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Autore: honeysuckle_s    07/05/2011    5 recensioni
Maggio! Le lezioni scolastiche ed universitarie stanno volgendo al termine... Anche per i nostri! Maleducati, ribelli e volgari, daranno del filo da torcere al professore ed alla sua assistente...
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio! ^_^
Questa fic è dedicata a tutte voi, care lettrici, ma in modo particolare a RikaRed e Serin88!
Ho voluto inserire degli aspetti particolari, cioè brevi passi in dialetto napoletano e romano, ed inflessioni toscane, ma, non essendone "madrelingua", se avete correzioni e suggerimenti scrivetemi pure! Ringrazio Tallu-chan e PiccolaEco per i consigli linguistici! ^_^





************







 

Driiin! La campanella trillò. Inesorabilmente, trillò. Fu come una botta in fronte. Per tutti loro. Erano le nove del mattino, e le facce di quel gruppo portavano ancora i segni del sonno, dei cuscini, ma soprattutto del rincoglionimento. Si avviarono a passo degno di un bradipo verso l’aula di biologia e presero posto. L’aula era piccola, ma comunque accogliente.



La prima ad entrare fu Kagome. Si sedette con estrema calma vicino alla finestra. I raggi del sole la inondarono. Appoggiò la testa sulle braccia e chiuse gli occhi. Inuyasha la seguì e la guardò rintronato. La imitò subito. Entrarono poi Sesshomaru, Miroku, Rin, Sango e Koga. Kagura era intenta a fumare, frettolosamente, prima che arrivasse il professore. Jakotsu entrò, sorridendo. Con lui c’erano due deliziosi gemellini, Kanna e Shippo. Jakotsu doveva necessariamente seguire quella lezione e contemporaneamente fare il baby-sitter, così se li era portati in aula.






Kagura entrò di corsa e, con un’occhiata alla classe, fece cenno a tutti di sedersi. Entrò il professore. Era un ragazzo molto carino, coi capelli rosa e gli occhi azzurri. Si chiamava Juromaru. Poi fece il suo ingresso la sua assistente, una ragazza magnetica di nome Kikyo.






“Buongiorno, ragazzi!” Sorrise. “Possiamo subito cominciare.” La classe trattenne uno sbuffo.
“Riprendendo il discorso lasciato la lezione precedente, introduciamo oggi la cellula eucariota. Essa presenta solitamente una dimensione di circa 10 volte maggiore rispetto ad una tipica cellula procariotica. La principale caratteristica delle cellule eucariote è la presenza di una notevole compartimentazione interna, costituita dalla presenza di vescicole…”        



Sango ravvivò una ciocca di capelli, sconsolata. Era già annoiata. Koga aveva tirato fuori il suo iPhone e stava controllando i risultati del derby Real Madrid-Barcellona. Kagome fu svegliata dalla voce del professore e sbadigliò rumorosamente. Juromaru volse un’occhiata stizzita verso la ragazza.
“Kagome, anziché imitare gli ippopotami, ripetimi gentilmente quanto detto finora riguardo la cellula eucariota.” “Spiacente, prof., ma non metto la mia fede in pubblico.”
“Eh??”
“Sono atea, e non parlo di Giuda Iscariota.”
“Non fare troppo la spiritosa, Kagome.”


Juromaru si era irritato. “Koga, visto che ti piace fissarti le ginocchia, aiuta la compagna!”
“Ashpè, Juromà! Agg a verè i risultati!”
“Koga, il dialetto non è la lingua veicolare, chiaro??”
“Ok, ok. Scusi professore, ma dovrei vedere i risultati del derby.”
“Koga!!!!”


Kikyo intervenne. “Ora basta, ragazzi. Non è modo di comportarsi così col prof.” E gettò un’occhiata tagliente a quel gruppo di scellerati.
“Piuttosto, vi ho corretto il test che vi ho assegnato a sorpresa. Uno sfacelo!” Kikyo prese dalla borsa un plico di fogli e lentamente li ridistribuì alla classe.

