o “non” detto qualcosa».

Chris sembrò pensarci su. «Se è così non me ne sono accorto».

«Certo» fece sarcastico Jeremy, «come non te ne sei accorto con Brigitte…».

«Ma lei era una pazza!».

«… Mercedes…».

«Porto ancora i segni delle sue unghie affilate».

«… Candice…».

«Parlava talmente tanto che avevo mal di testa per due giorni di fila».

«… Liza…».

«Nemmeno tu avresti sopportato quella specie di topo mascherato da cane che si portava dentro la borsetta…» Devon alzò la testa, facendo un verso di disappunto. Chris lo guardò. «Senza offesa».

Jeremy scosse la testa, continuando la lista. «… e poi Brenda, Sharon, Alice, Abby, Sarah…».

«Ne hai ancora per molto?» chiese Chris con un certo fastidio.

«Si, forse è meglio che finisca qui o dovrei continuare per giorni».

«Ah, ah… spiritoso».

Jeremy scosse la testa,sospirando. «Ti rendi conto che tutte le tue… chiamiamole relazioni… si sono sempre concluse per colpa tua?».

«Non è vero!».

«Devo rileggerti la lista?».

Chris sbuffò. «Oh, insomma, quanto la fai lunga. Sono sempre stato chiaro con loro, non cerco una relazione stabile. Ho solo venticinque anni, voglio divertirmi. C’è ancora tempo per quello».

Jeremy rinunciò a qualsiasi tentativo di discussione: gli era amico e per quanto non approvasse la condotta di Chris questa era una situazione in cui lui aveva poco potere. Poteva anche dargli dei consigli, aiutarlo, ma era una situazione in cui Chris avrebbe dovuto imparare da solo… sperando non volesse dire vedere il cuore di un’amica infranto.

Il giovane Weasley ripiegò il giornale. «Comunque non credevo di trovarti già in piedi. Il nostro turno inizia a metà mattina».

«Si, ma oggi è Venerdì» rispose Jeremy come se quelle quattro parole chiarissero ogni cosa.

E in effetti fu proprio così perché un sorrisetto apparve sul volto di Chris. «Giusto! Colazione dalle ragazze» lanciò un’occhiata divertita all’amico. «Ma non eri tu che diceva di non poterci sempre presentare da loro per mangiare a sbafo?».

Jeremy fece un piccolo sorriso, imbarazzato. «Ormai è diventata un’abitudine, un rito». Fece una piccola smorfia, anche se mantenne il sorriso. «Comunque tu e Dan insistete sempre per andare ed io sono da solo contro due».

«Certo» fece sarcastico Chris, «povera anima indifesa, tormentata da questi due loschi individui».

Jeremy scoppiò a ridere. «Tu di certo lo sei».

«E tu sei sempre molto simpatico, amico mio».

«Bau!!».

«Ma certo…» Chris si abbassò verso Devon, che scodinzolava animatamente, per accarezzargli il capo. «Tu sei il mio preferito».

«Bau!!».

«E' incredibile. Quando fa così sembra proprio che capisca tutto quello che diciamo» sorrise Chris, continuando a coccolare la bestiola che fu ben felice di contraccambiare il gesto, leccando la mano del ragazzo.

«Capisce infatti» sorrise a sua volta Jeremy.

Chris prese il muso di Devon con entrambe le mani e lo avvicinò al suo volto per guardarlo bene negli occhi. «Si. Lui è la miglior palla di pelo del mondo».

«Se trattassi le donne come tratti Devon, nessuna si potrebbe più lamentare di te».

«Il giorno in cui troverò una ragazza che mi ami quanto Devon ama noi, allora la sposerò».

«Oddio ha detto la parolina magica» rise ancora Jeremy.

«E ho anche detto che deve amarmi quanto lui ama noi. Il che sarà dura. Prevedo quindi di avere ancora…» finse di pensarci su per qualche istante, «come minino altri dieci anni di piena libertà».

La porta della cucina che dava sul cortile si aprì, catturando l’attenzione dei due ragazzi. «Ciao Jeremy» fece Dan entrando velocemente nella stanza. «Se hai ancora intenzione di andare dalle ragazze sbrighiamoci, ho solo…» si bloccò quando si rese conto della presenza di Chris. «E tu cosa ci fai qui?».

