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Autore: Clacle    06/05/2011    1 recensioni
Erano pietrificati. Sapevano che restare immobilizzati non era la cosa giusta da fare. Sarebbero dovuti uscire e intervenire. Ma non lo fecero. Non perdonarono mai quel loro stesso gesto, ma quello fu l'errore che causò altre disgrazie.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Fear

 

Era una serata tranquilla. Era nuvolosa, sì, ma non pioveva, e non lo aveva fatto fino a quel momento. Il sole era già tramontato e tutti, nella loro casetta a Ba Sing Se, erano troppo stanchi per dire qualsiasi cosa. Nessuno dormiva, però. Tutti erano svegli, seppur poco pimpanti. Katara, semistesa sul basso divano, poggiava la schiena contro quella di suo fratello, Aang era seduto a terra, con le spalle rivolte verso il medesimo divano. Aveva Momo in braccio, mentre Appa era fuori, in giardino, e faceva capolino dalla grande finestra, silenziosamente. Toph era distesa sul tavolo, a pancia in giù e con i gomiti sul legno freddo, il mento sulle mani. Suki, seduta comodamente sulla poltrona, aveva gli occhi socchiusi, e sembrava stesse per addormentarsi.

Era tutto troppo tranquillo perchè un qualsiasi rumore potesse disturbare il Team Avatar da quel meritato riposo serale.

Ma forse un urlo non poteva rientrare nella categoria.

Fu un grido spaventoso, non troppo lontano da dove si trovavano loro. Sarebbe difficile descrivere di cosa si trattasse, ma ad occhio e croce, come disse Toph più tardi, era un'urlo di terrore puro.

Sul momento tutti si immobilizzarono.

Casa loro era sopraelevata, sulla collina, rispetto al resto delle abitazioni, come facevano delle altre persone a trovarsi là?

Ancora silenzio.

-Io... forse sarebbe meglio dare un'occhiata.

-No, Aang. Aspetta un attimo.

Silenzio.

Poi, un rumoroso frusciare di foglie. Poco naturale. Come il suono d'un qualcosa di pesante che viene trascinato.

-Io... comincio a spaventarmi. Seriamente.

Oramai le voci di tutti, e non solo quella di Sokka, erano ridotte a inudibili sussurri. Sospiri, li avrebbe definiti Toph, che non poteva vedere quanto poco i ragazzi muovessero le labbra per costringere le parole ad uscire.

 

Poi un tonfo.

 

Nessuno dormì per ore. Aang soffriva perchè attanagliato dai sensi di colpa, ancora intenzionato ad uscire per controllare la situazione. Lo sguardo era però vuoto, quasi come spaventato. Gli altri erano come pietrificati. Katara ricordò le stragi della Tribù dell'Acqua del Sud. Poi pensò a sua madre. Alle urla. Seppur un tantino preoccupata per chiunque avesse potuto lanciare quelle grida, non riusciva a muoversi. Non sarebbe uscita da quella casa. Sokka era terrorizzato, semplicemente terrorizzato. Fissava il muro dritto davanti a sé, senza distogliere lo sguardo dal legno chiaro, e sbattendo le palpebre il meno possibile. Aveva mosso le pupille solo una volta, per osservare il volto di Toph, sempre pacato, in qualsiasi situazione. Gli occhi trasparenti della dominatrice erano bui, per una volta, e anche se il suo viso aveva un'espressione piuttosto tranquilla, dentro di lei, sentiva come il mare in tempesta. Cercava con tutti i mezzi di non far trasparire quell'emozione, che non le si addiceva affatto, ma il disegno arcuato delle sue sopracciglia la tradiva. Suki aveva raccolto le gambe e le abbracciava. Con la testa leggermente china sulle ginocchia, tirava su lo sguardo solo ogni tanto per accertarsi che i suoi amici fossero ancora lì, che non fosse rimasta sola. Quello era l'unico movimento che riusciva a concepire, in quel momento.

E tacquero.

 

Albeggiava.

 

Il sole, dalla luce ancora flebile, si rendeva poco visibile, sorgendo a est, come tutte le mattine a quell'ora. Dopo un po' di tempo tutti erano caduti, come in letargo. Katara e Sokka poggiavano reciprocamente la testa sulla spalla dell'altro. Aang, con il capo adagiato sul bordo del divano, era in dormiveglia. Suki, con ancora le braccia che avvolgevano le gambe, aveva adagiato la schiena lungo lo schienale della poltrona. Toph aveva fatto del tavolino il suo letto.

 

Dormivano per ora beati. Reduci da un'esperienza più paurosa che altro. Ma ancora non sapevano, cosa li aspettava.





Note dell'autrice
  Per prima cosa, vi ringrazio per aver prestato attenzione alla mia fanfic, e averla letta fino alla fine. Non ho mai scritto un racconto horror, prima d'ora, forse perchè devo dire che non è esattamente il mio genere preferito. Ho voluto provare e mi sono lanciata con questa fic. Forse il tema sarà un pò banale, ma scrivo questi capitoli (che presto leggerete anche voi, work in progress, amici) più come divertimento per me stessa che per pubblicarli. Qualsiasi critica è più che ben accetta, per migliorare il tono del racconto. Un abbraccio ai miei pazienti lettori :*

 
 
  
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