Fissò Miroku con disprezzo. “Tu, insieme ad un altro, hai preso il punteggio più basso. Come la mettiamo con ‘ste cellule che non ti entrano in testa?”
Miroku la fissò, infastidito. “Ahò, io e cellule ce l’ho e basta. Perché e devo studià?”
“…italiano, please.”

E la bella assistente si avvicinò a Rin, quattordicenne ribelle e un po’ cafona.
“Rin, non ci siamo proprio. Non ne hai azzeccata una.”
La ragazzina la guardò con fare superiore. “Prof.ssa, non ho avuto molto tempo per studiare.”
Gli occhi violetto di Kikyo si restrinsero. “E questa pensi che sia una valida scusa? La prossima volta ti chiudi in casa fino a far sciogliere la sedia, perché esigo un compito perfetto.” “Mamm't”, pensò Rin.

L’assistente si avvicinò a Sesshomaru. “Anche tu sei stato una delusione stavolta. A cosa devo questo calo del rendimento?”
Il demone la fissò senza aprire bocca.
“Il solito chiacchierone” osservò la donna.
“E tu la solita scassacazzi”, pensò Sesshomaru.




Kikyo ritornò in cattedra. Parlottò a voce bassa con Juromaru.




Kagura nel frattempo guardò i due marmocchi, che iniziavano a dare i primi segni d’impazienza.
“Sig. Checca, quando torniamo a casa?” chiese Shippo.
Jakotsu gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
Kagura guardò incuriosita la scena. “Ehi Jakotsu. Non mi aspettavo ci sapessi fare coi bimbi.”
“Maremma, Hahura, lasciamo stà. Tutta la mattina he mi stanno rendendo matto.”


Anche Inuyasha intanto si era svegliato. Si stiracchiò e si guardò intorno. Con la finezza e compostezza proverbiale, espresse ad alta voce il desiderio del momento. “Wanama! Mo me o pigliasse nu bell café!”
“Ahò, mica stamo ar bar!” gli sussurrò Sango.



Juromaru e Kikyo si voltarono verso i due, fulminandoli. “Ragazzi, ve lo dirò un’ultima volta. In dialetto non dovete nemmeno pensare. Sono stato chiaro?” sibilò il professore.


L’aula si zittì. Ovviamente per poco. “Ora che la mia assistente vi ha fatto visionare le quattro cavolate che avete scritto, direi che possiamo andare avanti con la lezione. E vedete di recuperare ‘sti votacci che avete preso!” Posò su ognuno di loro uno sguardo di fuoco.






I venti minuti successivi andò come un treno, riprendendo ed approfondendo l’argomento delle cellule eucariote. A fine spiegazione intimò: “Via libri, appunti e quaderni. Solo un foglio e una penna. Avete dieci minuti di tempo. Riscrivere i punti salienti della lezione. Adesso!”
“Heil, Hitler!” sussurrò Miroku.
“Oh, maremma maiala…” gemette Jakotsu.
Rin guardò l’insegnante con lo sguardo scandalizzato di un’adolescente annoiata ed inquieta.


Iniziarono a scrivere qualcosa. O meglio, tentarono di farlo. Era una gara a chi più captava frasi scritte dall’altro. L’unica che riuscì a buttare giù qualcosa di sensato fu Sango, e in un attimo quegli squaletti si affrettarono a fare degne fotocopie del sapere della compagna. Juromaru si era momentaneamente allontanato dall’aula.

Kikyo cominciò subito a riprenderli. “Koga, non hai bisogno di specchiarti nel compito di Sango per capire che hai gli occhi blu! Guarda il tuo foglio!”
“Inuyasha! Vale anche per te! A furia di sbirciare ti spezzerai l’osso del collo!” Il mezzo demone si grattò. Normale amministrazione. Con Kikyo, anche i gatti neri si sarebbero grattati.
“Kagura! Anche tu? Devo forse metterti una nota disciplinare? Ehi! Cos’è questa puzza?”