«Sei in ritardo, me l’ha già fatta lui questa domanda» rispose Chris, indicando con la testa Jeremy.

«Non dovevi passare la serata con Jenny?».

«C’è stato un cambio di programma».

Dan corrugò la fronte. «Avete litigato?».

Jeremy scoppiò a ridere mentre Chris incrociava le braccia, indispettito. «Vi siete messi d’accordo?».

«Scusa» fece Dan alzando le mani. «Di solito se sei in anticipo secondo i tuoi programmi significa che hai litigato con la ragazza di turno o che vi siete lasciati… o entrambe le cose».

«Ok, ok. Abbiamo litigato, contenti? E’ finita» si mise una mano in tasca ed estrasse un bigliettino. Dalla sua posizione, Dan notò che vi era scritto un numero di telefono.

«E quel numero? Di chi è?».

Chris fece un sorriso. «Della barista del locale».

Sia Dan che Jeremy sospirarono: quel ragazzo non sarebbe mai cambiato.

«Come si chiama quest'altra povera figliola?» chiese Dan.

Chris gli scoccò un occhiataccia. «Falla finita anche tu! Non ho ancora deciso se chiamarla o no».

Dan alzò le mani. «Ah bè allora… sentito Jeremy? Deve ancora decidere se chiamarla o no» rise poi.

Jeremy alzò le spalle. «Vorrà prima verificare che sappia scodinzolare e riportare una pallina di gomma».

«Eh?» chiese confuso Dan.

«Bau!!!».

Devon corse verso il nuovo entrato per ricevere anche da parte sua qualche attenzione.

«Perché a quanto pare il nostro amico Devon è diventato il nuovo metro di giudizio con cui Chris selezionerà le sue vittime».

«Avete finito? Ho fame!» borbottò infastidito Chris.

«Continuo a non seguirti» disse Dan sempre più confuso, mentre accarezzava il cane dietro le orecchie.

«Poi ti spiego» sorrise Jeremy.

«Ok Basta» fece il giovane Weasley alzandosi. «Vogliamo andare ora? La colazione ci aspetta».

«Sei identico a zio Ron» rise Dan. «Quando si tratta di cibo sei il primo a muoversi».

Chris fece un largo sorriso. «Colazione o continuare a sentire voi due sfottermi?» disse, simulando il gesto di una bilancia con braccia e mani.

«Noi che ti sfottiamo mentre gustiamo la colazione fatta dalle ragazze, ovviamente» continuò a ridere Dan, seguito a ruota da Jeremy.

«Vorrà dire che mentre voi sprecherete il fiato per prendermi in giro, io gusterò i manicaretti di tua sorella» Chris prese il suo mantello e aprì la porta di casa, facendo segno ai due amici di uscire.

«Andiamo?».

Jeremy e Dan si scambiarono un'occhiata complice prima di sorridere all'amico e uscire dalla cucina.

 

**

 

«Bec!».

Emily stava bussando alla porta del bagno da quasi cinque minuti, spazientita.

«Becky, apri!».

La voce di Rebecca giunse al di là della porta. «Il bagno è occupato».

«Si» rispose Emy. «Ma questo è il mio turno».

«Eri in ritardo, così sono entrata io».

Emy sbuffò. «Non ho sentito la sveglia».

«Non è un mio problema».

La cosa che dava davvero fastidio a Emily era sapere che l’amica si stava divertendo a farla innervosire.

«Rebecca Cooper! Fammi subito entrare!».

Ci fu ancora qualche attimo di silenzio prima che la secondogenita Weasley sentisse la serratura scattare; Rebecca si affacciò, il capo avvolto da un asciugamano, un sopracciglio inarcato. «Non farlo più, sembravi mia madre».

Emy roteò gli occhi, ma fece un piccolo sorriso divertito mentre sorpassava Rebecca ed entrava nel bagno. Si mise davanti allo specchio, cercando di ravvivarsi quel cespuglio che si ritrovava praticamente ogni mattina quando si svegliava.

Rebecca si avvicinò mentre si toglieva l’asciugamano dalla testa. Lanciò un’occhiata all’amica. «Deduco che la serata non sia andata troppo bene».