Nell’aria si era nel frattempo espanso un certo odore di vernice. Kikyo non ebbe difficoltà a rintracciare la fonte di quell’odore.
Rin aveva poggiato una mano sul banco e con l’altra intingeva il pennellino in una boccetta di smalto.
“Rin!” tuonò furiosa ed incredula Kikyo, “ma sei forse impazzita? Ti sembra normale passarti lo smalto in classe???”
“Professoré, teng n’appuntamient aropp e cinc e mez!”

L’assistente la guardò sbalordita. Una cafona come lei? Mai incontrata! Prese fiato ed abbassò il tono di voce. “Rin, non mi interessa minimamente che tu abbia appuntamenti alle cinque o alle sei. Togli immediatamente quello smalto dal banco.”
Rin la guardò a lungo negli occhi, prima di togliere imbronciata la sua boccettina preferita.
Kikyo si avvicinò a Sesshomaru. “Tu sei il suo tutore, giusto? Ti ricordo che dovresti crescere ragazze, non scimpanzé dispettosi. Quella lì è la versione mafiosa della scimmietta di Aladdin.”
“Kikyo, non è il momento, né la sede, per parlare dei miei metodi educativi. Rin sta attraversando il periodo dell’adolescenza, e sai quanto sia difficile tenere a bada i giovani.”

Quel lasso di tempo bastò a permettere agli altri di scopiazzare le ultime frasi del compito di Sango.

“Ad ogni modo, la tua protetta oggi si becca una nota. E mi meraviglio che un uomo colto come te le permetta di esprimersi in quel modo. Quella ragazzina sembra una camionista.”
“E infatti sarai la prima che metterò sotto!” gridò di rimando Rin, irritata.
Kikyo la guardò malissimo. Tornò silenziosamente in cattedra e scrisse la sua nota sul registro.






In quel momento tornò Juromaru. “Avete finito?” “Si”, fu il coro unanime e annoiato della classe.

Il professore ritirò con espressione seria le esercitazioni. Mentre le correggeva, Kikyo si piazzò davanti a quei maleducati e li interrogò a tutto spiano. Solo Jakotsu e Sango erano in grado di dare risposte da sufficienza. Tutti gli altri, fecero quasi scena muta.

I gemellini, nel frattempo, si erano stancati. Jakotsu aveva dato loro dei fogli e dei colori a cera, per cercare di far passare loro il tempo. Ma dopo un po’ Kanna diede segni di insofferenza. Per imitare la sorellina, anche Shippo iniziò a lamentarsi. Kikyo colse quei segni deboli di protesta e fulminò Jakotsu. Il ragazzo tirò fuori le merende dei bambini e le posò sul banco. Erano due panini al prosciutto e due succhi di frutta alla mela.

Rin fu attirata dall’odore di quell’invitante merenda e prese un pezzo del panino di Shippo, facendo scoppiare il bambino in lacrime.
Kikyo le fu subito addosso. “Ma che brava! Oltre ad essere una teppista, ora rubi anche la merenda del pargolo?”
“Teng famm” rispose la ragazza.
Kikyo la guardò con ancora più disprezzo. “Potresti almeno chiudere la bocca mentre mastichi.”
Jakotsu, che aveva intanto calmato il piccolo, si rivolse stizzito a Rin: “Deh, la prof. ha rasgione. Sei proprio maleducata te, eh?”
Rin si limitò a guardare quei due: “E piantatela! Sono un’adolescente che deve nutrirsi di carne. E poi, come dice il proverbio, ‘Make purchett, no war’!





Juromaru aveva letto l’ultima esercitazione e richiamò l’attenzione. “Silenzio, ciuccioni! Credete di avere a che fare con un tonto?? Avete cercato spudoratamente di copiare da Sango! Soprattutto tu, Inuyasha!”
Il mezzo demone partì subito in quarta. “Cosa??? Quella è farina del mio sacco! Sango non distinguerebbe una cellula da un Super Santos in miniatura!”
La ragazza lo guardò adirata ma trionfante. “Se tanto te rode, vatte a grattà cor cactus che sta ner cortile!”


“Shhhh! La volete smettere??” sbottò Kikyo.



Juromaru intervenne. Le guance erano diventate rosse. “Andiamo avanti con la lezione. E ta-ce-te. Non devo sentir volare una mosca, qui dentro.” Aveva abbassato il tono, per renderlo più minaccioso. La classe si zittì.


Kagome perse l’attenzione nel giro di pochi minuti. Juromaru blaterava frasi senza senso. “La cellula animale si caratterizza per la presenza di lisosomi… Il citoscheletro cariocatico è composto da microfilamenti… Mitocondri e cloroplasti possono contenere materiale genetico addizionale...” Kagome prese una penna dal suo astuccio, diede una gomitata complice ad Inuyasha e tracciò su un foglio del suo quaderno lo schema della battaglia navale. I due completarono le griglie ponendovi le navi ed iniziarono la guerra.

Il movimento clandestino non sfuggì a Kikyo, che subito intervenne. “Da quella parte, cosa state scrivendo di tanto interessante?”
“Appunti!” sostenne, seria, Kagome.
“Davvero? Che ne dici di farmi ved…”
“Kikyo!” ribattè Inuyasha, “statt zitt e chiur o’ cess! F7… Nooo, colpito!!!!”




Juromaru divenne paonazzo. “Inuyasha!!!!! Questo è troppo!! Rivolgersi così alla mia assistente!! Cagnaccio rozzo e malefico!! Kikyo, presto, scrivi una nota disciplinare su ‘sta bestiola!” Si girò verso l’aula: “E quanto a voi, provate anche solo ad imitarlo e vi sbatto immediatamente in presidenza!” I ragazzi si zittirono. Juromaru cercò di riprendere la spiegazione. Ma era incazzato, e la voce gli tremava. Non appena finì, disse perentorio: “Riscrivete quando ho detto. Solo penna e foglio sul banco.”


Noooo! Gli allievi spalancarono gli occhi. Riscrivere? Ma non ci avevano capito nulla!
“A maronn…” gemette Koga.
Il problema era che Juromaru aveva perso le staffe, per cui non conveniva contraddirlo. Vedendo che la classe si era zittita e teneva gli occhi bassi, il professore annuì soddisfatto. Estrasse delle sigarette dalla borsa e uscì a fumare. Kikyo li sorvegliava come un mastino.




Scorse movimenti alla sua destra. Ancora Jakotsu coi bambini. Gli occhi violetto si restrinsero: “Ehi, di là, famiglia Mulino Bianco. Che avete da smanettare?”
“Deh, sig.na Hihyo, il figliolo ha bisogno di andà al bagno. Hanna, mi raccomando, fai la brava.” La gemellina annuì, perfettamente composta. Kagura la guardò con tenerezza. “Lo sai che sei un angelo di bimba?” Ebbe un attacco di fame ed estrasse una mela. “Ti va di fare metà con me, stellina?”
Kanna la guardò seria. “La ringrazio, sig.na, ma quei frutti sono una piaga sociale.”
Kagura la guardò interdetta. “Ma che stai dicendo, è solo una mela.”
“Appunto. E io non mi chiamo né Eva, né Biancaneve.”






Rin fissava il foglio con aria assente. Accanto a lei c’era Miroku. “Ehi, ti viene in mente nulla?” bisbigliò.
La ragazza gli rispose con una smorfia.
Miroku pensò: “Per la miseria, ‘sta ragazzina ha la vitalità di un panda dopo che si è scofanato 40 kg. di canne di bambù. Forse dovrei allertare il WWF.” 
Il monaco si girò verso Koga, alla sua destra. Anche il suo foglio era bianco. “Se me presti l’iPhone, vedo de cercà qualcosa su wikipedia.”
Koga gli passò il cellulare. Non c’era niente che stesse andando bene quella mattina. Era una delle ultime lezioni e ci mancava di chiudere l’anno con un’insufficienza.