Emily sbuffò, afferrando la spazzola dall'armadietto accanto al lavandino. «Dire che non è andata troppo bene è essere troppo caritatevoli Becky».

«Addirittura?» rise Rebecca.

«Si. Sai quali sono i modelli di scope più richiesti dai grandi campioni di Quidditch del mondo?».

Rebecca rise nuovamente. «A dire la verità no, ma posso sempre chiedere a Dan».

Emy posò la spazzola, voltandosi verso l'amica che se la stava ridendo della grossa. «Oh bè io non ho bisogno d'interpellare mio cugino perché indovina?» sfoderò un sorriso falsissimo, facendo il segno della vittoria con le dita. «Lo so!!!».

«Oh mio dio Emy».

«Non ha fatto altro che parlare di Quidditch per tutta la sera. Appena ha saputo che ero parente di Dan Potter, ha iniziato con questa storia delle scope e con altre sciocchezze simili!».

«Sicura che tutta questa storia delle scope non nascondesse qualche doppio senso?» chiese Rebecca maliziosa per farla arrabbiare ancora di più.

Emy le lanciò un' occhiataccia, afferrando nuovamente la spazzola . «Becky? La vuoi in testa ora o dopo che avrò finito di pettinarmi?» minacciò l'amica puntandole l'oggetto contro.

«Poteva anche essere. No?».

«Mhm, credo che sarebbe stato più ispirato in quel senso se anche io fossi stata una scopa».

Rebecca appoggiò l'asciugamano bagnato sul bordo della vasca, e affiancò l'amica davanti allo specchio per sistemarsi a sua volta i capelli.

«Che tristezza» sbuffò Emy.

«Cosa è una tristezza?» Il viso di Lily fece capolino da dietro la porta.

«Il ragazzo con cui Emy aveva appuntamento ieri sera si è rivelato un maniaco di scope» sorrise Rebecca in direzione della giovane Potter.

«Un cosa?» chiese questa confusa.

«Quello che Rebecca intendeva…» intervenne Emy, dando un buffetto sulla spalla dell'amica al suo fianco, «… è che il tipo dell'appuntamento si è rivelato una totale delusione. Ha parlato unicamente di Quidditch appena ha saputo che sono la cugina di Dan Potter».

«Voleva fare colpo forse» provò Lily.

«Ormai il colpo se lo prendeva lui… in testa però!» sbuffò Emy. «Basta, per almeno un mese non voglio sentir parlare di uomini!!!».

«Adesso non esagerare Emy. Non era il ragazzo giusto. Tutto qui» sorrise Lily, allontanandosi per andare verso la cucina.

«Forse non esiste il ragazzo giusto» rimbeccò Emy, seguendo la cugina.

Rimase a bocca aperta notando la tavola ben apparecchiata e Lily che stava togliendo dal forno una profumatissima crostata di fragole. «Che profumo. Lily ma quando…?».

«Ieri sera ero agitata, ho dormito male. Così mi sono alzata presto e ho fatto questa e altre due torte che sono ancora in forno» sorrise.

«Che belle. Sei veramente una maga» le si avvicinò dandole un bacio sulla guancia al quale Lily ricambiò con un sorriso dolce.

«Molto meglio una torta di un uomo».

«Emy? Non devi abbatterti così. Sono certa che quando meno te lo aspetti incontrerai il ragazzo migliore del mondo, che ti farà perdere la testa».

«No grazie Lily, mi piace dov'è. Attaccata al collo» sorrise Emy, sedendosi a tavola e iniziando a tagliare la crostata a spicchi.

«Becky? Vieni, la colazione è pronta!».

Subito Rebecca raggiunse le due amiche, schizzando dal bagno. «Che fame!» disse afferrando una fetta di crostata appena tagliata e ancora calda.

«Passare tanto tempo con mio fratello non ti fa molto bene Rebecca» rise Emy, vedendo l'amica dare il primo morso alla sua fetta.

«Ti prego non mi parlare di quei due! Voglio godermi la colazione a cuor leggero. Fra qualche ora so già che mi faranno innervosire».

«Non ti invidio per nulla» disse Emy assaggiando a sua volta la torta.

«Lily ti adoro, lo sai vero?».