Miroku, intento a digitare e cercare, non si accorse che Kikyo gli si era praticamente messa di fronte. “E dimmi, Miroku. Quello che hai tra le mani è un telefono touch?”
Il ragazzo sibilò: “Si, è un mortouch. Tua.”
“Puoi ripetere, scusa?”
Visibilmente imbarazzato per il suo atto d’ira ed imprecazione, ripose: “Dicevo… Mi chiedevo come avrebbero reagito i nostri antenati ad avere oggetti tanto tecnologici tra le mani.” E deglutì, rosso come un peperone. Kikyo alzò un sopracciglio e lo guardò con aria interrogativa. Miroku non era un impulsivo, ma Kikyo non faceva che lanciare frecciatine e gli era venuta spontanea.



Sango, seduta tra Koga ed Inuyasha, scrisse un paio di frasi e subito girò il foglio. Inuyasha le diede una gomitata. “E dai, ja, famme copià! ” Sango lo squadrò.
Il ragazzo addolcì il tono e reclinò la testa di lato, come un cucciolone. “Famme o’ piacere, Sanguccia mia.” E le sorrise, sperando di essere riuscito a comprarsela.
“Và a morì ammazzato.”

Koga mise una mano sulle spalle della ragazza e guardò il mezzo demone con aria trionfante. “Te lo sei meritato. Così impari!”
Inuyasha fissò Koga con aria truce. “E tu che c’entri?”
“Sto difendendo questa brava ragazza, vist ca tu si nu cafone esagerat!”
L’odio di Inuyasha crebbe a dismisura. Non potendolo ridurre a puré di patate, si limitò a rispondergli dolcemente: “Schiatta!”
E il lupo, con tenerezza: “Acciret!”


Sango, nel mezzo del litigio, distolse lo sguardo e volse il capo verso Miroku, il ragazzo che le piaceva. Ed anche tanto. Ma rimase senza parole. Miroku parlava estasiato con Kikyo. Non solo le aveva indirettamente chiesto scusa, ma ora reggeva la sua mano sinistra e le leggeva le linee del destino. Nel farlo, aveva attirato Kikyo più vicina a lui e la fissava con uno sguardo sensuale. Le sfiorò i fianchi con la mano libera. Le guance di Sango si infiammarono di rabbia e gelosia. Fissò irata Miroku.

Il monaco si accorse dello sguardo e congedò velocemente Kikyo. Guardò Sango con estremo imbarazzo. La ragazza fissò il suo viso. Avrebbe voluto tagliargli la testa, poco ma sicuro. Possibile che non cambiasse mai? Possibile che fosse guidato da istinti così farfallini? Possibile che fossero gli ormoni a farlo impazzire? Con lo sguardo, scese verso il collo del monaco, verso il busto, verso la pancia, fino a soffermarsi . Miroku fu sorpreso da tanta audacia e si guardò a sua volta. Sango si concentrò. Le venne in mente ciò che Kagome faceva con Inuyasha. Non staccando gli occhi dalla patta dei jeans, urlò: “Cazzetto, a cuccia!” Miroku la guardò malissimo.




“Silenzio!!!!!” urlò Kikyo. Stare in quella classe era come stare in un acquario pieno di barracuda.





Jakotsu era intanto tornato dal bagno con il piccolo Shippo. “Oh, Hanna, allora? Hai fatto la brava?”
“Si, sig. Jakotsu.”
“Molto bene. Per premiarvi della vostra bravura, oggi si mangiano hotolette e tanta bona insalata, hon pomodorini e mais. Ci dovrebbero stà pure dei finocchi.”
“Scusi, sig. Gaio” chiese Shippo, “ma di quelli veri o di quelli che si mangiano?”
Jakotsu voltò lo sguardo altrove, imbarazzato.
Per cercare di sdrammatizzare, si rivolse alla classe che ridacchiava: “Boia, hodeste osservazioni he fanno li figlioli…! ‘un date ascolto.” Kikyo lo guardò e disse semplicemente: “Jakotsu, la verità è questa: Firenze: 0, Innocenza: 10.” La classe scoppiò a ridere.