«E' buona? Se lo è posso portare le altre due alla pasticceria».

«Ma sei matta!!!» Lily sobbalzò, all'esclamazione delle altre due ragazze.

«Queste ce le mangiamo noi» precisò Rebecca. «Mi servono energie dopo tante ore con Chris e Jeremy».

«Smettila, Jeremy è un tesoro. È sempre gentile Becky» disse Lily, arrossendo leggermente sul nasino.

Due paia di occhi la fissarono con dolcezza. «Difendilo sempre mi raccomando» rise Emy.

«Ti vorrei vedere a sopportare per tutto il giorno quei due messi assieme. Mi fanno uscire pazza!».

Sia Emy che Lily risero, mentre anche la seconda si accomodava a tavola per fare colazione.

«Bene allora, per almeno il tempo della colazione niente ragazzi ma… solo cose belle e buone!» rise Emy, dando con soddisfazione un secondo e un terzo morso alla crostata.

«Parole sante» la seguì Rebecca.

Un attimo dopo tutte e tre si pietrificarono avvertendo il classico rumore prodotto dalla polvere volante quando un mago si materializzava all'interno di un camino, proveniente dalla stanza accanto.

«Ditemi che ho sognato» disse Rebecca con sguardo implorante.

Lily scosse la testa.

«Ma chi può essere a quest'ora?» Emy non fece tempo ad alzarsi dalla sedia che tre figure alte fecero capolino nella cucina.

«Buongiorno!» salutò Chris con entusiasmo.

«E voi che fate qui?» brontolò la sorella, alzandosi dalla sedia e posando le mani suoi fianchi.

«Ciao anche te, sorellina» le fece il verso Chris, sapendo di farla irritare ancora di più.

«E' presto Chris! Potevamo essere ancora svestite!» continuò a rimproverarlo Emily.

«Ehhhhhh… che sarà mai! Non sareste mica le prime che vediamo sai…? AHIA!!!».

«Chris insomma!» lo sgridò a sua volta Jeremy, dopo avergli assestato uno scappellotto sulla nuca.

«Lascia stare Jeremy, ormai nessuna di noi fa più caso alle battute di quello lì» disse con più garbo Lily, temendo che la discussione fra Chris ed Emily continuasse per le successive due ore: quando cominciavano a punzecchiarsi era la fine. Se poi Rebecca fosse intervenuta in aiuto dell'amica contro la battuta poco felice di Chris, bè allora apriti cielo… sarebbe stata la fine!

«Si Jeremy, non perdere tempo. E' impossibile insegnare le buone maniere a Chris uomo-delle-caverne».

«Mangiato pane e ortiche questa mattina, sorellina?» chiese Chris, andando a sedersi a tavola accanto a Rebecca, che lo stava guardando con rimprovero.

Chris lo notò subito, non appena incrociò lo sguardo della ragazza. «E scommetto che tu le hai fatto compagnia».

«Spiritoso».

Chris rise. «Lo so, lo so… come fareste senza di me?».

«Camperemmo meglio?» intervenne Dan ridendosela sotto i baffi e facendo scoppiare a ridere anche Jeremy, Emy e Rebecca.

«Ehi? Ma tu da che parte stai?» lo fulminò il giovane Weasley, voltandosi verso il cugino che stava in piedi alle sue spalle.

Dan inclinò leggermente la testa verso destra sfoderando un sorriso ironico. «Di chi, fra poco, mi servirà una colazione coi fiocchi. Spiacente».

«Purtroppo dovrete aspettare un po' per la colazione» disse Lily un po' in imbarazzo: da brava cuoca e padrona di casa, odiava farsi trovare impreparata all'arrivo di ospiti, anche se si trattava di parenti o amici.

«Uffa Ly…» sbuffò Dan.

«Se foste arrivati alla solita ora sarebbe stato tutto in tavola, Dan. E' che mi sono messa a fare delle crostate e il caffè quindi non l'ho ancora preparato».

«Stavamo per farlo» aggiunse Rebecca.

«Non ti preoccupare Lily» intervenne Jeremy, notando un certo cambiamento nella ragazza: era nervosa, probabilmente in imbarazzo. «Hai perfettamente ragione siamo in anticipo noi. Fai pure con calma» le sorrise.

«Grazie, J…».

«Ma io ho fame!!!».

«Chris!» lo riprese Jeremy, arrossendo leggermente.

«Bè è la verità. Io ho fame e voi perdete tempo!».

Jeremy si passò una mano in faccia sconsolato dal poco tatto dell'amico. «Si dice almeno per favore!».

«Lascia stare» disse Lily scuotendo la testa. «Preparo il caffè».

«Ti do una mano» disse Emy alzandosi da tavola, e andando verso la dispensa dove tenevano le scorte di caffè e altre cose di quel genere, come the, camomilla e zucchero.

«Io intanto comincio con questa delizia qui. Cuginetta, ha un aspetto delizioso» disse Chris riferendosi alla crostata di fragole che le ragazze stavano mangiando poco prima.

«Siete degli scrocconi!» sbuffò Rebecca in direzione di Chris. «Tu poi sei vergognoso!».

«Uffa… dai che vuoi che sia, Becky? Per una volta che siamo in anticipo».

Rebecca spalancò gli occhi sentendo con che nomignolo l'aveva appena chiamata Chris. «Becky?».

«E' carino come soprannome» le sorrise questo con sguardo furbo.

Rebecca si avvicinò maggiormente a lui, sfoderando la stessa espressione. «Tu non mi chiami mai così».

«Hai ragione… e ho proprio sbagliato a non farlo prima. Ti sta molto bene».

«Che ruffiano» borbottò Dan, mentre Jeremy sorrideva divertito.

«Solo perché vuoi mangiare» disse Emy. «Vergogna!».

«Chi? IO? Ma no… Giuro ragazzi, Becky è uno schianto di soprannome» Chris stesso faticava a restare serio mentre prendeva in giro l'amica in quel modo. Velocemente dovette fingere uno starnuto per non scoppiarle a ridere in faccia.

«Lily dagli da mangiare così almeno sta zitto» brontolò la ragazza, mentre Chris se la rideva sotto i baffi come un matto.

Notando che Lily era molto indaffarata nel togliere i dolci che aveva fatto dal forno e posarli negli appositi vassoi e che Emy era occupata a preparare il caffè, Jeremy si avvicinò alla piccola Potter per aiutarla.

«Posso darti una mano?».

Lily, non avendolo sentito avvicinarsi, si girò veloce su se stessa trovandosi così a pochi centimetri dal viso di Jeremy. Arrossì vistosamente sulle guance e si rigirò verso i fornelli, dandogli nuovamente le spalle. «No, no. Grazie Jeremy… sono abituata a fare tante cose assieme».

«Ok, comunque volentieri se…».

«Tranquillo. Tu e Dan sedetevi, è pronto tutto» sorrise.

«Ok allora, grazie».

Jeremy si allontanò e Lily dovette respirare a pieni polmoni un paio di volte prima di tornare alla realtà.

La tavola si riempì di tutti i dolci che Lily era stata capace di cucinare. A Chris s’illuminarono gli occhi. «Pancia mia fatti capanna» prese una fetta di crostata che quasi divorò in un sol boccone.

Rebecca fece una smorfia. «Guarda che c’è né in abbondanza, nessuno te lo ruba».

«Lo so» rispose Chris con la bocca piena. Ingoiò. «Ma non riesco proprio a resistere ai dolci di Lily. Saresti proprio da sposare cuginetta» concluse il rosso.

Lily arrossì leggermente, lanciando di sfuggita un’occhiata a Jeremy che fece un piccolo sorriso mentre anche lui gustava una fetta di torta.

Rebecca si grattò il mento, pensierosa. «Ma tu non dovevi presentarti in palestra più tardi?».

Chris quasi si strozzò. «Per favore, non ti ci mettere anche tu».

La giovane alzò un sopracciglio, intercettando lo sguardo di Dan che, ridacchiando, sillabò le parole “Si sono lasciati”. Rebecca tornò a guardare Chris – che intanto stava addentando un’altra fetta – e nascose un sorriso nel suo succo di zucca.

«Che programmi avete per la serata?» chiese Chris d’un tratto.

«Io ho già un impegno» rispose Dan. «Sono fuori con i ragazzi della squadra».

«Spero di non ritrovarti sul divano di casa tua ubriaco perso!» disse Chris. «La stagione sta per cominciare».