Un pugno di secondi più tardi rientrò Juromaru. Andò dritto alla cattedra e fissò la classe. “Kikyo, hanno fatto i bravi?”
La ragazza li guardò con alterigia. “Cosa vuole che le dica sig. Juromaru… Il lupo perde il pelo ma non il vizio.”
Koga, sentendosi chiamato in causa, sbottò: “Uagliò, ma che buò?”
Kagome cercò di rabbonirlo. Gli disse sottovoce: “E dai Koga, non prendertela! Non ce l’ha con te! E’ fatta così!”
Sesshomaru aggiunse: “Già. Quella è talmente acida da fare seria concorrenza alla Coca-cola.”
Kikyo, a quel punto, urlò: “Stolto demone, chi ti credi di essere per parlarmi in questo modo? Io sarei acida e fredda? Secondo me da piccolo non ti hanno tenuto nella culla, ma nella cella frigorifera.”
Juromaru cercò di intervenire. “Kikyo, su, basta così…”

Kagome si rivolse al quasi-cognatino: “Ehi Sesshomaru, posso farti una domanda? Ma sei così glaciale anche con Rin?”
“Uhm, non proprio. Anche se ti confesso che non è facile gestirla, ora che è adolescente. L’altra volta mi ha detto di volersi tingere i capelli di rosso ciliegia. E poi è scoppiata a piangere.”
“Oddio, perché?? Che le hai detto?”
“Beh, le ho solo detto che quello è un rosso che mi ricorda tante delle mie battaglie. Sangue, morte, distruzione, smembramenti.”
Kagome: -_-
“Stai forse mettendoti a piangere anche tu? Perché?”
“No, tranquillo! E’ solo che… sai, con le signorine converrebbe usare un linguaggio più…”
Ci rinunciò a spiegare la parola “sensibilità” al grande demone, visto che la stava fissando con lo stesso sguardo intelligente della mucca di Totosai.





Rin, approfittando di quel vociare, estrasse nuovamente la boccetta di smalto grigio brillantinato e riprese il suo lavoro. I gemellini la fissarono incuriositi. Finita la mano sinistra, impeccabile, chiese a Jakotsu di aiutarla per la destra. “Ma si” rispose il ragazzo, “a me mi garba lo smalto.” E le fece l’occhiolino.





Juromaru intanto aveva ripreso il controllo della classe. Non si lamentò di Rin e Jakotsu intenti a tingersi reciprocamente le unghie. Per quel che gli riguardava, potevano anche truccarsi come Moira Orfei. Esigeva, tuttavia, il mutismo totale.
Riprese la parola: “Ragazzi, ho capito che non siete stati attenti nemmeno prima. Non avete scritto quasi nulla di ciò che ho spiegato. Per la prossima volta, mi porterete tutto il libro di biologia fino a quest’ultima lezione!”
La classe gemette.
“Me cojoni!” esclamò Sango.
“Ma chist tiene ‘e ccorna!” si alterò Koga.
“Oh no, budello hane, ‘sti hazzo di hompiti…” sospirò Jakotsu.
Kagome disse a bassa voce: “Quello le cellule se le è fumate, te lo dico io!”





“Bene, dato che è inutile andare avanti, visto il vostro rendimento, ci salutiamo qui. Ci vediamo la prossima volta. Chi ha preso una nota disciplinare dalla mia assistente se la vedrà più tardi col preside!”





E lui e Kikyo uscirono dall’aula.




I ragazzi, appena furono da soli, gridarono alla porta con un bel “Vaffa!” Persino i gemellini, poveri cuccioli indifesi, avevano appena scoperto i lati vantaggiosi dello studiare in casa, magari con il sig. Jakotsu. Se non era impegnato a chiudersi nel bagno e giocare con altri signori che faceva entrare clandestinamente in casa.

















E per concludere, ecco l'immagine a cui mi sono inspirata! ^_^ Non sono così carini?








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