«Veramente sei tu che rischi sempre di farlo ubriacare» ribatté Rebecca.

Chris la guardò male. «Mi spieghi perché devi sempre darmi la colpa di tutto?».

Rebecca ridacchiò. «Perché è divertente».

«Mi hai preso per uno stupido?».

«Assolutamente si» rispose prontamente la ragazza. Chris inarcò un sopracciglio mentre gli altri ragazzi ridacchiavano; Rebecca agitò una mano. «Ma non è questo il punto».

«Ah, basta» disse Chris. «Ci rinuncio». Rebecca gli fece una linguaccia.

«Comunque» Emy si versò del latte. «Al Ministero hanno organizzato un piccolo rinfresco per questa sera. Non ne ho tanta voglia ma devo esserci come rappresentante dell’Ufficio per le relazioni con i babbani».

«Sei un pezzo grosso sorellina» la prese in giro Chris. «Ti tocca».

«Nemmeno io sono disponibile» disse Lily. «Abbiamo l’inventario oggi e credo che resteremo fino  a sera tardi».

«Ok, ok» si arrese infine Chris. «Siete noiosi. Facciamo domani, allora?».

Emy e Lily scrollarono le spalle come a dire che andava bene per loro. Anche Rebecca e Dan annuirono. Chris si voltò verso Jeremy. «Sei dei nostri, vero?».

Il ragazzo scosse la testa. «Per questa volta passo».

Chris spalancò gli occhi. «Non puoi tirarti indietro, ci siamo tutti».

«Spiacente» fece Jeremy scrollando le spalle. «Ogni tanto bisogna dare una pulita a quella casa… ci vuole qualcuno con un po’ di cervello e tu ne sei sprovvisto dato che quando li hanno distribuiti tu stavi già cacciando esemplari di sesso femminile…».

Chris fece una smorfia. «Passerà un giorno in cui non debba sempre essere insultato da tutti voi?».

Gli altri si guardarono, ridenti. «No!».

Chris sbuffò, prima di rivolgersi ancora Jeremy. «Sei sicuro di non volerti unirti a noi?».

Jeremy scosse ancora la testa in segno di diniego.

Il giovane Weasley, allora, cominciò a guardarlo con una strana espressione in volto, uno sguardo intenso che venne notato da tutti. Si avvicinò a Dan, seduto accanto. «Che ti avevo detto?» gli disse, quasi sussurrando.

Anche Dan osservò Jeremy con lo stesso sguardo ed annuì alle parole del cugino.

Rebecca inarcò un sopracciglio. «Si può sapere che vi prende?».

Chris si voltò a guardare l’amica. «Niente… è solo che sta confermando una mia teoria».

«E sarebbe?».

«Jeremy è innamorato».

Crash!

Tutte le teste si voltarono verso Lily, ferma con gli occhi spalancati, i frammenti di un vassoio sparsi ai suoi piedi. «Scusate» disse, rossa in volto, cominciando a raccogliere i pezzi. Emy si alzò per aiutarla.

Rebecca ritornò su Chris. «E come ti è venuto in mente?».

«Punto primo: non esce con una ragazza da parecchio tempo…».

«Evidentemente ha una soglia della resistenza maggiore della tua» replicò Rebecca.

«Punto secondo» continuò Chris, ignorando l’amica, «ci sono diverse ragazze al Ministero che hanno messo gli occhi su di lui, ma Jeremy sembra avere il paraocchi…».

«Punto terzo» s’intromise Dan a sostegno di Chris, «non è la prima volta che preferisce restare a casa piuttosto che uscire e buttarsi sul mondo femminile».

«E secondo voi… questo proverebbe che Jeremy è innamorato?».

«Assolutamente».

«E chi sarebbe la fortunata?».

«Non siamo ancora riusciti a scoprirlo» confessò Chris, «ma presumo che sia qualcuno che conosciamo».

Crash!

Per la seconda volta gli sguardi di tutti si posarono su Lily che spostava lo sguardo su ogni cosa tranne che su di loro.

«Hai intenzione di rompere qualcos’altro?» la prese in giro Dan.

Lily non rispose, si limitò a pulire ancora una volta il pavimento.

Passò solo un momento di silenzio prima che Rebecca si rivolgesse ancora a Chris. «Hai mai chiesto a Jeremy se è interessato a qualcuno?».

Chris s’illuminò in volto, come se qualcuno gli avesse aperto la porta su un nuovo mondo. Spostò lo sguardo sul ragazzo. «Jeremy… sei innamorato?».

Jeremy, che fino a quel momento era rimasto tranquillamente seduto ascoltando gli amici parlare, masticò lentamente l’ultimo boccone di torta, osservando ad uno ad uno tutti gli altri. Si appoggiò al tavolo, rivolto verso Chris e parlò a voce bassa. «Sai mantenere un segreto?».

Chris e Dan risposero all’unisono. «Certo».

Jeremy fece un sorriso furbo. «Anche io» e si alzò sotto lo sguardo divertito di Emy e Rebecca e quelli indignati di Chris e Dan, che si alzarono per seguirlo, protestando a gran voce contro il ragazzo.

«Ci vediamo dopo» disse il moro alle ragazze, sopra le “proteste” di Dan e Chris, mentre uscivano dalla porta.

Emy sorrise ancora mentre sorseggiava altro latte. Alzò lo sguardo su Rebecca e Lily ma si bloccò nel parlare quando vide lo sguardo sognante e il sorrisino che le due ragazze avevano.

Sbuffò. «Ragazze, vi prego… raccogliete la bava».

 

**

 

Il Sergente Lee Busters amava il suo lavoro.

Gli piaceva quando si ritrovava con gli altri Auror nella sala riunioni per ricevere istruzioni su nuove direttive dall’alto; si sentiva gratificato quando riuscivano a catturare un malvivente e consegnarlo alla giustizia; gli piaceva quando doveva svolgere lavori di ricerca, per trovare indizi su di un caso; gli piaceva anche restare in ufficio per scrivere i rapporti che, a volte, lo costringevano a restare fino a tardi.

Si, Busters amava il suo lavoro.

Ma non quel giorno.

Se c’era una cosa che amava più del lavoro era la sua famiglia: sua moglie e il suo bambino, Ryan.

Quello era il giorno del compleanno del suo piccolo campione… e invece di essere a casa a festeggiare con lui era inchiodato a quella maledetta scrivania, nel suo cubicolo, a terminare un lungo rapporto.

E dire che gli piaceva il suo lavoro, ma quella sera proprio no.

Per di più non era riuscito a trovare un regalo per il figlio: sua moglie era convinta che potesse andare bene qualsiasi cosa, dopotutto Ryan aveva solo due anni, ma lui ci teneva a trovare qualcosa di speciale per il suo bambino.

Finalmente terminò di scrivere le ultime parole. Ora doveva solamente consegnarlo.

«Lee».

Busters alzò lo sguardo sulla giovane segretaria personale del Generale. Portava i lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulla camicetta bianca, gli occhi azzurri e vivaci, un fisico che avrebbe potuto portarla sulle passerelle di moda.

«Medea» rispose educatamente Busters, recuperando i documenti che aveva finito di completare. «Ecco il rapporto».

«Perfetto». La giovane donna prese in consegna i documenti e li poso sopra la pila di fogli che teneva in mano.

«Per fortuna che oggi è finita» disse Busters mentre prendeva il mantello dalla sedia.

«Veramente…» il Sergente si bloccò, voltandosi lentamente verso Medea che lo guardava con una punta di dispiacere. Prese un altro plico dai tanti che reggeva. «Ci sarebbero ancora alcuni moduli da completare».

Busters spalancò gli occhi. «Adesso?».

Medea gli fece un sorriso di scuse e Busters si accasciò sulla sedia, sconsolato. «Janet mi ucciderà».

«Tua moglie?».

Lui annuì. «Le avevo promesso che sarei tornato a casa entro le sette. E’ il compleanno di mio figlio e ci teneva che fossimo tutti insieme a festeggiare. Oltretutto devo ancora comprare il regalo».

Medea rimase col fascicolo in mano, pensierosa. Poi si schiarì la gola, attirando l’attenzione di Busters che la vide riporre i documenti in fondo alla pila. «Sai…» fece vaga Medea, «in effetti devo ancora finire il giro e consegnare questi altri documenti. Ce ne sono alcuni che richiedono una certa urgenza…» gli fece un sorrisetto, «… se, una volta finito il giro, dovessi tornare qui e non trovarti… allora credo che sarò costretta a lasciarti i documenti sulla scrivania e sarai il primo a cui verrò a chiederti i rapporti domani».

Busters fece un largo sorriso in risposta a quella della giovane donna. Si alzò dalla sedia, fece il giro della scrivania e posò un lungo bacio sulla guancia di Medea. «Signorina Wilkins, se non avessi già una moglie ti chiederei di sposarmi».

Medea scoppiò a ridere. «Mi devi comunque un favore».

«Assolutamente». Recuperò il mantello e si avviò agli ascensori diretti agli spogliatoi. Aveva poco tempo per cui si fiondò al suo armadietto per potersi cambiare.

«Salve, Lee».

Busters si voltò, incrociando lo sguardo con il nuovo arrivato. «Ciao, Dave. Ti tocca il turno di notte?».

Dave lo sorpassò, aprendo un armadietto. «Già. Spero solo che sia una notte tranquilla. E tu? Come mai così di fretta?» gli chiese, notando la velocità con cui stava recuperando gli effetti personali.

«Devo correre a casa. E’ il compleanno di mio figlio e sono già in ritardo».

Dave fece un piccolo sorriso quando posò gli occhi sulla foto appesa all’interno dell’armadietto del collega: un bambino dalla folta chioma bruna e due occhietti da cucciolo gli sorrideva mostrando il suo ciuccio.

«Quanti anni?».

«Due».

«Caspita. Già due anni».

«Si» rispose Busters, sorridendo. «E ancora non ho trovato niente da regalargli. Probabilmente dovrò presentarmi a mani vuote, ormai i negozi sono chiusi».

Dave si fermò, pensando. «Hai provato a Sloane Street?».

Busters lo guardò, confuso. «Come?».

Dave annuì. «L’anno scorso avevo il tuo stesso problema. Un amico mi ha consigliato questo negozio di giocattoli. Magari riesci a trovare qualcosa».

Busters prese il biglietto che il collega gli stava offrendo, sul quale vi era scritto l’indirizzo preciso. «Sei sicuro che possa andarci?».

«Sicurissimo» rispose Dave. «Non preoccuparti, è uno dei nostri, ma commercia anche articoli babbani ed è aperto fino a tardi».

«Grazie tante. Ci vediamo».

Busters lo salutò e si avviò fuori dal Ministero, dove si smaterializzò in una via laterale, riapparendo poco distante dal negozio indicatogli. Attraversò la strada e si ritrovò davanti alla vetrina del negozio di giocattoli, dove erano bene in mostra moltissimi peluches di animali.

Il campanellino suonò quando aprì la porta, catturando l’attenzione dell’anziano uomo seduto dietro il bancone, intento a leggere un giornale.

«Buonasera».

«Buonasera a lei» fece l’anziano facendogli un sorriso. «Posso aiutarla?».

«Dovrei comprare un regalo per mio figlio» esordì Busters. «Compie due anni».

«Auguri» fece l’uomo. «Si guardi pure attorno, sono certo che troverà il regalo adatto».

Circa quindici minuti dopo Busters era fuori dal negozio, un ippopotamo azzurro impacchettato a dovere sotto braccio, impaziente di poter tornare a casa dal figlio…

 

La macchina arrivò a tutta velocità. I fari lo illuminarono completamente, accecandolo.

Uno schianto. Un urlo. Nessun rumore di frenata.

Un pacco rovinato.

Il piccolo Ryan non avrebbe più ricevuto il suo regalo di compleanno.

 

**

 

E qui si conclude il primo capitolo!

EDVIGE86 ed io speriamo che sia stato di vostro gradimento.

Stiamo lavorando sodo in modo da poter postare i successivi capitoli con una certa frequenza, senza farvi attendere anni come è capitato per gli ultimi capitoli di RAV2.

Per il momento ci fermiamo qui… e non vediamo l’ora di leggere le innumerevoli recensioni – siamo molto ottimisti – che ci lascerete, positive, neutre  negative che siano.

Un saluto.

EDVIGE86 & pk82.

  
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